CAPITOLO UNO-2

1762 Words
“Sì padre,” risposero i tre ragazzi in coro, mettendosi in posizione. L’uomo si voltò e lanciò uno sguardo truce a Thor. “Cosa stai facendo ancora lì?” chiese. “Va’ dentro!” Thor era combattuto. Non voleva disobbedire al padre, ma doveva parlargli. Il cuore gli martellava nel petto mentre tentava di capire cosa fare. Decise che era meglio obbedire e prendere le spade, per poi affrontare il padre. Disobbedire direttamente non gli sarebbe stato d’aiuto. Thor corse in casa e uscì dal retro, raggiungendo il ricovero delle armi. Trovò le tre spade dei fratelli, bellissimi oggetti tutte e tre, dotate delle più belle else d’argento, doni preziosi per i quali suo padre aveva faticato per anni. Le afferrò, meravigliandosi come sempre del loro peso, e corse di nuovo attraverso la casa portandole con sé. Balzò di fronte ai suoi fratelli e porse a ciascuno la sua spada, poi si voltò verso il padre. “Cosa, non sono lucidate?” disse Drake. Il padre si girò a guardarlo con disapprovazione, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa Thor parlò. “Padre, per favore. Ho bisogno di parlarti!” “Ti ho detto di lucidare le armi.” “Padre, ti prego!” Il padre gli restituì un’occhiata furente, combattuto sul da farsi. Sicuramente vedeva la determinazione sul volto di Thor, perché alla fine disse: “Ebbene?” “Voglio essere valutato. Con gli altri. Per la Legione.” La risata dei suoi fratelli risuonò alle sue spalle, facendolo arrossire in volto. Ma il padre non rise; al contrario il suo cipiglio si rilassò. “Davvero?” chiese. Thor annuì con decisione. “Ho quattordici anni. Sono idoneo.” “Quattordici anni è il limite”, disse Drake con tono denigratorio, guardandolo dall’alto verso il basso. “Se ti prendessero saresti il più giovane. Credi davvero che sceglierebbero te sopra qualcuno come me, di cinque anni più vecchio?” “Sei un insolente,” disse Durs. “Lo sei sempre stato.” Thor si voltò verso di loro. “Non lo sto chiedendo a voi,” disse. Si rigirò verso il padre, che nuovamente aggrottò la fronte. “Padre, per favore,” disse. “Dammi una possibilità. È tutto ciò che chiedo. So che sono giovane, ma mi farò valere, con il tempo.” Il padre scosse la testa. “Tu non sei un soldato, ragazzo. Non sei come i tuoi fratelli. Tu sei un pastore. La tua vita è qui. Con me. Compirai il tuo dovere, e lo compirai per bene. Non bisogna sognare troppo. Abbraccia la tua vita e impara ad amarla.” Thor si sentì spezzare il cuore mentre vedeva la sua vita crollargli davanti agli occhi. No, pensò. Non può essere vero. “Ma padre…” “Silenzio!” urlò, un grido così stridulo da fendere l’aria. “Con te ho finito. Eccoli che arrivano. Fatti da parte. E farai bene a comportarti come si deve, mentre sono qui.” Il padre fece un passo in avanti e con una mano spinse Thor da parte, come un oggetto che fosse meglio non vedere. Il suo palmo nerboruto colpì il petto di Thor. Si sollevò un forte rimbombo e la gente del villaggio si riversò dalle case, allineandosi lungo la strada. Una nuvola di polvere avanzava, annunciando l’arrivo della carovana, e un attimo dopo infatti erano lì: una dozzina di carrozze ad un cavallo che avanzavano con il rumore di un potente tuono. Giunsero al villaggio come un esercito, fermandosi accanto alla casa di Thor. I loro cavalli stavano fermi sul posto, scalpicciando e sbuffando. Ci volle un bel po’ di tempo perché la nuvola di polvere calasse a terra, e Thor cercò ansiosamente di sbirciare di soppiatto le loro armature, i loro armamenti. Non aveva mai visto l’Argento così da vicino prima d’ora, e il cuore gli batteva forte. Il soldato sul primo cavallo smontò dal suo stallone. Eccolo lì, un vero, effettivo membro dell’Argento, ricoperto di cotta di maglia luccicante, una lunga spada alla cintura. Sembrava sulla trentina, un vero uomo, la barba corta, cicatrici sulla guancia e il naso ingobbito dalla