CAPITOLO DUE-1

2004 Parole
CAPITOLO DUERESPIRO Non posso non pensare che la minaccia dell’Inferno pro­duca tanti demoni quanti malvagi produce il severo codice pe­nale della disumana umanità. Lord Byron 15 Giugno 2014 Dark Heart - New York City, New York Con la bocca le esplorava le cosce. Succhiando e mordendo si avvicinava al suo centro. La sua giovane carne era divina e lo aveva soddisfatto per tutta la notte ma, dopo lei e Thia, Dan­te doveva recuperare le energie. Il sole stava sorgendo e lui aveva bisogno di riposo, o di sangue. Guardò i corpi nudi e lumi­nosi delle due donne nel letto e non ebbe dubbi su cosa sceglie­re. Il sonno poteva aspettare. Si succhiò le dita e le toccò il sesso bagnato. Lei gemette, spossata. Aprì la sua fessura umida e la ragazza inarcò la schie­na. Con la bocca trovò la vena che pulsava nell’interno coscia, mentre lei spalan­cava le gambe per farlo penetrare più a fondo. Percepiva l’ecci­tazione di Thia che li guardava e afferrò i capelli della ragazza, mordendo la vena che gli avrebbe fornito il nutrimento di cui necessitava. Ingoiando, affondò due dita dentro di lei. Il pulsare eccitato delle sue vene gli forniva più di quello di cui aveva bisogno. Sollevò lo sguardo e vide Thia giocare con i capezzoli della giovane e guardarlo con desiderio. I suoi occhi brillavano e, come lui, anche lei stava per nutrirsi, ma in modo diverso. Thia si chinò e morse il collo della ragazza. Si sentì gemere. I rumori liquidi delle sue dita che scivolavano dentro e fuori di lei, mentre con il pollice le stimolava il clitoride, riempivano la stanza e Dante sentì di nuovo che il suo membro si inturgidiva contro le lenzuola di seta. Ogni preziosa goccia di sangue lo riportava all’animale che era. La bestia insaziabile che sarebbe sempre stato. «Vieni per me, ragazza, ora!» ordinò, togliendo per un atti­mo i denti dalla coscia. Grugnendo, la morse e succhiò con violenza ancora una vol­ta, mentre lei sollevava i fianchi dal letto e esplodeva in un gri­do. Dante affondò il viso in mezzo alle cosce dell’Immortale che era al culmine del piacere e succhiò con lo stesso fervore con cui aveva bevuto il sangue. Lei sparse i suoi dolci suc­chi come ogni volta che veniva. Avrebbero dovuto intrattener­la per un po’. Mentre la leccava, Dante alzò lo sguardo per assicu­rarsi che non venisse sprecata nemmeno una goccia. Thia ba­ciava la bocca della ragazza che si cullava nell’orgasmo e tre­mava sotto di lui. Quando lei smise di tremare, Dante si avvicinò alla testiera del letto e si appoggiò con la schiena. «Venite, Thia, tutte e due.» Gli occhi di Thia brillarono, lasciò la ragazza e strisciò verso di lui. «No, Dante, ma cavalcherò il tuo enorme uccello finché non urlerai il mio nome. Sdraiati.» Dante sorrise. Davanti a lui non c’era più la docile Thia. Gli piaceva la forza che derivava dai suoi doni. Ai suoi occhi, il sesso – tanto buon sesso – non poteva certo apparire come una maledizione. Si sdraiò come gli aveva chiesto, si piegò per afferrare il membro e lo accarezzò delicatamente dal basso verso l’alto. «Vuoi questo, Thia?» la provocò, sorridendo appena, di nuovo nel pieno delle forze. «Lo voglio. E ottengo sempre ciò che voglio. Ragazza, fallo divertire mentre io gli ricordo perché cerca me.» Thia fece un cenno all’altra giovane Immortale indicando la bocca di Dante. La Ninfa si spostò pigramente verso di lui. Dante vide il ses­so di lei già bagnato e sentì il pene sussultargli nella mano. In momenti come quello avrebbe voluto averne due, per poter pe­netrare entrambe le donne nello stesso momento. La ragazza gli si mise a cavalcioni avvolgendolo con le cosce umide. Lui mise una mano sulla gamba di lei e l’altra su quella di Thia. All’unisono le due ragazze si lasciarono andare su di lui, Thia sul suo membro e l’altra sul suo viso, in un’esplosione di sapori e sensazioni. Dante grugnì. Sollevava i fianchi per penetrare Thia ancora più a fondo e spingeva con forza la ra­gazza contro il suo viso. Thia iniziò a dondolare su di lui con movimenti lunghi e lenti, perché la colpisse proprio in quel punto dentro di lei, così da stimolargli la punta del pene e farlo grugnire ancora di più. Il piacere raggiungeva il suo