Capitolo Uno
Jeon Jungkook.
Jungkook.
Jeongguk.
Spesso faceva fatica a prendere sonno e si metteva così, disteso a letto, a pancia in su, con le braccia dietro la testa e una gamba leggermente alzata. Pensava a quanto suonasse strano il suo nome nella sua testa, quel nome che sua mamma aveva scelto di dargli 21 anni fa quando era venuto al mondo, quel nome che oggi risuona nella bocca di milioni di persone. E se sua madre avesse scelto un nome diverso? E se invece fosse nato destinato a chiamarsi Jungkook solo per poter far parte dei Bangtan? Ultimamente si stava appassionando alle scienze umane e aveva letto un libro riguardo la psicologia del nome, scoprendo che il nome proprio di una persona poteva influenzare diversi aspetti della personalità, della vita, delle decisioni. Ecco perché si chiese come poteva il nome Jeon Jungkook averlo spinto a scegliere di avvicinarsi alla danza e al canto per tentare poi di fare i provini per diventare trainee. E davvero i nomi Kim Namjoon, Kim Seokjin, Min Yoongi, Jung Hoseok, Park Jimin, Kim Taehyung avevano spinto i suoi compagni a fare lo stesso?
Tra di loro c'era un nome su cui la sua mente si soffermava spesso. Un nome che Jungkook aveva provato a far combaciare col proprio usando anche nomignoli e soprannomi, colori, numeri, segni zodiacali.
Vergine e Capricorno.
01/09/1997 e 30/12/1995.
Blue e Rosso.
TaeTae e Kookie.
E così, per l'ennesima notte, si ritrovò a pensare a Taehyung.
Si alzò e raggiunse la scrivania dall'altra parte della camera d'hotel. Accese il piccolo abat-jour, una fioca luce aranciata gli colpì il volto. Recuperò il suo quaderno e una penna e cominciò a scrivere frasi in rima, una melodia si fece strada nella sua testa. Gli veniva così facile e spontaneo trovare l'ispirazione per scrivere testi di canzoni quando pensava a lui, era così facile e spontaneo pensare a lui. Questa era la canzone numero 62. Sessanta due testi, non tutti completi, alcuni sembrano più brevi poesie, altri semplici flussi di coscienza. Era così che Jungkook faceva quando accadeva qualcosa che riguardasse il maggiore, quando gli sorrideva, quando lo abbracciava, quando gli faceva assaggiare il suo cibo, quando durante un concerto si avvicinava e gli prendeva il braccio o il fianco, correva in camera e scriveva prima di dimenticare quelle sensazioni, prima che si affievolisse l'emozione e il brivido.
Aveva scritto anche testi tristi quando era stato preso dallo sconforto, quando pensava che non poteva dichiararsi, quando diceva a sé stesso che Taehyung lo considerava solo come un amico o, peggio, un fratello. Solitamente Jungkook riusciva a rimanere abbastanza tranquillo quando il maggiore passava del tempo insieme agli altri, anche quando frequentava amici al di fuori della band ma nel suo cuore era sempre presenta una punta di gelosia quando guardava come si comportava in compagnia di Jimin. Ma, attenzione, la sua non era gelosia scaturita dalla paura che tra di loro potesse esserci qualcosa di più di una semplice amicizia, derivava più dal fatto che i due avevano un rapporto tremendamente puro, genuino, catalizzante, insieme avrebbero potuto illuminare tutta Seoul. Jimin poteva passeggiare con lui tenendolo per mano o per braccetto, poteva passargli una mano tra i capelli, poteva distendersi su di lui. Era stato proprio Jimin a raccontare a Jungkook che a volte, quando erano nella loro casa a Seoul, capitava che per accelerare i tempi, avendo solo tre bagni e dovendo prepararsi in sette, loro si siano fatti la doccia insieme. E il pensiero di saperli nudi, bagnati, in un luogo ristretto quanto quello del box doccia, gli aveva spezzato il cuore perché mentre Jimin poteva avere accesso anche a quel lato di Taehyung, Jungkook doveva rimanere alla scrivania in una camera d'hotel, con la penna in mano a scrivere parole per lui e a morire per uno sguardo, un semplice tocco, un sorriso.
Era patetico? Forse sì.
