Capitolo 1

2382 Words
1 DUKE L’ultima cosa che volevo vedere dopo una lunga giornata in cantiere era un tizio con indosso nulla a parte una fottuta mutandina inguinale che ondeggiava i fianchi facendo roteare l’uccello. «Che cazzo sta succedendo qui?» chiesi, afferrando Jed per una spalla e facendolo voltare. Ero entrato dalla porta sul retro del Cassidy e l’avevo trovato dietro al bar. Ovviamente, mi ero perso il cartello all’ingresso che avvisava degli spogliarellisti maschili. Dal momento che era lui il proprietario del locale, era una vera sorpresa. Il mio migliore amico non propendeva per... certe cose più di quanto non lo facessi io. Non mi aveva detto nulla al riguardo. Jed sogghignò quando mi vide, porgendo un margarita con sale ad una ragazza. «Serata donne,» mi gridò sovrastando le urla femminili e le esclamazioni di “levatelo!” Aprì due bottiglie di birra, le posò sul bancone in legno lucido davanti ad una signora e se le fece pagare con una banconota da dieci dollari. C’erano due baristi che si stavano facendo il culo a riempire bicchieri e mi rivolsero un breve cenno di saluto con la mano. Jed era impegnato ad aiutarli. Ero già stato lì per una “serata donne” in passato, ma non era mai stata così. «Che ci fanno qui quelli?» urlai di rimando, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa quando il ballerino si voltò, si piegò a novanta e mise in mostra il sedere nudo. A parte il filo sottile del costumino giallo che gli passava tra le natiche, riuscivo a vedere tutto... e lo stesso valeva per le signore nel pubblico, per la loro gioia. Io, d’altra parte, ora avrei voluto cavarmi gli occhi. «Cristo,» mormorai distogliendo lo sguardo. I bassi della musica erano potenti e riuscivo a sentirne le vibrazioni attraverso il pavimento. Non avevo alcun problema con gli spogliarellisti, ma mi piaceva vedere tette grandi e una figa gonfia dopo un piccolo spettacolo. Non quello. «Julia ha pensato che avrebbe fatto bene agli affari. Lei e le sue abilità di marketing all’opera.» A giudicare dal numero di donne stipate nel bar e nella zona ristorante, mia sorella ci aveva visto giusto. Probabilmente ogni donna di oltre ventun’anni nel raggio di trenta miglia da Raines si trovava lì. A giudicare dal modo in cui agitavano banconote, dubitavo che perfino i vigili del fuoco sarebbero riusciti a smuoverle da lì. A proposito di vigili del fuoco, la musica cambiò e un nuovo ballerino salì sul palco. Con indosso un costume da pompiere. Mi chiesi cosa gli sarebbe rimasto su a parte l’elmetto di plastica rossa che aveva in testa. Per fortuna, quel tizio non lo conoscevo. Di nuovo, mi sarei cavato gli occhi. Afferrando uno straccio, Chris si pulì le mani e lo gettò sul bancone. «Perché Julia mi ha scritto di passare di qui?» chiesi. «Non ho bisogno di vedere questa roba.» Accennai allo strip tease. Con una mano a tenermi la tesa del mio cappello da cowboy contro la coscia, mi sfregai l’altra sugli occhi. Dopo aver avuto a che fare con un cliente che cambiava sempre idea e un costruttore di tetti in ritardo, desideravo solamente una birra ghiacciata e una doccia. Gestire un’impresa tutta mia di costruzioni e ristrutturazioni avrebbe dovuto essere meno stressante che cavalcare un toro. Non era affatto vero. «Non sei qui per gli uomini, ma per le donne,» mi disse Julia alle mie spalle. Girai sui tacchi dei miei stivali al suono della sua voce. Lei piegò la testa di lato così che potessi darle un bacio sulla guancia come facevo sempre, invece, le posai il palmo della mano contro la fronte e la spintonai delicatamente. Essendo venti centimetri più bassa di me e pesando quaranta chili in meno, era facile prenderla in giro. Che sciocca. «Donne? Da quando ho bisogno di aiuto con le donne?» le chiesi, appoggiandomi al bancone così da fronteggiare lei, non l’uomo con solamente un elmetto da pompiere a coprire la sua... pompa. Merda. Julia roteò gli occhi. Per quanto fosse la più giovane di noi quattro, si era assunta l’incarico di trovare una moglie per tutti i suoi fratelli. Tutti e tre. Perfino nonostante lei stessa fosse ancora single. Uno spettacolo maschile, però, era una svolta interessante. Lei mi prese la mano sinistra, sollevandola. «Da quando non c’è nessun anello su questo dito.» Lanciandosi un’occhiata alle spalle, guardò Jed. «E nemmeno uno sul suo. Ho pensato che avrei portato io le donne da voi.» «Perché ci sono qui io invece di Tucker o Gus? Loro sono single quanto me,» borbottai, spostandomi così che uno dei baristi potesse prendere qualcosa dal frighino alle mie spalle. «Perché i tuoi fratelli sono stati abbastanza scaltri da scoprire della serata