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1143 Parole
«Che cosa?», chiese Macmaster. «Sto pensando», disse Tietjens, «a come non essere scortese». «Tu vuoi essere scortese», rispose Macmaster con acrimonia. «Verso le persone che conducono una vita contemplativa… riservata». «È esattamente così», disse Tietjens. E citò: «”La signora del mio piacere si aggira, pastorella di pecore; Lei così circospetta e dritta: ha i suoi pensieri da nascondere”» Macmaster disse: «Accidenti, Chrissie. Tu sai tutto». «Be’, sì», disse Tietjens divertito, «penso che avrei voluto essere scortese con lei. Non dico che dovrei farlo. Certo dovrei se lei non fosse bella. O se fosse la tua anima gemella. Ci puoi contare». Macmaster ebbe una repentina visione della figura larga e goffa di Tietjens camminare accanto alla donna del piacere di lui, di Macmaster, una volta che l’avesse trovata – camminare sul ciglio di un burrone tra l’erba alta e i papaveri e rendersi estremamente gradevole parlando di Tasso e Cimabue. Allo stesso tempo, Macmaster immaginò che alla donna non sarebbe piaciuto Tietjens. Alle donne non piaceva, di solito. I suoi sguardi e i suoi silenzi le allarmavano. O lo odiavano… Oppure lo amavano molto. E Macmaster disse in tono conciliante: «Sì, penso di poterci contare!». Aggiunse. «Allo stesso modo non mi meraviglia che…» Stava per dire: "Non mi meraviglia che Sylvia ti giudichi immorale". Poiché la moglie di Tietjens sosteneva che fosse detestabile. La annoiava, diceva, con i suoi silenzi; quando parlava lo odiava per l’immoralità delle sue opinioni… Ma non finì la frase, e Tietjens proseguì: «Comunque, quando ci sarà la guerra saranno quei piccoli snob a salvare l’Inghilterra, perché hanno il coraggio di sapere cosa vogliono e di dirlo». Macmaster disse altezzosamente: «Alle volte sei straordinariamente vecchio stampo, Chrissie. Dovresti sapere quanto me che una guerra è impossibile – quantomeno una a cui partecipi il nostro paese. Semplicemente perché…». Esitò e poi prese coraggio. «Noi – i riservati – sì, la classe riservata, guiderà la nazione nei tempi difficili». «La guerra, mio caro amico», disse Tietjens – il treno stava rallentando preparandosi a entrare ad Ashford – «è inevitabile, e questo paese ne sarà al centro. Semplicemente perché i tuoi amici sono degli ipocriti. Non c’è un paese al mondo che si fidi di noi. È come se stessimo sempre commettendo adulterio – come il tuo amico! – con il nome del Paradiso sulle labbra». Stava alludendo di nuovo all’argomento della monografia di Macmaster. «Lui mai!», disse Macmaster, quasi balbettando. «Non ha mai parlato del Paradiso». «Invece sì», disse Tietjens. «L’orribile poesia che hai citato si conclude così: “Seppur distanti si spezzano i cuori, Giacché osiamo non amare, Dividiamoci finché non ci incontreremo ancora, in un Paradiso sopra di noi”». E Macmaster, che aveva temuto quel colpo – ché non sapeva mai quanto il suo amico conoscesse di un dato poema – si risolse a tirare giù animatamente i suoi bagagli dallo scompartimento, un compito che solitamente lasciava ai facchini. Tietjens che, per quanto il treno stesse correndo verso la sua stazione d’arrivo, rimaneva seduto immobile come una roccia finché il convoglio non si fermava, disse: «Sì, una guerra è inevitabile. In primo luogo, i tuoi amici non sono affidabili. E poi ci sono tutti quelli che ambiscono ad avere bagni smaltati di bianco. Ce ne sono a milioni; in tutto il mondo. Non solo qui. E nel mondo non ci sono abbastanza bagni e smalti bianchi per soddisfare tutti. È come