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2207 Parole
Il re fece una breve pausa, notando gli sguardi confusi e un po’ increduli dei due Vindaci, finché riprese il discorso che aveva interrotto. «Vedo dalle vostre espressioni che siete un po’ disorientati. Posso capire che a voi la cosa possa sembrare alquanto strana, ma la verità è che, oltre al nostro regno, ne esistono almeno altri cinque, con i quali riusciamo a tenerci in contatto e a comunicare grazie ai…» «… Ai rondonicodaspinosa che voi e i nobili dei regni utilizzate per commerciare i beni di lusso e comunicare con i reali e le alte cariche degli altri regni.» Era stato Maurice, con entusiasmo e senza pensarci, a interrompere il re. Al che, il fratello lo zittì con una gomitata al fianco e lo ammonì con un’occhiataccia, permettendo al re di continuare il suo discorso. Il sovrano rimase non poco stupito che alcuni suoi sudditi fossero a conoscenza di queste informazioni, che pensava fossero almeno in parte riservate a una stretta cerchia di suoi collaboratori e dignitari; ma proseguì: «Nella lettera, veniamo invitati a intensificare i rapporti economici portando ingenti quantità dei nostri beni più abbondanti nei vari regni – per esempio, nel nostro caso, il riso – e ritirando le medesime quantità dei beni più abbondanti degli altri regni. Il progetto, che per vostra conoscenza è stato denominato O.M.C. – è l’acronimo di Organizzazione Mondiale del Commercio – ha comunque diverse insidie. In primo luogo, bisogna tener conto che i territori al di là dei confini del nostro regno sono infestati da quelle orribili creature chiamate Ghrome, ed è qui che vorrei entrassi in gioco tu, J.B. Infatti, per poter riuscire ad attraversare queste zone senza incorrere nella perdita del carico e dell’equipaggio, serve che almeno una parte di esso sia in grado di affrontare e respingere gli attacchi di questi mostri. Solo in questo modo potremo assicurarci che le merci giungano a destinazione. In secondo luogo, dato che tra i regni non esistono veri e propri collegamenti, serve un mezzo di trasporto che ci permetta di attraversare tutte le aree del pianeta e che possa muoversi su ogni tipo di terreno, anche quelli che apparentemente sembrerebbero impraticabili; e da quello che mi ha detto il mio fido consigliere, caro Maurice, tu saresti la persona giusta per risolvere questo problema. Ecco, dunque, il motivo della vostra convocazione. Voglio che facciate parte dell’equipaggio, e precisamente voglio che tu, J.B., sia il comandante della spedizione, mentre tu, Maurice, sarai il meccanico e il conducente!» Appena il re terminò il suo discorso, i due fratelli si scambiarono una fugace occhiata d’intesa e annuirono entrambi nello stesso istante. Dopodiché, J.B. prese la parola: «Mio signore, siamo lusingati dalla vostra proposta e la accettiamo con entusiasmo. Non chiediamo molto, già avere l’opportunità di esplorare le terre oltre Golena per noi è un sogno che si avvera; tuttavia, abbiamo alcune condizioni da porle affinché la nostra missione abbia più probabilità di successo. Per prima cosa, vorremmo che l’equipaggio fosse scelto da noi; inoltre, in quanto comandante, una volta fuori dai confini di Golena, vorrei essere io a prendere qualsiasi decisione in accordo con mio fratello!». «E secondo…» aggiunse Maurice «per quanto riguarda la costruzione del mezzo di trasporto, avrò bisogno di utilizzare la fucina reale, poiché per un progetto di tale portata la mia fucina non è attrezzata. Inoltre, avrò bisogno che mi venga fornito tutto il materiale che io reputerò necessario, dalle attrezzature alle materie prime. Nella mia fucina, ho dato vita a molte delle mie invenzioni, ma altrettante non ho potuto realizzarle. Ho sentito parlare bene della fucina reale, si dice che sia all’avanguardia e, se questo corrisponde al vero, con le tecnologie che vostra maestà mi metterà a disposizione, sono certo che riuscirò a realizzare un certo mio progetto riguardante un particolare mezzo di trasporto, che io reputo sia in grado di farci attraversare l’intero globo. Ma a questo proposito, avrei l’ultima richiesta da farvi, mio signore: vorrei che io fossi l’unico autorizzato a entrare nella fucina. Quello che voglio dire è che all’interno della fucina vorrei lavorarci io e io soltanto, non