Story By Grazia Deledda
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Grazia Deledda

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Il Dio dei viventi
Updated at Apr 17, 2023, 23:05
Zebedeo nasconde il testamento di Basilio, suo fratello maggiore defunto, per mantenere all'interno della sua famiglia l'eredità che spetterebbe al piccolo nipote Salvatore, figlio illegittimo del fratello. Però Zebedeo non riuscirà mai a liberarsi del senso di colpa per il misfatto compiuto. Incontrerà, in seguito, Lia, la madre di Salvatore e ex-amante del fratello, offrendosi di sostenere economicamente lei ed il figlio, ma non confesserà mai il suo crimine.
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L'ombra del passato
Updated at Apr 14, 2023, 01:29
Pubblicato nel 1907, questo romanzo, scritto dalla Deledda durante i primi decenni del periodo romano, con una caratterizzazione originale e sorprendente dei personaggi, si colloca energicamente tra le opere corali della grande scrittrice."L'ombra del passato" comincia fotografando - da qui il carattere tutto analogico del mondo deleddiano - il vicinato di un piccolo paese della bassa padana. Una delle qualità maggiori riconosciuta alla Deledda è il piglio figurativo, ma in questo libro viene fuori anche la scultrice. Ogni protagonista è colto nella sua fisicità, nel suo aspetto, nella sua forma. Nulla è lasciato al caso, dai volti alle mani, dai piedi agli occhi, dagli atteggiamenti alle posture. Tuttavia non viene fuori un eccesso di letterarietà né fanno capolino i vizi manieristici e le sue descrizioni rendono palpitanti gli incontri, rendendoli frutto di una presenza ancestrale non diversa da quella degli alberi, della natura in genere. Il fiato della Deledda ha qualcosa di magico, di indimenticabile, ciò di cui parla è subito riconoscibile come parto della sua fantasia e della sua voce.
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Cosima
Updated at Apr 14, 2023, 01:13
Il romanzo della Deledda racconta di Cosima che cerca in tutti i modi di realizzare un sogno ovvero quello di diventare una scrittrice. Tra fallimenti e umiliazioni, l'autrice narra una Sardegna che non esiste più.
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Canne al vento
Updated at Apr 6, 2023, 19:33
"Canne al vento" è un romanzo di Grazia Deledda. Uscito a puntate su L'Illustrazione Italiana, dal 12 gennaio al 27 aprile 1913, dopo qualche mese fu pubblicato in volume, presso l'editore Treves di Milano. Il titolo dell'opera più famosa della scrittrice sarda (Premio Nobel per la letteratura, 1926) allude al tema profondo della fragilità umana e del dolore dell'esistenzaNel libro “Canne al vento” vengono affrontati temi come: la fragilità, l’amore, l’onore, la povertà e l’amara consapevolezza di un destino già segnato. Gli uomini e le donne sono visti come esseri fragili, piegati come canne al vento: sopra di noi esiste una forza soprannaturale (la sorte) che non possiamo in alcun modo contrastare e combattere. La scrittrice, in questo caso, prende spunto dal romanzo “Elias Portolu” del 1903, che già faceva notare la misera vita degli uomini, sballottati come canne al vento.Da sfondo, troviamo il paesaggio sardo, visto come un mondo senza tempo e pervaso da una sorta di mistero. La scrittrice descrive l’amata Sardegna, soffermandosi da una parte sulla staticità delle antiche usanze di paese e dall’altra ne rileva il rapido sviluppo industriale e tecnologico. Nel romanzo “Canne al vento“, Grazia Deledda si diletta a scrivere sia in lingua italiana che in lingua sarda, utilizzando molto spesso termini dialettali.
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Il flauto nel bosco
Updated at Apr 4, 2023, 02:41
La raccolta, opera di Grazia Deledda, Premio Nobel per la letteratura, comprende novelle ambientate tra la Sardegna e i luoghi di villeggiatura preferiti dalla scrittrice, in particolare la costa romagnola. In altre novelle figura una Roma insolita, di periferia, animata da un firmamento tessuto da personaggi così reali da apparire archetipi fiabeschi.
