I.-3

2037 Parole
E tuttavia… C’erano stati momenti in cui una specie di cieca irragionevolezza lo aveva attratto, quasi al punto di perdere la parola, verso ragazze ridanciane, di origini umili, con i seni grandi e le guance rosse, adatte a stare dietro un bancone. Era stato solo grazie a Tietjens che si era salvato da guai più che discutibili. «Attento», diceva Tietjens, «non perdere tempo con quella sgualdrina. L’unica cosa che potresti fare con lei è trovarle un posto in un negozio di tabacchi, e lei non farebbe altro che metterti alla berlina in tutto il quartiere. Senza contare che non potresti permettertelo». E Macmaster, che aveva fantasticato su quella ragazzotta sulle note di Highland Mary, per un giorno intero malediceva Tietjens e lo chiamava bruto e maleducato. Ma a un certo punto ringraziava Dio che ci fosse Tietjens. Grazie a lui ora sedeva lì, quasi trentenne, senza una complicazione, una macchia sulla sua salute o una preoccupazione che riguardasse le donne. Con profondo affetto e inquietudine guardò il suo geniale amico, che non era riuscito a salvarsi. Tietjens era caduto nella trappola più spudorata, nella trappola più crudele, della peggior donna che si potesse mai immaginare. E Macmaster subito si rese conto che non si stava crogiolando, come aveva pensato, tra le onde sensuali della sua prosa. Aveva iniziato animatamente con la prima parte del paragrafo, ancora pulitissima… Di sicuro il suo editore sapeva il fatto suo: Che lo si ritenga l’ideatore di una bellezza plastica misteriosa, sensuale e perfetta; il manipolatore di linee risonanti, rotonde e piene; di parole piene di colore come i suoi quadri; o che guardiamo a lui come il profondo filosofo, che chiarisce e fa luce dalle tenebre di un simbolismo a malapena più grande di lui, a Dante Gabriele Rossetti, il protagonista di questa piccola monografia, deve essere riconosciuto di aver profondamente influenzato l’aspetto esteriore, i contatti umani, e tutte quelle cose che compongono la vita della nostra civiltà evoluta come la viviamo oggi… Macmaster si rese conto di aver letto solo questo brano della propria prosa, e di averlo letto senza il piacere che si era aspettato, e che poi era passato a metà di pagina tre – dopo la fine della prefazione. I suoi occhi vagavano saltando tra le parole: Il protagonista di queste pagine è nato nel distretto occidentale della metropoli nell’anno… Quelle parole non gli dicevano nulla. Capiva che questo succedeva perché non riusciva a smettere di pensare a quella mattina. Aveva alzato lo sguardo dalla sua tazza di caffè – oltre il bordo – e aveva visto il foglio azzurrino di taccuino tra le dita tremanti di Tietjens, con sopra la calligrafia larga e grossolana di quella detestabile megera. E Tietjens aveva fissato – fissato con lo sguardo di un cavallo impazzito – il volto di lui, il volto di Macmaster! Ed era grigio! Senza espressione! Il naso come un triangolo pallido su una bolla di lardo! Così era il viso di Tietjens… Sentiva ancora il pugno, vero e proprio, alla bocca dello stomaco! Aveva temuto che Tietjens impazzisse; che fosse pazzo. Poi era passata. Tietjens aveva assunto la sua solita maschera indolente e insolente. In ufficio, più tardi, si era rivolto in maniera estremamente vigorosa – e piuttosto scortese – a sir Reginald sui motivi per cui dissentiva dalle cifre ufficiali sui flussi migratori nell’ovest. Sir Reginald ne era rimasto molto colpito. Le cifre gli servivano per un discorso del Ministro delle Colonie – o per rispondere a un’interrogazione – e Sir Reginald aveva promesso di sottoporre il punto di vista di Tietjens a quel grand’uomo. Era il genere di cose che si facevano per il bene di un ragazzo – per ricevere complimenti dai piani alti. Avevano dovuto lavorare sulle cifre fornite dal governo delle Colonie, e se erano in grado di correggere quei tizi solo grazie ai loro cervelli, era un risultato eccellente. Ma eccolo lì Tietjens, nel suo tweed grigio, le gambe stravaccate, goffo, impacciato, le mani segose e sveglie che ciondolavano tra le gambe, gli occhi rivolti a una foto a colori del porto di Boulogne accanto allo specchio sotto la griglia dei bagagli. Biondo, dai colori accesi, lo sguardo assente, non avresti saputo dire cosa