CAPITOLO DUE

1901 Words
CAPITOLO DUE Irrien sedeva alla prua della sua ammiraglia provando un misto di soddisfazione e anticipazione. Soddisfazione perché la sua flotta stava avanzando esattamente come lui aveva ordinato. Anticipazione per tutto quello che sarebbe successo dopo. Attorno a lui la flotta scivolava in avanti quasi in silenzio, come lui aveva ordinato quando avevano iniziato a cingere la costa. Silenziosi come squali che inseguono la preda, silenziosi come il momento che segue la morte di un uomo. Proprio allora Irrien si sentiva la punta luccicante di una lancia, con il resto della sua flotta che lo seguiva come il resto della lama. La sua sedia adesso non era la pietra scura sulla quale sedeva a Cadipolvere. Era invece una cosa più brillante e definita, fatta di cose che aveva ucciso: le ossa spesse di un segugio delle tenebre formava lo schienale, le dita delle ossa di un uomo ne costituivano i braccioli. L’aveva ricoperta di pelli di animali che aveva cacciato. Era un’altra lezione che aveva imparato: in pace un uomo doveva parlare della sua civiltà. In guerra doveva parlare della sua crudeltà. Per questo motivo Irrien diede uno strattone a una catena collegata alla sua sedia. All’altra estremità era legato uno dei cosiddetti guerrieri di quella ribellione, un uomo che si era piegato piuttosto che morire in battaglia. “Arriveremo presto,” disse. “S-sì, mio signore,” rispose l’uomo. Irrien tirò ancora la catena. “Stai in silenzio a meno che non te lo ordini.” Irrien ignorò l’uomo quando iniziò ad implorare perdono. Guardò invece dritto davanti a sé, anche se aveva posizionato la superficie metallica del suo scudo in modo da potersi proteggere da eventuali assassini. Un uomo saggio faceva sempre entrambe le cose. Le altre pietre di Cadipolvere probabilmente pensavano che Irrien fosse matto ad andarsene in quella terra priva di polvere lasciandoli lì. Probabilmente pensavano che non vedesse i loro complotti e le loro macchinazioni. Il sorriso di Irrien si allargò al pensiero dei loro volti quando si resero conto di cosa stava realmente accadendo. Il suo piacere continuò quando si girò verso la costa, vedendo i fuochi che stavano salendo al cielo man mano che i suoi uomini arrivavano a terra. Ordinariamente Irrien odiava lo spreco di edifici dati alle fiamme, ma per la guerra erano un’arma utile. No, la vera arma era la paura. Fuoco e tacite minacce erano solo un modo per renderla più acuta. La paura era un’arma potente quanto un lento veleno, pericolosa come una lama. La paura poteva far scappare un uomo potente, o farlo cedere senza combattere. La paura poteva far prendere ai nemici delle decisioni stupide, lanciandosi in assalti sprovveduti, o scappando quando invece avrebbero dovuto colpire. La paura rendeva schiavi gli uomini, tenendoli al loro posto anche quando erano in tanti. Irrien non era tanto arrogante da credere di non poter mai provare paura, ma la sua prima battaglia non era andata nel modo in cui gli uomini ne parlavano, né la sua cinquantesima. Aveva combattuto su sabbie infuocate e sui ciottoli di viali neri, e seppure ci fosse stata rabbia, eccitazione e addirittura disperazione, non aveva mai provato la paura di altri uomini. Era parte di ciò che rendeva così facile per lui prendere quello che voleva. Quello che voleva adesso oscillava in lontananza come se il suo pensiero lo avesse evocato, e gli interminabili colpi di remo portavano lentamente il porto di Delo davanti a Irrien. Aveva atteso questo momento, ma non era ciò che aveva sognato. Questo sarebbe arrivato solo non appena avesse fatto tutto, e avesse conquistato tutto ciò che valesse la pena conquistare. La città era qualcosa di infimo e puzzolente nonostante la sua fama, come tutte le città degli uomini. Non aveva la magnificenza della polvere infinita, o la netta bellezza delle cose fatte dagli Antichi. Come con tutte le città, quando si ammassavano abbastanza persone insieme, questo tirava fuori la loro vera indole, la loro bruttezza e la loro cattiveria. Nessuna