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Fior di Sardegna
Updated at Apr 4, 2023, 02:40
Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo di chiamare solo X***, benchè nella carta sia segnata con un nome assai sonoro e lungo. X*** possiede la sua brava passeggiata, le sue piazze, esenti ancora di fontane di marmo, e di statue, i suoi caffè splendidissimi, il suo club, e qualche volta anche a intervalli di due o tre anni, si permette il lusso del teatro: tutto ciò però non impedisce che vi si tragga la vita più noiosa di questo mondo, sicchè la più piccola novità basta per mettere in fermento gli abitanti pacifici e poco interessati nelle gravi questioni d’oltre monti e d’oltre mari. Ai primi dell’anno 1881, la novità più saliente, la novità che più dava di che pensare e di che dire nei crocchi, nei caffè, nelle conversazioni private di X*** era una palazzina misteriosa che da circa due mesi stavasi fabbricando all’estremità nord della città, vicino alla casa di don Salvatore Mannu, ch’era l’ultima di X***, una palazzina bianca, elegante, dai balconi di ferro verniciati a rosso, circondata da uno spazio destinato a giardino. Gli studenti, che poco più o meno s’intendevano tutti di francese, dicevano che quella casina di uno stile mai più conosciuto in X***, le cui case erano tutte disadorne e ineleganti al di fuori – allora – era uno chalet, e che probabilmente lo faceva costruire qualche ricco per venirsene in Sardegna nella bella stagione – qualche inglese, ben sottinteso, molto eccentrico ed originale, dal punto che sceglieva la Sardegna per luogo di villeggiatura…Fior di Sardegna è uno dei primi libri di Grazia Deledda. La prima edizione risale al 1892.Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, nota semplicemente come Grazia Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936), è stata una scrittrice italiana vincitrice del Premio Nobel per la letteratura 1926. È ricordata come la seconda donna, dopo la svedese Selma Lagerlöf, a ricevere questo riconoscimento, e la prima italiana.
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Canne al vento
Updated at Mar 30, 2020, 19:46
Le tre sorelle Pintor, nobili decadute a seguito della fuga dell’altra sorella Lia e della morte di don Zame (il padre), vivono a Galte (un paesino sardo), arroccate nel loro palazzo, poiché la miseria della nobiltà non può essere portata troppo in giro; hanno un solo, fedele servo: Efix, il vero occhio della storia. Le cose cambiano quando Giacinto, il figlio di Lia (ormai morta) e il loro unico nipote, si trasferisce sull’isola, lasciando “il continente”. Mediante il giovane, la Sorte sembra accanirsi, con ancor più acredine, sulla loro famiglia, come per effetto d’una colpa tenuta nascosta, d’un pesante castigo che Efix stesso è chiamato a scontare. Perché l’uomo non può far altro che piegarsi e spezzarsi alla forza invisibile del Destino, che è come un vento, e gli uomini non sono altro che canne in sua balia.
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Marianna Sirca
Updated at Mar 30, 2020, 19:46
Marianna Sirca è un romanzo di Grazia Deledda pubblicato nel 1915 da Fratelli Treves di Milano. La narrazione si svolge in un periodo storico imprecisato, ma vicino a quello in cui è stata scritta l"opera (1900-1915). I protagonisti sono Marianna Sirca, una giovane di origini modeste, arricchitasi dopo aver ereditato il patrimonio di un suo zio prete, ed il bandito Simone Sole. Dal romanzo venne tratto il film Amore rosso - Marianna Sirca del 1952 diretto da Aldo Vergano. Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, nota semplicemente come Grazia Deledda (Nuoro, 28 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936), è stata una scrittrice italiana, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura 1926. È stata la prima donna italiana a ricevere questo premio.
