Chapter 4

1618 Parole
Capitolo 4 Il punto di vista di Nathan Quella donna era davvero esasperante, oggi scadeva l'ultimatum. era Il terzo giorno da quando la sua azienda aveva firmato per la consegna della lettera. Perché non aveva chiamato? Era così stupida da pensare che lui non sarebbe andato fino in fondo? Si stava facendo tardi! Sapeva che c'era una differenza di fuso orario di tre ore, quindi doveva darle tempo fino alle 17:00, ora di lei, che corrispondeva alle 20:00, ora di lui. Nathan guardò l'orologio, erano le otto meno un quarto. Lei non avrebbe chiamato, avrebbe forzato la mano. Jackson stava appoggiato con disinvoltura alla parete accanto alla sua scrivania, il suo punto di ritrovo abituale, e osservava Nathan che camminava avanti e indietro dietro la sua scrivania: “Chiamerà”, disse con semplicità, sapendo cosa stava pensando. “È Jay-la”. “Il tempo sta per scadere”. Si fermò di scatto. Se lei non avesse chiamato, lui avrebbe dovuto seguire la procedura, anche se non voleva. Havoc era irritato con lui, a causa dell'ordine ufficiale e della minaccia che conteneva, e al momento non gli parlava. Il suo lupo sembrava essere cambiato ultimamente. L'irritazione per la mancanza di risposta di lei lo stava facendo arrabbiare ogni minuto di più. Havoc, pur non parlandogli, cercava di sondare la sua mente. Nathan non credeva che lei avrebbe chiamato, aveva una nuova vita ora, lontano dal branco, lontano da loro, lontano da lui. Onestamente, si aspettava che lei tagliasse i ponti con il branco. Che scappasse, che lo costringesse a darle fisicamente la caccia. Avrebbe voluto farlo, Havoc amava le belle cacce e una volta gli piaceva inseguirla. Lei non era ancora scappata. Ma questo non significava che non l'avrebbe fatto nei prossimi dieci minuti. La porta del suo ufficio si aprì ed entrò suo padre, Blaine. Guardò Nathan che si muoveva, Jackson che lo guardava, percepì l'atmosfera nella stanza e sospirò: “Che succede, figliolo?”. “Si tratta di Jay-la, le ho dato tre giorni per contattarmi e sette per venire qui”. Scattò, non voleva dare spiegazioni, non ne aveva più bisogno; era l'Alfa da ormai due anni. Era più che altro un commento di cortesia, per rispetto a lui che era suo padre ed ex Alfa. “Non hai mandato la busta nera, vero figliolo?”. Blaine sembrava infastidito da lui. “Sì” fu tutto ciò che disse. Osservò gli occhi blu del padre che osservavano Jackson, il suo Beta, per avere una conferma, come se pensasse che il figlio gli stesse mentendo. Quando Jackson annuì, l'ex Alfa si sentì avvampare di rabbia. “Perché mai, per questa terra benedetta dalla Dea, lo hai fatto?”, si mise entrambe le mani nei capelli tirandoseli, in preda a quella che sembrava essere una tremenda frustrazione. Ora Nathan sentiva di dovergli una spiegazione: “Non è voluta tornare a casa, quando gliel'ho chiesto gentilmente. Ha rifiutato tutte le richieste... Ne ha ignorate tre, dannazione. COME HA OSATO!” urlò. Non poteva trattenersi. Era l'Alfa del Branco Luna di Sangue e lei era ancora un membro di quel branco. il suo branco, lui aveva il potere di comandare e ordinare come meglio credeva, e lei aveva osato ignorarlo. In realtà, lo aveva sfidato apertamente, quando lui le aveva teso un ramoscello d'ulivo dicendole di tornare a casa. Strinse i pugni, ne sbatté uno sull'angolo della scrivania per sfogare la frustrazione causata da quella maledetta sfida. Una volta non le sarebbe mai venuto in mente di dirgli di no. Era sempre stato un sì, a qualsiasi cosa lui le avesse chiesto di fare, accompagnato da un dolce sorriso e da un ammiccamento scherzoso. Ma ora non più, a quanto pare. Lei era cambiata nel corso degli anni. Era pronto a far esplodere la sua rabbia nella stanza. Non ci sarebbe voluto molto, guardò l'orologio: mancavano due minuti. Il telefono di Jackson squillò mentre Nathan fissava il telefono del suo ufficio. 'Il telefono squilla, dannazione', disse. Il suono del telefono di Jackson fu la goccia che fece traboccare il vaso. Come si permetteva di interromperlo in quel momento? Sentì Jackson rispondere al telefono con quel tono pigro e rilassato che Nathan odiava tanto: “Pronto, parla Beta Jackson”. La sua rabbia esplose e urlò: “Mandate il peggio del peggio e trascinate il suo culo a casa”. Colpì la scrivania con entrambi i pugni e la sentì scricchiolare, ma non se ne curò. Jackson smise di parlare e lo fissò. Sentiva gli occhi del padre anche su di lui. Jackson guardò nuovamente il telefono e lui scosse la testa, sospirando pesantemente: “Bene Alfa, è andata bene”. Poi i suoi duri occhi grigi lo fissarono; lo stavano praticamente costringendo a distogliere lo sguardo. Se aveva voglia di