CAPITOLO DUE
Il dolore non ti cambia, rivela te stesso.
John Green
La Casa delle Ombre
Azrael e Malik discutevano animatamente. Dopo la battaglia di New York, era rimasto ben poco. La maggior parte delle guardie personali era stata uccisa, come anche alcuni Demoni superiori, che erano le creazioni migliori di Wolff prima di Azrael. Molti dei sopravvissuti erano fuggiti, solo una manciata di loro era tornata alla fortezza a prendere ordini. Con la morte di Wolff, Azrael aveva preso posto sul trono. Ai piedi c’era la sua femmina, gonfia per la gravidanza. Intorno al collo, la donna indossava un collare con una catena, legata all’altra estremità al polso del Demone. Ai suoi piedi c’erano anche i corpi ridotti in cenere delle cinque guardie personali che avevano osato sfidarlo per la successione al trono. Azrael sorrise appena e si sedette. La femmina piangeva sommessamente, a testa bassa. Era ricoperta di sangue a causa del combattimento. Incatenata al Demone, con solo pochi centimetri di libertà, si era ritrovata nel mezzo della lotta, nonostante lui l’avesse spinta indietro e avesse affrontato tutti loro con una sola mano.
Azrael parlò bruscamente. «No. Non abbandoneremo la Casa delle Ombre. E tutti voi ora siete sotto il mio comando. È questo il volere degli Dei Oscuri. Adesso è a me che si rivolgono. Verrà un nuovo esercito. Chi non starà dalla mia parte morirà. La scelta è semplice.» Indicò la cenere che circondava il trono, gli unici resti dei suoi sfidanti.
Malik gli lanciò un’occhiata. Il Demone era troppo forte. I suoi poteri erano superiori e, se davvero era in contatto con gli Dei Oscuri, allora non c’era scelta. Si udì un grido provenire da un angolo della grande sala e comparve la ragazza soprannominata Sei.
«Cosa dobbiamo fare con lei, mio Signore?» chiese Malik, mentre indicava Sei digrignando i denti.
Dalla bocca di Azrael uscì il suono più simile a una risata che avesse mai sentito. «Quello che vuoi. Ma nessuno deve toccare questa femmina.» Strinse la catena, costringendo la donna ad avvicinarsi ai suoi piedi.
La ragazza soprannominata Sei li guardava con gli occhi spaventati e si torceva le mani in preda all’agitazione. Azrael fece un sorrisetto alla schiava del suo vecchio padrone. L’avrebbe usata come premio per i Demoni che l’avessero servito a dovere.
«Le altre cinque sono morte, le altre cinque sono morte!»
«Era l’animaletto da compagnia di Wolff. Con lei puoi fare tutto ciò che desideri eccetto liberarla. Non ucciderla e nessuno la tocchi senza il mio permesso. Sì, sarà la ricompensa per i miei seguaci fedeli. Presto ce ne serviranno molte, ma questa è speciale. Sarà il premio che Wolff non avrebbe permesso a nessuno di prendere.» Il Demone la fissò. Lei indietreggiò nell’angolo e nascose la testa tra le braccia, singhiozzando.
«Quali sono i tuoi ordini?»
Azrael sorrise prima di parlare. «Andate a portare scompiglio nel mondo dei Mortali. I Guardiani dovranno ricordare per sempre il mio primo giorno su questo trono. Il Demone che catturerà il maggior numero di anime in ventiquattr’ore sarà il mio braccio destro e potrà avere un assaggio della ragazza mortale, Sei.»
Malik sibilò. Il trono era un suo diritto. Se avesse dovuto prendere ordini, allora sarebbe stato lui a rimanere nella posizione che già gli apparteneva!
Gli occhi di Azrael si accesero e gli rivolsero uno sguardo severo. «C’è qualcosa che vuoi dirmi, Malik? O forse c’è un altro pretendente al trono?»
Dopo un attimo lui scosse la testa. «No.»
«No?»
