Capitolo 1

2344 Words
1 TUCKER «Nessuno sorride a quel modo nell’ordinare mangime per maiali,» borbottai, dando una gomitata nelle costole a Colton. Ci trovavamo al Seed and Feed di Raines, in piedi accanto al tavolo in legno consunto che una volta ospitava vecchie copie di riviste di agricoltura e su cui adesso c’era una lussuosa macchinetta del caffè, una delle tante aggiunte apportate dalla nuova proprietaria da quando aveva acquistato quel posto l’inverno precedente. Ava Carter. Lui sollevò lo sguardo dallo zucchero che si stava versando nel caffè. Tirò via la tazzina dalla macchinetta che usava le piccole capsule. La prima volta che l’avevo vista, l’avevo ritenuta un po’ ridicola per un piccolo negozietto agricolo di paese, specialmente se posto tra un ristorante barbeque e un negozio di soluzioni per la sverminazione. Adesso, però, be’, era una bella aggiunta. Mantenere alta la dose di caffeina dei clienti era un’idea piuttosto intelligente, cazzo. Tuttavia, a me non me ne fregava nulla del caffè. Non quel giorno. Tutta la mia attenzione era concentrata sullo stronzo appoggiato con un fianco al bancone della cassa che flirtava con Ava. La nostra Ava. Riconoscevo l’espressione di quel tizio; l’avevo già usata io stesso. Roscoe Barnes stava esibendo il proprio fascino. Il cowboy si sporse sul bancone e posò una mano sopra le sue, mentre lei compilava uno dei moduli di consegna. Colton raddrizzò la schiena e posò la propria tazzina di plastica, dimenticandosene del tutto. «Se continua così si ritroverà senza dita.» Ava ritrasse la mano, scostandosi così da porsi fuori portata, ma proseguì nel proprio lavoro – e non tirò un pugno in faccia a Roscoe. «Già, peccato che tagliargliele sia contro la legge,» replicai io. «Sono certo che lo sceriffo concorderebbe sul fatto che spezzargliele possa andare bene se sta toccando la nostra donna.» Colton mi offrì un piccolo ringhio in risposta. Già, nessuno toccava la nostra ragazza. Nessuno a parte noi. E noi non avevamo nemmeno fatto chissà che cosa con Ava Carter. Non ancora. Passavamo dal suo negozio tutti i giorni, da soli o insieme come quella mattina, per controllare che stesse bene. Per comprare qualcosa che non ci serviva davvero. Per assicurarci che nessun uomo oltrepassasse il limite come stava facendo Roscoe in quel preciso istante. Per farle sapere che eravamo nei paraggi, che non saremmo andati da nessuna parte. Mai. La prima volta che avevo posato lo sguardo su Ava, la donna che avremmo sposato, era stato un mese prima al Cassidy. Kaitlyn Leary era stata infastidita da un tizio con cui era uscita in passato. Roger Beirstad. Quello stronzetto era piombato al nostro tavolo sparando a zero sulla donna del mio fratellone. E dal momento che Ava era la migliore amica di Kaitlyn, era stata pronta a cavare gli occhi a Roger. Cazzo, adoravo le donne risolute. Avevo avuto la fortuna di trattenere Ava, mentre Duke e Jed si occupavano di Kaitlyn. Con un braccio attorno alla sua vita sottile e lei premuta contro di me, avevo sentito quanto fosse morbida. Ogni cazzo di centimetro di lei. Avevo avuto l’avambraccio infilato sotto le sue tette floride e il suo culo delizioso premuto contro il cazzo. Mi era venuto immediatamente duro e quell’enorme spranga si era insinuata tra le sue natiche, proprio dove voleva stare. Lei non mi aveva respinto. In effetti, aveva dimenato un po’ i fianchi ampi e mi aveva lanciato un’occhiata da sopra la spalla, con gli occhi sgranati e... interessati. Ci avrei scommesso il mio ranch