CAPITOLO QUATTROL’ALBA DI UN NUOVO GIORNO
Una volta che è stato svegliato, un uomo non potrà mai più dormire.
Anonimo
700 d.C.
Dimora di Lucio
Si svegliò nel silenzio. A parte lui, niente si muoveva nel vasto spazio oscuro. Era sdraiato nel letto più morbido in cui avesse mai dormito, tra trapunte e cuscini di piume in cui la sua testa affondava piacevolmente. Nella camera non c’erano finestre, ma anche in quella completa oscurità riusciva a vedere una tinozza con acqua fresca e dei vestiti di ricambio appesi a una sedia.
Il suo corpo non era dolorante, come succedeva quasi sempre quando apriva gli occhi e si stiracchiava. Anzi, si sentiva leggero come una nuvola nel cielo. Per un attimo, Dante rimase sdraiato a riflettere sul giorno precedente, poi si mise a sedere, ripensando all’espressione sul volto di Isali.
Dio, davvero non le ho fatto male?
Come a un segnale, qualcuno bussò e la porta si aprì prima che lui riuscisse a rispondere; tutti i rumori della tenuta rimbombarono contemporaneamente nelle sue orecchie. Il silenzio fu rimpiazzato da una gran confusione; uomini che lavoravano nelle cucine, donne che spettegolavano nelle sale e un rumore di passi lenti che risuonava come un tuono sopra la sua testa.
Quando ritornò in sé, alzò lo sguardo e vide gli occhi blu di Lucio che lo guardavano.
«Le mie prime settimane sulla Terra sono state identiche. Sovraccarico sensoriale, potremmo definirlo. Nel posto da cui provengo, il movimento non genera alcun rumore, a meno che non lo vogliamo. Comunque passerà, imparerai a concentrarti sui suoni e a sentire soltanto ciò che desideri. Nel frattempo, una camera insonorizzata è una buona soluzione per permetterti di dormire. E Isali sta bene. Ha mangiato, dormito, ed è più che disposta a soddisfare nuovamente ogni tuo bisogno.»
Le sue prime settimane sulla Terra? Da dove diavolo veniva?
Gli occhi di Lucio brillarono e un sorriso gli increspò le labbra. «Non vengo dall’Inferno ma, se stai per citarlo, dovresti sapere che esistono sette inferi. Dante, un giorno ti mostrerò il Bianco, che è il luogo da cui provengo, ma non oggi. Ora dobbiamo addestrarti e mostrarti ciò che puoi fare. Vieni, incamminiamoci, e io risponderò alle tue domande. Prima però voglio che tu immagini di stare davanti a quella bacinella.»
Dante lo guardò dubbioso, ma fece come gli era stato detto. La sua carne fu attraversata dal vento, e si ritrovò di fronte all’acqua, i muscoli nudi tesi dallo shock per quello che aveva appena fatto.
«Questo è ciò che io chiamo spostamento, Dante. Imparerai a viaggiare in quel modo da un capo all’altro della Terra. Più lo farai, più diventerà facile. Non lasciare mai che un Mortale ti veda mentre lo fai.»
Dante rimase immobile come un sasso, incapace di riconoscere il proprio corpo che si riappropriava del suo posto legittimo. Era allo stesso tempo inquietato ed emozionato. I capelli neri e selvaggi oscillavano sulle sue spalle. Si girò e posò gli occhi grigi su Lucio. «Mi sembra di tremare, ma le mani sono ferme. È normale? Andrò sempre dove voglio?»
«Certamente», disse Lucio con una risatina. «La tua energia si trasferisce e tutto si adegua. Non sei più un Mortale con possibilità limitate, Dante. Sei Immortale. In realtà alcune cose sono in grado di ucciderti ma, anche in quei casi, la morte non è quasi mai permanente. Sei un Guardiano adesso. La tua missione è vigilare sugli esseri umani, combattere le bestie che vorrebbero far precipitare il mondo nell’ombra e comprendere un potere grande come non lo hai mai immaginato.»
Lucio camminava dietro di lui. «Vedi, io e mia madre non abbiamo perso la speranza. Crediamo che la razza umana possa ancora essere salvata. Ma la luce genera luce, e nel buio dell’umanità c’è tanta povertà anche senza il caos generato costantemente dai Demoni. Prima era sufficiente che io mi occupassi dei Demoni e la luce trovava la sua strada nel mondo, ma ora… ora non è più lo stesso. Si stanno diffondendo troppo rapidamente perché io possa ucciderne abbastanza.»
