Capitolo 2

1414 Parole
Come tutte le mattine alle sei e mezzo, la sveglia mi dice che è ora di iniziare la giornata. Apro gli occhi e mi strofino il viso, pentendomi di aver fatto così tardi la sera precedente, per parlare con Lucy. Oggi è il primo giorno di lavoro sul campo e sono leggermente nervosa. Ripeto la solita routine della mattina: mi alzo, faccio la doccia, copro le occhiaie, mi vesto e scendo per fare colazione. Stavolta niente pancake, così prendo un succo alla pera dal frigo e qualche biscotto dalla credenza. Lucy sta finendo il suo caffè accanto al lavandino della cucina. "Pronta?" mi chiede, mentre posa la tazzina tra le cose da lavare. "Sì, andiamo." Le rispondo mentre afferro lo zaino, dove per fortuna avevo già preparato un blocco per appunti nuovo. Usciamo di casa per le otto meno un quarto e alla fine, nonostante un po’ di traffico, arriviamo puntuali. "Sei nervosa?" chiedo alla mia amica mentre ci sediamo al nostro banco. "Un po'... sai com'è, stiamo andando in un carcere." Risponde con una punta di sarcasmo, che mi fa sorridere. "Anch'io lo sono. Chi ci verrà assegnato secondo te?"   "Niente di troppo pericoloso, hai sentito la Jones, sta' tranquilla." mi sorride. "Si, hai ragione." Rispondo proprio mentre entra la professoressa Jones. Ci da il buongiorno mentre passa tra i banchi, consegnandoci i cartellini con il nostro nome e ID scolastico. Ci comunica che la scuola ha affittato un pullman con le quote consegnate per il deposito gite, che ci porterà fino a destinazione. Termina il suo discorso, consegnandoci un foglio con su scritte le domande da fare ai detenuti, per poi fare un elaborato da consegnarle. Do una piccola sbirciatina e la frase 'Da quanto sei qui?' mi fa rabbrividire. Sono ancora convinta che questo sia il lavoro della mia vita? Non lo so. * * *   Dopo un'ora di pullman, ci troviamo davanti ad un grande cancello nero, oserei dire quasi intimidatorio, e un edificio gigantesco. Come anticipato dalla professoressa, siamo arrivati fino alla periferia di Londra e siamo andati ancora un po’ oltre uno dei quartieri mene frequentati e abbiamo raggiunto la destinazione. Scendiamo dal pullman e seguiamo la Jones dentro il palazzo. Varchiamo il cancello, sorvegliato dalle telecamere e due poliziotti, poi raggiungiamo un portone blindato e altri due poliziotti ci danno il benvenuto, permettendoci di entrare. Siamo nell’atrio, se vogliamo chiamarlo così, davanti un gabbiotto dove ci sono i monitor delle telecamere di sorveglianza e ovviamente un agente che non perde di vista gli schermi. Vediamo arrivare un uomo adulto, con una divisa leggermente più arricchita rispetto ai colleghi, idicando un grado più alto. "Allora ragazzi, lui è il vice questore aggiunto Smith, vi spiegherà tutto quello che dovete fare, come funzionerà questa visita e vi darà qualche dritta." Ci dice la professoressa. "Benvenuti ragazzi. So che probabilmente siete molto nervosi, ma non c’è bisogno, parlerete con dei detenuti che hanno scontato ormai quasi tutta la pena, la maggior parte saranno sotto i trent'anni. Avete delle domande da fare e loro risponderanno, sono già stati avvisati. Mettetevi in fila ora e io vi dirò il numero della cella e poi una un altro agente vi scorterà fino alla vostra porta. Tutto chiaro?" La classe risponde in coro, mentre ci posizioniamo in fila, l'uno dietro l'altro. Sono nervosa e forse anche spaventata. Presto arriva il mio turno e mi viene affidata la cella numero 23. Deglutisco a vuoto una volta che la guardia mi scorta davanti alla cella del detenuto che mi è stato assegnato. "Prego signorina Brooks." mi dice aprendo il cancelletto, che una volta varcato, sento di nuovo chiudere alle mie spalle. Prendo un bel respiro e mi faccio coraggio, riuscendo finalmente a camminare. Davanti ai miei occhi si trova un ragazzo molto giovane, avrà forse poco più di vent’anni, seduto sulla branda. Anche se è un pensiero infantile, la prima cosa che mi viene in mente è che è decisamente bellissimo. I suoi due occhi azzurri ghiaccio incontrano subito i miei. Mi prendo qualche attimo per osservarlo meglio: pelle diafana, occhi