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Il Dio dei viventi
Updated at Mar 30, 2020, 19:46
"Le cose erano andate come la famiglia Barcai sperava. Il fratello maggiore, Basilio, scapolo ma padre di un figlio illegittimo, era morto senza lasciare testamento. Così i suoi beni tornavano al fratello minore Zebedeo; il patrimonio Barcai si ricomponeva come ai tempi del vecchio nonno il quale aveva costretto due suoi figliuoli a farsi preti e una figlia a non prendere marito perchè i suoi beni non andassero divisi. E la tradizione prometteva di continuare perché Zebedeo non aveva che un figlio e la gente diceva che quel figlio era rimasto unico per volontà dei genitori nella speranza appunto che lo zio morisse scapolo. Le cose erano dunque andate come si prevedeva e la gente, data la tradizione dei Barcai, non si meravigliava della poca coscienza di Basilio, il quale non aveva lasciato nulla al figlio, e che d’altronde era morto d’improvviso d’un male al cuore da lui sempre trascurato. Nonostante l’eredità la sua morte aveva impressionato profondamente il fratello, col quale si amavano sempre come da bambini e si aiutavano negli affari e nelle vicende della vita. Abitavano la stessa casa divisa in due parti eguali col cortile in comune: una parente povera faceva i servizi a Basilio e poichè era molto vecchia la moglie di Zebedeo l’aiutava." Inizia cosi "Il Dio dei viventi", uno dei capolavori di Grazia Deledda, scritto nel 1922. Grazia Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936) è stata una scrittrice italiana, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1926.
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La chiesa della solitudine
Updated at Mar 30, 2020, 19:46
La solitudine, intrecciata al tema della malattia e del silenzio su di essa, è anche condizione caratteristica del temperamento e della vita dell’autrice (che come la protagonista del romanzo si ammalò di cancro al seno), che nonostante gli onori del Nobel, conferitole nel 1926, visse sempre lontano dai clamori (in una pagina del «Corriere della sera», a seguito dell’assegnazione del premio, fu definita «la taciturna»), anche per non essere stata adeguatamente apprezzata e riconosciuta dalla critica del tempo. Qualcosa sulla protagonista del libro, come molti fra i personaggi della Deledda, lo troviamo nell’incipit, che ne sottende chiaramente il senso: «Maria Concezione uscì dal piccolo ospedale del suo paese il sette dicembre, vigilia del suo onomastico. Aveva subito una grave operazione: le era stata asportata completamente la mammella sinistra». Il destino della donna (il cui nome deriva dal latino conceptio-onis, da concipĕre, ‘concepire’), sarà infatti quello di non generare, e di privarsi di quella pienezza e gioia di vivere che pure interpreta come la causa della sua malattia, mai nominata nel romanzo. Maria Concezione è rassegnata, ombrosa, silenziosa e solitaria: infatti la Deledda proietta su di lei una lettura mitologica del cancro al seno in quello che molti ritengono il più autobiografico dei romanzi della Deledda, senza dubbio uno dei più intensi. L"essenza che sottende alla struttura che lo sostiene è il senso di colpa, atavico, vissuto come precetto religioso che si oppone ad ogni pulsione carnale. Come già avvenuto per Elias Portolou la lettura avviene in modo veloce, un lento susseguirsi di azioni, di sguardi, sensazioni ed emozioni. Ma non è il piano narrativo a suscitare l"interesse del lettore, ma gli attori che interpretano la vicenda narrata e la rendono viva, nonostante la morte che aleggia ovunque e che rende quasi palese la sua presenza nella pur totale assenza di consapevolezza da parte di tutti ad eccezione della malata. I personaggi sono i fili colorati che compongono il ricamo, si intrecciano dando sostanza ad un canovaccio che altrimenti sarebbe scarno e anonimo. Lo stile della Deledda è ancora più moderno ed essenziale che in passato: abbandonata quasi del tutto l"ispirazione verista attinge dal decadentismo, ma crea uno stile tutto personale che affonda le radici in un terreno imbibito di religione, ma anche di superstizione, di provincialismo ed egoismo. Ancora una volta descrive la Sardegna per raccontare il mondo, racconta la storia di Maria Concezione per parlare dell"Umanità. L’epilogo rimane aperto al lettore; probabilmente l’autrice proiettò a tal punto se stessa sul suo alter ego narrativo da non poterne stabilire il destino, ma rimane il senso della personalità di una donna fra le più affascinanti della creazione letteraria del nostro Novecento. Va letto, lasciato decantare e come un buon vino d"annata assaporato con calma e pazienza, affinché possa penetrare nel profondo del proprio essere.