battaglia. Era l’uomo più considerevole che Thor avesse mai visto: largo il doppio degli altri, con un espressione in volto che ne lasciava intendere la forza. Il soldato saltò giù in mezzo alla strada sporca e i suoi speroni tintinnavano mentre si avvicinava alla fila di ragazzi. Da un capo all’altro del villaggio stavano decine di ragazzi, sull’attenti e pieni di speranza. Far parte dell’Argento significava una vita di onori, battaglie, fama, gloria, ma anche di terre, titoli e ricchezze. Significava la migliore sposa, la terra di prima scelta, una vita di gloria. Significava onore per la tua famiglia, ed entrare nella Legione era il primo passo. Thor aveva studiato le grandi carrozze dorate, e sapeva che potevano portare solo un certo numero di reclute. Era un grande regno, e loro avevano tanti paesi da visitare. Sussultò, rendendosi conto che le sue possibilità erano ancora più remote di quanto si fosse immaginato. Avrebbe dovuto battere tutti questi altri ragazzi – molti di loro combattenti notevoli – oltre ai suoi tre fratelli. Iniziò a scoraggiarsi. Thor riusciva a malapena a respirare mentre il soldato camminava in silenzio, osservando le schiere di speranzosi. Iniziò dall’estremità opposta della strada, poi proseguì lentamente in senso circolare. Thor conosceva tutti gli altri ragazzi, ovviamente. Sapeva anche che alcuni di loro segretamente non ambiva ad essere scelti, sebbene le loro famiglie volessero mandarceli. Avevano paura, sarebbero stati dei soldati di scarso valore. L’orgoglio di Thor gli bruciava dentro. Sentiva di meritare di essere scelto, tanto quanto ciascuno di loro. Solo perché i suoi fratelli erano più vecchi, più grandi e più forti non significava che lui non dovesse avere il diritto di stare lì ed essere scelto. Si sentiva bruciare di odio nei confronti di suo padre, e quasi avvampò quando il soldato gli si avvicinò. Il soldato si fermò, per la prima volta, di fronte ai suoi fratelli. Li guardò dall’alto in basso, e sembrò colpito. Allungò una mano, afferrò uno dei loro foderi e lo strattonò, come per metterne alla prova la resistenza. Sorrise. “Non hai ancora usato la tua spada in battaglia, vero?” chiese a Drake. Thor vide Drake nervoso per la prima volta nella sua vita. Deglutì. “No, mio signore. Ma l’ho usata molte volte nelle esercitazioni, e spero di…” “Nelle esercitazioni!” Il soldato rise fragorosamente e si voltò verso gli altri soldati, che gli fecero eco, sghignazzando in faccia a Drake. Drake arrossì. Era la prima volta che Thor vedeva Drake imbarazzato: di solito era Drake a mettere gli altri in imbarazzo. “Bene, allora dovrò sicuramente dire ai nostri nemici di avere paura di te, te che brandisci la tua spada nelle esercitazioni!” Il gruppo di soldati rise di nuovo. Il soldato si voltò poi verso gli altri fratelli. “Tre ragazzi dello stesso stampo,” disse, grattandosi la barbetta sul mento. “Può tornare utile. Siete tutti di buona stazza. Però non ancora collaudati. Avrete bisogno di molto allenamento, se volete essere all’altezza.” Fece una pausa. “Credo che si possa trovare del posto.” Fece un cenno verso l’ultima carrozza. “Entrate, e fatelo in fretta. Prima che cambi idea.” I tre fratelli di Thor scattarono verso la carrozza, raggianti. Thor notò che anche suo padre era radioso. Lui invece era desolato, mentre li guardava andare. Il soldato si voltò e proseguì verso la casa successiva. Thor non riuscì più a trattenersi. “Signore!” gridò. Suo padre si voltò e gli lanciò un’occhiataccia, ma a Thor non interessava più. Il soldato si fermò, la schiena rivolta verso di lui, e lentamente si voltò. Thor fece due passi in avanti, il cuore che gli batteva all’impazzata, e spinse il petto in fuori più che poteva. “Non mi avete considerato, signore,” disse. Il soldato, sorpreso, guardò Thor dall’alto in basso, come se si trattasse di uno scherzo. “No?” chiese, e scoppiò