voglio nessun’altro, né mio fratello né aiutanti; questi ultimi potranno essermi utili soltanto a rifornirmi delle materie prime e delle attrezzature che richiederò, alla condizione che si crei un piccolo deposito presso l’ingresso della fucina, dove i materiali verranno stoccati.» «Accettate le nostre condizioni, Sire?» esclamarono insieme i Vindaci. A quest’ultima frase, l’espressione dapprima pensierosa di Re Daugì divenne quasi di compiacimento visto l’entusiasmo dei due giovani, tanto che dichiarò: «Siamo d’accordo!! Acconsentirò a queste vostre condizioni, a patto che voi accettiate che al vostro seguito venga una persona di mia fiducia, cosicché possa essere informato, giorno per giorno, sui progressi della spedizione!». A queste parole, i due fratelli si scambiarono un’occhiata complice di approvazione, e ancora all’unisono esclamarono: «Accettiamo!». A questo punto, fu il turno della principessa, che prese parola, smettendo finalmente di fissare pensierosa il ciondolo portato al collo da J.B. e incrociando lo sguardo del sovrano: «Padre mio, mi offro io come persona di fiducia per accompagnare i fratelli Vindaci nel loro viaggio». Tutti i presenti rimasero di stucco alla dichiarazione della principessa; soltanto il re, spalancando gli occhi, con tono minaccioso e che non ammetteva repliche la zittì: «Charlotte! Non se ne parla. È troppo pericoloso! Il posto di una principessa è a palazzo: potrai rimanere comodamente in biblioteca dove ami passare il tuo tempo, ma non permetterò che la mia unica figlia rischi incoscientemente la vita! Ho già prematuramente perso tua madre per dei capricci del genere, e non ho alcuna intenzione di seppellire anche te!». Terminata la sfuriata del padre, la principessa Charlotte si alzò in piedi e, con un’espressione tra lo stizzito e il ferito, si diresse verso le sue stanze, non prima, però, di aver replicato al genitore: «Non è giusto, padre! Chi meglio di vostra figlia può essere considerata una persona di fiducia?». In camera, la ragazza scoppiò in lacrime. La povera Charlotte era afflitta per quella che sembrava una scarsa dimostrazione di fiducia e, soprattutto, era frustrata dal fatto di essere rimasta con un sacco di domande senza risposta. Il re lasciò uscire la principessa scuotendo la testa con un’espressione quasi rassegnata, per quello che a suo parere era solo un capriccio della figlia; dopodiché congedò i due fratelli lasciando a Ein il compito di perfezionare gli ultimi dettagli per i preparativi della missione. Il consigliere accompagnò J.B. e Maurice lungo il tragitto che dal palazzo portava alla fucina reale. Camminando lungo il percorso, Ein avanzò l’ipotesi di poter aiutare i Vindaci nell’arruolamento dell’equipaggio, infatti egli vantava una vasta conoscenza riguardo gran parte degli abitanti di Golena, e avrebbe voluto mettere a disposizione dei due fratelli queste sue informazioni, convinto che avrebbero potuto essere molto utili al fine di scegliere i giusti uomini. J.B. e Maurice decisero di prendere in considerazione i suoi suggerimenti, soprattutto per il reclutamento di chi sarebbe dovuto diventare l’esploratore dell’equipaggio. Il consigliere suggerì ai Vindaci di recarsi al confine est del regno nel villaggio di Sabrosa, dove viveva un uomo che si diceva possedere delle particolari abilità, sia nel trovare ciò che cercava sia in qualsiasi tipo di fuga. Egli, infatti, spesso e volentieri riusciva a eludere la sorveglianza delle guardie delle mura esterne, uscendo indisturbato dai confini del regno e riuscendo a esplorare vaste aree al di fuori delle mura. Il suo nome era Marcus Cesar Sentop. Ein conosceva molto bene la storia di Sentop, poiché proveniva anche lui dallo stesso villaggio alla periferia Est del regno, il borgo di Sabrosa. Ein era molto affezionato al suo paese natale e, appena ne aveva l’occasione, tornava a trascorrervi brevi periodi, che sfruttava per andare a trovare le persone che conosceva; tra le quali, appunto, Sentop. Il consigliere raccontò con trasporto ai due fratelli la storia di Sentop. «Marcus nacque da una famiglia aristocratica decaduta di Sabrosa. Suo padre, Pedro Rui, si sposò con Alda, l’allora sindaco del villaggio. Purtroppo, all’età di dieci anni, Marcus perse i genitori, i quali, per motivi che ancora oggi non