litigare, aveva trovato pane per i suoi denti, quello sguardo era quasi una sfida. Ciò che disse dopo scioccò Nathan: “Era Jay-la, ha sentito quello che hai detto e ha riattaccato. Tutto ciò che ho percepito da parte sua è stato un sussulto di paura”. Ora era Nathan a passarsi le mani tra i capelli e a tirarseli per la frustrazione; si rese conto che, sotto molti aspetti, somigliava a suo padre. Chiuse gli occhi. “Richiamala, subito”, disse, cercando di non prendere a calci la cosa più vicina a lui. Havoc era furioso: “Guarda cosa hai fatto”. “Lo so” mormorò Nathan al suo lupo, ‘Sistemerò tutto’. "Sarà meglio per te”, disse con un ringhio rabbioso. Nathan rimase a guardare mentre Jackson digitava il numero per richiamarla. E si rese conto che sul suo telefono c'era il nominativo di Jay-la: quel bastardo aveva avuto il suo numero per tutto questo tempo. Oh, si prenderà un pugno in faccia dopo che tutto ciò sarà finito. Avrebbero potuto chiamarla, e lui non sarebbe esploso dicendo quello che aveva detto. Perché aveva dovuto aspettare così tanto, fino all'ultimo minuto dell'ultimatum? Non era esattamente noto per la sua pazienza. Suo padre era ancora nella stanza, anch'egli in attesa dell'evolversi degli eventi. Notò, tuttavia, che sembrava più curioso di quanto avrebbe dovuto essere riguardo alla reazione del figlio. Era in piedi vicino alla porta e guardava Nathan, con un sopracciglio alzato e un'espressione apertamente curiosa sul viso. Lanciò un'occhiata al padre e scattò: “Cosa c'è?”. “Figliolo, sembri terribilmente arrabbiato per una piccola lupa! A cui hai ordinato di andarsene anni fa... Cosa sta succedendo esattamente? Perché insisti a riportarla indietro adesso? Così all'improvviso”. 'Sono affari miei', pensò Nathan. Poteva fare quello che voleva, ma sapeva anche che suo padre avrebbe insistito sempre di più sull'argomento fino a che non avesse ottenuto una risposta. Era l'ex Alfa e aveva il diritto di fare quella domanda e di ricevere la risposta. Aveva ancora il diritto di sapere cosa stava succedendo, era ancora l'Alfa in carica quando Nathan era lontano dal branco per affari o per le riunioni del Consiglio degli Alfa o quando era fuori ad aiutare un branco alleato che era sotto attacco e aveva richiesto assistenza. Nathan si rivolse di nuovo al suo Beta. “Non ha risposto”. Stava già riprovando, sapeva bene che non bastava chiamare una volta sola. “È strano, la linea non può essere occupata ora”. Dichiarò, aggrottando le sopracciglia. “Proprio fantastico”. Nathan scattò, la sua rabbia tornò a montare, solo che questa volta era arrabbiato con se stesso. Sapeva di essere responsabile del fatto che lei non rispondesse. Lei lo aveva sentito urlare e aveva reagito d'istinto, probabilmente scappando. Havoc sembrava decisamente infastidito da lui. Nathan era d'accordo con il suo lupo. “Jackson, prendi accordi. Chi conosci là fuori?”. “Un paio di lupi, anche se riportare a casa le persone non è esattamente il loro forte, ma i soldi, quelli sì che lo sono”. “Chiamali, lei sta per scappare”. Nathan annuì: “Fai presto”. Suo padre sospirò pesantemente, attirando la sua attenzione. “Io andrei da solo, figliolo, sarebbe meglio”. “Sarà già lontana prima che io o i miei uomini possiamo arrivare” e lui sapeva che era vero, avrebbero dovuto prendere l'aereo e anche con il suo aereo privato ci sarebbe voluto troppo tempo. “Suo padre sembrava stranamente calmo per la situazione in cui si trovava. Nathan non ci pensò e lo ignorò del tutto. Chi poteva sapere cosa pensava suo padre in un determinato giorno? Da quando era pensionato era cambiato. Oggi sembrava più rilassato. Le sue reazioni erano più ponderate su tutto. Quando Nathan lo aveva interrogato in proposito un anno fa, Blaine aveva alzato le spalle e gli aveva detto: “Ora devi occuparti tu di tutto, figliolo, io devo intrattenermi con la mia compagna. Le dedico un sacco di tempo” e aveva sorriso come uno scolaretto ‘se capisci cosa intendo’. Nathan aveva capito bene cosa intendeva, tutto il branco aveva capito, i suoi genitori, ora che non erano più al comando, sembravano più interessati ad accoppiarsi, ovunque e comunque, che a qualsiasi altra cosa. Metà del branco aveva visto loro e i loro lupi accoppiarsi nei boschi, nella loro forma di lupi e di umani, e questo era diventato un evento comune soprattutto nelle notti di luna piena. Guardò il padre che usciva dal suo ufficio. “Nathan pregò che rimanessero nella loro stanza e che non dovesse trovarli da qualche parte nella casa del branco; scosse la testa, sembrava che fossero tornati indietro nel tempo, a quando erano degli adolescenti arrapati.
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