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2073 Parole
2Il cacciatore di Ghrome Una volta giunto nei pressi della periferia sud di Golena, Ein, accompagnato da una scorta di guardie reali, si mise alla ricerca del fantomatico personaggio del quale si narrava fosse stato in grado di uccidere un Ghrome con le sue sole forze. Grazie alle informazioni in suo possesso e a quelle raccolte durante il viaggio, il consigliere riuscì a circoscrivere l’area della ricerca, poiché l’uomo, un certo Vindaci, sembrava abitasse in un paesino della periferia sud, precisamente nel villaggio di Melam, la cui particolarità era la totale assenza di strade, dovuta principalmente al fatto che il regno sorgeva quasi per intero su terreno paludoso, il che rendeva praticamente impossibile la costruzione di strade lastricate. Giunto in paese, il consigliere si imbatté in un omone alto e corpulento, che probabilmente raggiungeva i due metri; inoltre era sproporzionatamente muscoloso, con pettorali e bicipiti molto sviluppati al contrario delle gambe, che invece erano lunghe e magre. Aveva una lunga e folta chioma che cadeva sulle spalle e, nonostante la giovane età, i capelli avevano il colore tipico dell’argento, e al sole emettevano riflessi dorati molto particolari. Gli occhi erano grandi e gentili, di colore grigio, con delle caratteristiche screziature verdi. Negli anni, sul suo giovane viso era cresciuta una folta barba, anch’essa grigiastra, della quale l’uomo sembrava andare molto fiero; ma quello che più colpì il consigliere erano le sue spalle, larghe e robuste, e le sue mani, grosse, forti e callose, quasi sproporzionate, frutto di giornate e giornate di lavoro nella fucina di famiglia. Nella mano sinistra teneva un’enorme tenaglia, e nella destra un altrettanto grande maglio, che però riusciva a maneggiare con grande facilità e leggiadria, nonostante le maestose dimensioni. L’uomo si trovava vicino a uno strano manufatto, a pochi passi da una palafitta che faceva da base d’appoggio per un bizzarro edificio, presso l’ingresso del quale troneggiava una grossa insegna recante la scritta: Fucina Vindaci… Voi pensate, noi realizziamo! Il consigliere rimase per qualche attimo perplesso, sia per la strana forma della fucina sia per le altrettanto strane fattezze di quello che sembrava il titolare dell’attività, al punto che un anziano signore, che aveva assistito alla scena e che in quel momento gli era a fianco, vedendone l’espressione sorpresa, si schiarì la voce e disse: «L’aspetto possente di Maurice, a volte, impressiona la gente, ma chi lo conosce bene sa che in fondo non è una cattiva persona; anzi, lui odia i soprusi e le angherie. Per questo capita spesso che si ritrovi immischiato in qualche rissa, e capita anche che in queste risse a volte qualcuno si faccia male… alcuni anche molto male, mentre lui… beh… lui molto raramente». Rassicurato da queste informazioni, non richieste ma sicuramente utili, Ein ringraziò l’anziano passante e si congedò da lui, lasciandoselo alle spalle per avvicinarsi invece alla colossale figura dell’uomo che aveva appena appreso chiamarsi Maurice. A mano a mano che si approssimava all’imponente fabbro, nell’animo del consigliere si faceva sempre più viva la convinzione che fosse proprio quel colosso l’eroe che era riuscito nell’impresa di sconfiggere da solo Adramelech, liberando la zona fuori le mura della periferia da quella spaventosa minaccia. Giunto vicino al fabbro, Ein si rivolse cordialmente: «Mi scusi, è lei il signor Vindaci?» «In persona! Ma mi chiami pure Maurice! Qui tutti mi chiamano così. E questa è la mia fucina, posso forgiarvi ogni genere di attrezzo o di arma. Cosa posso realizzare per lei, signore?» rispose l’uomo, senza distogliere lo sguardo da ciò che stava facendo. «Sono Ein, il consigliere del re, avrei urgente bisogno di parlarle. Ci sarebbe un posto un po’ più spazioso, meno traboccante di pezzi metallici e ferro battuto e, soprattutto, meno pregno di fumi di carbone e olio, dove potremmo stare soli e lontani da orecchie indiscrete?» Non capendo il perché del disagio del consigliere, Maurice per la prima volta alzò lo sguardo e si girò verso di lui, incontrando i suoi occhi. A quel punto, squadrandolo da capo a piedi, ribatté: «Nonostante il suo discutibile modo di chiedere