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2266 Parole
La gente non riesce a sorprendermi molto spesso, ma la Bibliotecaria Sexy… mi ha appena scioccato di brutto. «Trecento dollari?». Ma che cazzo! «Non offenderti, ma non ti darò più della metà dei soldi, questo non fa parte del patto». Alza i suoi auricolari, mettendone prima uno poi l’altro nell’orecchio, con un sorriso compiaciuto e soddisfatto. «Ci vediamo in giro allora, Oz». Noto che alza di nuovo gli occhi al cielo prima di piegare il collo; la penna inizia a muoversi mentre lei riprende a studiare. Sospiro. «Va bene, cinquanta dollari». «Duecentocinquanta». Non alza nemmeno la testa. Ma che diavolo? «Questa è una stronzata: seriamente non mi baceresti gratis?». «Assolutamente no». Guarda su e giù lungo il mio busto scolpito, assorbendo con gli occhi i miei densi bicipiti e i tatuaggi solo con un lieve interesse. Alza un sopracciglio. «Non sei proprio il mio tipo». Bugiarda. «Micetta, tu non potresti essere il mio tipo nemmeno se fossi seduta su quella sedia con indosso nient’altro che quelle dannate perle». Bugiardo. «Per favore, non chiamare mai nessuno “micetta”. È peggio di “tesoro”. Credo di essermi vomitata un po’ in bocca». Poi si piega su se stessa, sistemando il suo intero corpo e allontanandosi da me. Con il capo chinato sul quaderno, abbassa le spalle per un attimo prima di alzare la testa per guardami direttamente negli occhi. «Sai un’altra cosa? Quella è stata una cosa schifosa da dire a qualcuno». «Cosa?! Hai appena detto la stessa cacchio di cosa a me!». Nonostante ciò, quando la sua maschera di incertezza torna a fissarmi, non mentirò, mi sento una completa testa di cazzo per averlo detto. Un po’. Più o meno. Va bene. Non proprio. Tuttavia, rilascio un lungo, prolungato sospiro, come se stessi per farle l’enorme favore di farmi perdonare. «Okay. Ti darò la metà dei soldi». Il suo naso si arriccia per il disgusto. «Queste sono le tue scuse? Offrire denaro per compassione?». Mi rifiuto di dire che mi dispiace. «Prendere o lasciare». «Va bene. Ti bacerò, ma solo perché mi hai sfinita». «Mi hai appena scucito duecento dollari!». «Duecentocinquanta». Ci valutiamo a vicenda sotto le fioche luci della biblioteca, le lampade da tavolo gettano un tiepido alone sulla sua pelle liscia e sul suo viso a forma di cuore. Le ombre danzano quando alza la testa nella mia direzione, aspettando che io dica qualcosa. Provo a guardarla dall’alto in basso per catalogare mentalmente le sue tette, i fianchi e il culo, ma è impossibile dato che è seduta. «Puoi farmi un favore?», brontolo. «Credo che sarebbe meno imbarazzante per me se potessi alzarti». Tira su col naso con indignazione. «Meno imbarazzante per te? Io sto per poggiare le mie labbra su uno sconosciuto, e tu stai diventando schizzinoso. Continua ad accumulare favori!». «Invece di lamentarti, dovresti ringraziarmi per l’opportunità». Uno sbuffo. «È giusto… mi stai pagando perché sei la personificazione della moralità e dell’affidabilità. Praticamente sgorgano dai tuoi pori». «Gesù, signorina. Ho detto che ti avrei dato la metà e lo farò». «Ci crederò quando lo vedrò». Sbuffa di nuovo, ma si alza in tutta la sua fierezza e mi sconvolge di nuovo. Una minuta, piccola cosa, raggiunge a stento la mia clavicola, e sono tentato di vedere se posso appoggiare il mio mento sulla sua testa. «Se non mi credi e ti sto facendo incazzare, perché saresti d’accordo con questa stupida bravata?». Questo la ferma per un attimo; sembra esaminare la mia domanda. «Curiosità. A parte tutto, non va bene fare delle scelte sbagliate una volta ogni tanto?». Osservo lo spazio tra i nostri corpi, notando il seno pieno che sta tirando i bottoni del suo cardigan nero, e faccio un sorrisetto. Mi spiace, non posso evitarlo. La