Capitolo 4

1154 Parole
4 Lasciato l’ufficio di Marcelli, l’avvocato Gandolfo Mazzarisi si avviò con passo spedito alla berlina parcheggiata poco distante dalla caserma. Bonanno ne controllava i movimenti da dietro i tendaggi del suo ufficio. Come concordato, il fido Steppani lo bloccò. I due parlottarono tra loro. L’avvocato congedò la signora Favarò e seguì Steppani all’interno della caserma. Bonanno si accorse di avere le mani sudaticce. Il piano, abborracciato in fretta e furia poco prima, prendeva forma. “Avanti, è aperto” disse al lieve bussare. L’avvocato entrò. “Buongiorno, avvocato, prego si accomodi e grazie per avere accettato il mio... invito, gradisce un caffè?” aggiunse. Gli occhi porcini di Mazzarisi ne punteggiavano il viso affilato. Quattro peli lisciati all’indietro per capelli e l’incarnato smorto gli conferivano un aspetto da sparviero. Bonanno non sopportava codici e codicilli, preferiva stare alla larga da sbroglia imbrogli e tonache di preti che in un modo o nell’altro trovavano sempre la maniera di farsi ragione. Non si sentiva a suo agio a ragionare di faccende complicate con quei tipi, amava le cose semplici e trovava soddisfazione nel mettere i ferri ai malacarne, illudendosi di mantenere una parvenza di ordine in quelle terre di frontiera. Le indagini sul campo lo realizzavano, davano un senso preciso alla divisa che indossava e scandivano i suoi giorni in una routine confortante che lo avvolgeva e lo proteggeva come liquido amniotico. La Montanvalle era il suo ventre materno. A volte, però, doveva derogare alla propria indole arcigna e solitaria per improvvisarsi parlatore diplomatico anche con individui che non considerava. Doveva scendere in campo e guerreggiare con parole affettate e di circostanza per non soccombere agli impicci di codici e codicilli. “Vada per il caffè” rispose Gandolfo Mazzarisi. Poi, annusando l’aria, gli schiacciò l’occhiolino e si sforzò di fare il simpatico: “Ha dato una festicciola? O ha interrogato qualche bella figlia d’Eva? Quest’ufficio è pervaso da un effluvio a dir poco intrigante.” Bonanno avvampò e tagliò corto: “Mi informarono della denuncia.” “Era prevedibile.” Bonanno non colse la malevola allusione che richiamava il tanto sbandierato cameratismo tra commilitoni e andò dritto al dunque: “Padronissimo, lei, di assistere la signora, avvocato, ma le voglio fare una semplice domanda: veramente pensa che quelle accuse abbiano fondamento?” “Vede, maresciallo, il fondamento sta alla verità come l’essenza ai profumi, per restare in tema, ma come lei ben sa, la verità oggettiva e la verità giudiziaria sono due realtà ben distinte.” “La verità una è.” “Non si adombri, nulla di personale, beninteso, ma i termini della questione, egregio maresciallo, vanno inquadrati in una prospettiva più ampia e in un’aula giudiziaria conta solo quello che si può provare.” “Appunto.” “Appunto lo dico io” sottolineò il legale. “E di cosa mi accusa la suddetta signora?” “Suvvia, come se lei non avesse già letto gli estremi della denuncia” ribatté Mazzarisi. Ignorava i rapporti conflittuali tra Bonanno e il comandante di Stazione. Il maresciallo cedette alla propria natura fumantina e in un attimo sotterrò tutti i suoi buoni propositi: “Senta, avvocato, non so che minchiate ci contò la Favarò e che si inventò nella denuncia, anzi a dirgliela tutta, mi importa quanto un fico secco. Feci uno sbaglio a chiamarla.” “Santa pazienza, maresciallo, non le serve fare il duro né girarci attorno, se vuole trattare, parliamone.” “C’è poco da trattare: delle accuse della suddetta signora me ne strafotto e pure della sua verità giudiziaria. Se volete farmi la guerra, qua sono, ma qualcuno troverà di che rompersi i denti” esplose, levandosi in piedi. L’incarnato pallido dell’avvocato virò verso il prugna carminio. Non si aspettava quel brusco attacco. Steppani irruppe col caffè. Una zuccheriera in acciaio brunito torreggiava sulla guantiera in mezzo a due tazzine scintillanti. “Servizio espresso” annunciò il brigadiere. “Appoggialo qua e levati di torno.” Steppani sembrò notare i visi tirati e se la svignò prima che qualche fucilata del maresciallo si abbattesse su di lui: “Comandi”, disse, zoppicando vistosamente, tirandosi dietro la porta dell’ufficio, facendo l’occhiolino al