Era arrivata la settimana degli esami di metà semestre e lei era rimasta tutto il giorno nella sua stanza a studiare e a fare gli esami, e quando Jace era venuto a cercarla a tarda notte, era sepolta sotto una pila di libri e gli aveva detto che aveva esami quasi ogni giorno, quindi quella era la sua priorità in quel momento.
Lei aveva detto chiaramente di no al sesso quando lui le aveva chiesto: “Non vuoi venire a letto?”, con quella voce morbida e roca che aveva usato per farle capire che voleva fare sesso. “Domani mattina sarai rilassata, meglio per il tuo esame”, le aveva sussurrato per convincerla ad andare a letto con lui.
“Devo studiare. Per me è più importante che fare sesso”, aveva detto senza guardarlo.
C'era stato un silenzio di tomba da parte sua per un intero minuto, poi aveva detto con tono seccato: “Va bene”. Lei lo aveva sentito allontanarsi e sbattere la porta della camera da letto, come se fosse arrabbiato, ma dubitava fortemente che lo fosse. Nove volte su dieci era il suo lupo che era in quel letto. Jace non la voleva affatto.
Era interessato solo a Gloria e non poteva averla in quel momento perché lei, Nora, doveva ancora concepire l'erede che lui voleva, che sarebbe stato più forte grazie al dono della dea. Sospirò piano quando sentì sbattere la porta, ma poi pensò, solo un secondo dopo, sì, che fosse pure irritato per non aver ottenuto quello che voleva.
Si chiese se lui non fosse andato a fare sesso con Gloria solo perché pensava che avrebbe potuto spingerla oltre il limite e vederla rifiutarlo attivamente prima di ottenere ciò che voleva da lei. In realtà non la conosceva affatto. Non sapeva nulla del suo carattere perché non si era mai preoccupato di conoscerla.
Jace non aveva idea se lei si sarebbe nascosta nella sua stanza per affrontare il dolore del tradimento, se avrebbe chiesto aiuto tramite il collegamento mentale a uno dei suoi compagni o forse al medico del branco. Non aveva idea se fosse il tipo di lupa che sarebbe uscita barcollando dalla suite per il dolore, urlando e piangendo in preda all'agonia, e avrebbe fatto sapere al branco quanto lui fosse crudele per aver tradito il loro legame di coppia.
E lui era sempre crudele, perché aveva usato il loro legame di coppia per portarla nel suo letto, permettere al suo lupo di soddisfare tutti i suoi bisogni con il suo corpo e, quando aveva deciso che i suoi bisogni erano troppo forti per essere ignorati, anche lui aveva usato il suo corpo per soddisfarsi.
Una parte di Nora si chiedeva se Jace immaginasse che lei fosse Gloria quando la toccava. Probabilmente sì, pensò, perché non si assomigliavano per niente. Lei era bassa, un metro e settanta, aveva lunghi capelli neri e folti, una carnagione naturalmente olivastra e occhi color ambra chiaro. Quando l'aveva conosciuta aveva delle belle curve. Ora era magra e atletica invece che formosa, e in realtà le piacevano le sue curve.
Gloria era alta, una lupa di 1,80 m senza scarpe, 1,83 m con i tacchi, e aveva lunghi capelli biondi e mossi che le arrivavano alla vita, anche raccolti in una coda di cavallo. Le ricadevano ordinatamente sulla vita e aveva gli occhi azzurri, molto simili a quelli di Jace.
Anche se la sua figura era paragonabile a quella di Gloria, pensava che la sua fosse migliore. Gloria era probabilmente una taglia 36 con il seno piccolo e praticamente senza sedere. Nora invece era una taglia 40, aveva un seno di buone dimensioni e il suo sedere, anche se non più formoso come prima, aveva ancora delle curve. Stava bene con un vestito aderente, aveva delle curve che attiravano gli sguardi degli uomini.
Jace le aveva detto che amava il suo corpo quando l'aveva incontrata per la prima volta, e lei gli aveva creduto, perché le sue mani e la sua bocca avevano esplorato tutte le sue curve. Le aveva accarezzato il seno. Si adattava perfettamente alle sue mani e lui le aveva afferrato il sedere e aveva gemito. Gli aveva creduto fino a quel fatidico giorno in cui lo aveva sentito dire a Gloria che era solo il legame di coppia, distruggendo tutto il suo mondo.
Quella mattina aveva trovato Jace in piedi accanto a lei nella biblioteca, che la fissava con aria quasi minacciosa. Erano quattro giorni che non dormiva nel loro letto, quattro giorni che dormiva nella sua stanza di studio circondata dai suoi libri e dai suoi appunti. "Cosa c'è?", gli aveva chiesto, guardandolo dal pavimento della biblioteca, dove era seduta a gambe incrociate.
Si era trovata un angolo tranquillo nella biblioteca del branco, dove i libri erano vecchi e un po' impolverati, segno che nessuno veniva lì a sfogliarli. Questo significava per lei che poteva semplicemente sedersi e stare da sola senza che nessuno la vedesse, e senza dover interagire con nessuno del branco.