Dante fu percorso da un brivido. «Quindi davvero non sei un Demone? Sei un Angelo? Il Bianco è il Paradiso? Tua madre è Dio?»
Lucio lo guardò per un attimo, sovrappensiero. «No, Dante, non sono un Demone. Mia madre non è Dio come tu lo concepisci, ma è una delle più alte Creature Celestiali; alcuni la considerano una Dea, ma non è così. È una delle molte Creature Celestiali che governano i cieli, ma la sola rimasta a curarsi della Terra e dei suoi abitanti. Il Bianco non è il Paradiso, ma sono certo che somigli molto al Paradiso che immagini. È una specie di terra di mezzo, da cui lei osserva questo mondo senza viverci. C’è molto da spiegare, ma ti prometto che con il tempo ti verrà rivelata ogni cosa.» Guardò Dante con esitazione, sapendo quanto fosse difficile capire fino in fondo. Dante non si oppose, un buon segno. «Ora, ho un dono da parte di mia Madre, nota anche come la Pura, o Resiayana. Tutti i Guardiani ne avranno uno, ma il tuo è il terzo a essere stato creato. Per favore, vieni con me.»
Dante lo seguì fuori dalla porta e per un lungo corridoio vuoto dove i suoni erano quasi assordanti per le sue orecchie, sebbene non ci fosse nessuno.
«La prima lezione, Dante, è su come spegnere il rumore. Concentrati su un solo suono. Per me il migliore era il vento, perché metteva a tacere il frastuono che mi irritava. Ascolta il vento… riesci a sentirlo?»
Dante si fermò, chiuse gli occhi e annuì. «Sì, lo sento.»
«Ora scaccia via ogni altro rumore. Ascolta solo il vento.»
Gli fu necessario un momento di concentrazione, ma alla fine riuscì a sentire soltanto il suono della brezza. Poteva sentirla soffiare tra gli alberi e in mezzo all’erba, entrare e uscire dalle finestre. Era rilassante.
«Ora concentrati sulla mia voce e lascia andare il vento.»
Lucio continuò a parlare con voce bassa e rassicurante e, lentamente, anche il vento abbandonò le orecchie di Dante.
«Bene, apprendi in fretta. Devi esercitarti a concentrarti su un solo suono alla volta. Userai spesso questo dono in battaglia.»
Dante aprì gli occhi e annuì, stupefatto da queste nuove abilità.
Lucio camminava lentamente lungo il corridoio, le mani dietro la schiena. Dante lo seguiva, stava ancora elaborando le sue parole.
«Non devo materializzarmi?»
A quello slancio, Lucio non poté fare a meno di ridere. «No, Dante. Prima devi camminare, poi potrai volare.»
«Sei maledettamente enigmatico, eh?» grugnì Dante, ma un sorriso gli increspò le labbra.
«Immagino che secoli di solitudine ti riducano così. Sarà un piacere conversare con qualcuno con cui posso davvero parlare di tutto. Forse le mie abilità sociali miglioreranno con le tue abilità di guerriero?»
«Vacci piano, sono un ottimo guerriero. Sulle mie mani c’è più sangue di quanto io sappia.»
«Non era un’offesa. Come umano eri un ottimo guerriero. Ma ora sei un Guardiano e le cose che imparerai a fare supereranno la tua immaginazione. Vieni, ci siamo quasi.»
Il corridoio si allargò e arrivarono a una grande porta a due ante in legno di quercia. Lucio portò la mano alla serratura e Dante sentì dall’altro lato un rumore simile a uno scoppiettio, mentre la porta iniziava ad aprirsi.
«Della mia servitù puoi fidarti ciecamente. È chiuso per chiunque altro possa aggirarsi qui mentre non ci sono.»
«Buono a sapersi. Imparerò quel trucco?»
«Certamente, ma non ti servirà spesso. Sarai in grado di entrare in qualsiasi posto che non sia stato chiuso con la magia.»
A quel punto la porta si spalancò e rivelò la più impressionante armeria che Dante avesse mai visto. C’era di tutto. Lucio gli indicò un tavolo al centro della stanza, su cui era poggiata una lunga spada. L’elsa era d’osso con pietre incastonate, rosse e blu. All’estremità, il metallo si allargava e si incurvava come la lama di un boia. Era l’arma più bella su cui avesse mai posato gli occhi. Mentre si avvicinava, percepì una strana vibrazione, come se avesse dovuto toccarla.