All'inizio pensava fosse normale essere attratto da lui, dopotutto era attratto da tutti gli altri membri. Aveva scelto la BigHit come agenzia perché Namjoon gli aveva suggerito di farlo e Jungkook, essendo attratto da lui personalmente e artisticamente parlando, si era fidato. Quei sei ragazzi si erano presi cura di lui, lo avevano cresciuto, avevano temprato il suo carattere, lo avevano seguito, incoraggiato, corretto, elogiato. Il piccolo Jungkook era molto timido, chiuso e insicuro. Aveva 13 anni, si era trasferito a Seoul senza un vero e proprio piano di cosa farsene della sua vita e fu a quel punto che Taehyung era entrato nella sua vita, arrampicandosi con determinazione sulla torre all'intero della quale da tempo il minore si era rinchiuso, aveva preso quel piccolo adolescente fuori controllo e gli aveva dato una strada da percorrere.
Jungkook ricordava perfettamente il primo periodo del debutto. Dovevano esercitarsi molto per essere perfettamente coordinati nelle coreografie, imparare gli esercizi di respirazione per il fiato, imparare a stare sul palco, a usare un microfono, a rispondere alle interviste. E Jungkook era sempre terrorizzato dagli intervistatori. Non erano persone ma detective della polizia che li bombardavano di domande scomode come per scoprire se fossero colpevoli di qualche crimine. Quando gli veniva comunicato che il giorno dopo avrebbero dovuto sostenere un'intervista, la notte non dormiva e Taehyung lo sapeva perché bussava alla sua porta, congiungeva le loro mani e gli diceva "Se domani dovessi trovarti in difficoltà, guarda me. Io sarò lì, sempre al tuo fianco, guardami e io cercherò di rispondere per te quanto mi sarà possibile. Ricordati Kookie che ci siamo dentro insieme." E non lo lasciava finché non crollava addormentato. Da lui aveva imparato a rispondere alle domande, aveva imparato a lasciarsi andare, ad essere più fluido nei discorsi anche sul palco, durante i programmi in cui venivano invitati, nelle trasmissioni radio. Aveva imparato ad essere più confident con sé stesso, con gli altri membri, con le fan, con gli estranei.
Ecco perché pensava fosse normale essere attratto da Taehyung. Era attratto dal suo essere più grande, dal suo voler sempre prendersi cura di lui, voleva prendere e apprendere dal maggiore il più possibile come una spugna.
Era il suo migliore amico.
Finché un giorno, nell'ottobre del 2014...
*flashback*
"Hoseok, è online?"
"Eccolo, si è online!"
"Jimin, Taehyung venite a sedervi qui, dobbiamo guardarci il nuovo music video insieme!"
"Subito, JIMIN-SSI CI SEI?"
"TAEHYUNGIE PERCHE' URLI SONO IN PARTE A TE!"
"Dai dai, premi play!"
Yoongi aveva collegato il suo pc al televisore e si era seduto sulla poltrona del loro soggiorno. Nella poltrona di fronte alla sua si era seduto Seokjin mentre Jungkook, Taehyung, Jimin e Namjoon si erano posizionati sul divano che per fortuna era abbastanza largo da contenerli tutti. Hoseok era in parte al computer, aspettava che tutti fossero attenti per premere play. Avevano cominciato con questa tradizione di non spoilerarsi i nuovi video musicali che avevano girato e di guardarli insieme solo dopo che fossero stati caricati sul canale Youtube. Avevano preso questa decisione per provare, in parte, la stessa eccitazione ed emozione delle loro fan.
"Tutti pronti?"
"Hyung, si ci siamo tutti, vai!"
"OKAY OKAYYYYY!"
Hoseok premette play e corse a posizionarsi seduto a terra di fronte al divano.
Premette play e il loro nuovo video, War of Hormone, comparse sullo schermo.