informazioni e il non tanto velato insulto rivolto alla mia amata fucina, sono disposto ad ascoltarla, ma solo perché mi incuriosisce alquanto sapere cosa possa voler da me il consigliere del nostro amato Re». Un po’ in colpa per la sconveniente uscita, e un po’ incuriosito dal lavoro del fabbro, Ein cambiò per un attimo argomento. «Prima, se mi permette, oltre che scusarmi per l’infelice dichiarazione di poc’anzi, vorrei chiederle cosa sarebbe quest’oggetto a cui sta lavorando.» Maurice si volse in direzione della propria creazione e disse, inspirando a pieni polmoni e orgoglioso di sé: «Quella? È una mia invenzione, serve per il trasporto delle persone. Non è molto grande, data la scarsità di materie prime in questa regione, ma per il momento è funzionale: le persone anziane della periferia sud ne fanno già largo uso. «Si tratta» continuò Maurice «di un mezzo di trasporto per le persone di qualunque stazza ed età: è concepito appositamente per il nostro territorio, che è appunto caratterizzato da vaste zone paludose, come peraltro gran parte di tutto il regno. Per questo motivo ho cercato un modo alternativo al trasporto su strada. Vede?» continuò Maurice, indicando dei piloni. «In alcuni punti ho installato dei pali, che ho collegato fra loro grazie ad alcune funi e che, chiuse da anelli, formano una struttura simile a un’impalcatura posta sulla loro cima. Le ho chiamate “stazioni”, o “fermate”. «Le funi di collegamento sono sollevate da terra di alcuni metri e sono guidate da una serie di sostegni intermedi muniti di bracci e pulegge. A ogni braccio ho agganciato una serie di seggiolini da quattro a otto posti posizionati all’interno di una cabina, una ogni cento metri. All’interno della stazione di partenza e di quella di arrivo, ho installato una macchina motrice che lavora per forza di inerzia con le pulegge. Il sistema si è rivelato molto comodo, soprattutto, come poc’anzi le spiegavo, per gli anziani, quando il tempo non è dei migliori.» Molto colpito da cotanto ingegno, Ein, portandosi una mano al mento, rifletté ad alta voce: «Molto interessante! Si potrebbe pensare a una rete di stazioni che possa collegare tutti i villaggi del Regno! Ma di questo riparleremo sicuramente; quel che mi preme di più al momento è tornare al motivo principale per cui mi trovo qui. Il nostro sovrano vorrebbe proporle un incarico, dato che lei, come dire, è da poco diventato popolare per aver ucciso Adramelech…» Ein non fece in tempo a finire la frase, che Maurice lo interruppe piuttosto bruscamente e, con una punta di amarezza, esclamò: «Consigliere! Allora lei non sta cercando me, ma mio fratello J.B.!» «Fratello?» esclamò Ein alzando un sopracciglio in segno di riflessione, mentre nella sua testa si stava facendo largo un pensiero: Possibile che io sia così dannatamente fortunato da trovare in un colpo solo sia colui che costruirà il mezzo di trasporto sia il comandante della spedizione? Se così fosse, spero che Saulè risplenda sempre sul mio cammino. E dire che Golena e i suoi abitanti non dovrebbero avere segreti, per me! Richiamato a gran voce da Maurice, in pochi minuti fece la sua apparizione un uomo, anche lui sulla ventina, abbastanza alto, sebbene di statura decisamente inferiore a quella del fratello, con capelli corti e scuri, e con la mascella ornata da una barba ispida e incolta. Fisicamente era più che robusto, e la parte del corpo scoperta dalla maglia di colore verde a forma di V lasciava intravvedere numerose cicatrici che sembravano avere le più disparate origini. Una cosa che colpì molto il consigliere fu il ciondolo di moissanite che portava al collo, su cui era inciso un simbolo: tre mezzelune intrecciate e la scritta Kokha. Non solo il ciondolo attirò l’attenzione del consigliere: anche i segni che J.B. presentava sul corpo colpirono non poco Ein che, senza rendersene conto, mormorò a voce alta: «Ma come si sarà procurato tutte quelle cicatrici?». Ci fu un attimo di silenzio dopo le parole di Ein, silenzio che venne rotto da una voce conosciuta: era quella dell’anziano passante che, invece di allontanarsi, si era avvicinato e, con curiosità e discrezione, aveva ascoltato tutta la conversazione. Fu lui a rispondere: «Come quasi tutti in questo regno, e credo che non sbaglierei, se mi allargassi all’intero