Capitolo I

2169 Words
Capitolo I Sherlock Holmes Sherlock Holmes che spesso si destava molto tardi al mattino, eccetto che nelle frequenti occasioni di quando rimaneva sveglio tutta la notte, era già seduto al tavolo pronto per fare colazione. Rimasi in piedi sul tappeto accanto al caminetto e raccolsi il bastone dimenticato la sera prima dal nostro sconosciuto visitatore. Era un bastone di fattura pregevole col pomo sferico, generalmente chiamato “Malacca”. Appena sotto l’impugnatura si notava un’ampia fascia d’argento con l’iscrizione “ A James Mortimer, M.R.C.S., ovvero Membro del Collegio Reale dei Chirurghi, dai suoi amici del C.C.H .” e la data “ 1884 ”. Era il tipo di bastone abbinabile a un tradizionale medico di famiglia, esprimeva dignità, solidità e sicurezza. «Bene, Watson, cosa ha da dirmi su quel bastone?» Holmes era seduto volgendomi le spalle, ed io ero stato davvero silenzioso. «Come fa a sapere quello che stavo facendo? Credo che lei abbia gli occhi anche dietro la testa.» Mi rispose: «Ho di fronte a me una caffettiera placcata d’argento molto lucida», ma mi dica, Watson, che ne pensa del bastone del nostro visitatore? Dato che non abbiamo avuto la fortuna di essere in casa al momento del suo arrivo e non abbiamo la minima idea del perché fosse qua, questo insolito souvenir diventa importante. Provi, osservandolo, a dirmi qualcosa del proprietario.» «Penso», risposi seguendo, per quanto mi ci provavo, i metodi del mio amico, «il dottor Mortimer è un famoso medico di una certa età, molto stimato, dato che i suoi conoscenti gli hanno dimostrato la loro stima con questo regalo.» «Ottimo!», disse Holmes: «Eccellente!» «Presumo anche che sia un medico condotto, che spesso va a piedi dai suoi pazienti.» «Perché lo pensa?» «Poiché questo bastone, pur se in origine era pregevole, ora è talmente usurato che non penso proprio che un medico di città se ne servirebbe ancora. La punta di ferro è decisamente logora; è perciò evidente che è stato maneggiato andando a piedi.» «Perfettamente logico!» convenne Holmes. «E inoltre, ci sono questi “amici del C.C.H.” che stanno proprio al centro di Londra. Direi che si riferisce ad amici di un circolo dedicato alla caccia di cui forse ha operato uno dei soci, che gli ha voluto fare questo regalo in segno di stima.» «Lei si sta davvero superando, Watson», disse Holmes alzandosi e accendendo una sigaretta. «Devo ammettere che, in tutti i resoconti che lei ha voluto fornire sulle mie modeste imprese, ha abitualmente sottovalutato le sue capacità. Penso che lei non sia illuminato, ma che lei sia un conduttore di luce. Le confesso, caro amico, che sono davvero in debito verso di lei.» Prima di quel momento non si era mai espresso così e ammetto che le sue parole mi fecero molto piacere dato che qualche volta mi ero irritato per la sua indifferenza nei confronti della mia ammirazione e dei miei tentativi di far conoscere i suoi metodi. Ero persino orgoglioso, credo, perché ero riuscito ad assorbire a tal punto il suo metodo da essere arrivato ad applicarlo io stesso in modo tale da conquistarmi la sua approvazione. In quell’istante mi prese dalle mani il bastone, esaminandolo attentamente. Poi, con aria interessata, posò la sigaretta e, portando il bastone alla finestra, lo riesaminò con la lente. «Interessante benché elementare», disse, rimettendosi a sedere nel suo angolo favorito del divano. «Ci sono un paio di indizi, su quel bastone, su cui possiamo basare varie deduzioni.» «Qualcosa mi è sfuggito?», chiesi, dandomi una certa importanza. «Spero di non aver trascurato indizi importanti?». «Mio caro Watson, temo che la maggior parte delle sue conclusioni siano errate. Quando ho detto che lei mi procura stimoli intendevo dire, per essere franco, che notando i suoi errori spesso mi sono indirizzato alla verità. No, in questo caso lei non ha sbagliato del tutto. Il proprietario è senza dubbio un medico condotto. E cammina impegnato.» «Allora avevo ragione.» «In parte.» «Ma ciò era tutto.» «No, no, mio caro Watson, non tutto... tramite nessuna possibilità potrebbe essere tutto. Le suggerirei, per esempio, che un dono a un medico sia più piacevole che arrivi da un ospedale che da un circolo della caccia. E che quando le iniziali C.C. vengono prima della H di ospedale, è naturale pensare a “Charing Cross”.» «Potrebbe aver ragione.» «La probabilità punta in quella direzione. E, se noi prendiamo questa come ipotesi di lavoro, abbiamo una nuova base per