"Che cosa dovrei indossare?" chiese Mia. "Non ho portato vestiti..."
"Vuoi i tuoi soliti jeans e magliette o vorresti vestirti come tutti gli altri qui?" chiese Korum, sorridendo. Una parte della tensione nella stanza svanì.
"Uhm, come tutti gli altri, credo." Non voleva distinguersi.
"Ok, allora." Korum fece un piccolo gesto con la mano e le porse un pezzo di tessuto chiaro che un attimo prima non c’era.
Sgranando gli occhi, Mia fissò l’abito che le aveva appena dato. "Altra fabbricazione istantanea?" gli chiese, cercando di comportarsi come se non fosse ancora un grande shock per lei vedere le cose materializzarsi dal nulla.
Sorrise. "Esatto. Se non ti piace, posso farti avere un’altra cosa. Dai, provalo."
Mia lasciò andare il lenzuolo e scese dal letto, sentendosi a proprio agio con la nudità. Nonostante tutti i difetti, Korum aveva fatto miracoli per la sua sicurezza e l’immagine del corpo. Dato che le ripeteva in continuazione quanto la trovasse bella, non si preoccupava più di essere troppo magra o di avere i capelli crespi e la carnagione pallida. Sarebbe stato meglio conoscerlo durante i suoi insicuri anni adolescenziali.
No, non ci pensare. Nessun’adolescente avrebbe dovuto essere sottoposta a qualcuno di così sconvolgente.
Prendendo il vestito, lo indossò, assicurandosi che lo spacco fosse nella parte posteriore. "Che te ne pare?" chiese, piroettando.
Lui sorrise con un caldo bagliore negli occhi. "È perfetto per te."
C’era un rigonfiamento nei suoi pantaloncini, e Mia sorrise, soddisfatta. Nonostante tutto, era bello sapere che aveva quell’effetto su di lui, che il bisogno dell’alieno era forte quanto il suo. Almeno in questo, erano uguali.
Curiosa di vedere come le stesse l’abito, si avvicinò allo specchio dall’altra parte della camera.
Korum aveva ragione; l’abito era molto carino. Con uno stile simile a quello che aveva visto sulle femmine dei Keith, era color avorio con sfumature color pesca, e le stava nello stesso modo. Le sue spalle e la schiena erano per lo più esposte, mentre la parte anteriore era piuttosto coperta, con pieghe strategiche intorno alla zona del seno, che le coprivano i capezzoli. Anche la lunghezza era perfetta per lei, con la gonna svolazzante che le arrivava un paio di centimetri sopra le ginocchia.
Quando si voltò, le porse un paio di sandali color avorio, realizzati con un materiale insolitamente morbido. Mia li provò. Le calzavano perfettamente ed erano incredibilmente comodi.
"Belli, grazie" gli disse. Poi, ricordando un ultimo indumento fondamentale, chiese: "Che mi dici della biancheria intima?"
"In realtà, non la indossiamo" spiegò Korum. "Posso crearla per te, se insisti, ma potresti provare a indossare solo i nostri vestiti."
Niente biancheria intima? "E se l’abito si alzasse o qualcosa del genere?"
"Non succederà. Anche il materiale è intelligente. È stato realizzato per aderire al corpo nel modo giusto. Se ti muovi o ti pieghi in una certa direzione, si muoverà con te in modo da tenerti sempre coperta."
Sembrava molto comodo. Mia pensò agli innumerevoli malfunzionamenti del guardaroba di Hollywood che avrebbero potuto essere evitati con l’abbigliamento K. "Ok, allora sono pronta, credo" disse. "Devo andare al bagno, e poi ho fatto."
"Fantastico" disse Korum, sorridendo. "Ci vediamo nel salone."
E dandole un rapido bacio sulla fronte, uscì dalla stanza.
"Mi piace come hai sistemato la casa. Sembra molto in stile americano del ventunesimo secolo."
L’amico di Korum era appena entrato e si stava guardando intorno con un sorriso. Pur essendo alto tre o quattro centimetri in meno rispetto a Korum, era altrettanto robusto e aveva la tipica carnagione scura dei K. Il suo viso era più rotondo, però, e aveva gli zigomi più spigolosi, un po’ come un uomo con origini asiatiche.
"Che cosa posso dire? Sai che ho buon gusto" disse Korum, alzandosi dal divano dove era seduto con Mia per salutare il nuovo arrivato. Avvicinandosi, Korum gli toccò leggermente la spalla con il palmo, e l’altro K ricambiò il gesto.
Mia si chiese se quella fosse la versione K di una stretta di mano.
Girandosi verso di lei, Korum disse: "Mia, questo è il mio amico Saret. Saret, questa è Mia, la mia charl."