culmine da ogni parte, il fuoco della lussuria cresceva e tutti e tre ansi­mavano eccitati. Dante muoveva i fianchi a tempo con Thia e sentiva il suo sesso stringersi su di lui. Lei gli graffiò il petto e iniziò a muoversi più velocemente e con più forza. Stava suc­chiando avidamente i dolci succhi della Ninfa, quando sentì la testiera del letto rompersi nel punto in cui la ragazza era ag­grappata e lei imprecare nella sua lingua natia. Erano tutti e tre a un passo dall’apice del piacere. Thia urlò e lo strinse forte per costringerlo a rilasciare il suo seme. Dante spruzzò il suo li­quido caldo dentro di lei, mentre sollevava i fianchi e stringeva le cosce della Ninfa per leccarle il clitoride. Pro­prio mentre veniva, la ragazza appoggiò il bacino e gli rovesciò in bocca il suo miele. Lui ansimava e lei urlava di piacere. Era dannatamente dolce. Sarebbe stata una lunga giornata. Dante sorrise mentre le due ragazze tremanti tornavano ai loro posti. * * * Nella morte, una nuova vita ha inizio. Anonimo 700 d.C. - Italia Inspirava con il naso ed espirava con la bocca. Respiri profondi e regolari, mentre il mondo virava dal rosso al grigio. Respira­va davvero? Il suo petto si sollevava e si abbassava, ma non sentiva l’aria entrargli nei polmoni. E chi c’era davanti a lui in quel maledetto Inferno? Lo sconosciuto attendeva in silenzio, senza fare domande. Ma, in qualche modo, Dante sapeva che stava aspettando che lui si rialzasse dalla pozza di sangue in cui giaceva. Cosa era accaduto? L’ultima cosa che ricordava era se stesso che faceva a pezzi la carne dei nemici. E adesso si trova­va a fissare gli occhi blu più intensi e inquietanti che avesse mai visto. Il diavolo in persona. Doveva essere lui. Nessun uomo sulla Terra sarebbe riuscito a guardare la morte restando così calmo. Più che calmo, quasi sorridente. Certamente non sembrava un Angelo venuto per portarlo in Paradiso. Un Angelo non sarebbe stato vestito di pelle nera e non avrebbe impugnato una gigantesca spada grondante sangue. Non che si aspettasse il Paradiso. Il Paradiso era per coloro che pregavano, non per i guerrieri che nemmeno per­mettevano agli altri di recitare le loro preghiere un attimo pri­ma di essere uccisi. No, di certo il Paradiso non lo stava aspet­tando. «Cosa mi è successo? Dov’è Oli? E Tomath?» chiese con voce rauca e irriconoscibile. Della pelle gli importava poco, ma la sua famiglia non c’entrava con quella guerra e pregava che il diavolo dagli occhi chiari potesse almeno garantirgli che loro erano in salvo. Fino a un momento prima la nausea era così forte che non riusciva nemmeno a vedere lo sconosciuto che aveva davanti, ma ora si era finalmente placata. Gli uomini morti hanno i conati di vomito? O vedono? Improvvisamente il mondo gli appariva più luminoso e vivi­do di come lo avesse mai visto, ma niente era mai stato tanto oscuro. Le colline di casa sua erano in fiamme. Le urla che correvano da lì fino all’oceano per duecento chilome­tri rimbombavano così forte nella sua testa da fargli temere che i timpani gli sarebbero scoppiati, e con loro il cuore. Quegli occhi tristi lo fissavano e una mano si protese verso di lui. Dante rise tra sé. Il diavolo gli stava offrendo una mano per rialzarsi. Diavolo o no, la creatura sembrava decisa a riportarlo in pie­di e lui accettò quella mano, senza aspettarsi alcun aiuto. Sor­prendentemente, si sollevò senza percepire minimamente il suo peso. Si tirò su senza alcuna difficoltà. Si trovarono a guardarsi negli occhi. Un altro shock. Dante ave­va incontrato ben pochi uomini in grado di guardarlo dall’alto in basso. Era un gigante e la cosa gli piaceva. A quanto pareva, il diavolo era un po’ più alto di lui. Le sue ossa erano scarne, ma se lo aspettava. I Demoni mangiavano? «Dante?» «Chi lo chiede?» Gli occhi blu si illuminarono e una leggera smorfia compar­ve sulle labbra del diavolo. «So che pensi che io sia un Demone. Ma non lo sono affatto. Io sono colui che uccide i Demoni, e ho bi­sogno di aiuto. Ormai sono troppi perché possa farcela da solo.» Dante si fermò per un attimo a riflettere, mentre ancora ten­tava di scuotersi e di tornare lucido. I suoni erano amplificati, i colori più intensi. Il cielo era