che si era bagnata per me. Oh sì, era stato perfetto tranne che per il fatto che ci fossimo trovati in una stanza piena di persone e avessimo avuto i vestiti addosso. Aveva capito subito che la volevo. Aveva capito che il cazzo mi si era rizzato per lei. Che le avevo puntato gli occhi addosso. Avevo raccontato a Colton di lei il giorno seguente e lui aveva saltato i propri doveri mattutini al ranch per andare dritto al Seed and Feed. Uno sguardo e aveva concordato. Ava Carter sarebbe stata la nostra donna. Per tutto quel tempo, l’avevamo aspettata. E il bello era che era stata in città per mesi – mesi – e noi non avevamo nemmeno saputo che fosse Quella Giusta. Avevamo sentito parlare della scaltra donna di città che aveva comprato il negozio, ma non ci eravamo aspettati Ava. Diamine, no. Avevamo sprecato un sacco di tempo che avremmo potuto trascorrere a divorarle la figa. Mi leccai le labbra, impaziente di assaggiarla. Ormai mi si rizzava al profumo di fragole – doveva essere stato il suo shampoo di quella sera – perché aveva avuto un odore talmente buono che me la sarei mangiata. Sapevo semplicemente che era dolce e l’avremmo scoperto. Ci saremmo infilati tra quelle belle cosce con le bocche, con le dita, con i cazzi e lei avrebbe gridato i nostri nomi. Eccome. Tutti in città l’avrebbero sentita e avrebbero saputo la verità. La sua figa apparteneva a me e a Colton. Per quanto potesse avere un odore e un sapore dolce, il suo atteggiamento era tutto l’opposto. Era una piccola lince selvatica, la mia tigre. Adoravo quando tirava fuori gli artigli. Non vedevo l’ora che tutta quell’energia, tutta quell’anima selvaggia mi cavalcasse l’uccello. Non mi chiamavano Bisteccone perchè gestivo un ranch di bestiame. Diamine, no. Il mio cazzo era carne fresca scelta al cento per cento e lei l’avrebbe adorato. Ogni singolo centimetro. Per quanto riguardava Colton, non avrebbe trovato carente nemmeno lui. Ava si spostò verso l’estremità del bancone e prese il telefono, dandoci le spalle, molto probabilmente per confermare al corriere l’ordine di Roscoe – eravamo stati al negozio abbastanza a lungo da sapere come gestisse gli affari – lasciando da solo quello stronzo. Noi ci avvicinammo, piazzandoci ad entrambi i lati di Roscoe. Lui non ci prestò attenzone. No, aveva gli occhi puntati sul culo di Ava. Era fottutamente sexy con indosso i suoi jeans, che mettevano in mostra ogni singolo centimetro della sua perfezione. Per quanto apprezzassi quella vista, questo non significava che volessi che quel bastardo se la godesse affatto. Avrei voluto mettere un sacco di iuta in testa ad Ava così che nessun altro potesse vedere ciò che vedevamo io e Colton ogni volta che la guardavamo. Ma cazzo, non sarebbe servito. Un sacco non avrebbe minimamente celato la sua bellezza. «Mi piacerebbe sbattermela come un uovo,» mormorò Roscoe, facendomi l’occhiolino e rivolgendo un ghigno a Colton. Già, eravamo tre ragazzoni. Amici che facevano conversazione. Se non altro era ciò che pensava lui. «Non le mancherai di rispetto a quel modo,» disse Colton. La sua voce fu bassa, ma ferrea. Quel bastardo perse il sorriso, ma mantenne il proprio atteggiamento. Non aveva minimamente idea del fatto che stesse per perdere un dente. «Oh, ma dai. Non mi si era mai rizzato per Pete quando era lui il proprietario. Lo considero un vantaggio nel venire a fare provviste per il ranch. Dovrò andare a farmi una sega prima di tornare a casa.» «Vuoi dire prima di tornare da tua moglie. Come stanno Rachel e i