«Vai avanti. Prendila. È la tua Saratai.»
Quelle parole grondavano affascinanti promesse ma, anche se non fossero state pronunciate, Dante non sarebbe comunque riuscito a fermarsi. Toccò con un dito il lato opaco della lama e fu quasi una musica per le sue orecchie. Ne valutò la lunghezza fino all’impugnatura. Il suo corpo vibrava per l’emozione. Ma, quando afferrò l’elsa, tutto svanì e nelle sue orecchie risuonò il nulla. Si ritrovò nella profondità di una grotta, con i sensi amplificati. Un rumore bianco gli sembrò acqua che scorreva. Un ruscello che fluiva sottoterra. Era una creatura antica, vecchia come il mondo ed eterna come il tempo che si era fermato. Si diresse verso un guizzo di luce e strisciò lentamente fino a una terra brulla di fuoco e ghiaccio, una terra che non sarebbe potuta esistere. Tre soli tramontavano nel cielo, e lui dispiegava le ali rosso fuoco per la caccia. Montagne ghiacciate si stagliavano all’orizzonte e nei crateri del suolo bruciato ardevano fiamme rosse e blu. In aria c’erano altre creature simili a lui, ma nessuno tanto possente. Lui era il Re. Quello era il suo mondo.
Quando Dante riaprì gli occhi, Lucio lo stava esaminando con attenzione. «Cosa hai visto?»
«Ero una creatura che non so definire, in un mondo che non può essere reale. Mi hai dato qualche erba per farmi sognare da sveglio?»
Lucio scosse la testa. «Non ce n’è bisogno. La maggior parte di esse non funziona su di noi. La visione fa parte del dono. Per favore, mi piacerebbe conoscerla. Anch’io ne ho avuta una quando ho toccato per la prima volta la mia spada e sono curioso.»
Alle spalle di Lucio, apparentemente dal nulla, apparve l’elsa di una spada. Sembrava fatta di un’antica pietra bianca ed era riccamente scolpita.
«Il mio mondo era fatto di fuochi antichi che non ardono più, l’ho visitato quando ho afferrato la spada per la prima volta. Un luogo potente, popolato da creature superiori di regni che non esistono più. Il tuo era un mondo che ancora esiste, ma è molto cambiato. Raccontami cosa hai visto, se ti fa piacere.»
Dante fece un respiro profondo. «Ero un drago. Ma non uno qualsiasi. Ero il Re in un mondo di draghi. Com’è possibile?»
Lucio sorrise e annuì. «Dante, i draghi provengono da un luogo reale, che esiste ancora oggi, sebbene in questo mondo stiano perdendo la loro magia. Non avrebbero dovuto venire qui. Non so quanto a lungo potranno resistere su questa terra. In molti danno loro la caccia per i poteri che possiedono e non potranno salvarsi nemmeno nascondendosi nelle viscere della terra. Temo che restino loro pochi giorni. Poiché non possono tornare a casa, si nascondono e, dai grandi cacciatori che erano, si sono trasformati in prede.»
«Se sono reali, perché non li ho mai visti? E perché non possono andarsene?»
Lucio rise e lo prese per una spalla. «Dante, anche Angeli e Demoni esistono, ma tu non li hai mai visti. Il perché è difficile da spiegare. Pensa soltanto che noi qui siamo isolati. Ti dirò di più in seguito.»
Vedendosi negare la risposta alle sue domande, Dante emise un grugnito, poi guardò il suo nuovo compagno. «Ti sbagli sugli Angeli e i Demoni. Io ho visto Demoni sotto forma di uomini. Uomini malvagi e senz’anima che infliggono grande dolore al mondo. Ho combattuto per alcuni di loro, sebbene non volessi. E, come mercenario, io ero uno di loro. E ti sbagli anche riguardo agli Angeli. Molte volte una donna ha dispiegato le sue ali su di me.»
Dante si girò a guardare fuori dalla finestra, richiamando alla mente tutte le battaglie che aveva combattuto. Il sangue che aveva versato e le vite innocenti che aveva stroncato. Le violenze sessuali e i torti che aveva commesso. Sebbene non si sentisse colpevole, un sentimento ancora più potente lo tormentava nel profondo. Il rimorso.
