13° L’eterna lotta tra il bene e il male

1087 Words
13° l’eterna lotta tra il bene e il male «Da quelli là non vado, scordatelo» dice Gigi rafforzando il chiaro voto a sfavore con una lenta ma decisa oscillazione orizzontale di pizzetto. «Possono comprarsi ciò che vogliono, anche gli arbitri se ci tengono. Ma io non sono in vendita» prosegue il mio collaboratore tecnico per la fase offensiva. 1 a 0 per il no. Ma alla fine sono io a decidere, perché è mia tutta la responsabilità. Lele Pasi, Patrick Cobianchi, Gigi Savorani, Loris Ballardin e Paolo Barbieri. La mia famiglia, il mio staff. E io, Vincenzo Sarti, sono il capofamiglia, il capo allenatore. Li ho convocati in via straordinaria nella solita osteria, dove il proprietario ci ha riservato la solita saletta. Qui ci confrontiamo prima di ogni partita, dopo ogni partita. Stasera discutiamo invece della proposta indecente che ho ricevuto. Che abbiamo ricevuto. Perché se anche i miei giudici privati si sono già espressi, devo vagliare anche il parere degli uomini che mi seguono ovunque. Nella gioia e nel dolore. Nella vittoria come nella sconfitta. «Non vanno a genio neanche a me, quelli» dice Loris inalando quel tanto di coraggio che gli serve per gonfiare i polmoni e le parole che sta per rilasciare. «Ma l’offerta è molto buona. Vuol dire che ci stimano» continua il mio preparatore dei portieri. «Solo perché da ragazzo hai giocato nelle giovanili da loro non vuol dire che te li devi far piacere per forza» dice Gigi a Loris. «Ricorda solo come ti hanno trattato: la prima squadra non l’hai mai vista nemmeno con il binocolo e quando si sono stancati di prestarti in giro a squadrette di provincia, ti hanno usato come merce di scambio per arrivare a qualcuno di più bravo.» «Probabilmente non avevo talento, all’epoca» fa Loris. «Forse adesso ce l’ho.» «E quindi cosa voti?» chiedo io. «Non ho nulla in contrario» dice Loris. «Mi devi dire sì o no» gli faccio soppesando l’aria con le mani, i due piatti della bilancia su cui si dividono le loro preferenze. «Non che non hai nulla in contrario.» Loris cerca la giusta posizione sulla sedia come un portiere cercherebbe la giusta posizione sulla linea di porta prima del calcio di rigore. Poi fissa in mezzo al tavolo la bottiglia ormai vuota come fisserebbe il pallone sul dischetto. «Ti dico di sì» risponde Loris battezzando l’angolo in cui far tuffare l’istinto, nella speranza di azzeccare la traiettoria della buona sorte. 1 a 1. Ma alla fine sono io a decidere, perché è mia tutta la responsabilità. «Sono sempre stato dalla parte giusta. A cinquant’anni suonati non passo da quella sbagliata» fa Paolo buttando in gola il resto del vino nel bicchiere come se ingoiasse due dita di verità schietta. Si rigira nel palato quel sapore di moralità fai da te, mentre lo sguardo appannato gli si smorza a pochi centimetri dal naso. Quindi, dopo essersi compiaciuto della presuntuosa sparata, flette il busto in avanti per dare più vigore al suo pronunciamento. «Per me è no» sentenzia il preparatore atletico del mio staff. 2 a 1 per il no. Ma alla fine sono io a decidere, perché è mia tutta la responsabilità. Ora mancano solo le opinioni di Lele e Patrick, che si stanno studiando a vicenda indecisi su chi debba compiere la prima mossa. Inscenando un surplace da rubabandiera, non si azzardano ad anticipare il collega, anzi. Con un impacciato batti e ribatti di smorfie, si incoraggiano reciprocamente a proseguire il giro delle consultazioni. «Patrick» faccio io per spezzare la melina. «Tocca a te.» Patrick guarda Gigi, che ha detto no. Patrick guarda Loris, che ha detto sì. Patrick guarda Paolo, che ha detto no. Sul finale Patrick guarda me, che attendo il responso. «Sì» dice Patrick in un fiato. «Sì?» gli chiede Gigi. «Sì?» gli chiede Paolo. «Sì» conferma Loris al posto di Patrick. 