VIIQuando, alla luce incerta di un’alba piovosa d’aprile posi per la prima volta le labbra sulla testina di mio figlio, mi parve che la vita per la prima volta assumesse a’ miei occhi un aspetto celestiale, che la bontà entrasse in me, che io divenissi un atomo dell’Infinito, un atomo felice, incapace di pensare e di parlare, sciolto dal passato e dall’avvenire, abbandonato nel Mistero radioso, Due lagrime mi si fermarono nelle pupille. Io stringevo fra le braccia la mia creatura, viva, viva, viva! Era il mio sangue in essa, e il mio spirito: ella era tutta me stessa, di già, e pur mi esigeva tutta, ancora e per sempre: le donavo una seconda volta la vita colla promessa, coll’offerta della mia, in quel lungo bacio lieve, come un suggello ideale. Vidi mio marito lagrimante di gioia, gli so