bambini?» chiese Colton, un attimo prima di afferrare la mano di Roscoe e piegargliela dietro la schiena. Lo guardai scortarlo senza difficoltà fuori dalla porta d’ingresso, lo stronzo che emetteva dei buffi versi di dolore dal fondo della gola, mentre le sue dita quasi si spezzavano. «Tucker Duke, che sta facendo Colton col mio cliente?» chiese Ava. Aveva gli occhi fissi su Roscoe che veniva accompagnato fuori dal negozio. Mi voltai verso di lei. Le feci l’occhiolino. «Porta fuori la spazzatura, tigre.» Lei spalancò gli occhi, poi li assottigliò. Oh sì, ecco che uscivano gli artigli. «È un cliente! Non potete semplicemente... maltrattare la gente qua dentro come pare e piace a voi.» «Ti ha toccata,» controbattei io. Se non ci fosse stato Colton ad occuparsi di Roscoe, non sarei stato così tranquillo. Se fosse mai ritornato in quel negozio, avrebbe mostrato ad Ava e a sua moglie un po’ di rispetto oppure sarebbe stato sepolto ai confini della sua proprietà. «Pensi che sia stato il primo uomo a farlo? So badare a me stessa.» Incrociò le braccia al petto. La camicia scozzese di flanella non nascondeva minimamente le sue curve. Per quanto bramassi il giorno in cui avrebbe indossato solamente la mia camicia – e nient’altro – quella aveva un taglio slanciato da donna che metteva in risalto le sue curve. Era un bene, perché se fosse appartenuta ad un altro uomo – a parte Colton – l’avrei trascinata nel suo ufficio e gliel’avrei strappata di dosso. L’avrei coperta con la mia. Il suo abbigliamento era alla moda. Sfacciato come lei. Per me, lei sarebbe sempre stata perfetta. Capelli biondi acconciati e trucco in viso, perfino quando prendeva ordini di mangime per maiali. Le sue unghie erano ricoperte da uno smalto rosso fiammante. Alle orecchie brillavano dei piccoli diamanti. Per quanto i suoi abiti rasentassero il ridicolo per un piccolo paesino del Montana – e in quanto proprietaria di un negozio Seed and Feed – adoravo il suo aspetto. Come se non si fosse mai sporcata le mani in vita sua. Ed era così che avrebbe dovuto essere. Ava con due uomini che si prendevano cura di lei, facendo tutto il lavoro sporco. Be’, magari non tutto il lavoro sporco. Ci saremmo sporcati eccome. Da matti. Insieme. Perchè avesse acquistato il Seed and Feed da Pete, non ne avevo idea, e volevo scoprirlo eccome, diamine, ma stava facendo un buon lavoro. Con il tempo che avevo trascorso in negozio negli ultimi mesi, avrei detto che aveva un sacco di clienti. Il che mi faceva domandare- «Chi altro ti ha toccata? Peggio?» Lei scrollò leggermente le spalle delicate. Per quanto mi arrivasse al mento, sapevo che indossava dei tacchi. Non l’avevo mai vista senza. Di nuovo, una cosa poco pratica, ma adoravo un bel paio di tacchi sexy su una donna. Colton arrivò in quel momento, appoggiandosi con un fianco al bancone. «Allora, zucchero? C’è qualche altro uomo di cui dovremmo essere messi al corrente?» «Roscoe Barnes ha ordinato un quantitativo di mangime pari a quattro mesi di provviste,» disse lei, indicando la porta. «Non posso permettermi che se lo vada a comprare a Clayton. Ho un negozio da mandare avanti.» Annuii. «È vero. Ma non hai bisogno che gli uomini ti mettano le loro zampacce addosso.» «E allora voi cos’è che farete? Continuerete a venire qui tutti i giorni per assicurarvi che nessuno lo faccia?» Colton si spostò, poggiò le mani sul bancone e si sporse in avanti. «Roscoe sarà un perfetto gentiluomo d’ora in avanti, te lo prometto. Ma per rispondere alla tua domanda, sì. Se è ciò che