VIPer molti giorni giacqui inerte, ripetendo piano a me stessa la parola: mamma; chiedendomi se avrei amato un essere del mio sangue e sentendo di non poter piangere con passione quel figlio che non avevo potuto formare. E frattanto un rimorso mi pungeva, qualcosa che mi prostrava, che mi toglieva, ancora una volta, l’amore di me stessa e il gusto della vita. Pensavo a mia madre, al torrente di parole spietate che era uscito dalla mia bocca in quella notte atroce, al passato.... Che cos’era stata ella per me? L’avevo io amata? Non osavo rispondere, mentre io stessa mi consideravo sotto un nuovo aspetto, nella desolazione d’un sogno materno balenatomi d’un tratto e immediatamente svanito. Sentivo di non aver mai contribuito a far felice mia madre, fuorchè forse al mio primo apparire tra i