a ridere. Anche i suoi uomini risero. Ma Thor non se ne curò. Questo era il suo momento. Ora o mai più. “Voglio entrare a far parte della Legione!” disse Thor. Il soldato si avvicinò a Thor. “Tu? Ora?” Aveva un aspetto divertito. “Hai compiuto il quattordicesimo anno?” “Certo signore. Due settimane fa.” “Due settimane fa!” Il soldato sghignazzò, e cos fecero gli uomini dietro di loro. “In questo caso i nostri nemici sicuramente tremeranno al solo vederti.” Thor si sentiva bruciare per l’affronto. Doveva fare qualcosa. Non poteva permettere che finisse così. Il soldato gli voltò le spalle per andarsene, ma Thor non poteva accettarlo. Fece un passo avanti e urlò: “Signore! Sta facendo un errore!” Un sussulto di orrore si diffuse tra la folla, mentre il soldato si fermava e si girava lentamente. Ora si stava facendo più serio e accigliato. “Stupido ragazzo,” disse suo padre, prendendo Thor per le spalle, “Torna dentro!” “No!” gridò Thor, divincolandosi dalla presa di suo padre. Il soldato avanzò verso Thor, e suo padre si ritrasse. “Sai qual la punizione per l’insulto all’Argento?” disse il soldato seccamente. Il cuore di Thor gli martellava nel petto, ma sapeva che non poteva più tornare indietro. “La prego di perdonarlo, signore,” disse suo padre. “È un ragazzino e…” Il soldato si voltò nuovamente verso Thor. “Rispondimi!” disse. Thor deglutì, incapace di parlare. Non era così che le cose dovevano andare nella sua testa. “Insultare l’Argento significa insultare il Re in persona,” disse Thor umilmente, recitando ciò che aveva imparato a memoria. “Sì,” disse il soldato. “Il che significa che posso darti quaranta frustrate, se voglio.” “Non è mia intenzione insultare, signore,” disse Thor. “Voglio solo essere preso. Per favore. È tutta la vita che lo sogno. Per favore. Lasciatemi entrare nella Legione.” Il soldato rimase immobile, e lentamente la sua espressione si ammorbidì. Dopo un po’ scosse la testa. “Sei giovane, ragazzo. Hai un cuore valoroso. Ma non sei pronto. Torna da noi quando sarai svezzato.” Detto questo, si voltò e si allontanò rapidamente, guardando a malapena gli altri ragazzi. Risalì velocemente a cavallo. Thor rimase lì, mortificato, a guardare mentre la carovana si rimetteva in moto. Tanto veloci come erano arrivati, se n’erano già andati. L’ultima cosa che Thor vide furono i suoi fratelli, seduti sul retro dell’ultima carrozza, che lo guardavano con disapprovazione e scherno. Li stavano portando via davanti ai suoi occhi, via da lì, verso una vita migliore. Thor si sentiva morire dentro. Mentre l’eccitazione svaniva attorno a lui, gli abitanti del villaggio rientrarono di soppiatto nelle loro case. “Ti rendi conto di quanto stupido sei stato, sciocco ragazzino?” disse seccamente il padre di Thor afferrandolo per le spalle. “Ti rendi conto che avresti potuto mettere a repentaglio le possibilità dei tuoi fratelli?” Thor si liberò scontrosamente dalle mani di suo padre, che gli rispose con un ceffone sul viso. Thor sentì il bruciore del colpo e fissò suo padre con cipiglio. Una parte di lui, per la prima volta, avrebbe voluto rispondere con un altro colpo. Ma si trattenne. “Va’ a prendere le me mie pecore e riportale a casa. Ora! E quando torni, non aspettarti che ti prepari la cena. Farai a meno di mangiare stasera, e penserai a quello che hai fatto.” “Può darsi che io non torni per niente!” gridò Thor, voltandosi e andandosene furente, allontanandosi dalla sua casa, in direzione delle colline. “Thor!” gridò suo padre, mentre alcune persone si fermavano a guardarli. Thor allungò il passo e si mise infine a correre, spinto dal desiderio di andarsene il più lontano possibile da quel posto. Si rese conto a malapena che stava piangendo, con le lacrime che gli solcavano il volto, mentre ogni sogno che avesse mai coltivato veniva infranto.
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