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4 demoni

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Trafiletto

Aprile 1988: un uomo, una donna e la giovane figlia Carola vengono uccisi nella loro villa. Il colpevole muore durante la fuga in un incidente stradale.

Luglio 2004: un"ondata di omicidi portati a termine con le medesime modalità del delitto del 1988.

Cosa ha a che fare con una serie di efferati omicidi la locandina del film Demoni? E poi ancora, con i cadaveri di tre persone rinvenuti in una villa fuori Milano sedici anni prima e con il loro assassino morto in un incidente d’auto? Da qui, un confronto serrato fra l’omicida e il commissario Lorenzo Narducci, detto ’’Luc’’. Dario Argento e il poliziesco italiano anni ’70 sono omaggiati a pi non posso nelle pagine di 4 Demoni. L’autrice di coraggio ne dimostra da subito parecchio, non solo perché cammina sul rischioso crinale del doppio io narrante, uscendone vincitrice, ma perché dimostra come un’attenta e meticolosa documentazione criminologica non porti affatto ad un appesantimento lezioso della narrazione. La natura schizoide e disturbata di un assassino che ’’pensa’’ con il lessico di un Ellroy spacca in due il romanzo, in un alternarsi di Giallo e Nero che si inseguono e si raggiungono senza che nessuno dei due mai prevalga. E sull’eterno fascino che il lato oscuro da sempre esercita si fonda il confronto tra la perversa raffinatezza del killer e la passione del commissario Narducci per un bicchiere di bonarda ghiacciata sorseggiata nella prosaica tranquillità delle quattro mura domestiche.