«Ti prometto che non ucciderai nessun’altra creatura se non per un bene superiore. In questo mondo ci sono mostri ben più temibili di quanto tu possa immaginare, molto peggiori di qualsiasi uomo malvagio. Riuscirai a liberarti di questi sentimenti dopo aver fatto del bene in questa nuova vita. Se fossi senz’anima, non potresti essere un Guardiano e non potresti provare rimorso. Con il tempo svanirà. Vieni, ti mostrerò ciò che sei ora. Prendi la tua Saratai, ti servirà. Contiene l’anima di un drago sovrano e ti renderà forte come uno di loro.»
Dante guardò la creatura che rapidamente era diventata sua alleata, respinse il rimorso nel fondo dell’anima e si mise la spada a tracolla.
* * *
Al giorno d’oggi
Il Regno Bianco
La Dea guardò gli altri Consiglieri e sospirò. «Hanno bisogno di altro tempo. Non potete rinunciare a questo intero mondo e a tutto ciò che ospita. Guardate quanto si è evoluto dagli inizi.»
Mormorii simili al fruscio del vento si sollevarono nella camera del Bianco. Gli Anziani non erano mai stati d’accordo con lei né con la sua decisione di rimanere indietro quando la Terra era stata quasi completamente abbandonata, messa in quarantena dalle creature dei cieli.
«I Guardiani stanno facendo progressi, anche se voi non approvate la mia decisione di dar loro la vita. Se ancora esistono, se io ancora esisto qui… è perché sono stati creati con amore e speranza per questo mondo tradito. Il Supremo non mi avrebbe forse richiamato indietro se questo non fosse stato nei piani? Consiglieri, vi prego, non voltate completamente le spalle alla missione. So che noi tutti vorremmo vederla uscire dalla malattia che l’ha consumata. C’è ancora bellezza e vale la pena salvarla. Almeno proviamoci.»
Dalla stanza giungeva un solenne silenzio, il marmo bianco striato d’oro eccetto che nella cupola che si stagliava nel cielo, sopra di loro tutti gli Universi di tutti i Mondi.
Una figura senza volto, con indosso una tunica che scintillava come fosse fatta di stelle, parlava con autorità. «State cedendo ai Mortali la vostra essenza vitale, va contro il ciclo. Le nostre leggi prevedono severe punizioni per questo genere di azioni. Non ti importa nulla del tuo benessere alla fine dei giorni su questa terra, Resiayana? Sei stata creata per altri scopi, questa guerra non è la strada prevista per te. Non vedi che stai sprecando la tua energia, l’energia che ti è stata donata dal Supremo?»
I mormorii di assenso aumentarono.
«Sapete che non posso mentire. Sapete che non posso interferire. Non posso far altro che creare questo piccolo esercito che inconsapevolmente agisce contro le estreme minacce per conto del Supremo. E sapete che il mio amore è un’estensione del Supremo in tutte le forme verso questo mondo. Non posso abbandonarlo, come non potrei abbandonare nessuno di voi, fratelli e sorelle. Ma questo è certo, non è vero? I Mortali sono come figli miei. Ho commesso l’errore iniziale di attaccarmi a loro, ma ne abbiamo già discusso. Non interferirò. Comprendo le ripercussioni di un simile comportamento e, quando verrà il mio momento di essere giudicata, so che la sentenza sarà giusta ed equa. Non partecipo alla Rivolta. Uno dei figli che ho generato vi partecipa, mentre l’altro guida queste Creature eccezionali in un cammino di giustizia e amore. Nemmeno i Guardiani conoscono la portata della loro esistenza, perché le nostre leggi mi impediscono di dargliene la piena conoscenza. Mi auguro che presto il Consiglio Superiore mi consenta di spiegare loro ogni cosa. Sembra che la situazione stia cambiando, e non per il meglio. Tutte queste Creature sono state giudicate degne di combattere per il Supremo, altrimenti non potrebbero esistere nemmeno grazie alla mia essenza e al sangue che consumano. Sono discendenti del primo Nephilim che una volta ha attraversato il mondo e ora pagano un tributo ai loro antenati purificando la terra dalla corruzione che l’ha invasa. Non sono nati dall’unione del secondo Nephilim ribelle come gli altri che molto tempo fa sono passati su questa terra. Il loro sangue è puro, e per questo io ho potuto trasformarli nei guerrieri che sono. È nel loro destino, e nel mio, rimanere fino a che la Rivolta non sarà cessata. Solo