pietra elegantemente levigata poteva mascherarla. Eppure l’Impero per cui formava un cardine era un premio che valeva la pena prende. Irrien si chiese brevemente se i suoi compagni si fossero resi conto dell’errore che avevano commesso nel non andare con lui. Che loro occupassero le sedie di pietra stava a dimostrare la loro ambizione e il loro potere, la loro furbizia e la loro abilità nei giochi politici. Eppure avevano comunque considerato male le cose. Avevano riflettuto in termini di incursioni gloriose, quando questo poteva essere molti di più. Una flotta di quella dimensione non era lì solo per portare indietro oro e file di schiavi, anche se ci sarebbero state entrambe le cose. Era lì per prendere, e tenere, e stabilirsi. Cos’era l’oro a paragone della terra fertile, libera dalla polvere? Perché trascinare schiavi a una terra ammaccata dalle guerre degli Antichi quando si poteva conquistare la terra dove stavano già così bene? E chi ci sarebbe stato lì ad assicurarsi di ottenere la porzione più ampia possibile di questa nuova terra? Perché razziare ed andarsene se si poteva spazzare via quello che c’era e poi governare? Prima però c’erano degli ostacoli da superare. Una flotta stava davanti alla città, se flotta la si poteva chiamare. Irrien si chiese se le barche di ricognizione che avevano mandato avanti fossero già tornate a casa. Se avevano visto cosa li aspettava. Magari non sentiva la paura della battaglia, ma sapeva come insinuarla negli uomini più deboli. Si alzò per poter vedere meglio e fare in modo che coloro che guardavano dalla riva potessero vedere chi aveva ordinato quell’attacco. Solo quelli con la vista più acuta lo avrebbero riconosciuto, ma voleva che capissero che questa era la sua guerra, la sua flotta, e presto la sua città. Distinse i preparativi che i difensori stavano apprestando. Le piccole barche che sicuramente sarebbero presto state incendiate. Il modo in cui la flotta si stava dividendo in gruppi pronti a intralciarli. Le armi sul molo, pronte a essere puntate contro di loro non appena fossero arrivati più vicini. “Il vostro comandante sa gli affari suoi,” disse Irrien, trascinando in piedi il suo prigioniero con la catena. “Chi è?” “Akila, il miglior generale in vita,” disse l’ex marinaio, poi scorse lo sguardo di Irrien. “Mi perdoni, mio signore.” Akila. Irrien aveva sentito quel nome, e aveva sentito raccontare molto da Lucio. Akila, che aveva aiutato a liberare Haylon dall’Impero e che aveva resistito contro la loro flotta. Che, si diceva, combatteva con l’astuzia di una volpe, colpendo e spostandosi, andando a segno dove gli avversari meno se lo aspettavano. “Ho sempre avuto considerazione per i forti avversari,” disse Irrien. “Una spada ha bisogno di ferro per essere affilata.” Estrasse la sua spada dal fodero di pelle nera, come a mostrare ciò che stava dicendo. La lama era blu e nera di olio, affilata come un rasoio. Era il genere di cosa che avrebbe potuto usare un boia, ma lui aveva imparato il suo equilibrio ed era diventato sufficientemente forte da poterla brandire. Aveva altre armi: coltelli e cavi da strangolamento, una lama a mezzaluna e un pugnale borchiato. Ma era quella che la gente conosceva. Non aveva nome, ma solo perché Irrien credeva che certe cose fossero da sciocchi. Poté vedere la paura sul volto del suo nuovo schiavo quando la vide. “Nei tempi antichi i sacerdoti offrivano la vita di uno schiavo prima della battaglia, sperando di sedare la sete di morte prima che fosse preso di mira un generale. Poi si è arrivati a offrire lo schiavo agli dei della guerra, nella speranza che avrebbero mostrato favore nei loro confronti. Inginocchiati.” Irrien vide l’uomo farlo di riflesso, nonostante il terrore. Forse proprio a causa di quest’ultimo. “Per favore,” implorò. Irrien gli diede un calcio, tanto forte da farlo cadere steso a terra supino, la testa che sporgeva oltre la prua della nave. “Ti ho detto di fare silenzio. Resta lì, e sii grato che io non dia seguito alle idee dei sacerdoti o a sciocchezze simili. Se