Tagli

1329 Words
Tagli di Andrea Sola Perché lo faccio? Bella domanda. Mi ricordo la prima volta come fosse ieri. Se la ricordano tutti. Un concorso per giovani scrittori in diretta tv. Anche se la diretta non se l’è vista quasi nessuno. Tre di notte. Unico orario disponibile per un concorso per giovani scrittori. Chi guarderebbe una roba del genere? Io no di certo. In ogni puntata, una giuria esaminava i componimenti dei concorrenti e ne eliminava uno. Sono stato il primo a essere eliminato. Cosa avevo scritto? Una cagata. Una poesia sull’Olocausto. Dal punto di vista di un mattone di un campo di concentramento. Un mattone antisemita. Una cagata, ve l’ho detto. Alla fine della puntata, il concorrente eliminato doveva spiegare qualcosa sul suo modo di scrivere, sul suo componimento, su cosa voleva dire scrivere per lui. I giudici mi guardavano spazientiti, la telecamera mi inquadrava troppo da vicino. Sullo schermo, la mia faccia. Le occhiaie. La pelle giallastra. La forfora sulle spalle. I concorrenti dovevano dire qualcosa di intelligente prima di lasciare il programma. Se lo preparavano prima. Facevano prove. Anch’io le ho fatte. Qualcosa sulla scrittura che salva l’anima. Un’altra cagata. Poco male, non l’ho detta. Là sul momento non ricordavo più niente. Senza parlare ho preso la mia penna. Ogni concorrente ne aveva una. Grosse, antiquate stilografiche, con cui si faceva credere al pubblico avessimo scritto i nostri componimenti. Erano solo oggetti di scena. Ogni battuta era scritta al computer. Però erano appuntite. Così l’ho alzata in aria con una mano e l’ho piantata nel palmo dell’altra. Subito c’è stato solo un grosso gocciolone di sangue. La penna tappava la ferita. Ho tirato verso l’alto, dal centro del palmo verso le dita. È uscito parecchio sangue. La conduttrice ha fatto segno al cameraman di chiudere la diretta. Il direttore ha fatto segno alla conduttrice di chiudere la bocca. La telecamera si è avvicinata ancora. Il sangue sulla penna, il sangue sul ripiano dietro cui stavo, il sangue sulla mia mano. Ho mostrato la ferita alla telecamera. La seconda volta è stata poco tempo dopo, la ferita alla mano si doveva ancora chiudere. Mi hanno invitato in un salotto televisivo. Volevano sapere il perché del mio gesto. Non ero d’accordo con il voto dei giudici? È una forma di protesta sociale? Come la prima volta non avevo niente da dire. A differenza della prima volta non mi ero preparato niente da dire, mi ero preparato qualcos’altro. Penso lo sapessero, perché tutte le telecamere dello studio erano puntate su di me quando ho tirato fuori dalla tasca la forbice. Mi sono tagliato il lobo di un orecchio. Da lì in poi è andata sempre meglio. Il mio libro ha venduto parecchio. Di cosa parla? Non lo so. Mi invitano spesso in tv. Ho assunto un agente. Sta uscendo il sequel adesso. È una continuazione del primo? Boh. La mia ex era entusiasta. Tanti soldi, casa nuova. Si è stancata in fretta. «Già che ci sei la prossima volta tagliati il cazzo!» ha detto andando via e sbattendo la porta. Discuto col mio agente su cosa mi taglierò la prossima volta. Procediamo in modo molto accurato per fare il massimo di audience, le trasmissioni a cui andare, gli strumenti da usare. Le forbici sono più comode, ma i coltelli fanno più effetto. Una volta ho usato una wakizashi. È la seconda spada del samurai, non la katana, che la conoscono tutti, l’altra. È corta, l’hanno scambiata per una mannaia esotica, non hanno capito che era un’arma rituale. Così sono tornato ai coltelli. Coltelli da cucina, coltelli da chef. Sapeste quanti soldi mi pagano per preferire una marca alle altre, come i Miracle Blade, prodotti con l’esclusiva tecnologia “flash-forge”, adatti per tutte le vostre pietanze. Ma io i soldi li accetto solo se sono coltelli davvero buoni, ho un’integrità. Coi soldi devo anche pagarci gli avvocati. Ci sono dei ragazzini che mi imitano. Si tagliano le dita dei piedi e finiscono in ospedale mezzi dissanguati. Dilettanti. Fino ad ora mi sono tagliato: i lobi delle orecchie, tre dita intere e sei falangette, la punta del naso, uno