«No, mio Signore», grugnì.
«Bene. Ora vai a uccidere qualche dolce innocente per me. Io ho da fare con la mia cara Chastity.»
Malik quasi scoppiò a ridere sentendo quel nome. «Chastity?»
Allora lei osò guardarlo, gli occhi arrossati dal pianto. «È il mio nome, Demone. E sarà appropriato finché…» Prese un respiro profondo, facendo attenzione alle parole. «Finché lui non mi prenderà.»
«Sai perché non sei morta, Chastity?» chiese Azrael dolcemente.
Lei distolse lo sguardo da Malik, gli occhi di nuovo bassi. «Perché porto in grembo i tuoi abomini, mio Signore.»
«Perché sei un’Immortale e sei un dono degli Dei Oscuri. Tu porterai le Nove figlie, non una progenie qualsiasi, come farebbe una Mortale. Quando non ci servirai più, ci sbarazzeremo di te. Ancora non ho deciso il tuo destino. Per ora, sei salva… almeno finché queste tre non saranno nate.»
«Non mi fai paura, Azrael. I miei fratelli mi troveranno e sarai tu a essere eliminato. Insieme ai tuoi piccoli Demoni. E se mi ucciderai prima, pregherò Dio di farmi nascere di nuovo, ti troverò e prenderò la tua testa io stessa.»
Lui rise forte. «Vedi? Per questo ce l’hanno mandata. Sarà un piacere distruggere uno spirito come il suo, mentre la tengo incatenata a me. Malik, dovrai trovare un altro animaletto per sfogare le tue frustrazioni. Sono molto utili. Forse Sei?»
«Sei non è il mio tipo.» Malik la guardò con occhi cupi. «Per ora la incatenerò al muro. Ho del lavoro da sbrigare.» Sbuffò e si avvicinò alla ragazza rannicchiata, la prese rudemente e la incatenò al centro della parete opposta.
«I giochi hanno inizio.»
Malik se ne andò sbattendo i pesanti stivali sul pavimento.
* * *
Roma, Italia - Villa di Dante
«Dobbiamo fare qualcosa, Cristoff!» Jade camminava tra i resti del patio distrutto. Al loro arrivo, di Dante e Giovanna non c’era più alcuna traccia. Solo caos e sangue. Jade stava impazzendo per la preoccupazione. Aveva saputo di Agnese e adesso Gio era scomparsa. Era troppo da sopportare. Jonas aveva parlato con Cristoff e gli aveva confermato, troppo tardi, che nel magazzino di Maddox i segugi avevano rilevato tracce di sangue, fresco e vecchio. La casa e il magazzino erano stati incendiati e alla sua assistente avevano fatto credere che lui fosse lì a lavorare quando era successo. Con quel bastardo avevano finito. Ma Gio era scomparsa.
«Jade, non possiamo portare questa faccenda al Consiglio. Le notizie diffuse da Jonas sono già abbastanza. Sono tutti costernati. Non ci aiuteranno, e lo sai. Almeno non ora. Lei è solo una Mortale.»
«È proprio questo il punto, lei non è una semplice Mortale. Sapeva di essere in pericolo, perché non è rimasta alla Villa? Dio, non penso che riuscirò mai a dimenticare l’immagine di lei sanguinante, e posso solo immaginare come si senta Dante. Merda! Non posso fare niente!» Si sedette su una delle poltrone di legno sopravvissute alla demolizione, con la testa tra le mani.
«Parlerò con Jonas, forse sa dove si trova Dante. Iniziamo da lì. Sai che io ti aiuterò per quanto posso, Jade.» Si accucciò davanti a lei, le prese le mani e strinse forte. Jade sentì affiorare le lacrime, non sapeva che fare. Non era mai stata indifesa, ma ci si sentiva adesso. La notte precedente Cristoff era stato un amante fantastico e mai si sarebbe aspettata di risvegliarsi in un tale inferno. Lo guardò. La preoccupazione nei suoi luminosi occhi verdi lo rendeva ancora più attraente. Lui si avvicinò per baciarla. Jade dischiuse le labbra e le loro lingue si incontrarono. Il suo bacio fu una promessa. Avrebbero ritrovato Gio e, fino a quel momento, sarebbe rimasto al suo fianco.