Saret sorrise, con gli occhi scuri che brillarono. Sembrava davvero felice di conoscerla. "Ciao, Mia. Benvenuta nel nostro Centro. Spero che ti sia piaciuto, finora."
Mia si alzò e ricambiò il sorriso. Era strano conoscere un altro K. Ad eccezione di alcuni brevi incontri con i colleghi di Korum, il suo amante era l’unico Krinar con cui avesse interagito fino ad oggi.
"È molto carino, grazie."
Avrebbe dovuto stringergli la mano? O fare quella cosa con la spalla che Korum aveva appena fatto? Non appena quel pensiero le passò per la testa, decise di non farlo. Non conosceva le regole dei K sul contatto fisico, e non voleva offendere per errore.
"Hai avuto la possibilità di esplorare Lenkarda? Korum mi ha detto che sei arrivata solo questa mattina."
Mia scosse la testa con rammarico. "No, purtroppo. Temo di aver trascorso la maggior parte della giornata a dormire." Che ora era, a proposito? Attraverso le pareti trasparenti della casa poté vedere che fuori era buio. Doveva essere prima mattina oppure notte.
"Mia ha subito le conseguenze del jet-lag ed era stanca per quello che era accaduto prima" spiegò Korum, tornando da lei e mettendole una mano intorno alla schiena con fare possessivo. La tirò giù sul divano accanto a lui, e Saret si sedette su una delle poltrone davanti a loro.
"Certo" disse Saret: "Capisco benissimo. Dev’essere stato molto traumatico per te venire a sapere la verità in quel modo."
La ragazza lo fissò, sorpresa. Quanto sapeva? Korum gli aveva detto qualcosa? Gli aveva parlato del suo ruolo nell’attacco della Resistenza ai loro Centri? Non sapeva come sarebbero state viste le sue azioni dai Krinar. Sarebbe stata punita in qualche modo per aver aiutato la Resistenza?
"Beh, la cosa positiva è che è finita" disse Korum, prendendo una mano di Mia nelle sue e strofinandole delicatamente il palmo con il pollice. Girandosi verso di lei, promise: "Non dovrai mai più preoccupartene."
"In realtà" disse Saret con uno sguardo triste sul bel viso. "Temo che ci sia ancora una cosa che Mia deve fare."
Il volto di Korum si rabbuiò. "Ho già detto loro di no. Ne ha passate abbastanza."
Saret sospirò. "C’è stata una richiesta formale da parte delle Nazioni Unite—"
"Fanculo alle Nazioni Unite. Non meritano di pretendere niente dopo questo fiasco. Sono dannatamente fortunati che non abbiamo reagito—"
"Comunque sia, la maggior parte del Consiglio crede che sia importante estendere a loro questo gesto di buona volontà."
Mia li ascoltò discutere con una fredda sensazione nello stomaco. Le Nazioni Unite? Il Consiglio? Che cosa c’entrava tutto quello con lei?
"Anche il Consiglio può andare affanculo" disse Korum senza mezzi termini. "Non ce n’è assolutamente bisogno, e loro lo sanno. È la mia charl, e non mi diranno che cosa devo fare."
"Non è solo la tua charl, Korum, e lo sai. È una testimone di quello che sarà il più grande processo degli ultimi diecimila anni, per non parlare dei processi umani—"
A Mia venne voglia di vomitare, quando cominciò a capire dove stava portando la conversazione. "Scusate" disse a bassa voce. "Che cosa dovrei fare esattamente?"
"Non importa" disse Korum. "Non possono obbligarti a fare niente senza il mio permesso."
Saret sospirò di nuovo. "Ascolta, il Consiglio vuole anche la sua testimonianza. Sarebbe la cosa migliore, se le lasciassi fare—"
Fissandoli, Mia cominciò a sentirsi arrabbiata. Stavano parlando di lei come se fosse una bambina o un animale domestico. Qualunque cosa volessero da lei, avrebbe dovuto essere una sua decisione, non di Korum.
"Non ha bisogno di questo adesso" disse Korum con fermezza. "Hanno prove a sufficienza, e non la sottoporrò a ulteriore stress—"
"Scusatemi" disse Mia freddamente. "Voglio sapere di che cazzo state parlando."
Chiaramente sorpreso, Saret scoppiò a ridere, e Korum la guardò con disapprovazione.
"Credo che la tua charl abbia più palle di quanto immagini" disse Saret a Korum, continuando a ridacchiare. Girandosi verso Mia, spiegò: "Vedi, Mia, i traditori che ci hai aiutato a catturare—i Keith, come li hanno chiamati i tuoi amici della Resistenza—saranno giudicati secondo le nostre leggi. Sebbene il nostro processo giudiziario sia abbastanza diverso da quello a cui sei abituata, abbiamo bisogno che siano presentate tutte le prove disponibili—e le testimonianze di tutti i testimoni. Dal momento che sei stata coinvolta per tutto il tempo, la tua testimonianza potrebbe svolgere un ruolo importante nella loro condanna e nella gravità della punizione."