voi poligami con le donne. Non ci sono abbastanza donne al mondo per soddisfare i vostri insaziabili appetiti. E non ci sono abbastanza uomini al mondo per tutte le donne. E alla maggior parte delle donne non ne basta uno. Perciò ecco che ci sono i divorzi. Immagino che non dirai che non ci saranno più divorzi perché sei riservato? Be’, la guerra è inevitabile quanto il divorzio…». Macmaster sporse la testa fuori dal finestrino della carrozza per chiamare un facchino. Al binario c’erano molte donne in mantelli di zibellino, con borsette viola o rosse, con sciarpe diafane di seta che svolazzavano dai caschi automobilistici, e si dirigevano verso il treno per Rye, seguite da camerieri dritti e carichi di bagagli. Due di loro ammiccarono a Tietjens. Macmaster pensò che aveva fatto bene a vestirsi in maniera impeccabile: non si sa mai chi si incontrerà in viaggio. Questo gli dava ragione su Tietjens, che preferiva avere l’aspetto trasandato. Un tizio alto, con i capelli e i baffi bianchi e le guance rosse si avvicinò zoppicando a Tietjens, che stava tirando giù il suo enorme borsone. Diede una pacca sulla spalla del giovane e disse: «Salve! Come sta tua suocera? Lady Claude vuole saperlo. Dice di passare a trovarla se vieni a Rye». Aveva degli occhi straordinariamente blu e innocenti. Tietjens disse: «Salve, generale», e aggiunse: «Credo stia molto meglio. Quasi guarita. Lui è Macmaster. Penso che andrò a riprendere mia moglie in un giorno o due. Sono entrambe a Lobscheid… una stazione termale in Germania». Il generale disse: «Molto bene. Non è bello che un giovane stia da solo. Bacia la mano di Sylvia da parte mia. È davvero splendida, tu sì che sei un uomo fortunato». Aggiunse, un po’ ansioso. «Che ne dici di una partita a quattro, domani? Paul Sandbach non sta bene. È acciaccato come me. Non potremmo fare un giro completo». «È colpa vostra», disse Tietjens. «Sareste dovuto andare dal mio aggiusta-ossa. Mettetevi d’accordo con Macmaster, vi dispiace?» Saltò giù dalla carrozza. Il generale guardò Macmaster, esaminandolo con occhi penetranti: «Voi siete quel Macmaster», disse. «Ovviamente, se siete con Chrissie». Una voce penetrante chiamò: «Generale! Generale!» «Volevo parlare con voi», disse il generale, «riguardo le cifre in quell’articolo che avete scritto sul Pondoland. Le cifre erano giuste. Ma perderemo quell’orrendo paese se… Ma ne parleremo stasera dopo cena. Venite da Lady Claudine…?» Macmaster si congratulò di nuovo con se stesso per il suo aspetto. Era giusto che Tietjens sembrasse uno spazzino: la gente come lui poteva farlo. Lui, Macmaster, no. Doveva diventare un’autorità, e le autorità portano i fermacravatte d’oro e abiti di tessuti pregiati. Il generale Lord Edward Campion aveva un figlio, che era a capo del dipartimento del Tesoro che decideva gli aumenti di stipendio e le promozioni in tutti gli uffici pubblici. Tietjens prese al volo il treno per Rye correndo sui binari, lanciando il suo enorme borsone dentro il finestrino della carrozza e saltando sul predellino. Macmaster pensò che se lo avesse fatto lui, metà della stazione gli avrebbe gridato: «Bada a dove metti i piedi». Ma visto che lo aveva fatto Tietjens, un capostazione correva dietro di lui per aprirgli la porta della carrozza e per dirgli, sorridendo: «Bel colpo, signore», perché era una contea in cui si giocava a cricket. «È proprio vero», disse Macmaster, citando tra sé e sé: "Dio a ciascuno una sorte diversa assegnò: Alcuni attraversano il portale. Alcuni no!".
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