Bibliotecaria Sexy ha un grandioso davanzale sotto il maglioncino appropriato, con la fila di bottoni appropriati che adesso stanno non molto appropriatamente puntando contro il mio petto nella maniera più inappropriata. «Come hai detto che ti chiami?», la mia domanda viene fuori più roca del previsto. La sua bocca imbronciata si trasforma in un altro sorrisetto soddisfatto. «Bibliotecaria Sexy». «No, seriamente». Fa una pausa, prendendo un respiro prima di buttarlo fuori. «Va bene. Se devi proprio saperlo, il mio nome è James. James Clark». So che è maledettamente scortese e probabilmente davvero sgradevole, ma lascio che i miei occhi schizzino fuori dalla testa e che la bocca si spalanchi. «Il tuo nome è James? Come James, James?». Pazientemente, aspetta che finisca. La fisso semplicemente, cercando di riconciliare il nome maschile con la figura femminile davanti a me. Poi dico la prima cosa che mi viene in mente: «Ma i ragazzi non si confondono quando li scopi? Il tuo nome da ragazzo non li confonde?». Gli occhi blu di James si spalancano, ma non reagisce in altro modo. È ovviamente abituata a questa risposta al suo nome. «James è l’abbreviazione di Jameson». Il tacito “stronzo” inchiodato alla fine della frase indugia nell’aria, schiacciato tra i nostri corpi. Le mie sopracciglia scure scattano sardonicamente verso l’attaccatura dei capelli e piego le labbra in un sorrisetto. «Cosa…? Le due lettere extra alla fine lo hanno reso così lungo che hai dovuto accorciarlo?». «Qualcosa del genere». Perplessa, si mordicchia il labbro inferiore. «Mi bacerai o cosa? Ho un documento da trenta pagine da finire per mezzanotte, e sono solo a pagina ventidue». «Tu devi baciami». «Oh, accidenti». Un forte sospiro e giocherella nervosamente col bottone superiore del cardigan. I miei occhi si stabiliscono su quel frammento di pelle vellutata, prima che lei dica: «Che fortuna, questa cosa diventa sempre migliore, non è così? Allora d’accordo Oz, resta immobile. Sei pronto?». Così dannatamente pronto. «Sono pronto Jim». Ridacchio. «Stampamene uno». Mentre si avvicina, colgo un sentore di qualcosa che odora come borotalco e qualcos’altro di floreale. Inalo, fissando il suo petto. Insomma, dato che le sue tette sono schiacciate contro di me, potrei anche approfittarne… e incredibilmente, me lo lascia fare. Si alza sulla punta dei piedi. Fa svolazzare le ciglia. Contrae le labbra imbronciate. Mi aspetto un bacio casto sulla guancia, un semplice tocco delle labbra o un bacetto veloce sulla mia mandibola. Non mi sono mai sbagliato così tanto in tutta la mia fottuta vita. E sinceramente, non sono neanche mai stato così eccitato. Provare a farmi baciare da James è stato divertente, una vera caccia, giuro su Dio, di cui ho apprezzato ogni secondo. Quindi guardo le sue labbra e godo nel sentire le sue… Smettila cazzone. Concentrati. Jameson mi prende il viso tra le mani tiepide, cullandomi la mandibola. I suoi pollici cominciano una lenta, costante carezza lungo le mie guance, scivolando avanti e indietro finché il mio collo si piega involontariamente e le palpebre diventano pesanti mentre la guardo meravigliato. Sono veramente attonito mentre questa strana ragazza senza pretese cerca i miei occhi. Istintivamente, le mie labbra cercano il contatto del suo palmo, vogliono baciarlo. Come se avesse intuito la mia intenzione, scuote la testa. «Non farlo». Un sussurro. Un sospiro. I suoi bottoni affondano più in profondità nel mio petto quando si inarca ancora più in alto sulle punte dei piedi per posare le labbra sull’angolo esterno della mia bocca. Le appoggia lì, inalando. Le preme da un lato, poi dall’altro. Il mio labbro inferiore. Dà al mio arco di cupido un veloce colpetto di lingua. Le mie narici si allargano mentre sto in