donne prima di arrivare qui. Tucker ha detto, e cito testualmente... “col cazzo”.» Sembrava proprio Tucker, per quanto lui fosse sempre a caccia delle donne più selvagge e gli piacesse domarle col suo amico. Doveva aver pensato che trovare una donna lì sarebbe stato come pescare in un acquario, se non altro per farsi una rotolata nel fieno – o una sveltina nel bagno. E quelle donne erano vogliose di cazzo, specialmente quella che aveva appena lanciato le proprie mutandine ai piedi dell’ultimo ballerino. Erano più vogliose delle groupie da rodeo ed io quelle le conoscevo bene. Così come le loro mutandine. «E Gus?» «Ha detto di avere un appuntamento.» «Gli hai creduto?» Io no. Gus non andava a degli appuntamenti. Lui scopava. E non da solo. Dire che ai Duke piacesse condividere era un eufemismo. Ognuno di noi progettava di rivendicare una donna assieme ad altri. Io avevo intenzione di trovarne una con Jed. Le avremmo rovinato la piazza per qualunque altro uomo, l’avremmo marchiata col nostro seme e resa nostra. Già, mia e di Jed. Avevamo condiviso ogni cosa sin dall’età di cinque anni. Rivendicare una donna assieme aveva semplicemente senso. Julia si limitò a fare spallucce. «Uno di voi tre che si presenta qui per me basta e avanza.» Sospirai. «Allora cos’è che vuoi che faccia, esattamente?» Mi interruppi, sollevando una mano. «Aspetta, non ti aspetterai che io, che uno chiunque di noi due-» Indicai col pollice il palco alle mie spalle. Lei mi squadrò da capo a piedi, scrutando la mia maglietta nera, i jeans slavati e gli stivali. Tipico abbigliamento da una giornata di lavoro. «Ora che me lo dici... hai un caschetto nel furgone? Uno di quei giubbotti catarinfrangenti?» «Non esiste.» Feci un passo verso l’uscita e lei mi posò una mano sul petto. Jed si limitò a guardarci, mentre infilava del ghiaccio in un bicchiere e rise. «Stavo scherzando,» urlò lei sovrastando i bassi di una nuova canzone che risuonava dalle casse, poi sogghignò. «Non ho idea di come fai a gestire un ego così smisurato. Dev’essere schiacciante.» Ego? Diavolo, no. Era grande quanto le mie palle. Loro sì che erano impressionanti. E in quel preciso istante, erano piene di seme. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che avevo scopato e non vedevo l’ora di riempire la donna giusta fino a svuotarmi. Marchiarla, metterle addosso il mio odore così che tutti sapessero che era mia. E poi avrei concesso a Jed il suo turno. Julia continuò a parlare. «Solo perchè sei ragionevolmente attraente e anche famoso e tutto il resto non significa che le donne vogliano vedere i tuoi gioielli di famiglia. E non hai minimamente il senso del ritmo. Non sei affatto capace a ballare... nemmeno mezzo nudo.» Decisi di glissare sulle critiche alle mie capacità di ballo, perché era vero. Non solo ero pessimo a farlo, ma odiavo ballare. Jed conosceva un paio di mosse da esibire in pista, ma non vidi Julia cercare di tormentarlo per farlo andare a spogliarsi. E lui era come un quarto fratello, per lei. «Non sono così timido, ma sono tipo da una sola donna,» le dissi. Ed ero in cerca di una donna da due uomini. «Non-» Lanciai un’occhiata alla folla e rabbrividii. «Duecento.» Adoravo le donne. Di tutte le forme e le taglie. Veneravo tutto, dai seni piccoli e sodi a quelli floridi che ti riempivano i palmi delle mani. Dalle forme snelle e sinuose a quelle piene a cui ci si poteva facilmente aggrappare. Non facevo discriminazioni, non quando si trattava di figa. Amavo la figa. La sensazione, l’odore, il sapore. Mi veniva l’acquolina in bocca dalla voglia di averne un po’. Eppure non avevo bisogno di mia sorella che sceglieva lei la figa per me e Jed. Eravamo in grado di trovarcela da soli. Julia pensava che avessimo donne a lanciarci le mutandine addosso a destra e a manca, ed era stato così quando eravamo stati nel rodeo professionistico. Non in quel momento. Subire l’infortunio, mollare e tornare a casa per mettere su famiglia mi aveva fatto capire che cosa mi fosse mancato. E Jed mi aveva seguito poco dopo. E non era una figa accessibile ciò a cui stavamo dando la caccia. No, era la figa. Quella che avevamo cercato e che ancora non avevamo trovato. Io ero alla ricerca di un impegno. Di una relazione a lungo termine. Di casette col giardino e tutto il resto. Di metter su famiglia con la donna perfetta, la figa perfetta e non guardare mai al passato. Tuttavia, non avevo intenzione di dirlo a mia sorella altrimenti mi avrebbe organizzato appuntamenti al buio a non finire. Anche Jed. Quella visita al bar non sarebbe stata nulla in confronto a ciò che ci avrebbe fatto passare. E per quanto riguardava