sempre stato così grigio o era il fumo che si sollevava dagli incendi a conferirgli quel colore? Demoni? Di cosa parlava quello sconosciuto? «Ho forse possibilità di scelta? Dov’è la mia famiglia? I bambini? Puoi almeno dirmi se sono al sicuro?» Il diavolo lo guardò con la tristezza negli occhi, poi il mon­do iniziò a girare, seguito dal suo stomaco. Per un attimo Dante si sentì mancare la terra sotto i piedi. Strizzò gli occhi e si preparò a cadere alla cieca, agitando le braccia. Quindi il mondo si fermò e Dante aprì gli occhi in un luogo lontano dai combattimenti. Ma non abbastanza lontano da impedirgli di vedere la sua casa di­vorata dalle fiamme. Gli sembrò di toccare il fondo e si lasciò cadere sulle ginocchia. Se erano rimasti in casa, di sicuro erano già morti. Doveva accertarsi che si fossero messi in salvo prima di quel massa­cro. «Guarda laggiù. Oltre quella casa e oltre il boschetto. Tua sorella è veloce.» Dante sollevò lo sguardo offuscato e la testa che improvvisa­mente sembrava pesare una tonnellata. Un abito scuro con una chioma di ribelli ricci castani stava attraversando la porta se­greta. Era il vestito di Oli e quelli erano i suoi capelli. Grazie a Dio, lei era arrivata alla stanza segreta. Erano tutti lì? Suo fratello si sarebbe preso cura di loro. Dovevano essere tutti lì. Guardò il diavolo e il diavolo annuì. «Si salveranno. Ma tu non puoi rimanere qui. Sarebbe pericoloso per loro. Sei appena diventato un guerriero diverso. Noi siamo sia la preda che il cacciatore. Vieni, devo mostrarti com’è realmente il mondo in cui viviamo.» Dante si sollevò da terra rivolgendo un lungo, ultimo sguar­do al villaggio che era stato la culla della sua infanzia. Gli uo­mini al fianco dei quali combatteva erano stati sconfitti dagli Ostrogoti. Dov’era l’Imperatore? Se loro erano stati colpiti così duramente, i villaggi più piccoli come potevano essersi salvati? Casa sua si trovava vicino al confine, ma i nemici erano arrivati da sud. A Roma c’era ancora l’Imperatore? Dante conosceva la risposta e sentiva l’odore del sangue diffondersi nell’aria. Do­potutto, quella guerra avrebbe potuto rappresentare la fine dei Bizantini. Al sorgere del sole, gli invasori avrebbero permes­so agli abitanti dei villaggi di tornare ai loro appezzamenti di terra? «Si salveranno, Dante. La vita, seppur diversa, tornerà una volta che il fumo si sarà diradato. È la natura della guerra, come ben sai. Noi ora dobbiamo andare.» Dante annuì. Il diavolo stava per portarlo all’Inferno per gli uomi­ni che aveva ucciso quando era in vita. Lo sapeva, era giunto il momento di pagare il conto: la sua anima, per l’eternità. La sensazione di vertigine lo assalì di nuovo e, quando ter­minò, Dante si ritrovò in un luogo diverso da qualun­que cosa avesse mai visto. Una fortezza di pietra si stagliava in un paesaggio a lui sconosciuto, nonostante nella sua vita avesse visitato molti posti. Lì non c’era il cielo cinereo illuminato dalle fiamme. Era un luogo tranquillo. L’erba ondeggiava nella brezza leggera e, fin dove i suoi occhi potevano arrivare, non si vedeva niente a parte gli alberi e le colline. «Questo non è… l’Inferno.» Il diavolo rise. «Certo che no, Dante. L’Inferno come tu lo immagini è quello che noi combattiamo. Noi uccidiamo i De­moni. Volevo un fratello in questa guerra e, poiché mia Madre ha ascoltato le mie preghiere, al momento siamo io e te… pre­sto saremo di più. Le Ombre stanno infettando il mondo e presto avre­mo bisogno di aiuto.» Dante si passò una mano sporca tra i corti capelli neri. Alzò gli occhi grigi come l’acciaio e guardò quella creatura. Davve­ro non era un Demone? «Come faccio a sapere se mi stai dicendo la verità? Comun­que non ho bisogno di incitamento, sono un guerriero fino al midollo. Combatterò ogni guerra, è questa la mia natu­ra. E quando non sono in guerra, sono un mercenario. Ma qual­cosa mi dice che tu già lo sai. Preferirei uccidere per delle buo­ne ragioni, ma in fondo quale guerra ne ha? Devo ancora trova­re un lavoro che non abbia lo scopo di riempire le tasche e soddisfare l’avidità di un uomo. Straniero, cosa c’è nelle tue tasche? E a nome di chi parli?»
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