pianeta, anche lui ha dovuto imparare a usare al meglio le proprie abilità. A volte, la natura è crudele, e devi diventare più forte e migliorarti, se vuoi vivere. J.B. ha dovuto imparare questa lezione fin da piccolo e sulla sua pelle, passando attraverso molti sacrifici e superando molte dure prove, povero ragazzo.» «J.B., ti presento il consigliere» riprese Maurice indicando Ein, sorvolando sulle parole del vecchio e rimanendo stupito dal non ricordare il nome dell›emissario del re. «Consigliere, mi perdoni, ma non ricordo il suo nome!» disse piuttosto imbarazzato. «Ein Aishèng!» lo aiutò J.B., per poi rivolgersi direttamente al Consigliere. «Perdoni mio fratello, consigliere, ma le uniche cose importanti nella sua vita sono le sue invenzioni e la nostra fucina. Quel che gli accade attorno, beh, non ha molto peso, per lui» disse J.B. pulendosi le mani con uno straccio. «Sempre gentile, J.B.! E poi senti chi parla!» esclamò Maurice abbastanza stizzito, per poi continuare, piuttosto irritato, additandolo con l’indice e scuotendo la testa contrariato. «Non che a te importi molto altro, se non di vantarti della tua impresa!» «Comunque, cosa la porta nel nostro piccolo villaggio alla periferia del regno? Cosa possiamo fare per voi?» tagliò corto J.B rivolgendosi nuovamente a Ein. A quel punto, Maurice rientrò prepotentemente nel discorso: «Oh! Come se tu non lo immaginassi, caro fratellino! Come stavo dicendo prima, è da giorni che non fai altro che vantarti di come tu abbia ucciso Adramelech e ne abbia trascinato qui il corpo. Le voci girano e, a quanto pare, sono giunte anche a palazzo; pertanto non ci vuole un mago per capire che il consigliere è venuto qui per vedere se le voci corrispondono al vero!». «In realtà» interruppe il battibecco il consigliere «oltre a questo, sono venuto per convocarla a palazzo dal nostro sovrano, poiché è il re che vorrebbe parlarle; ovviamente, prima mi dovrò accertare che la storia del combattimento con Adramelech sia vera e che non si tratti, invece, di una storiella inventata di sana pianta! Come dice suo fratello, l’aver eliminato uno dei sei Ghrome che infestano questa porzione di pianeta non è affare di poco conto, ma un’impresa degna di un grande condottiero; e le voci, come può immaginare, corrono veloci e talvolta ingigantiscono la realtà!» I due fratelli Vindaci, a quel punto, interrotto il loro battibecco, accompagnarono sul retro della palafitta il consigliere, il quale poté vedere con i suoi occhi, non senza sgomento, il corpo ormai senza vita del famigerato Adramelech. Era stato appeso dai due fratelli a due rami intrecciati, come un trofeo, e a mano a mano che si avvicinava a esso, l’espressione del consigliere si fece sempre più stupita e inquieta. Il mostro, a occhio e croce, doveva essere stato alto più di due metri; il corpo era antropomorfo e molto muscoloso, ma ciò che colpì maggiormente Ein era la parte più raccapricciante che caratterizzava quella creatura, e cioè la testa taurina, simile a quella di un bue, che, assieme alla coda, paragonabile a quella di un pavone, davano alla creatura un aspetto grottesco ma allo stesso tempo inquietante. Il corpo era martoriato e pieno di ferite, e in parte sembrava essere stato schiacciato da qualcosa di molto pesante. Forse un masso! pensò Ein. Lo spettacolo non era certo dei migliori: per questo motivo, il consigliere fece molta fatica a trattenere i conati di vomito, ma nonostante la forte nausea, si avvicinò ulteriormente al corpo per accertarsi che fosse davvero Adramelech. Ormai convinto della veridicità della vicenda, si convinse anche che un uomo che possedesse una tale forza potesse anche essere in grado di attraversare il pianeta, nonostante i numerosi pericoli presenti, senza correre troppi rischi. Fu così che, alla fine, Ein convocò ufficialmente i due fratelli Vindaci a corte, dinnanzi al sovrano. J.B. fu presentato come l’eroe che era stato capace di uccidere Adramelech, nonché futuro condottiero della prossima missione che gli sarebbe stata affidata, mentre Maurice come il prezioso inventore di un innovativo sistema di trasporto che avrebbe fatto molto comodo, in futuro, a tutto il regno, nonché come il costruttore del veicolo che avrebbe facilitato di molto l’impresa.
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