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Elias Portolu
Updated at Mar 30, 2020, 19:46
Autentico capolavoro Ci sono libri che portano con sé, anche a distanza di anni, sapori, odori e suoni di una terra. Altri riescono a testimoniare anche le psicologie complesse degli abitanti di quella terra, e in questo sfibrano il limite spaziotemporale per rasentare l"atemporalità del mito. Così è toccato a Elias Portolu, uno dei romanzi-capolavoro che ha consacrato Grazia Deledda al grande pubblico. Si parte da una storia, di per sé, esile: il protagonista che dà il titolo al romanzo rientra al suo paese nel nuorese, dopo un periodo in prigione; qui, la calma tanto agognata è sovvertita bruscamente dalla conoscenza di Maddalena, promessa sposa del fratello Pietro. Nonostante le tante ritrosie e i consigli dei saggi zio Martinu e del prete Porcheddu, tra Elias e Maddalena scoppia l"amore, vissuto in pagine di travolgente passione. I sensi di colpa e il timore di provocare lo scandalo portano Elias a sacrificare il proprio futuro con Maddalena e a pensare al sacerdozio, unica via di fuga a un sentimento sì forte quanto insostenibile. La notizia della gravidanza di Maddalena non basta a fermare Elias, per quanto l"uomo sia roso dai dubbi. Varie complicazioni conducono poi a un finale amaro, disperato e senza scampo per il protagonista. L’autrice conduce la storia attraverso l’apparenza di dicotomie evidenti e nette, ma è ad una lettura attenta che si nota la profondità dei personaggi che “parlano” con il lettore all"interno di monologhi interiori e dei loro pensieri, offerti continuamente in presa-diretta. Elias, il cui ritorno è salutato con fierezza dalla famiglia, porta con l"esperienza della prigione, una tristezza che i familiari difficilmente sanno interpretare. La sua commozione per la tanca e per l"ovile, per le pianure e per la sua Sardegna, è accantonata dalla passione bruciante e immediata per Maddalena. Per i grigioscuri e per l"alterità del mondo narrato, Elias Portolu è un classico novecentesco da riscoprire in questi anni. Al profumo di erbe selvatiche sarde, fa da contraltare Elias, personaggio scisso e “spezzato” che sa tanto di contemporaneità.
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Dopo il divorzio
Updated at Mar 30, 2020, 19:46
"Dopo il divorzio" è un romanzo di Grazia Deledda pubblicato nel 1902, in un periodo in cui già da diversi anni era in corso una animato dibattito sull’introduzione del divorzio in Italia. L"autrice Grazia Cosima Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936) è stata una scrittrice italiana, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1926.
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Canne al vento
Updated at Mar 30, 2020, 19:46
"Canne al vento" è il romanzo più famoso di Grazia Deledda. Il titolo allude al tema profondo della fragilità umana e del dolore dell"esistenza, sullo sfondo di una Sardegna rurale e quasi primitiva di inizio Novecento. In un villaggio sardo, Galte, non lontano dalla foce del Cedrino, sulla costa tirrenica della Sardegna, vive la nobile famiglia Pintor: padre madre e quattro figlie. Il padre, Don Zame, rappresentato come "rosso e violento come il diavolo", è un uomo superbo e orgoglioso, ma anche prepotente e soprattutto geloso dell"onore della famiglia e ne protegge il prestigio e la nobile reputazione nel paese. Le donne, dedite ai lavori domestici, restano a casa. A questa condizione femminile si ribella solo Lia, la terza delle sue figlie, la quale trasgredendo le regole imposte dal padre fugge sulla penisola per "prender parte alla festa della vita". L"autrice Grazia Cosima Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936) è stata una scrittrice italiana, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1926.
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