allora ci sarà la pace. Consiglieri, non cerco il vostro supporto, solo la vostra approvazione, perché forse c’è ancora tempo per portare questo mondo sulla retta via. Siate aperti, come sempre dovrebbe essere la guida spirituale che è nel cuore e nella volontà di noi tutti. Il Padre si convincerà, lo so. I miei assistenti e io siamo protetti. È qui che rimarrò finché non sarà cessato il giudizio sul mio posto in questa guerra.» Si concesse un sorriso e continuò il suo discorso, suscitando lo sconcerto dei presenti. «Tutti i miei assistenti eccetto la guerriera. Come sapete, Iliyana combatte con suo fratello e il Supremo è in lei più che in ogni altra creatura femminile qui, come è giusto che sia, perché lei e i suoi fratelli sono la mia creazione più alta. A causa di alcuni suoi vezzi, non andava d’accordo con le Figlie e qui non è mai stata veramente felice. È più serena ora che combatte questa guerra per nostro conto. Combatte con un cuore così puro che anche un cieco potrebbe vederlo. Sono loro i veri discendenti della mia stirpe. Trascorrendo lì il loro tempo, entrambi hanno assimilato alcuni degli usi dei Mortali, ma l’anima che non può aprirsi alla corruzione rimane immutata. Ogni anima rimarrà se stessa, indipendentemente da ciò che noi sappiamo. Consiglieri, ripensate alla nostra storia. Ripensate alla Rivolta e a coloro che l’hanno intrapresa per primi. Con il senno di poi, i ribelli avrebbero potuto essere individuati molto tempo prima. I miei ragazzi che combattono dalla nostra parte per il Supremo possono essere giudicati per quello che sono. Troverete che a loro non manca nulla, anche se si adeguano alle abitudini degli uomini. Sì, una volta erano umani, fatta eccezione per Lucio e Ilyana; ma l’unico ad avere delle mancanze è un figlio puro di nascita, il figlio che avevo tutto il diritto di creare come desideravo. Rechairtei, come i Quattro, fu creato con amore. Tutti all’inizio erano puri, ma la vanità li ha dominati, come domina il mio figlio ribelle. Si fa chiamare come una creatura a quattro zampe nota per la sua furbizia. Questo mi rattrista e spero che si penta, prima che finisca nelle mani del Boia per i suoi misfatti. Se non può essere salvato, pregherò con tutte le mie forze perché gli venga data la possibilità di rinascere per espiare i gravi errori commessi contro Dio e questo mondo. Ciò che lui crea con la mia essenza è blasfemia. Io creo amore. Ma entrambi verremo portati davanti alla Corte e saremo processati per i nostri errori. Dunque ora non spetta a voi portarmi questo messaggio. Andate, confidando che il cuore di vostra sorella non vacillerà. Non interferirò direttamente, come previsto dal nostro patto fin dal giorno in cui ho deciso di rimanere anziché lasciare questo mondo in balia dei suoi veleni. Portate alla nostra amata famiglia il mio messaggio: pur essendo all’oscuro della vera causa, i nostri guerrieri sono dalla parte giusta e tutto andrà bene.»
Resiayana rilassò la mente per prepararsi a un altro lungo discorso. Delle campanelle e una folata di vento annunciarono l’ingresso nella stanza di due Serafini che portavano un messaggio. Viaggiavano sempre in coppia; il positivo e il negativo avevano bisogno l’uno dell’altro. Una luce brillante apparve in un angolo e due corpi eterei presero posto.
Il Consiglio era in attesa dell’annuncio, doveva trattarsi di un messaggio importante se veniva consegnato in quel modo. La luce si affievolì e si trasformò in un arcobaleno di forme immateriali.
Parlarono all’unisono nella loro lingua silenziosa. «È stato concordato. Resiayana rimarrà e continuerà il suo lavoro senza interferire sul pianeta. Verrà giudicata alla fine della Rivolta. E, per la salvezza del suo mondo qui, i Consiglieri continueranno a riunirsi quando necessario.»
Un caldo abbraccio si diffuse nella stanza mentre la coppia di Serafini li ricopriva d’amore e scompariva con una luce brillante così com’era arrivata.
Resiayana emise il respiro che stava trattenendo senza rendersene conto e sorrise alla stanza. «Questo pianeta lo merita. Ne sono certa.»
Si scambiarono parole e sguardi pieni di rispetto, la stanza era luminosa, ma in un millisecondo Resiayana si ritrovò a guardare le stelle.