ricostruire l’immagine del nostro sconosciuto visitatore.» «Bene, supponiamo, allora, che “C.C.H.” stia per “Charing Cross Hospital”; che altre deduzioni possiamo produrre?» «Le stesse non le suggeriscono niente? Lei conosce i miei metodi. Li applichi!» «Posso solo pensare alla ovvia conclusione che abbia praticato in città prima di andare in campagna.» «Credo che potremmo avventurarci un poco oltre. Guardi la cosa da un altro punto di vista. In quale occasione è più probabile che venga offerto un tale dono? Quando i suoi amici si riunirebbero per dargli un pegno della loro disponibilità? Ovviamente, nel momento in cui il dottor Mortimer si è ritirato dalla pratica ospedaliera per dedicarsi alla vita privata in campagna. Sappiamo che gli è stato offerto un dono. Noi riteniamo che ci sia stato un passaggio dall’attività ospedaliera a quella privata. Ci allarghiamo troppo ritenendo che il dono gli sia stato consegnato in occasione di quel cambiamento?» «Sembra molto probabile.» «Noterà che non avrebbe potuto far parte dello staff medico dell’ospedale dal momento che solo un uomo con una vasta clientela propria avrebbe potuto occupare un posto del genere, e quell’uomo non si sarebbe ritirato a fare il medico di campagna. Che cos’era, allora? Se avesse lavorato in ospedale, ma non faceva parte dello staff, non avrebbe potuto essere che un chirurgo interno o un medico generico interno - poco più di uno studente anziano. E ha lasciato l’ospedale cinque anni fa - c’è la data sul bastone. Quindi, il suo austero e maturo medico di famiglia svanisce, mio caro Watson, per lasciare il posto a un giovanotto sotto i trent’anni, amabile, senza ambizioni, distratto, e padrone di un cane prediletto che, grosso modo, descriverei come più grande di un terrier e più piccolo di un mastino.» Mi misi a ridere, incredulo, appena Holmes si adagiò inarcandosi all’indietro sul divano, soffiando anelli di fumo verso il soffitto. «Per quanto riguarda l’ultima parte», dissi, «non ho modo di verificarlo ma, almeno, è facile trovare qualche notizia sulla sua età e sulla sua carriera.» Presi dal mio scaffale l’Indirizzario Medico e cercai il nominativo. C’erano diversi Mortimer, ma uno soltanto avrebbe potuto essere il nostro visitatore. Lessi il paragrafo ad alta voce: Mortimer, James, M.R.C.S., 1882, Grimpen, Dartmoor, Devon. Dal 1882 al 1884, chirurgo interno al Charing Cross Hospital. Vincitore del Premio Jackson per la Patologia Comparata, con un saggio intitolato “La Malattia è una Regressione?” . Membro corrispondente della Società Svedese di Patologia. Autore di “Alcune Singolarità dell’Atavismo” (Lancet, 1882), e “Facciamo Progressi?” ( Giornale di Psicologia , marzo 1883). Ufficiale Sanitario per i distretti di Grimpen, Thorsley e High Barrow. «Nessun riferimento a quel circolo dedicato alla caccia, Watson», commentò Holmes con un sorriso malizioso. «Ma è un medico condotto, come lei molto acutamente ha osservato. Credo che io sia abbastanza nel vero per le mie deduzioni. In quanto agli aggettivi, se ricordo giustamente, ho affermato: amabile, privo di ambizioni, e distratto. Secondo la mia esperienza, a questo mondo solo una persona amabile riceve delle attestazioni, solo una persona priva di ambizioni abbandona una carriera a Londra per la campagna, e solo una persona distratta lascia il bastone ma non un suo biglietto da visita, dopo aver aspettato per un’ora.» «E il cane?» «È stato addestrato a portare il bastone seguendo il padrone. Essendo il bastone pesante, il cane lo tiene stretto in mezzo, e sono visibili i segni dei denti. La mascella del cane come indica la distanza fra questi denti, è troppo larga, secondo me, per un terrier ma non abbastanza larga per un mastino. Potrebbe essere stato... ma sì, per Giove, di uno spaniel a pelo riccio.» Parlando si era alzato e stava camminando su e giù per la stanza. Si fermò di colpo nella rientranza della finestra. Il suo tono suonava talmente carico di convinzione che alzai lo sguardo sorpreso. «Mio caro amico, come può essere così sicuro?» «Per la molto semplice ragione che vedo il cane proprio sulla nostra soglia ed ecco lo squillo del suo padrone. Non se ne vada, Watson, la prego. È un suo collega e la sua presenza può essermi di assistenza. Ora è il drammatico momento del destino Watson, quando si sentono i passi, sulle scale, che stanno entrando nella nostra vita, e non sappiamo comunque se per il bene o per il male. Che cosa, il dottor James Mortimer, uomo di