Quando si allontanarono l’uno dall’altra, qualcosa dentro di lei divenne improvvisamente chiaro. «Non sei obbligato a seguirmi nella ricerca della mia migliore amica. Ma se decidi di farlo, allora devi esserci fino in fondo. Sei disposto a farmi questa promessa? Potrei aver bisogno di un supporto, soprattutto se non potrò coinvolgere gli altri Cacciatori. E se il nome delle sue storie è vero, allora dovremo trovare l’isola da cui la distruzione ha avuto origine. Non permetterò che lei soffra ancora.»
«Sono al tuo fianco, Jade. E sulle tue labbra, ogniqualvolta desiderino essere baciate…» Sfoderò il suo sorriso più luminoso. «E coinvolgeremo altri Cacciatori. Conosco alcuni Kobal che sarebbero felici di aiutare.»
«Sì, Cristoff, anch’io. I miei fratelli capiranno, quando spiegherò loro la situazione, o almeno spero. Ma prima dobbiamo scoprire chi è il responsabile», disse, indicando le piastrelle distrutte. «Qualcosa è atterrato qui. E dobbiamo scoprire cosa. Chiamiamo Jonas e iniziamo. Dopotutto, ora è lui il nostro ambasciatore.»
Cristoff annuì. Come tutti, era rimasto scioccato dalle nuove rivelazioni. Jade si era sentita tradita. Completamente tradita. Ora tutti avrebbero dovuto scegliere la sola verità che conoscevano, o i giusti li avrebbero cacciati. Tantissimi Immortali non ne sarebbero nemmeno venuti a conoscenza e nessuno aveva spiegato in che modo dimostrare la loro fedeltà. Rimanevano ancora molte cose da fare. Aveva riletto cinque volte l’email criptata e ancora non era riuscita a elaborare il tutto. La loro intera esistenza era basata su una serie di menzogne.
Vide Cristoff tirare fuori il telefono e portarlo all’orecchio. «Ehi, Jonas, sono Cristoff.» Fece una pausa e rimase in ascolto. «Sì, sono con Jade.» Fece un’altra pausa, poi grugnì: «Afferrato, capo. Sì, glielo dirò. Ah.» Le rivolse uno sguardo preoccupato. «Va bene, ti farò sapere quando siamo a New York e quanti rinforzi riusciamo a reclutare. Sì certo. Va bene, ciao.» Terminò la chiamata e scrisse subito un messaggio prima di rimettere il telefono in tasca, poi si voltò verso di lei. «Fai la valigia. Andiamo a Valhalla, dal capo dei Guardiani.»
«Lucio? Come può aiutarci? E perché dovrebbe? Prima d’ora non abbiamo mai lavorato insieme.»
«È un nuovo mondo, Jade. E ci faremo aiutare, se davvero abbiamo intenzione di assaltare la dimora di un Puro Sangue.»
Lei sussultò. «Allora è vero? Oddio, cosa le succederà? E dov’è Dante?»
«Per il momento è stato rinchiuso. Un Guardiano che ha perso la sua Compagna è una creatura pericolosa.»
Jade respirò a fondo. «Perché non sapevamo niente?»
«Sono stati riservati quanto i nostri Cacciatori, Jade, per delle valide ragioni. Abbiamo sempre combattuto la stessa battaglia, ma ci siamo fidati dei Cacciatori per via delle menzogne che ci hanno raccontato.»
«Ma noi siamo abomini nati dal male. Perché dovrebbero lavorare con noi?»