2 a 2. Ma alla fine sono io a decidere, perché è mia tutta la responsabilità. «Lotteremo per lo scudetto. Lotteremo per la Champions League. Abbiamo sempre lavorato per questo» spiega Patrick alla comitiva. «Saremmo degli stupidi se ci tirassimo indietro proprio adesso» continua il mio collaboratore tecnico per la fase difensiva. «Saremmo degli stupidi se ci mischiassimo a loro» ribatte Paolo inclinando ancora di più il torace verso il centro del tavolo, minaccioso come un mortaio pronto a esplodere i suoi colpi. «Questa non è l’eterna lotta tra il bene e il male» fa Patrick rivolgendosi prima a Paolo, poi all’intera compagnia. «Quelle battaglie le combatti a vent’anni, adesso è tardi. Qui c’è in ballo la nostra carriera. Capire dove possiamo arrivare.» «Dove possiamo arrivare ci siamo già arrivati» dice Gigi piantando l’indice sul tavolo come si pianterebbe un punto alla fine di una storia. «Tutti desideriamo il massimo e il massimo non è mai qui. Il massimo è sempre da un’altra parte» riprende Patrick. «Di solito nessuno lo ottiene, ma questo staff, a differenza di altri, ha le qualità per farlo.» «Se davvero abbiamo queste qualità, ci meriteremo altre occasioni» dice Paolo. «Non ci sono solo quelli là.» «L’Inter ha appena vinto il campionato e non cambierà di certo la panchina. Anche il Milan ha confermato il tecnico» si inserisce Lele nel dibattito, sbucando fuori dalla cuccia in cui era stato buono finora. «Se vogliamo arrivare in cima, questa è l’unica strada» prosegue il mio allenatore in seconda. «Non è detto che in cima ci si debba arrivare subito» faccio io. «Magari fra qualche anno.» «Se la prossima stagione qui al Bologna dovesse andarci male, allora sì che saremmo bruciati» dice Lele allestendo sommariamente il peggiore degli scenari. «Nessuna big verrebbe più a cercarci, e ci toccherà galleggiare per sempre nel purgatorio del centroclassifica.» «Non ho mai creduto alla favola di quei treni che passano una volta sola» riattacca Patrick. «Ma ammettendo pure che passino un paio di volte, rimarreste a terra alla prima corsa senza la certezza che arrivi la seconda?» «Quindi, qual è il tuo voto?» chiedo a Lele per sollecitare la chiusura delle votazioni. «Sono d’accordo con Patrick» fa lui. «Anche per me è sì.» 3 a 2 per il sì. Ma alla fine sono io a decidere, perché è mia tutta la responsabilità. Lele Pasi, Patrick Cobianchi, Gigi Savorani, Loris Ballardin e Paolo Barbieri hanno dunque votato ed espresso la loro opinione. Ma alla fine sono io a decidere, perché è mia la responsabilità di accettare o meno la proposta indecente. Di determinare la piega che prenderanno le nostre carriere. Se vogliamo competere per lo scudetto. Se vogliamo giocare la Champions League. È mia la responsabilità di dire sì o no. «Per me è no» dice quindi il capofamiglia, il capo allenatore. Dice colui che sta rinunciando a competere per lo scudetto. Che sta rinunciando a giocare la Champions League. 3 a 3. Ma alla fine sono io a decidere, perché è mia tutta la responsabilità. «E visto che sono il capo, il mio voto vale doppio» annuncio al consiglio qui riunito, spareggiando l’equilibrio con autorità dittatoriale. Vince il no per 4 a 3. Come Italia-Germania del ’70. Rinunciando allo scudetto. Rinunciando alla Champions League. Rinunciando alla Fottuta Signora Football Club.
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