ci sono dei della morte, la loro sete non può essere calmata. Se ci sono quelli della guerra, il loro favore va all’uomo che ha più soldati.” Si girò nuovamente verso il resto della nave. Sollevò la spada con una mano, e gli schiavi che stavano aspettando istruzioni corsero ad afferrare i corni. Quando lui annuì, i corni suonarono una volta. Irrien vide catapulte e balliste che venivano caricate con proiettili infuocati e tirate indietro. Rimase in piedi, stagliandosi come una sagoma scura contro la luce del sole, la sua pelle bronzea e gli abiti scuri che lo trasformavano in un’ombra davanti alla città. “Vi avevo detto che saremmo venuto a Delo, e l’abbiamo fatto!” gridò. “Vi avevo detto che avremmo preso la vostra città, e lo faremo!” Aspettò fino a che il grido di esultanza si estinse. “Ho dato ai ricognitori che avevano mandato un messaggio, ed è un messaggio che intendo portare a compimento!” Questa volta Irrien non aspettò. “Ogni uomo, donna e bambino dell’Impero è ora uno schiavo. Chiunque voi incontriate senza il marchio di un padrone è vostro e lo potete prendere, e farne quello che volete. Chiunque affermi di avere delle proprietà vi sta mentendo, e potete prendere tutto. Chiunque ci disobbedisca deve essere punito. Chiunque ci resista è un ribelle, e sarà trattato senza alcuna misericordia!” Irrien aveva scoperto che la misericordia era un altro di quegli scherzi che la gente amava fingere fossero veri. Perché un uomo avrebbe mai permesso a un nemico di vivere a meno che non ci fosse qualcosa da guadagnare? La polvere insegnava delle semplici lezioni: se eri un debole, morivi. Se eri forte, prendevi quello che potevi dal mondo. Adesso Irrien intendeva prendere tutto. L’aspetto più grandioso era quanto vivo si sentisse in quel momento. Si era fatto strada combattendo per diventare Prima Pietra, solo per rendersi conto che non c’era altro posto dove andare. Si era sentito iniziare a stagnare nelle politiche della sua città, a stare ai giochi litigiosi delle altre pietre per divertirsi. Ma questo… questo prometteva di essere molto di più. “Preparatevi!” gridò ai suoi uomini. “Obbedite ai miei ordini e avremo successo. Fallite e sarete meno della polvere per me.” Si riportò sul punto dove si trovava ancora l’ex marinaio ora suo schiavo, la testa ancora sporgente oltre il bordo della nave. Probabilmente pensava che fosse tutto qui. Irrien aveva capito che loro speravano che le cose non peggiorassero, invece di vedere il pericolo e agire. “Saresti potuto morire combattendo,” disse, la grossa spada ancora sollevata. “Saresti potuto morire da uomo, piuttosto che come un penoso sacrificio.” L’uomo si voltò e lo guardò. “Avete detto… avete detto che non credete a queste cose.” Irrien scrollò le spalle. “I sacerdoti sono sciocchi, ma la gente crede alle loro sciocchezze. Se questo li ispira a combattere meglio, chi sono io per opporre obiezioni?” Tenne lo schiavo fermo in posizione con un piede, assicurandosi che tutti i presenti potessero vedere. Voleva che tutti assistessero al momento in cui la sua conquista aveva inizio. “Ti do alla morte,” gridò. “Tu e tutti quelli che si oppongono a noi!” Calò la spada piantandola nel petto del pover’uomo e trafiggendogli il cuore. Irrien non aspettò. Sollevò la lama di nuovo e per una volta la sua spada da boia effettuò il suo compiuto originale. Trapassò il collo dello schiavo. Nessuna misericordia, ma orgoglio perché la Prima Pietra non avrebbe mai tenuto una lama che non fosse così perfettamente affilata. Sollevò la spada ancora sanguinante. “Iniziate!” I corni suonarono, il cielo si riempì di fuoco mentre le catapulte lanciavano e gli arcieri scoccavano frecce verso i loro avversari. Navi più piccole sgattaiolarono verso i loro bersagli. Per un momento Irrien si trovò a pensare a questo “Akila”, l’uomo che doveva stare lì ad aspettare ciò che stava sopraggiungendo. Si chiedeva se questo potenziale avversario avesse paura in quel momento. Avrebbe dovuto averne.
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