mai gli passava per la mente. La teoria matematica sul moto ondoso, probabilmente, o qualche errore in un articolo sull’Arminianesimo. Per quanto sembrasse assurdo, Macmaster sapeva di non sapere praticamente nulla dei sentimenti del suo amico. In quanto a loro, praticamente non si scambiavano confidenze. Eccetto due: La sera prima di partire per andare a sposarsi a Parigi, Tietjens gli aveva detto: «Vinny, vecchio mio, ci vuole una via d’uscita. Quella sgualdrina mi ha intrappolato.» E una volta, tempo dopo, gli aveva detto: «Diamine, non so neanche se il bambino è mio!» Quell’ultima confidenza aveva irrimediabilmente sconvolto Macmaster – il bambino era nato settimino, era di salute cagionevole, e la goffa tenerezza di Tietjens nei suoi confronti era stata tale che, anche senza quell’incubo, Macmaster era colpito dal vederli insieme – e quella confidenza aveva addolorato così tanto Macmaster, era stata così tremenda, che lui l’aveva vista quasi come un insulto. Era il tipo di confidenza che un uomo non fa a un suo pari, ma solo ad avvocati, medici o sacerdoti. In definitiva, confidenze di tale sorta non si fanno tra uomini senza voler suscitare simpatia, e Tietjens non l’aveva fatto. Aveva solo aggiunto con sarcasmo: «Lei mi concede il beneficio di un ragionevole dubbio. Ed è come se l’avesse detto a Marchant» – Marchant era la vecchia balia di Tietjens. All’improvviso – come se inconsciamente stesse perdendo il senno – Macmaster esclamò: «Non si può dire che quell’uomo non fosse un poeta!» Il commento gli era stato praticamente strappato, perché aveva visto, alla forte luce dello scompartimento, che metà del ciuffo e una ciocca dei capelli di Tietjens erano ormai bianchi. Poteva essere successo da settimane: vivendo a fianco di un uomo si notano molto poco i suoi cambiamenti. Gli uomini dello Yorkshire dai colori accesi e dai capelli biondi imbiancano molto giovani; Tietjens aveva cominciato ad avere un paio di capelli bianchi già a quattordici anni, e si notavano al sole quando si toglieva il cappello per giocare a bocce. Ma la mente di Macmaster, presa dallo sconcerto, era sicura che i capelli di Tietjens fossero diventati bianchi per lo shock della lettera di sua moglie: in quattro ore! E significava che dentro di lui stavano succedendo cose terribili; i suoi pensieri andavano distratti a ogni costo. Il processo mentale di Macmaster era stato praticamente inconscio. Non avrebbe mai, di sua spontanea volontà, introdotto l’argomento del poeta pittore. Tietjens disse: «Non ho detto niente del genere, che mi ricordi». L’ostinazione ebbe la meglio in Macmaster: «Perché», citò, «"quando stiamo fianco a fianco Solo le mani si toccano, Meglio che metà di questo triste mondo, ci divida, mia dolcezza! Se distanti si spezzano i cuori non rimandiamo il nostro addio! Non fare che i tuoi occhi tristi incontrino i miei, e l’anima mia tentino!" Non puoi dire», proseguì, «che questa non è Grande poesia». «Non posso dirlo», replicò Tietjens con sprezzo. «Non leggo poesie, eccetto Byron. Ma è un quadro orribile…» Macmaster disse, incerto: «Non credo di conoscere il quadro. È a Chicago?» «Non è dipinto!», disse Tietjens. «Ma è lì!». Proseguì con repentina furia: «Dannazione. Perché si vuole giustificare l’adulterio? Gli inglesi ne vanno pazzi. Be’, avete John Stuart Mill e George Eliot per quanto riguarda le classi elevate. Lasciate in pace il resto! O almeno lasciate in pace me. Mi ripugna pensare a quell’uomo obeso, unto, che non ha mai fatto un bagno, in una vestaglia macchiata di grasso e la biancheria in cui ha dormito, accanto a una modella da cinque scellini con i capelli mossi, a guardare in uno specchio i loro fetidi riflessi, i pesci dorati, candelieri sgocciolanti e piatti pieni di pancetta fredda a farfugliare di passione». Macmaster era diventato bianco come un cencio, e la barbetta tremava. «Non puoi… non puoi parlare così», balbettò. «Posso!», rispose Tietjens; «ma non dovrei farlo… con te! Lo ammetto. Ma neanche tu dovresti, allo stesso modo, parlare di queste cose con me. È un insulto alla mia intelligenza». «Certamente», disse rigidamente Macmaster. «Il momento non era opportuno». «Non capisco cosa intendi», rispose Tietjens. «Il momento non è mai opportuno. Ammettiamo