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2013 Parole
Tietjens disse: «Sylvia mi chiede di riprenderla». Macmaster disse: «Prendi un po’ di questo!» Tietjens stava per dire automaticamente: «No». Cambiò idea in: «Sì. Forse. Un bicchiere di liquore». Notò che il bordo della caraffa oscillava, tintinnando sul bicchiere. Macmaster stava tremando. Macmaster, di spalle, disse: «La riprenderai con te?» Tietjens rispose: «Immagino di sì». Scendendo, il brandy gli riscaldava il petto. Macmaster disse: «Meglio se ne prendi un altro». Tietjens rispose: «Sì. Grazie». Macmaster proseguì con la colazione e le sue lettere. Tietjens fece lo stesso. Entrò Ferens, portò via i piatti di bacon e mise sul tavolo un piatto d’argento con acqua calda che conteneva uova sode e merluzzo. Molto tempo dopo Tietjens disse: «Sì, in linea di principio direi di sì. Ma mi dovrò prendere tre giorni per riflettere sui dettagli». Sembrava non provare alcun sentimento al riguardo. Continuava a pensare a certe frasi insolenti nella lettera di Sylvia. Preferiva una lettera come quella. Il brandy non gli fece cambiare idea, ma sembrò impedirgli di tremare. Macmaster disse: «Si potrebbe andare a Rye con il treno delle 11.40. Potremmo fare una partita dopo il tè, ora che le giornate sono più lunghe. Voglio fare un salto da un prete lì nei dintorni. Mi ha aiutato per il mio libro». Tietjens disse: «Il tuo poeta conosceva il prete? Ma sì, certo – si chiama Duchemin, vero?» Macmaster disse: «Possiamo andare alle due e mezza. In campagna dovrebbe andare bene. Possiamo rimanere fino alle quattro, con una carrozza ad aspettarci. Possiamo cominciare a giocare a golf alle cinque. Se ci piace possiamo restare anche il giorno dopo: poi martedì a Hythe e mercoledì a Sandwich. O possiamo rimanere a Rye tutti e tre i giorni». «Probabilmente mi farebbe meglio andare in giro», disse Tietjens. «Ecco quei dati sulla Colombia Britannica. Se prendessimo una carrozza adesso potrei finirli in un’ora e un quarto. Poi il Nord Africa Britannico può andare alle stampe. Sono solo le otto e mezza». Macmaster disse, con una certa preoccupazione: «Oh, ma non è il caso: posso parlarne con Sir Reginald». Tietjens disse: «Sì che ce la posso fare. Ingleby sarà contento se gli dici che sono pronti. Li finirò in modo che tu possa darglieli quando viene alle dieci». Macmaster disse: «Che uomo straordinario che sei, Chrissie. Quasi geniale!» «Oh», rispose Tietjens: «ieri stavo guardando le tue carte dopo che te ne sei andato e ho quasi tutte le somme in testa. Ci pensavo prima di andare a letto. Penso che hai sbagliato a sovrastimare il peso del Klondike nella popolazione di quest’anno. Le frontiere sono aperte, ma praticamente non le attraversa nessuno. Aggiungerò una nota a margine». Nella carrozza disse: «Mi spiace seccarti con le mie terribili faccende. Ma che effetto farà su te e l’ufficio?» «L’ufficio», disse Macmaster, «non deve preoccuparti. Abbiamo raccontato che Sylvia è all’estero per assistere la signora Satterthwaite. In quanto a me, vorrei… », serrò i denti, «vorrei che trascinassi quella donna nel fango. Per Dio se lo vorrei! Per quale motivo deve fare scempio di te per il resto della tua vita? Ha già fatto abbastanza!» Tietjens guardò fuori dalla carrozza. Questo spiegava una cosa. Qualche giorno prima un giovanotto, amico di sua moglie più che suo, lo aveva avvicinato al circolo e gli aveva detto che sperava che la signora Satterthwaite – la madre di sua moglie – stesse meglio. Ora disse: «Capisco. La signora Satterthwaite probabilmente è partita per coprire la fuga di Sylvia. È una donna di buon senso, anche se una carogna». La carrozza corse nelle strade quasi vuote, perché era molto presto per i funzionari pubblici. Gli zoccoli dei cavalli scalpicciavano precipitosamente. Tietjens preferiva le carrozze, perché i cavalli sono fatti per la gente per bene. Non sapeva niente di come i colleghi vedevano i suoi problemi. Per indagare al riguardo aveva dovuto rompere una lunga e intorpidita inerzia. Negli ultimi mesi si era adoperato a identificare a memoria gli errori nell’Enciclopedia Britannica, di cui era da poco uscita una nuova edizione. Aveva persino scritto un articolo su un noioso