"È colpa mia? Per quello che è successo?" Mi chiese.
Scossi la testa. "Assolutamente!" Le dissi con un sorriso. "Tad ti darà conferma che non volevo venirci a Monaco. Aggiornami e fammi sapere se ti parla." Le dissi.
"Mi terrò lontana da lui." Mi disse.
Spegnemmo tutto e una volta fuori le diedi le chiavi dell'auto. "Mi accompagni in periferia, a casa dei miei nonni?" Le chiesi. "Poi torni a casa con l'auto e puoi tenerla fino a lunedì."
Lei sospirò. "Wow! Non la immaginavo così questa lunga notte." Mi disse. "Almeno non mi dai modo di mettermi a crogiolarmi addosso." Affermò con un sorriso accendendo lo stereo.
Dieci minuti dopo ero a casa dei nonni, nella periferia non si respirava l'aria pesante della città e fui contento di essere lì. Presi i miei bagagli e i porta vestiti e salutai Inga.
"Devo confessarti una cosa." Le dissi sicuro che non le sarei stato più amico appena avrei confessato.
"Dimmi!" Rispose lei.
"Ho detto a Tad che abbiamo avuto un rapporto. Non potevo mentigli, non lo faccio mai. Sa anche che non era un vero rapporto ma una sveltina senza sentimenti." Affermai.
Lei mi guardò e inorridita mi diede uno schiaffo. Cazzo se era forte. "Come hai potuto? Perché lo hai fatto Tom?" Mi chiese.
"Hai detto a tuo fratello che era colpa mia?" Le chiesi.
"Ovvio che no! È stata tutta colpa mia, ho pensato che..."
La interruppi. "Non voglio parlane. Abbiamo punti di vista diversi per cui discuteremo e basta. È tardi e anche tu devi rientrare." Le dissi. "Sapevo che non avresti sostenuto la mia proposta, per questo ho detto a Tad la verità. Adesso sta a voi parlarvi ed essere sinceri." Affermai.
"Sei un bastardo, squallido per giunta." Mi disse. "Una sveltina? C'eri dentro e l'ho sentito."
Sorrisi. "Lo so! E mi dispiace perché a differenza tua io sono anche venuto." Ammisi.
Lei mi diede un altro schiaffo. Questa volta leggerò. "Fatti sentire, ok?" Mi chiese.
Annuii. "Non scomparirò." Le dissi. "Vai adesso e stai attenta." Le dissi.
Quando fu andata via mi abbassai contro il vaso di agrifoglio accanto al cancello, lo sollevai e sorridendo presi la chiave di casa dei nonni. Entrai nella grande villa immersa nel silenzio. Ancora mi fermai alla porta cercando una seconda chiave in un secondo vaso. Una volta dentro mi gettai sul divano. Ero stanco e volevo dormire.
Al mattino fui svegliato dalla nonna, che più volte ammisi, mi strattonò. Ero stanco e mi sentivo distrutto, quasi fossi stato gettato sotto da un treno.
"Per l'amore del cielo, Tom." Mi disse la nonna. "Hai fatto baldoria?"
Scrollai le spalle e sbadigliai. "No, sono stato bravo." Bofonchiai.
"Sul divano con i vestiti addosso e il mento gonfio?" Chiese nonno.
Sorrisi divertito. "Si! Tad ha picchiato forte." Ammisi.
"Tad?!" Chiese la nonna preoccupata.
Annuii. "Abbiamo litigato, per via della piccola Meyer."
"È uno schianto. Ci sta che faccia litigare due giovani uomini." Asserì il nonno.
"Per l'amore del cielo, Edgar, ti prego. Sono fratelli." Lo riprese nonna.
"Ebbene? Sono uomini anche se sono fratelli possono litigare per una bella donna." Rispose lui.
Io scoppiai a ridere. Effettivamente avevo poco tempo, Tad poteva svegliarsi e capire che ero arrivato dai nonni. "Comunque non sono qui per questo." Dissi guardando la nonna. "Sono pronto per andare con le mie sole gambe e Tad vuole restare qui!" Dissi loro. "Mi dai le lettere che ti ho mandato in questi anni?" Le chiesi.
Nonna annuì sparendo intanto che il nonno mi guardava orgoglioso. "Quindi vuoi farla in barba a tuo padre e non seguire l'impresa di famiglia."
"Farò anche quello." Dissi. "Ma devo dimostrare che non sono un figlio di papà. Tutto ciò che costruirò sarà merito mio e non di mio padre." Dissi intanto che la nonna ci raggiungeva con una cassetta.
"Io sono orgoglioso di te, ti fa onore farti valere Tom." Mi disse il nonno mentre aprivo la cassetta.
Aprii le varie buste. Una conteneva una moneta in argento che coniata valeva mille dollari circa quando era stata comprata. Un secondo conteneva un Girard-Perregause, lasciatomi in eredità da nonno Bertrand.
Tolsi il mio Rolex datejust dal polso, sostituendolo con quello e lo misi nella busta. "Senza scatola vale poco. Per ora lo lascio qui." Dissi alla nonna. Aprii altre buste dalle quali tolsi lingotti d'oro, francobolli, soldi e ricevute di investimenti, contratti di acquisti.
"Dove hai preso tutte questi valori Tom?" Mi chiese il nonno.
"Ho investito i regali dei nonni Monet nel tempo, a diciotto anni quando ho potuto aprire un conto personale ho iniziato anche a comprare e vendere." Dissi. "Con i soldi che ho qui posso prendere il biglietto aereo, se cambio l'ora o i buoni potrei prendere in affitto un appartamento anche." Affermai guardando il nonno. "Se poi ho successo potrei anche comprarlo." Ammisi.
"Hai bisogno di soldi?" Mi chiese il nonno.
Scossi la testa. "No! Ho abbastanza contanti adesso." Dissi chiudendo la cassetta e passandola alla nonna. "Ho bisogno però che mi teniate i vestiti qui e un passaggio in aeroporto." Dissi al nonno prendendo un porta abiti. "Questi potreste mandarmeli quando avrò un indirizzo?" Chiesi.
"Non puoi andare senza vestiti Tom." Mi disse la nonna.
Feci una smorfia. "Uno infatti adesso lo indosso." Affermai. "Posso mettere camice e cravatte nella valigia. Ma vestiti no!" Le dissi.
"Metti una giacca e un paio di pantaloni anche. Non fa niente se si stropicciano, li farai stirare da una lavandaia. Costerà di meno che comprarne di nuovi."
Sospirai. "Ok... seguirò il consiglio. Intanto vado a spogliarmi. Non vorrei Tad venisse per convincermi a restare." Ammisi.
Nonno annuii. "Va bene figliolo. Vado a prepararmi anche io e chiedo a Stefan di accompagnarci." Disse. Annuii, meglio così si sarebbero fatti compagnia nel viaggio di ritorno
"Io vado a preparare la colazione, tra un po' rientra anche Sofia dall'ospedale."
Mi cambiai mettendo un vestito grigio come i miei occhi, una camicia azzurra e una cravatta in tinta. Misi in valigia un secondo completo scuro e quattro camice, lasciando due jeans. E, dopo aver preso la colazione che portai dietro, partii.
Una volta in aeroporto ringraziai il nonno e Stefan per il passaggio e dopo averli ingranati facendo credere loro che ero interessato ad andare a New York, salii sul primo aereo per Londra.
La city mi aspettava!