ci vuole. Noi proteggiamo ciò che ci appartiene.» Lei spalancò la bocca a quelle parole. Me la immaginai ancora più aperta mentre il mio cazzo ci si infilava dentro. «Vi appartiene?» Anch’io mi sporsi, così che le fummo entrambi vicini. Così da bloccarle la visuale su qualsiasi altra cosa. «Hai bisogno di un uomo che ti tocchi?» «Uomini,» mi corresse Colton. «Siamo proprio qui, tigre.» Indicai me e Colton. L’azzurro dei suoi occhi si scurì, le sue guance arrossirono e la sua mano stropicciò il modulo delle ordinazioni. La guardammo prendersi un istante per ricomporsi, per fortificare quel cazzo di muro che aveva eretto attorno alle proprie emozioni. Dentro di me, sogghignai poichè le stavamo facendo effetto. Lentamente, ma inesorabilmente. Lei si leccò le labbra, facendo scorrere lo sguardo tra noi due. «Passate di qui ogni giorno. E ogni giorno mi chiedete di uscire con voi ed io vi dico di no. Non accettate un no come risposta?» «Se lo intendessi davvero,» rispose Colton seriamente. Nessuno di noi due avrebbe mai costretto una donna a subire la nostra presenza contro la propria volontà. Tuttavia, conoscevamo i segnali di una donna non interessata ed Ava non ne aveva mostrato nessuno. Ava aveva semplicemente paura. Non la biasimavo. Eravamo uomini autoritari. Intensi. Volevamo tutto da lei, ma le avremmo dato lo stesso in cambio. Non l’avremmo trattata male come faceva Roscoe con sua moglie. Diamine, io non avevo nemmeno lanciato una sola occhiata a un’altra donna da quando avevo posato lo sguardo su di lei. Pensavo solamente ad Ava – ai suoi occhi pieni di energia, alle sue piccole mani che cercavano di avvolgersi attorno al mio cazzo, chiedendomi se la sua figa fosse depilata o se avesse una piccola striscia di peli che puntava al Paradiso – quando me lo menavo sotto la doccia. Ogni cazzo di giorno. L’avremmo amata completamente. Scopata completamente. Apprezzata. «Zuccherino, i capezzoli di una donna non si induriscono per degli uomini che non desidera.» Lei abbassò lo sguardo e, come previsto, eccoli lì a premere contro la sua camicia di flanella. All’istante, lei incrociò le braccia e arrossì in maniera adorabile. Come se avrebbe potuto impedirmi di pensare al colore di quei capezzoli, alla sensazione che mi avrebbero dato in bocca. Colton allungò una mano e le sfiorò il collo con una nocca. «Il battito del cuore di una donna non accelera per degli uomini che non la eccitino.» «Siamo uomini pazienti, Ava,» le dissi io. «Aspetteremo che il tuo no diventi un sì.» Riuscivo a sentire profumo di fragole e, naturalmente, ciò significava che ce l’avevo duro come una roccia nel bel mezzo del Seed and Feed. Di nuovo. Cazzo. Rendendosi conto che stava cedendo, lei indietreggiò, sollevando il mento. Fortificando quelle difese. «Nel frattempo, continuerete a cacciare fuori gli uomini dal mio negozio? Non ho bisogno di una guardia del corpo.» «Noi sappiamo di cosa hai bisogno.» Quelle parole accesero un fuoco nei suoi occhi, proprio come desideravo. Già, sembravo fottutamente prepotente, ma avevo la sensazione che, nel profondo, a lei piacessero gli uomini che assumevano il controllo. Se non altro nella camera da letto. «Vi mettete sempre a litigare con le donne che vi piacciono?» chiese lei. Lanciai un’occhiata a Colton, poi tornai a guardare Ava. Sogghignai. «Zuccherino, questo non è un litigio.» La campanella all’ingresso suonò, segnalando che non eravamo più soli. «Oh, e che cos’è, allora?» «Preliminari.»
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