mensile al riguardo. Era stato così caustico da mancare il bersaglio. Disprezzava chi faceva affidamento su opere di consultazione e cose del genere; ma il suo punto di vista era stato così particolare che l’articolo non aveva suscitato la reazione di nessuno, fatta eccezione forse per Macmaster. In realtà era piaciuto a sir Reginald Ingleby, che era stato felice di sapere alle proprie dipendenze un giovane con una memoria così tenace e una conoscenza così enciclopedica… Era stata un’occupazione ideale, come una lunga dormita. Adesso doveva fare delle domande. Disse: «E il fatto che ho lasciato casa a ventinove anni? Come viene visto? Non avrò più dove abitare». «Pensano», rispose Macmaster, «che Lowndes Street non era l’ideale per la signora Satterthwaite. Questo per quanto riguarda la malattia. Problemi di fognature. Posso dire che Sir Reginald approva del tutto – ed espressamente. Ritiene che i giovani funzionari governativi sposati non debbano mantenere un palazzo costoso nel quartiere Sud Ovest». Tietjens disse: «Dannazione». Aggiunse. «Probabilmente ha ragione, però». Poi disse: «Grazie. Era proprio quello che volevo sapere. C’è sempre un certo disprezzo nei confronti dei mariti traditi. Giustamente. Un uomo dovrebbe essere in grado di tenersi la moglie». Macmaster esclamò subito: «No! No! Chrissie». Tietjens proseguì: «E un ufficio pubblico di primo livello è come una scuola pubblica. Non è giusto avere nella propria cerchia un uomo che si è lasciato scappare la moglie. Mi ricordo che a Clifton nessuno fu d’accordo quando il preside decise di ammettere il primo ebreo e il primo nero». Macmaster disse: «Preferirei che la smettessi». «C’era un tizio», proseguì Tietjens, «che possedeva i terreni accanto ai nostri. Conder si chiamava. Sua moglie gli era continuamente infedele. Ogni anno era solita andarsene via per tre mesi con un tizio. Conder non mosse mai un dito. Ma noi sapevamo che Groby e il vicinato non era un posto sicuro. Era imbarazzante farlo entrare – per non parlare di lei – nel proprio salotto. Imbarazzante oltre ogni dire. Tutti sapevano che i figli più piccoli non erano di Conder. Un tizio sposò la figlia minore e fu subito malvisto. Nessuno la andava mai a trovare. Non che fosse ragionevole o giusto. Ma è per questo che la società non si fida dei mariti traditi, in effetti. Non si sa mai quando si finisce in qualcosa di irragionevole o ingiusto». «Ma tu non permetterai» disse Macmaster seriamente angosciato, «che Sylvia si comporti così». «Non lo so», disse Tietjens. «Chi sono io per impedirlo? Te lo dico io, penso che Conder avesse ragione. Calamità del genere sono il volere di Dio. Un gentiluomo le deve accettare. Se la donna non chiede il divorzio, lui deve accettarle, e tutti ne parleranno alle spalle. Stavolta avete sistemato tutto. Tu e, immagino, la signora Satterthwaite. Ma tu non sarai sempre qui. E io potrei incontrare un’altra donna». Macmaster disse: «Ah!», e dopo un istante: «E in quel caso?» Tietjens disse: «Dio solo lo sa… C’è quel povero bambino a cui pensare. Marchant dice che sta già cominciando a parlare il dialetto dello Yorkshire». Macmaster disse: «Se non fosse per quello… sarebbe una soluzione». Tietjens disse: «Ah!». Quando pagò il vetturino, davanti al portale di cemento grigio con un arco a timpano, tendendo il braccio, disse: «Devi mettere meno liquirizia nell’intruglio della cavalla. Vedrai che andrà più veloce». Il vetturino, con il viso paonazzo e acceso, un cappello lucido, uno scialbo cappotto pesante con una gardenia nell’asola, disse: «Ah! Me ne ricorderò, signore». In treno, da sotto la pila di valigette da vestiti e documenti – Tietjens aveva gettato il suo enorme zaino sulla rastrelliera – Macmaster guardò l’amico. Era, per lui, un grande giorno. Davanti al viso aveva le prove di stampa del suo primo, piccolo, elegante libro… Una piccola pagina, con i caratteri neri e l’odore ancora fresco di stampa! Aveva nelle narici il gradevole odore di tipografia; la carta era ancora un po’ umida. Tra le dita bianche, curate, sempre leggermente fredde, stringeva la piccola penna dorata e piatta che aveva comprato apposta per quelle correzioni. Non ne aveva fatta alcuna. Si era aspettato di