La bibliotecaria le chiedeva spesso se avesse bisogno di qualcosa. Nora scuoteva semplicemente la testa e rispondeva: "Lo trovo da sola", allontanandosi da lei. La donna la guardava proprio come faceva la proprietaria del bar del branco in città. Con uno sguardo di scusa che diceva "so cosa sta succedendo". I membri del branco la compativano e lei si chiedeva se credessero che fosse giovane e ignara di tutto, o se avessero notato che non era più vicina al loro Alfa.
"Stai studiando di nuovo?", le chiese. "È tutto quello che fai, non ti interessa nient'altro?".
"Ho l'esame di metà semestre tra circa 10 minuti". Lo guardò con aria di sfida, perché che importanza aveva ciò che le interessava? Non si faceva illusioni su ciò che lui intendeva dire. Non ti interessa darmi un erede? Era tutto quello che voleva dire.
"O vuoi che rimanga ignorante?" aveva quasi sbraitato lei. Ne aveva abbastanza di lui, che la incolpava sempre per i problemi nel loro legame di coppia. Perché lei non voleva stare nel suo letto o al suo fianco. Quando lui veniva da lei solo quando voleva fare sesso.
Era come se lei fosse solo la sua puttana glorificata, ma senza la parte glorificata, lui non le aveva comprato nemmeno una cosa o dato una tessera del branco. Non si sentiva nemmeno più un membro del branco, perché lui non le aveva nemmeno chiesto cosa stesse studiando o si fosse offerto di pagare le tasse universitarie.
Come farebbe normalmente qualsiasi compagno alfa, o anche solo come alfa del branco, avrebbero discusso dell'istruzione dei nuovi membri del branco per vedere cosa studiavano e cosa bisognava organizzare. Se il membro del branco aveva bisogno di essere trasferito in un'università più vicina, bisognava organizzare i pagamenti da parte del branco e farglieli restituire nei primi anni di lavoro come membro del branco, con un contratto che prevedeva la trattenuta dallo stipendio.
Jace non si era nemmeno preso la briga di chiederle cosa stesse studiando, e lei sapeva perché: non solo non gli importava saperlo, ma non vedeva alcun motivo per pagarlo, perché una volta che avessero avuto il loro cucciolo, probabilmente l'avrebbe semplicemente rifiutata e bandita dal branco.
Aveva visto i suoi occhi spostarsi sullo schermo del suo portatile come se non le credesse, e lo aveva girato verso di lui, inclinando lo schermo in modo che potesse vederlo, e aveva detto: "Cosa? Pensi che stia mentendo sullo studio? Sapevi che ero al primo anno di università quando mi hai conosciuta. Ma sì, continua pure ad accusarmi di mentire sul fatto che ho bisogno di studiare". Gli aveva lanciato uno sguardo arrabbiato.
I suoi occhi si spostarono su quelli di lei e la rabbia balenò sul suo volto. "Non parlarmi in questo modo. Ti ho fatto una semplice domanda e ho chiesto chiarimenti, tutto qui. Non essere così infantile, Nora. Ho anche notato che hai sempre dei libri intorno a te", si voltò e guardò dove si trovava lei. "Da sola con i tuoi libri". Indicò con la mano la corsia in cui si trovava lei. "Potresti trovare un posto più lontano da dove siedono i membri del branco?"
"E allora?" ribatté lei. "Dovrei rinunciare ai miei studi e rimanere incinta per darti un erede? È tutto quello che vuoi da me? Sei felice di avere una compagna stupida e ignorante, vero? È solo una macchina per fare bambini". Osò sfidarlo su ciò che sapeva essere la verità.
Aveva visto i suoi occhi incontrare i suoi e, per una volta, non le importava vedere la rabbia che provava nei suoi confronti per non aver ottenuto ciò che voleva. Che importanza aveva ormai? E forse, rivelando ciò che sapeva della loro relazione, o della sua inesistenza, lui l'avrebbe semplicemente respinta. Le aveva appena detto cosa provava davvero per lei: per lui era solo una lupetta infantile.
Almeno ora sapeva come lui la vedeva. Sì, aveva 110 anni meno di lui e quindi, immaginava, per lui era una bambina, ma se non gli andava bene, non avrebbe dovuto reclamarla, marchiare e accoppiarsi con lei, portarla lì solo per fregarla.
"Se non ti dispiace, ho un esame tra otto minuti", mormorò, poi si mise le cuffie e tornò a concentrarsi sull'esame che stava aspettando di iniziare. Lo vide con la coda dell'occhio girarsi e allontanarsi da lei, e ne fu felice; si concentrò sull'esame imminente.
Quando finì, sorrise. Era sicura di averlo superato a pieni voti e che avrebbe ottenuto il suo primo 4.0. Ne era certa. Ne era molto felice e anche orgogliosa di sé stessa. Era sempre stata una brava studentessa, ma questo, se fosse riuscita a ottenere quel 4.0 negli esami di metà semestre, sarebbe stato fantastico. Era eccitata e ansiosa per i risultati che sarebbero usciti tra dieci giorni.