piedi, dritto come un fuso e duro, aspettando… aspettando finché Jameson arretra, le sue lisce mani indugiano, senza lasciare mai il mio corpo, gli occhi blu memorizzano ogni dettaglio del mio volto. Riflettendo. Il mio sguardo scuro come un falco segue i denti che trascinano il suo labbro inferiore e lo tirano; segue la lingua che fa capolino dalla sua bocca umida. Non muovo un singolo muscolo del corpo, ma non riesco a trattenermi dal provocarla. «Non ho tutto il giorno». «Shh…», mi ammonisce. «Silenzio per favore. Quando parli, mi viene voglia di schiaffare del buonsenso dentro di te». La sua bocca rosa fluttua a un soffio di distanza, stuzzicando, l’aria tra di noi diventa sempre più stranamente infiammabile. L’energia tra le nostre labbra emette un leggero sfrigolio elettrico sul quale più tardi mi interrogherò sdraiato a letto… ma per ora, il mio cazzo si contorce dentro i jeans scuri, e i miei pugni si stringono e si rilassano ai lati del corpo, lottando per guadagnare un po’ di controllo della situazione. Risulta impossibile. Le gambe diventano irrequiete, e improvvisamente l’adrenalina scorre attraverso il mio intero corpo. Potrei fare un centinaio di giri intorno al campus… il che è così dannatamente ridicolo. Non è neanche il mio classico tipo: bionda, stupida e facile. È una nullità, e io non scopo le nullità. Non di solito. Le labbra contratte, finalmente le poggia sulle mie. Sospira. Schiudo le labbra e, come una brava ragazza, fa scivolare la lingua dentro, senza fretta. Ce l’ho duro. Così maledettamente duro. Jameson sa di fresco, come una gomma alla menta e fragole; improvvisamente ritrovo le mani che circondano la sua vita sottile, attirando quel viso arrossato al mio corpo, così da poter strofinare la mia erezione sulla sua coscia. Le nostre labbra si aprono. Di più. La mia lingua cerca la sua strada all’interno… fino in fondo. In profondità come un’ancora di salvataggio. In pochi secondi, stiamo limonando come due studenti delle superiori senza supervisori nel seminterrato dei genitori, proprio al centro della dannata biblioteca, circondati dai nostri colleghi. Gemo quando mi morde il labbro inferiore e poi lo succhia. Da dietro, sento quegli stronzi dei miei compagni di squadra seduti al tavolo dall’altra parte della sala che fischiano, non abbastanza forte da far arrivare la bibliotecaria, ma abbastanza per far sì che Jameson interrompa il bacio, spingendo il mio petto duro come la roccia e ansimante con un lamento, distanziandosi, una mano sospesa sulle sue labbra. Dopo qualche respiro distensivo, chiede affannata: «Era abbastanza buono per lo stipendio? Soddisfatto adesso?». Cazzo, no. «Non sarò soddisfatto finché non ti scopo su un tavolo in un’aula studio». Afferro la sua mano. «Dai». Spalanca gli occhi per la sorpresa quando mi avvicino per prenderle le braccia. Intenzione: attirarla in un altro bacio. Realtà: lei mi sfugge, fa un passo di lato, il suo sedere sbatte sul tavolo, fa scuotere la lampada e fa cadere le penne dal bordo con un frastuono. Una mano instabile vola verso le labbra gonfie, accarezzandole gentilmente con i polpastrelli. «Non sono quel tipo di ragazza». I miei occhi fiammeggianti assorbono la sua immagine, dalla testa ai piedi: jeans, maglietta bianca, cardigan nero e perle luccicanti. Perle. Gesù Cristo. «Allora che tipo di ragazza sei? Una a cui non interessa divertirsi? O sei solo una provocatrice?». Visualizzo la scena con lei nella mia mente; spingendo via dal tavolo a casaccio i nostri libri sul parquet, sgomberandolo così che possa posizionarla sul bordo. Le abbasso i jeans, la accarezzo in certi punti… ovunque. In punti interni col mio uccello. Il suo clitoride mentre la guardo venire, sdraiata sul tavolo dell’aula studio. «Hai vinto la tua scommessa», Jameson