Stavano commentando quanto la stilista di Jungkook avesse preso una decisione coraggiosa a fargli indossare un maglioncino tutto strappato e quanto avevano dovuto correre dietro alla telecamera per rimanere nell'inquadratura mentre il telecameraman arretrava velocemente. I suoi hyung stavano ridendo di gusto quando si ricordarono che Jungkook aveva dovuto filmare la sua parte troppe volte all'inizio, dopo l'assolo di Namjoon, perché continuava a guardare gli altri che si posizionavano per il coreo del ritornello invece che guardare in camera. Ed è in quel momento che, mentre tutti ridevano, Taehyung comparse sullo schermo, lanciando il chupa-chups a terra e leccandosi il dito prima di cominciare a ballare. Quel gesto, quel portarsi il dito tra le labbra con l'aggiunta dell'occhiolino e la sua voce a riempirgli le orecchie, lo avevano lasciato completamente senza fiato. Jungkook divenne improvvisamente un pezzo di ghiaccio pur sentendo tremendamente caldo in qualsiasi parte del corpo. E Taehyung, nel corso del video, lo fece più volte, l'occhiolino e il dito tra le sue labbra, i capelli chiari pettinati per far sì che sembrassero scompigliati, il giubbotto in pelle. Entrò in un universo parallelo, un universo governato solo dalla presenza scenica di Kim Taehyung e mentre Jungkook era completamente assorto e rapito dalla sua presenza, lui, il vero lui, aveva cominciato a strusciare il suo ginocchio contro quello del più piccolo inconsapevolmente, seguendo il ritmo della canzone. Poi il video finì e in lontananza il manknae sentì la voce di Seokjin chiamarlo e chiedergli a gran voce cosa ne pensasse del video, se gli era piaciuto, perché si era incantato. Jungkook girò il viso lentamente verso il maggiore del gruppo, notò il ginocchio di Taehyung a contatto con il suo e sentì improvvisamente caldo al basso ventre e prima che la situazione potesse degenerare, si alzò di corsa, scappando in bagno e chiudendosi dentro.
Si appoggiò alle piastrelle fredde, gli mancava il respiro. Si passò una mano sulla fronte che grondava di sudore ma sentì una leggera pressione nei pantaloni e abbassando il capo si rese conto che avrebbe dovuto fare i conti con un piccolo grande problemino.
Per minuti interi cercò di convincersi che fosse dovuto all'emozione del nuovo video, era qualcosa di diverso, forse di più esplicito? Ma più ci provava e più nella testa si accavallavano vivide le immagini di Taehyung, il dito bagnato di saliva di Taehyung, la lingua di Taehyung, Taehyung che balla, Taehyung, Taehyung,...
*Fine flashback*
Da quella volta di episodi del genere ne successero ancora. E ad oggi, se ripensava a quei momenti, aveva capito di essere stato proprio cieco, non voleva accettare la realtà. Riuscì ad autoconvincersi di essere semplicemente un adolescente in piena crisi ormonale, era normale avere certi pensieri, aver voglia di provare certe cose. Nei giorni particolarmente difficili ne aveva parlato anche con Namjoon e lui all'inizio aveva riso, dicendogli "OOOH JUNGKOOK-AH finalmente stai diventando grande!!" ma le domande del maknae diventavano sempre più specifiche, le sue curiosità sempre più spinte, le reazioni sempre più esagerate e i dubbi sempre più profondi.
Ci mise due anni.
Esattamente due anni.
Ottobre 2016, uscì il video di Blood, Sweat & Tears. Si ritrovò insieme agli altri, come in un déjà-vu, seduti per terra in una delle grandi stanze dell'agenzia. E di nuovo sentì di cadere in un mondo parallelo quando un Taehyung biondo e con le lenti azzurre comparse sullo schermo ballando e toccandosi il collo, l'addome fino a scendere più in basso. Nella testa di Jungkook vorticavano tutte le immagini di un Taehyung sudato mentre si allenava in palestra per avere delle spalle più solide per fare, a detta sua, più "bella figura" nel music video, senza rendersi conto però che lui faceva bella figura anche solo esistendo.
Quella sera si mise di fronte allo specchio in camera sua, il cuore che batteva a mille, gli occhi quasi colmi di lacrime, le corde vocali che si stringevano perché sapevano meglio di lui che una volta uscite certe parole non sarebbe mai più potuto tornare indietro.
Prese un respiro profondo, si guardò dritto nello specchio, gridò mentalmente di dirlo e finalmente lo ammise prima di tutto a sé stesso.
"Sono gay e sono innamorato di Kim Taehyung."
Scoppiò immediatamente a piangere. Si buttò a terra e pianse per ore, pianse tutte le lacrime che aveva in corpo e quando ebbe finito si alzò e si guardò di nuovo allo specchio. Aveva gli occhi rossi e gonfi, le guance rigate dalle lacrime, i capelli scompigliati ma sorrideva. Certo, avrebbe dovuto imparare a convivere con quella consapevolezza ma almeno era riuscito a togliersi un grosso peso dal petto.
Ancora ricordava che quella notte di due anni prima dormì veramente bene come non gli capitava da molto e con questo pensiero, anche ora decise di spegnere l'abatjour e di distendersi di nuovo nel letto non troppo comodo di quella camera d'hotel. Aveva girovagato fin troppo con la mente, era tempo di riposare. Domani avrebbero avuto un concerto, giornata piena.