apparentemente impenetrabile a causa del colore freddo e un fisico asciutto e allenato. Rimango da subito senza parole, ma non posso fare scena muta. "Salve" dico, cercando si sembrare il più calma possibile. Infondo sotto quell’aspetto angelico c’è un criminale. "Ciao" sorride, facendomi sentire in imbarazzo sui miei stessi pensieri. "Io mi chiamo Amber, sono venuta qui perché dovrei farti delle domande." "Sì lo so, sei la ragazza dello stage. Piacere di conoscerti, io sono Nick Davies. Mettiti pure qui sul letto, stare in piedi non è il massimo." sorride di nuovo e io non riesco a trattenere una risatina. Come può questo ragazzo, con tale gentilezza, essere un criminale? Avrà forse commesso forse un reato minore? "Ti ringrazio. Allora, Nick, posso iniziare?" gli chiedo dopo essermi seduta e aver preso il blocco per appunti dallo zaino, insieme alla penna e al foglio delle domande. "Certo." "Okay... Da quanto sei qui?" inizio. "Due anni." Risponde diretto, senza esitare. "Per quale motivo sei qui?" proseguo. Questa forse è la domanda più difficile, in quanto rievoca i brutti ricordi del detenuto o comunque gli ricordano le sue azioni deplorevoli, da caso a caso. "Io facevo parte di una gang, spacciavamo droga e si … eravamo solo ragazzini, però le regole sono uguali per tutti a prescindere dall’età. Non so se lo sai, ma quando qualcuno non paga viene punito con la morte. Ecco, è iniziato da qui: alcuni dei componenti del gruppo hanno incastrato me e i miei amici, incolpandoci dell'omicidio che aveva commesso uno di loro. Non volevo che i miei amici, che considero fratelli ci andassero di mezzo tutti, così mi presi io la colpa di tutto, in modo da essere l’unico a finire in questo posto. Loro se la cavarono con delle multe per detenzione di sostanze stupefacenti, che fortunatamente non usavano." Racconta. Io mi trovo senza parole, sconvolta dalla questione. “Tu … non solo sei innocente … ti sei completamente sacrificato, buttando due anni della tua vita, della tua giovinezza, per proteggere i tuoi amici. Consapevole del fatto che il vero colpevole gira a piede libero, indisturbato. Non è giusto, non meriti questo. "Amber, la vita reale non è sempre semplice, e io ne ho subito le conseguenze, ma ti dico una cosa. Quello stronzo me la pagherà prima o poi.” "Mi dispiace" continuo a ripetere, senza riuscire a dire altro, dimenticando anche il resto delle domande. “Sei diversa.” Risponde, a un certo punto. “Cosa intendi?” chiedo, a fatica. Sto impiegando tutte le mie energie per non piangere. Questo lavoro non va bene per una persona sensibile come me, forse ho sbagliato tutto. “Non sei schifata da me, come avrebbe fatto una qualsiasi ragazza della tua età, ti stai addirittura dispiacendo per me.” “Non posso essere schifata da un innocente Nick. Grazie per aver risposto alle mie domande.” Gli faccio un piccolo sorriso. “Di nulla, spero che con il tuo elaborato otterrai un bel voto.” “Già, è molto importante questo compito ... sai quando uscirai?” “Tra una settimana” sorride. “Sarà bello tornare alla vita normale, che ne pensi?” “Si non vedo l’ora. Anche se probabilmente l’inizio sarà strani, potrò cercare lavoro e trovare un posto in cui stare.” “Con il lavoro potrei aiutarti, io faccio la cameriera in una caffetteria e il proprietario conosce diverse persone, magari anche qualcuno che offre posti di lavoro.” “Sei davvero gentile Amber, parli con me come se fossi un tuo conoscente.” “Io mi sto comportando in modo naturale, faccio solo ciò che sento ...tutto qui” dico imbarazzata. Lui non fa in tempo a rispondere che la porta della cella si apre, mostrandomi il vice questore aggiunto Smith. “Il tempo è scaduto signorina Brooks” mi comunica. Annuisco e mi alzo dal letto, mentre l’uomo mi aspetta fuori. “Mi ha fatto piacere conoscerti Amber” mi saluta Nick. “Credevo non l'avrei mai detto, ma anche per me è cosi.” “Addio, allora.” “Credi che ci rivedremo, Nick.” Vedo i suoi occhi illuminarsi, poco prima di uscire dalla cella. C’è qualcosa di lui che mi ha fatto venire voglia di conoscerlo meglio.
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