«No, Jade, non puoi credere a queste stupidaggini. Non siamo i nostri progenitori. Non siamo gli Autentici, che hanno mentito a tutti noi. Come Cacciatore hai speso la tua vita dando la caccia alle Ombre. Non siamo malvagi. Disponiamo del libero arbitrio come ogni Mortale che cammina su questa Terra. Scommetto che i tuoi fratelli maggiori ti hanno insegnato a usare la tua maledizione per combattere il male quando eri molto giovane, come ha fatto anche la mia famiglia. Non è vero?»
Lei annuì e ricordò la prima volta in cui aveva sentito il bisogno di nutrirsi, e come le avevano insegnato a gestire la sua energia, i suoi incubi. Era così piccola. Non si era mai nutrita di un Mortale che non fosse malvagio e, in più di cinquecento anni, di Mortali ne aveva uccisi davvero pochi. In genere, l’oscurità dei Demoni che uccideva era sufficiente a saziarla per settimane. Inoltre Roma era un oscuro rifugio di Ombre e bastava a tenere impegnati e a sfamare tutti i Cacciatori.
«Vedi, nessuna malvagità. Questa è una buona alleanza, Jade, ci vorrà solo del tempo per abituarsi. Tutto qui.»
«Va bene, Cristoff. Hai ragione. Facciamo le valigie e andiamo a incontrare il famigerato Lucio. Poi troviamo Gio, prima che quel mostro le faccia qualcosa.»
«Jade, non conosciamo tutta la storia. Prima di trarre giudizi, aspettiamo di parlare con Jonas e Lucio, okay?»
«Quanti anni hai, Cristoff?»
Lui si alzò in piedi sorridendo, incrociò le braccia sul petto muscoloso e le fece l’occhiolino. «Più di te. Ora andiamo, abbiamo un aereo da prendere.» Il telefono squillò nella tasca. «Meglio sbrigarci. Il decollo è tra due ore. E sembra che voleremo con Air Lucio, così dice Jonas. Almeno sarà un viaggio piacevole. La quiete che precede la tempesta. Durante il tragitto farò qualche chiamata in modo da incontrarci sulla pista con gli altri Cacciatori.»
«Andiamo.» Jade abbassò lo sguardo e prima di allontanarsi vide qualcosa scintillare nell’acqua. Guardò meglio e riconobbe un oggetto di metallo che rifletteva la luce del sole. «Il suo anello!» Si tuffò con tutti gli abiti addosso e lo prese. «Potrebbe servirle, come ha fatto a perderlo?»
Cristoff scrollò le spalle, mentre lei lo infilava in tasca. Quindi si diressero ai loro appartamenti in città. Anche Jade avrebbe fatto qualche telefonata. Sperando che Air Lucio avesse abbastanza posti a sedere.
* * *
Sobborghi di New York City
Thia aveva appena letto l’email rivelatrice. Sorrise. Per il momento non avrebbe fatto sapere niente al suo stupido complice. Comunque non avrebbe fatto nessuna differenza, dato che lui era completamente fuori dal mondo. Come faceva a essere così ignorante delle loro leggi e della loro storia? Anche come impiegato nella sicurezza, come era possibile che non sapesse niente di niente? Si era riempito la vita di gente mortale, trascurando completamente le sue origini e la sua stirpe. Non che le importasse qualcosa, anzi, proprio la sua ignoranza era la chiave per accedere alla vendetta. Lo avrebbe messo addosso alla nuova sgualdrina di Dante e a Dante stesso, finché non avessero finito con l’odiarsi l’uno con l’altra. Il mondo della tecnologia era fantastico. Qualche foto, qualche messaggio e, oops, chi è quel tizio nudo nel vostro letto, Dante? Perché invii foto del tuo pene a quella donna? Le serviva solo qualche foto di quella sciocca Mortale e il suo numero di telefono, nient’altro. Se Ki avesse fatto qualche altra scoperta compromettente, buon per lui. Nella sua testa era tutto chiaro. Avrebbero finito con il detestarsi e Dante sarebbe tornato da lei, piangendo per la perdita della Mortale. Come se potesse bastargli una semplice Mortale. Thia ridacchiò tra sé. Dante non era in grado di stare con una sola donna. Avrebbe potuto lasciare che le cose seguissero il loro corso, ma dopo quello che era successo al club… il modo in cui era stata umiliata… oh, no. Si sarebbe divertita.