zigomo, i capezzoli, un polpaccio, un gluteo, e le labbra. Sì, non è stata una grande idea, ho i denti scoperti e sbavo sempre, ma il mio dottore mi ha detto di non farci caso. «Presto non avrai più di questi problemi.» Non mi ha rassicurato. Sì, ho un dottore personale. Mi segue tra gli studi televisivi, mi aspetta dietro le quinte, cauterizza le ferite, le disinfetta, evita che mi ammazzi per sbaglio. L’unica cosa che non fa è nascondere le cicatrici, quelle si devono vedere, sono il mio “Brand” come ha detto il mio agente. Si consulta sempre col dottore prima di dirmi la prossima mossa. Abbiamo un calendario con segnate le mie apparizioni in tv, data-trasmissione-taglio. Per esempio: 22/3 – Otto e mezzo – “Tallone” 5/4 – Dalla vostra parte – “Mento” 21/4 – Che tempo che fa – “Busto a piacere” Ve l’ho detto, procediamo in modo molto accurato. Le prime volte mi facevo prendere dall’entusiasmo e mi tagliavo un dito intero in una sola trasmissione. Ora parto dall’unghia, e riesco a farmi un mese di ospitate prima di arrivare alla nocca. Vi meravigliereste nello scoprire di quanta roba può fare a meno uno. Più andiamo avanti e più diventa difficile. Le parti superficiali sono andate quasi tutte, si deve andare più a fondo, mi spiega il mio agente. Denti e tendini e muscoli e ossa e tonsille. «Sei fortunato ad avere ancora le tonsille, possiamo farci due serate con quelle.» Bisogna stare attenti, molto attenti, anche col dottore dietro alle quinte, non è facile come tagliarsi un dito. Dovrò fare pratica con dei cadaveri mi dice. E poi su gente viva. Gli chiedo se vuole rapire qualcuno o se ci accontentiamo di un barbone. Macché, mi dice, c’è gente pronta a pagare per farsi tagliere qualcosa da te, a patto che lo fai in una diretta video dalla tua pagina f******k. Ho anche un canale Youtube e c’è un filtro col mio nome su **. Annuisco, ma penso ad altro mentre lui fa i conti di quanti soldi farei togliendomi una costola o facendomi un’appendicectomia in diretta. Penso agli sguardi stupiti, disgustati, increduli della prima volta. Ora, tra il pubblico in studio hanno tutti il cellulare in mano, nessuno si vuole perdere nulla. Ognuno vuole avere il suo pezzetto, ripreso dalla sua angolazione, col tremolio della sua mano, e lo schermo per metà coperto dalla testa di chi gli sta davanti. La conduttrice mi parla. Penso che è un po’ il contrario di me. Io sono maschio lei è donna. Io sono giovane lei è vecchia. Io sono formale in giacca e cravatta, lei è vestita in modo, con un vestito pacchiano tutto pelle e cerniere. Io mi sono tolto di tutto, lei si è messa di tutto. Rossetto e botulino, mascara e fondotinta, terra abbronzante e protesi mammarie a base di tessuto. Mi chiede cosa ne penso dei seguenti argomenti: pestaggi a sfondo politico, l’immigrazione di massa, un carabiniere che ha fatto fuori la famiglia prima di ammazzarsi, i giovani che non votano, la neve fuori stagione. Faccio un sospiro. Il pubblico si sporge in avanti sulle sedie di plastica, non vogliono perdersi niente. Gli ospiti al tavolo con me si tirano indietro, non vogliono essere sporcati da qualche schizzo di sangue. Dovrei tagliarmi il tallone, il dottore mi ha spiegato che sarà duro, ma non dovrebbe fare tanto male, ci sono pochi nervi là. Gli ho chiesto quanti talloni si è tagliato in vita sua. Non mi ha risposto. Probabilmente la conduttrice era al corrente del piano, perché fa un’espressione stupita quando vede che non è il tallone che ho intenzione di tagliare. Adesso tutti hanno lo sguardo della prima volta. Mi domando se il dottore correrà ad aiutarmi o se mi lascerà morire dissanguato. Scorgo il mio agente dietro le quinte, so a cosa pensa. Quanti soldi farebbe la mia morte in diretta? Tanti, questo è sicuro. Un’impennata alle vendite del mio secondo libro. Un terzo libro di memorie. Una serie su Netflix. Il dottore non correrà, penso, mentre estraggo il mio coltello Miracle Blade, serie tre “Perfetta”, impugnatura bilanciata, affilatura che dura per sempre… e seguo il consiglio della mia ex.
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