comincia lentamente, accarezzandosi la coda di cavallo con la mano. «Tu hai vinto i tuoi soldi, e io ho soddisfatto la mia curiosità». I suoi grandi occhi blu, adesso guardinghi, vagano verso il tavolo dove Zeke e Dylan sono seduti, guardandoci. «Dovresti andare. I tuoi amici stanno aspettando». Le faccio uno stupido segno del capo, allungo la mano verso il basso per sistemare drammaticamente l’erezione nei miei pantaloni. «Grazie per avermi lasciato con le palle blu». Le sue labbra si contraggono. «Prego». Le do un’altra occhiata veloce, studiandola da capo a piedi, vedendola in modo differente da quanto avevo fatto dieci minuti prima. In un batter d’occhio, è passata da puritana e poco avventurosa a sfacciata e stranamente erotica. Che sfiga che non la sta mollando. Alla fine mi giro, presentandole la schiena prima di andar via, un passo pesante dopo l’altro, verso i miei amici. Arrivo a metà strada attraverso la biblioteca quando la sua vocina frizzante risuona, un leggero richiamo. «Ehi Oz?». Mi fermo. Anziché guardarla in faccia, girò la testa solo un po’, mostrandole solo il mio profilo. «Cosa?». Rimane in silenzio per qualche secondo… così silenziosa che la mia morbosa curiosità mi costringe a voltarmi. Jameson è in piedi nella debole luce della lampada nell’angolo poco illuminato, i suoi occhi scintillano con arguzia e umorismo. Affascinato, le mie sopracciglia si alzano con impazienza. «Allora?». «Un piccolo consiglio amichevole?», le sue labbra imbronciate si aprono e io ne sono attratto mentre mormorano: «Non giudicare mai una ragazza dal suo cardigan», forte appena a sufficienza affinché io possa sentirlo. Questo mi fa riflettere. «Grazie per il suggerimento, ma non ne ho bisogno». ---- Due ore e venti minuti dopo, quel consiglio pronunciato a bassa voce è tutto ciò a cui riesco a pensare: non giudicare mai una ragazza dal suo cardigan. Che diavolo dovrebbe voler dire? Irritato, prendo a pugni il mio cuscino, arrotolandolo sotto la testa e fissando il soffitto, pienamente sveglio, provando a cacciare dalla mente la visuale di un certo set di perle e a concentrarmi su qualcos’altro, come le tette sode di Rachel Nonhocapitoilsuocognome, quella piccola provocatrice d’uccelli. O il culetto sodo di Carmen Qualèlasuafaccia. O quella viziosa brunetta da cui prima mi sono fatto fare un pompino in biblioteca… Sputo al centro del mio palmo prima di farlo sparire nei pantaloncini a rete da palestra. Per avere migliore accesso, spingo l’elastico sotto i fianchi, oltre la mia violenta erezione. Stringendo la base dell’asta rigida, le do un paio di strattoni per allentare la tensione prima di svolgere il compito, pompandolo con un ritmo regolare fino a far diventare il respiro pesante. Aggrotto le sopracciglia per la concentrazione e lecco con la punta della lingua il labbro inferiore, i miei denti lo mordono a ogni movimento. Cazzo, è fottutamente fantastico, anche se è solo la mia dannata mano. Sfortunatamente. Ci vogliono un paio di minuti per venire, e con un paio di colpi ulteriori sgancio il mio carico, gemendo quando la mano si riempie di sperma tiepido e appiccicoso. E come ogni romantico cliché dalla nascita dei tempi, non è il bellissimo, perfetto viso di una sexy bionda a cui sto pensando per masturbarmi, ma il viso fresco di Jameson Clark. I suoi capelli impeccabili. I suoi occhi chiari. Quegli occhiali neri posati sul naso. L’universo è una stronza, implacabile dominatrice, in realtà. Alzandomi dal letto, faccio schioccare l’elastico dei pantaloncini attorno alla mia vita snella, faccio scorrere una mano sugli addominali e mi incammino scalzo verso il bagno in comune che condivido con altri tre ragazzi per sciacquare la mano… e il cazzo.
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