Tucker e Gus, se loro pensavano che avessimo una donna diversa nel letto tutte le sere, io non avevo intenzione di correggerli. Mi avrebbero tormentato a morte se avessero saputo la verità. Mi avrebbero detto che mi sarebbe caduto l’uccello se non l’avessi bagnato di tanto in tanto. Lo stesso valeva per Jed. «Allora voi due dovete sceglierne una.» Inarcai un sopracciglio di fronte all’affermazione di Julia. Sapeva che avremmo condiviso una donna da... sempre. Lo stesso valeva per gli altri suoi fratelli. E anche per lei, per quanto non volessi pensarla con un uomo, figuriamoci due. «Io non ci vado là in mezzo. Potrei non tornarne vivo. O con i vestiti addosso.» Era come farsi gettare in pasto a dei lupi. «Lo dici come se fosse una brutta cosa. Scommetto che ti ritroveresti con un sacco di soldi nelle mutande.» Jed rise mentre ci passava accanto, prendendo qualche lime. Allungai una mano e feci cadere il mio cappello da cowboy sulla testa di Julia. Con le dita, lei se lo sollevò sulla fronte così da riuscire a guardarmi. Io mi limitai a fissarla, per nulla divertito. «Bene. Resta qua ad aiutare Jed con i drink, allora. Il bar dovrebbe essere una barriera abbastanza grande da tenerti al sicuro fino a quando non ne troverai una che ti ispiri.» Mi diede una pacca sul petto e si allontanò, portandosi via il mio cappello. Che mi ispiri? Parlava come mia nonna. «Quando è diventata così prepotente?» chiesi a Jed. Lui sogghignò di nuovo mentre affettava un lime su un piccolo tagliere. «Alla nascita, credo. Io non dovrei parlare, però. Le sue strategie di marketing mi stanno fruttando parecchio.» Decisamente vero a giudicare dalle dimensioni della folla, specialmente per un giovedì sera. Avrei potuto semplicemente andarmene, tornare a casa e farmi quella doccia e quella birra, ma Jed e gli altri baristi si stavano facendo il culo. Avevano davvero bisogno di un po’ di aiuto per stare dietro alle ordinazioni, se non altro fino a quando le cose non si fossero placate un po’. Il Cassidy era l’unica fonte di sostentamento di Jed ora che non era più nei rodei e girava bene. La gente del posto ci andava per il cibo o per bere, i turisti vi si fermavano durante il tragitto verso il Glacier National Park – e le donne venivano per gli spogliarellisti. Dovevo solamente chiedermi come Julia avesse trovato gli spogliarellisti, tanto per cominciare. E quello non era un pensiero su cui volessi soffermarmi, per cui afferrai un canovaccio, me lo gettai in spalla e mi misi al lavoro. Un paio di donne mi riconobbero, cercarono di parlare con me. Una mi aveva passato le sue mutandine... cosa che, un paio di anni prima, sarebbe stata eccitante da morire, ma adesso tutto ciò che riuscivo a pensare era quanto fosse anti igienico sul bancone del bar. Un’altra mi aveva chiesto un autografo su un tovagliolo – che ero stato più che disposto a concederle – e un’altra aveva voluto farsi un selfie con il famoso campione dei rodei. Per fortuna, i ballerini erano una distrazione e, grazie al cielo, più allettanti di me. Nessuno indugiava al bar quando c’erano uomini in perizoma dall’altra parte del locale. Un lato che io cercavo di non guardare miscelando margarita con più vigore del necessario. «Che cosa posso servirti?» disse Jed, al lavoro accanto a me. Con quattro di noi dietro al bancone, ce l’eravamo diviso in zone per non finire con l’inciampare l’uno nei piedi dell’altro ed io mi ero beccato l’estremità. «Posso avere un boccale di birra e un numero di telefono?» replicò una donna. «Mi lusinghi, dolcezza.» «Non il tuo, il suo.» Non stavo prestando loro molta attenzione fino a quando Jed non mi diede una gomitata. Sollevai lo sguardo dagli shot che stavo versando e seguii il suo cenno col mento – e il suo ghigno – fino alla donna che aveva di fronte. Potevamo anche trovarci nel rurale Montana ,ma lei era tutta agghindata per una serata in città. Grandi occhi azzurri, labbra di un rosso acceso. Capelli biondi che si arricciavano lunghi e selvaggi sulle sue spalle. Spalle nude, perchè indossava un top senza maniche legato dietro al collo. E con lustrini. In effetti, era tutto di lustrini. Mi ricordava un’insegna di un casinò di Las Vegas. Non riuscivo a vedere la parte inferiore del suo corpo nascosta dietro al bancone, ma avevo già visto abbastanza. Era carina in una maniera appariscente e palese, ma non faceva per me. Magari il me stesso di ventidue anni se la sarebbe trascinata nel corridoio sul retro per una sveltina, ma ora non più. No, lei non me lo fece rizzare. Ma la sua accompagnatrice sì. Già, lei. Per la miseriaccia. LEI.
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