Il destino è bastardo, ma io lo sono di più.
L’oscurità si espandeva nella sua anima e lei ne godeva. Negli ultimi anni aveva cercato di conservare qualche sprazzo di bontà, ma ora ne aveva abbastanza. L’oscurità le si addiceva molto di più, accarezzandola come un amante interiore. Cacciatori e Guardiani potevano andare entrambi all’inferno, per quanto le importava. Non aveva bisogno di nessuno che la salvasse. Dov’erano tutti i “protettori” quando sua madre era morta? Quando si era trovata costretta ad andare di bordello in bordello nutrendosi della feccia dei Mortali? Nessuno l’aveva aiutata e ora persino Dante le aveva voltato le spalle. Maledetti. Non poteva neanche riprenderselo. Al solo pensiero di vederlo soffrire provava un brivido di euforia.
Udì una voce profonda provenire dal nulla. Figlia.
Thia girò la testa di scatto. «Chi è là?»
Il tuo servizio è necessario. La tua ricompensa sarà qualunque cosa desideri. Questa volta a parlare era stata una voce diversa, non meno oscura dell’altra.
«Chi diavolo è?» urlò Thia nella camera vuota, saltando giù dal letto.
Da ogni angolo della stanza echeggiò una risata.
Noi siamo i Quattro, gli Dei Oscuri che dovrai servire. È ora che tu prenda il tuo posto legittimo nel regno, piccola.
«Io non obbedisco a nessuno.»
Oh, ma noi sappiamo cosa vuoi. Ti aiuteremo a ottenerlo.
«Ah sì? Cosa pensate che voglia?» Okay, doveva aver bevuto troppa lorite. Adesso si era messa a parlare con i muri? Di nuovo udì quella risata provenire dal nulla, da ogni parte.
Tu vuoi Dante morto, e il potere. Noi lo sentiamo.
Thia ridacchiò. «Be’, non ci vuole un genio per capirlo. Voglio vedere morta anche quella puttana. E chi non vorrebbe il potere?»
Questo non è possibile, perché lei è sangue del nostro sangue. Ma possiamo darti Dante. E qualunque altra cosa desideri. Incolumità e potere illimitato.
Thia rifletté un attimo. Sangue del loro sangue? Quindi non era una semplice Mortale? Maledizione. In compenso, potere e incolumità non suonavano affatto male.
«Cosa volete da me?»
Che tu prenda il tuo posto legittimo sul trono. Con il Demone e un’Immortale oscura come te, sarà completo.
«Quale trono?»
La Casa delle Ombre. Adesso è la tua casa. Azrael aspetta la nostra Principessa prescelta. Vai, e porta Ki con te. Ci sarà utile.
«Va bene, come faccio a trovare questo posto?»
Segui le ombre, ti condurranno fin lì.
La porta si aprì e Ki la chiamò. «Tesoro, sono a casa.»
«Posso ucciderlo a un certo punto?» chiese piano.
Le voci risero. Sì, figlia, quando verrà il suo momento.
«Sono qui, caro. E ho una sorpresa per te.»
Lui apparve sulla soglia. «Una sorpresa?»
«Sì, amore, prepara la valigia. Facciamo una gita.» Gli si avvicinò con fare ammiccante e gli leccò il collo, emanando feromoni.
«Ma il mio lavoro…» protestò lui.
«Non preoccuparti, è solo per il week-end. Lasciati un po’ andare, Ki», mentì Thia.
«Okay, bellezza. Come potrei dirti di no? Che tipo di bagaglio devo preparare?»
«Molto leggero», rispose lei ridendo, e andò a prendere il borsone.