crogiolarsi – quasi l’unica sensazione di piacere che si era concesso per molti mesi. Mantenere le apparenze di un gentiluomo inglese con un reddito esiguo non era impresa da poco. Ma crogiolarsi nelle proprie frasi, rallegrarsi per il sapore della propria sagacia, sentire il ritmo equilibrato eppure sobrio – è un piacere indescrivibile, e oltretutto gratuito. Lo aveva ottenuto con i semplici “articoli” – sulla filosofia e la vita privata di grandi personaggi come Carlyle e Mill, o sull’espansione del commercio intercoloniale. Ma qui si trattava di un libro. Lui ci faceva affidamento per consolidare la propria posizione. In ufficio erano quasi tutti altolocati di nascita, e non molto comprensivi. C’era anche un’esplosione – e stava cominciando a diventare vasta – di giovani che avevano ottenuto il posto per merito e industriosità. Questi osservavano con gelosia le promozioni, riflettendo sull’aumento del nepotismo e borbottando tra loro per i favoritismi. A costoro era stato in grado di dare le spalle. La sua amicizia con Tietjens gli permetteva di stare dal lato “altolocato” dell’istituzione, il gradimento – sapeva di essere gradevole e utile! – di Sir Reginald Ingleby lo proteggeva dalle spiacevolezze. I suoi “articoli” gli avevano dato un certo diritto ad atteggiarsi in modo austero; il suo libro, confidava che gli avrebbe permesso un atteggiamento quasi da giudice. Sarebbe allora diventato il signor Macmaster, il critico, l’autorità. E negli uffici di primo livello non dispiace avere uomini distinti al proprio interno; in ogni caso non c’è niente da obiettare alle promozione di uomini distinti. Perciò Macmaster vedeva – quasi letteralmente – Sir Reginald Ingleby accorgersi dell’empressement con cui il suo valido sottoposto veniva trattato nei salotti della signora Leamington, della signora Cressy, e dell’onorevole signora de Limoux; Sir Reginald se ne sarebbe accorto, perché quanto a lui non leggeva altro che le pubblicazioni governative, e si sarebbe sentito decisamente ben disposto a spianare la strada del suo giovane aiutante dotato di senso critico e di austerità. Figlio di un commesso viaggiatore molto povero in un’oscura cittadina portuale della Scozia, Macmaster aveva deciso ben presto quale carriera intraprendere. Tra gli eroi di Smiles, un autore enormemente popolare nell’infanzia di Macmaster, e le conquiste più decisamente intellettuali per uno scozzese molto povero, Macmaster non aveva avuto difficoltà a scegliere. Un giovane minatore potrà un giorno possedere la miniera; un giovane dotato, instancabile e volenteroso scozzese, che persegue, in modo non invadente e non discutibile, un corso di studi e di utilità pubblica, dovrà conquistare distinzione, sicurezza e quieta ammirazione da parte di chi lo circonda. Era la differenza tra il potrà e il dovrà, e Macmaster non aveva avuto difficoltà a scegliere. Adesso si vedeva quasi sicuro di una carriera che a cinquant’anni lo avrebbe portato al titolo di cavaliere, e molto prima una competenza, un salotto tutto suo e una consorte che avrebbe contribuito alla sua fama discreta, muovendosi lei, in quella stanza, tra i migliori cervelli di quel periodo, graziosa, devota, un tributo al tempo stesso al suo discernimento e alle sue conquiste. A meno di qualche disastro, era sicuro di sé. I disastri colpiscono gli uomini attraverso il bere, i debiti e le donne. Contro i primi due, si considerava immune, anche se le sue spese avevano la tendenza a superare gli introiti, ed era sempre un po’ in debito con Tietjens. Tietjens fortunatamente era ricco. Quanto al terzo punto, non era così sicuro. Nella sua vita era sempre necessariamente stato carente in fatto di donne, e, arrivato a un’età in cui l’elemento femminile poteva, con tutta la cautela possibile, essere considerato una componente fondamentale della sua vita, aveva paura di decisioni troppo affrettate prese proprio per quella carestia. Sapeva con esattezza che tipo di donna voleva: alta, graziosa, scura di capelli, con abiti ampi, appassionata eppure riservata, dal viso ovale, ponderata, gentile con chi le stava intorno. Riusciva quasi a sentire il fruscio dei suoi vestiti.
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