scienza, chiederà a Sherlock Holmes, lo specialista del crimine? ...Avanti!» L’aspetto del nostro visitatore fu una sorpresa per me, aspettandomi il tipico medico di campagna. Egli era un lungagnone, magro, con un lungo naso a becco che sporgeva fra due occhi grigi e penetranti, serrati insieme e scintillavano dietro gli occhiali con la montatura in oro. Era vestito in tono professionale anche se piuttosto sciatto, con un soprabito non troppo pulito e i calzoni sfilacciati all’orlo. Benché giovane la sua schiena era già curva, e camminava sporgendo il capo in avanti, e dava l’idea di scrutare benevolmente il prossimo. Appena entrò, gli caddero gli occhi sul bastone che Holmes teneva in mano e si precipitò verso di lui con un’esclamazione di gioia. «Sono proprio contento», disse. «Non sapevo se l’avessi lasciato qui o all’ufficio della Società di Navigazione. Non vorrei perdere quel bastone per nulla al mondo.» «Un regalo, vedo», disse Holmes. «Sì, signore.» «Dal Charing Cross Hospital?» «Da uno o due miei amici che lavorano lì, in occasione del mio matrimonio.» «Caro, caro, ciò è male!», esclamò Holmes scuotendo il capo. Il dr. Mortimer sbatté le palpebre dietro gli occhiali, con un’espressione lievemente attonita. «Perché dice: male?» «Solo perché lei ha sconvolto le nostre piccole deduzioni. Il suo matrimonio, ha detto?» «Sì, signore. Mi sono sposato e quindi ho abbandonato l’ospedale e, con esso, tutte le mie speranze di aprire uno studio medico. Era necessario che mi facessi una casa tutta mia.» «Via, via, non ci siamo poi sbagliati così tanto», disse Holmes. «E adesso, dottor James Mortimer...» «Signor Mortimer, semplicemente signor Mortimer, un modesto membro del Collegio Reale dei chirurghi.» «È un uomo dalla mente precisa, evidentemente.» «Uno scienziato dilettante, signor Holmes, un raccoglitore di conchiglie sulle spiagge dello sconfinato oceano sconosciuto. Immagino che sia il signor Sherlock Holmes quello al quale mi rivolgo, e non...» «No, questo è il mio amico, il dottor Watson.» «Lieto di conoscerla. Ho sentito fare il suo nome in relazione con quello del suo amico. Lei mi interessa molto, signor Holmes. Difficilmente mi sarei aspettato un cranio così dolicocefalico e uno sviluppo sopraorbitale così ben marcato. Non ha obiezioni se le passassi il dito lungo la sua scissura parietale? Un calco del suo cranio, signore, fino a quando non sarà disponibile l’originale, sarebbe un abbellimento per qualsiasi museo antropologico. Non è mia intenzione essere indiscreto, ma le confesso che bramo il suo cranio.» Holmes indicò al nostro strano ospite di accomodarsi. «Percepisco che lei è un entusiasta nella sua linea di pensiero come io lo sono nella mia», commentò. «Osservo dal suo indice che si arrotola le sigarette da solo. Non faccia complimenti, non esiti ad accenderne una.» L’uomo tirò fuori cartina e tabacco e rigirò l’una con l’altra con sorprendente destrezza. Aveva lunghe, tremolanti dita, agili e irrequiete come le antenne di un insetto. Holmes era silenzioso, ma i suoi rapidi sguardi mi stavano mostrando l’interesse che lo prese per il nostro curioso ospite. «Suppongo, signore», interloquì finalmente, «che non è semplicemente per la proposta di esaminare il mio cranio che lei mi ha fatto l’onore di venire ieri sera e di presentarsi oggi?» «No, di certo no; altresì sono felice di averne avuto l’opportunità e la certezza di aver fatto bene a venire. Sono giunto da lei, signor Holmes, perché riconosco che sono personalmente un uomo complicato e perché mi sono improvvisamente confrontato con un problema molto serio e straordinario. Riconoscendo, come è giusto fare, che lei è il secondo maggior esperto in Europa...» «Davvero, signore! Posso chiederle a chi spetta l’onore di essere il primo?», chiese Holmes con una certa asprezza. «All’uomo con una precipua mente scientifica, monsieur Alphonse Bertillon, il criminologo esperto di biometrica, il cui lavoro mi attrae fortemente.» «Allora, non è meglio rivolgersi a lui?» «Ho detto, signore, chiunque abbia la mente precisa di uno scienziato. Ma come un uomo pratico di indagini, tutti riconoscono che lei sia unico. Ho fiducia, signore, che io non abbia inavvertitamente...» «Solo un poco», rispose Holmes. «Credo, dottor Mortimer, che saggiamente farebbe bene a raccontarci, senza ulteriori indugi e con chiarezza, quale sia l’esatta natura del problema per il quale lei richiede la mia assistenza.»
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