che fare carriera è un affare sporco – per me come per te! Ma dei bravi àuguri sorridono dietro le maschere. E non predicano mai l’un l’altro». «Stai diventando esoterico», disse Macmaster, a bassa voce. «Lo sottolineo», proseguì Tietjens. «Capisco bene che il favore della signora Cressy e della signora de Limoux è essenziale per te! Sono amiche del vecchio Ingleby». Macmaster disse: «Accidenti!». «Sono d’accordo», proseguì Tietjens, «e approvo. È un gioco che si è sempre giocato. È la tradizione, perciò è giusto. È stato sancito dai tempi delle Précieuses Ridicules». «Hai un modo di vedere le cose…», rispose Macmaster. «Non è vero», disse Tietjens. «È solo che non riesco a farmi capire dalle persone come te che cercano sempre espressioni letterarie. Ma io dico questo: sono per la monogamia». Macmaster esclamò un «Tu!» sbalordito. Tietjens rispose con un disinvolto «Io!». Proseguì: «Sono per la monogamia e la castità. E per non parlarne. Certo, se un uomo che è un uomo vuole avere una donna, che l’abbia. Ma poi che non se ne parli. Senza dubbio starebbe meglio, e meglio ancora se non lo facesse. Proprio come sarebbe meglio se non bevesse il secondo bicchiere di whisky e soda…». «E la chiami monogamia e castità!», intervenne Macmaster. «Certo», rispose Tietjens, «e probabilmente è così, almeno è una cosa pulita. Quel che è detestabile è tutto il tuo farfugliare tra le gonnelle in polisillabiche Giustificazioni dell’Amore. Tu sei per una lacrimosa poligamia. Va bene se non riesci a far cambiare le regole al tuo circolo». «Non sai di cosa parli», disse Macmaster. «E sei molto sgradevole. Sembri giustificare la promiscuità. Non mi piace». «Probabilmente sono sgradevole», disse Tietjens. «I profeti di solito lo sono. Ma ci dovrebbe essere un tempo limite per discutere di falsa morale sessuale. I tuoi cari Paolo e Francesca – e quelli di Dante – sono andati, molto giustamente, all’inferno, e non si discute. Dante non li giustifica. Ma il tuo amico li vuole far arrampicare in Paradiso». «Non è vero!», esclamò Macmaster. Tietjens proseguì con compostezza: «Ora il tuo romanziere che scrive un libro per giustificare i suoi tentativi di sedurre una giovane del popolo in nome dei diritti dei commessi…» «Ammetto», concesse Macmaster, «che Briggs si è spinto troppo oltre. Gliel’ho detto giovedì scorso dalla signora Limoux…» «Non parlo di nessuno in particolare», disse Tietjens. «Non leggo romanzi. Faccio solo supposizioni. Ed è una supposizione molto più chiara dei tuoi orrori pre-raffaelliti! No! Non leggo romanzi, ma seguo i gusti. E se un tizio sceglie di giustificare la seduzione di donne poco interessanti con la scusa della libertà e dei diritti dell’uomo, è relativamente giusto. Sarebbe meglio vantarsi delle sue conquiste in modo diretto ed esultante. Ma…» «A volte i tuoi scherzi durano troppo», disse Macmaster. «Te l’ho già detto». «Sono serio come un gufo!», ribatté Tietjens. «La gente delle classi inferiori sta diventando loquace. E perché non dovrebbe? Sono gli unici in questo paese a essere sani di corpo e di mente. Salveranno il paese, se ce ne sarà bisogno». «E ti consideri un conservatore!», disse Macmaster. «Le classi inferiori», proseguì Tietjens impassibile «o almeno quelli che arrivano alle scuole secondarie, vogliono unioni illegali e molto transitorie. Durante le vacanze fanno viaggi organizzati in Svizzera e posti del genere. I pomeriggi piovosi li passano nei loro bagni a mattonelle, dandosi pacche sulle spalle e spruzzando dappertutto smalto bianco». «Dici di non leggere romanzi», disse Macmaster, «ma riconosco la citazione». «Non leggo romanzi», rispose Tietjens. «Ma so cosa dicono. In Inghilterra non è stato scritto nulla degno di essere letto dal diciottesimo secolo, eccezion fatta per una donna… Ma è normale per i tuoi spruzzatori di smalto volersi rivedere nella letteratura popolare. Perché non dovrebbero? È un desiderio umano e salutare, e ora che la stampa e la carta costano poco possono vederlo soddisfatto. È salutare, te lo ripeto. Infinitamente più salutare che…», si fermò.
Lettura gratuita per i nuovi utenti
Scansiona per scaricare l'app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Scrittore
  • chap_listIndice
  • likeAGGIUNGI