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Personaggi principali:
Personaggi principali: Lorenzo Narducci, detto “Luc”, vice commissario sezione omicidi, squadra mobile di Milano Gloria Conti, sua moglie Andrea e Fabrizia Narducci, figlie gemelle sedicenni di Gloria e Lorenzo Gilberto Zampieri, detto “Gil”, commissario capo sezione omicidi, squadra mobile di Milano Silvia Portèri, sovrintendente di polizia Enrico Massimi, ispettore superiore di polizia Marco Poletti, giovane agente di polizia Ildo Stefanino, medico legale Leonardo Battaglia, capo della scientifica Donata Milani, esperta in identikit Claudio Moschino, vittima sopravvissuta Aurelio Del Monte, autore della strage di Villa Eden Fabio Lorenzi, giornalista Alberto Tous, vittima Guido Alessi, vittima Matteo Di Giulio, vittima Giulio Laurenti, attuale proprietario di Villa Eden Stefania Laurenti, sua moglie Monica Pomarici, testimone dell’omicidio Alessi Sabrina Iacobitti, amica di Gloria Conti Qualche ora prima... “Ciao, papà. Vado”. “Vai? E dove?”. “Uffa! Chiedilo alla mamma, adesso non ho tempo”. “Non hai tempo? Ok, ora ti siedi e me lo dici tu, invece”. “Che palle!”. “Ma che succede?”. “Vieni vieni, Gloria. Dov’è che va tua figlia, si può sapere?”. “Mia figlia? Fino a prova contraria, Fabrizia è anche figlia tua”. “Non perdiamoci in chiacchiere: dimmi dove va”. “Fabrizia, perché non gliel’hai detto a papà, ieri sera?”. “Non mi andava. Comunque, vado a Quarto al mare. Non so se ti ricordi... quella cosa con l’acqua tutta azzurra e con dei grandi sassoni grigi, mmm, ora che ci penso, anche un po’ marroni, alti alti che ci si può tuffare giù”. “Vai al mare?!”. “Wow! Allora, non hai più la testa per spartire le orecchie! Mamma, papà è diventato improvvisamente intell...”. “Tu oggi non esci!”. “Ma papà...”. “Fabrizia, questa volta te lo sei proprio meritato. Però, Luc, stava scherzando, dai, per oggi chiudi un occhio che c’è già Marco che la sta aspettando fuori”. “Ah sì? Vieni un po’ con me, tu”. “Ma dove, papà?”. “Fuori”. “Che vuoi fare?”. “Devo dire due cosette a Marco”. “E non mi tirare”. “Sbrigati”. “Che cosa gli vuoi dire?”. “Ora lo saprai. Anzi, prima vai in camera tua a vestirti”. “Ma sono già vestita”. “Quel coso lì me lo chiami vestito?”. “Dio, papà! Siamo nel 2004!”. “Vai subito a coprirti. Mia figlia non esce così mezza nuda”. “Così mezza nuda?! Ma dove?!”. “Ti ho detto di andarti a cambiare!”. “Non ci penso nemmeno!”. “Fabrizia, fai quello che ti dice papà”. “Ma se l’abbiamo comprato insieme io e te, l’altro ieri ai saldi!”. “Fa... fa niente... fai lo stesso come dice papà”. “No”. “A no? Ok, allora, tu oggi te ne stai a casa”. “Mamma, digli qualcosa tu, ti prego. Per favore...”. Il suono del citofono. Altro suono del citofono. “Luc, lasciala andare, non c’è niente di male”. Al terzo suono... “Andiamo”. “Papà... non farmi fare le solite figuracce!”. “Dov’è?”. “È lì, non lo vedi? In piedi davanti al citofono”. “Ehi, dito selvaggio, la piantiamo o no di suonare?”. “Buongiorno... signor commissario”. “Dimmi un po’, Marco, dov’è che andate?”. “Papà! Ma se te l’ho detto io dove andiamo. Dio, basta, ti prego!”. “...pensavo di portare sua figlia a Quarto, signor commissario”. “E perché?”. “Eeee... scusi ma... non ho capito la domanda”. “Perché me la porti a Quarto? Cosa c’è a Quarto?”. “Il... il mare, signor commissario. Perché?”. “Qui le domande le faccio io”. “Certo, signor commissario”. “Papà, non sei in questura! Quando Marco esce con me, tu non sei più il suo capo!”. “Allora. Non mi rispondi?”. “Torniamo presto, signor commissario, non si preoccupi”. “Smettila con ‘sto signor commissario. Di chi è quella macchina?”. “È di mio padre, sign...”. “E lui lo sa che tu gliel’hai presa?”. “Ma... ma certo, signor commiss...”. “Marco, e piantala di chiamarlo così: fossi in questura, pure pure...”. “Fabry, io...”. “Sentite un po’ voi due, non crederete mica di fare i furbini con me? Tu, fammi vedere la patente!”. “Cosa?... Ah, sì la patente. Eccola”. “Privatista o scuola guida?”. “Privatista”. “Male! Chi ti ha insegnato a guidare?”. “Mio padre”. “Luc...”. “Gloria, non intrometterti, torna a casa”. “Non stai un po’ esagerando?”. “So gestire perfettamente la situazione da solo”. “Amore, non c’è nulla da gestire... Vieni a casa e lasciali andare via tranquilli”. “Sì, tranquilli. Con un padre così! Papà, questa me la paghi. Dai, Marco, muoviti, andiamo”. “Luc, ha chiamato Gil: dice che è ora”. “Ora di che?”. “Ma, tesoro...”. “Ah, già. Ora devo andare, per questa volta, passi. La prossima, voi due avete il dovere di tenermi informato sulle vostre zone dove andate a battere!”. “Ba... batt... ma, signor commissario?!”. “Ma che hai capito, Marco?”. “Niente, niente, signor commissario”. “La finisci sì o no di chiamarmi così?”. “Luc, forse è meglio se li lasciamo da soli. Forza, andiamo. Ciao, Fabrizia. Ciao, Marco, divertitevi”. “Divertitevi un corno!”. “Ssssh... parla piano, Luc”. “Fabry, vatti a mettere un vestito decente”. “Dici, amore?”. “Dico. Non vedi che hai tutto di fuori?”. “Ma, Marco, io credevo...”. “Eddai, datti una mossa”. “Certo, vado e torno in un lampo!”.

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