"Vuoi che faccia da testimone in un processo Krinar?" chiese Mia, incredula.
"Sì, esattamente, e abbiamo anche ricevuto una richiesta formale per la tua presenza dall’ambasciatore delle Nazioni Unite—"
"Non lo farà, Saret. Scordatelo. Puoi tornare da Arus e dirgli che non succederà."
"Ascolta, Korum, ne sei sicuro? Siamo così vicini all’ottenimento dell’approvazione... Sai che questo non sarà ben visto—"
"Lo so" disse Korum. "Sono disposto a rischiare. Non sarà la prima volta che sono incazzati con me."
Saret sembrava frustrato. "D’accordo, ma credo che tu stia commettendo un grosso errore. Tutto quello che deve fare è andare lì e parlare—"
"Sai bene quanto me che se andasse lì il Protettore cercherebbe di smontare la sua testimonianza. Non la metterò in una situazione del genere. E non voglio che abbia niente a che fare con le Nazioni Unite—è troppo pericoloso. Inoltre, i media umani potrebbero scoprire la storia, e Mia non ha bisogno che tutto il mondo osservi la sua testimonianza presso le Nazioni Unite. Nemmeno la sua famiglia ne sa qualcosa al momento."
Dimenticando la rabbia, Mia strinse la mano di Korum dalla gratitudine. Non avrebbe potuto fare a meno della sua protezione. Era difficile dire cosa l’attraesse di meno—l’idea di apparire davanti al Consiglio dei Krinar o alle Nazioni Unite sotto gli occhi di tutto il mondo.
"Arus ha detto che possono prendere altri accordi per lei. L’udienza presso le Nazioni Unite può avvenire a porte chiuse, senza che i media sappiano qualcosa. E il Consiglio ha deciso di accettare la sua testimonianza registrata per il processo."
"Di’ ad Arus che può parlare direttamente con me, se è così determinato a volerlo fare" disse Korum a voce bassa, con gli occhi socchiusi dalla rabbia. "È la mia charl. Se lui vuole che lei faccia qualcosa, dovrà chiedermelo molto, molto gentilmente. E poi, se Mia dirà di essere d’accordo, forse lo prenderò in considerazione."
Saret sorrise mestamente. "Certo. Sai che detesto stare in mezzo. Tu e Arus potete vedervela da soli. Mi è stato chiesto di recapitare un messaggio, e la mia responsabilità finisce qui."
Korum annuì. "Ho capito."
L’espressione sul suo volto era ancora dura, e Mia si spostò sulla sedia, sentendosi a disagio sul ruolo che aveva inavvertitamente svolto in quel disaccordo. Doveva ottenere maggiori informazioni su quel processo e sul suo significato, ma non voleva fare altre domande davanti a Saret. Così, volendo alleggerire la tensione nella stanza, chiese con cautela: "Allora, come mai vi conoscete?"
Saret le sorrise, comprendendo cosa stava facendo. "Oh, ci conosciamo da tanto tempo. Fin da quando eravamo piccoli."
Mia sgranò gli occhi. Se si conoscevano fin da quando erano piccoli, allora era in presenza di due alieni con migliaia di anni di età. "Eravate compagni di classe?" chiese con entusiasmo.
Korum scosse la testa, piegando leggermente le labbra. "Non proprio. Eravamo compagni di giochi. I nostri figli sono educati in modo molto diverso rispetto agli umani—non abbiamo le scuole come voi."
"No? Allora come fanno a imparare i vostri figli?"
Saret le sorrise, apparentemente soddisfatto della sua curiosità. "Soprattutto grazie al gioco. Lasciamo che sviluppino la maggior parte delle abilità principali di cui hanno bisogno attraverso la socializzazione e l’interazione con gli altri, sia bambini che adulti. Più tardi, fanno apprendistato in vari campi con l’obiettivo di perfezionare la capacità di risoluzione dei problemi e il pensiero critico."
Mia lo guardò affascinata. "Ma come imparano cose come la matematica, la storia e la scrittura?"
Saret agitò la mano con fare sbrigativo. "Oh, quelle sono cose semplici. Non so se Korum te ne abbia già parlato—"
"Non ancora" disse Korum. "Sei arrivato qui appena Mia si è svegliata. Ho avuto solo il tempo di menzionare l’impianto linguistico."
"Oh, bene." Saret sembrava emozionato. "Ti andrebbe di farlo stasera, Mia?"
La ragazza esitò. Se Korum non le aveva mentito, allora sarebbe stata un’idiota a non sfruttare quell’occasione. "Puoi rispiegarmi che cos’è esattamente questo impianto e cosa fa?" chiese, guardando Saret.