suo comandante. Bonanno colse a volo l’invito. Si capivano all’unisono con quel ragazzo. “Quanto zucchero?” domandò Bonanno all’avvocato. “Dipende dal veleno che deve ancora sputare.” “Cerchiamo di intenderci, avvocato, io per mia natura sono franco e se le dico che non ho idea di cosa mi accusa la sua cliente, deve credermi sulla parola.” “Giochiamo al suo gioco e facciamo finta che le creda. La mia cliente sostiene che l’avete minacciata puntandole la pistola. Non solo: l’avete spintonata provocandole dei lividi e un notevole stato di shock per quell’irruzione improvvisa. Si è fatta visitare in ospedale, siamo in possesso del referto medico. Per non dire di come avete terrorizzato i bambini, arrestando il padre sotto i loro occhi innocenti. I reati ascrivibili a tali comportamenti come minimo vanno dall’abuso di potere, alle lesioni personali e alla minaccia a mano armata.” “Tutte minchiate” sbottò Bonanno. “Lo vedremo. La signora ha deciso di procedere legalmente e mi ha incaricato di rappresentare le sue ragioni.” L’avvocato prese un lungo respiro, osservò con ostentata sicurezza Bonanno e calò un altro carico da undici: “E non è tutto.” “Sentiamo, cos’altro si inventò?” “Avete sfondato la porta senza neppure concedere alla mia cliente il tempo di aprire. Abbiamo la perizia di uno stimato artigiano. Non c’è dubbio: la porta è stata divelta.” “Sa che uso può farne di quella perizia?” “Molto divertente, maresciallo.” “Dovevamo aspettare che Mangiaracina se la squagliasse dai tetti come l’ultima volta? Senta, avvocato, visto che fu così cortese da accettare il mio invito, glielo ripeto chiaro e tondo: la sua cliente sta contando una carrettata di minchiate.” “E per quale motivo lo farebbe?” “Semplice: Porcufinu le stava lustrando il pelame quando lo pizzicammo e alla signora le venne l’accanimento di farcela pagare armando questa piazzata.” “Questa è la sua versione dei fatti” replicò impassibile Mazzarisi. “Avvocato, m’intenda a prima voce: la vede questa divisa? La indosso da vent’anni e non permetto a nessuno, dicasi NES-SU-NO, d’infamare il mio nome e quello dell’Arma, né a una femmina in calore né a certi avvocaticchi da quattro soldi che si prestano alle loro stramberie.” Mazzarisi ebbe un fremito: “Nulla di personale, maresciallo.” “Si sbaglia, è fin troppo personale, invece. Chiaro?” “È una minaccia?” “Io non minaccio nessuno, qua i fatti parlano da soli e se la signora Favarò s’intestardisce con questa farsa, pure io dovrò cautelarmi e mi toccherà passare al contrattacco.” “Vale a dire?” “Presenterò denuncia per ingiuria, oltraggio, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale. E ci metterò pure le lesioni personali al mio brigadiere preso a calcioni dalla sua assistita. Ha visto prima come arrancava?” L’avvocato aveva la gola come una grattugia. Bonanno continuò: “E ci aggiungerò pure l’accusa di favoreggiamento: la sua signora favoriva la latitanza del marito.” L’avvocato cominciò a sudare. “Inoltre chiederò ai Servizi sociali di relazionare sulla topaia dove vivono. Vuole scommettere che le toglieranno pure gli ultimi figli? Le condizioni igieniche e sanitarie sono scadenti e, considerando i precedenti, c’è da aspettarsi che anche quei picciriddi vadano ad aggiungersi ai cinque già in comunità.” “Vuole prendersela coi bambini?” “A ogni azione corrisponde una precisa reazione, io le sto solo esponendo i fatti. Col marito in galera, senza travaglio e senza l’assistenza economica del Comune, una volta affidati i bambini agli istituti, pure le dame di San Vincenzo e la Milizia dell’Immacolata si tireranno indietro. Come camperà la signora Favarò? Come vede, nessuna minaccia, semplice esposizione di dati di fatto, così da fare valutare bene alla sua cliente se le conviene mettersi in questi lazzi.” L’avvocato prese un lungo respiro. Stava ponderando l’offerta: “Riferirò, maresciallo, buona giornata.” “Mi stia bene, avvocato.” Uscito Mazzarisi, Bonanno raggiunse Steppani: “Tu adesso ti fai accompagnare in ospedale e ti fai refertare, voglio nero su bianco il regalino della Favarò. E marranìa, mi raccomando.” “Eh?” “Zoppica.” “Ah! Quanti giorni di riposo mi spettano?” “Più sono meglio è.” “Lei dove va?” “A mettermi di buon umore.”
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