sono stati chiariti, si erano avventurati al di fuori delle mura di Golena. Questa imprudenza costò loro molto caro, infatti finirono per perdersi tra le foreste, dove si imbatterono in Ammut, il Ghrome che vive tutt’ora tra quell’impenetrabile groviglio di alberi e rampicanti. Da quel poco che si è potuto ricostruire, pare che addirittura l’obbrobrio si cibò di loro. Dovete sapere che il piccolo Marcus rimase talmente traumatizzato da questa perdita, che non volle essere adottato da nessuno, nemmeno dai parenti più stretti, e fuggì nei fitti boschi ai confini di Sabrosa. Rimasto orfano e solo, per riuscire a sopravvivere si specializzò nelle più svariate tecniche di ricerca, e divenne famoso come trova-tutto, come lui stesso ama definirsi. Egli è infatti in grado di trovare qualsiasi tipo di oggetto: dai gioielli agli attrezzi, alle erbe per le cure mediche. In particolare, per queste ultime più volte si è spinto al di fuori delle mura esterne, come fecero i suoi genitori, ma al contrario di loro ha sempre fatto ritorno. E se devo essere sincero, prima di sentir parlare della tua impresa, J.B., per quelle che sono le mie informazioni, è sempre stato l’unico capace di uscire e rientrare dalle mura indenne. Oltretutto, nonostante la sua tragica infanzia e il suo modo di vivere da eremita, che farebbe pensare che Marcus sia una persona scontrosa e poco socievole, è davvero molto simpatico e scanzonato, allegro e spiritoso, e spesso si diverte a intrattenere le persone con enigmi e indovinelli. Per questi motivi, secondo me, potrebbe esservi molto utile nell’esplorazione delle terre in cui vi avventurerete, e di sicuro avrete un compagno corretto, fedele e anche simpatico, il che non guasta mai.» Ein pronunciò queste ultime parole proprio quando ebbero nuovamente attraversato il giardino reale, giungendo di fronte al portone d’ingresso della fucina. Fu a questo punto che i due fratelli si divisero: J.B. salutò Maurice ed Ein e, come suggerito dal consigliere, si recò a Sabrosa per parlare con Sentop ed eventualmente reclutarlo nel suo nascente equipaggio, promettendo loro di far ritorno entro un paio di settimane. E non avrebbe potuto impiegarci di più, poiché, in fondo, avevano solamente tre mesi di tempo prima della partenza. Inoltre, avevano stabilito che l’equipaggio fosse formato da non più di sei persone: due posti erano già stati assegnati, ne rimanevano quattro. J.B. si sarebbe occupato del reclutamento e Maurice avrebbe passato i successivi mesi alla creazione di quella che per lui sarebbe diventata la più importante invenzione della sua vita. E per poter fare tutto questo, tre mesi erano un lasso di tempo un po’ ristretto. Ein, congedatosi da J.B., entrò con Maurice all’interno della fucina. Una volta entrati, l’espressione di Maurice tradì tutto il suo stupore: il locale era completamente diverso da come se l’era immaginato. Maurice aveva creduto di trovare numerosi fabbri al lavoro e le pareti ricoperte di disegni tecnici e progetti di invenzioni meccaniche; magari parti di macchine da assemblare o in attesa di essere terminate; e il rumore, credeva che avrebbe sentito gli assordanti colpi di maglio per battere il ferro, le punzonatrici all’opera con i loro tonfi violenti, le seghe per l’acciaio in funzione, le saldatrici, il tutto condito da scintille ovunque, fumo e odore di carbone arroventato. E invece nulla di tutto ciò, non vi erano operai in fermento che lavoravano i metalli o che scaricavano sacchi di carbone per alimentare i forni, la fucina era deserta e incredibilmente silenziosa; vi erano parecchi macchinari all’avanguardia, ma tutti coperti da teloni impolverati e, se non fosse stato per quei macchinari praticamente nuovi, Maurice avrebbe pensato che la fucina non fosse più in funzione da parecchi decenni. Il corpulento fabbro chiese lumi a Ein per quanto riguardava il funzionamento di alcuni di quei macchinari, ma quest’ultimo rispose dapprima con un’alzata di spalle, e poi gli raccontò che la fucina era in disuso da qualche anno, quasi una decina, e che l’ultimo e unico fabbro e inventore che avesse lavorato in quel luogo era stato un suo caro amico, che saltuariamente si presentava a palazzo; ed era la stessa persona che aveva progettato i giardini reali e quelli della città alta, nonché i loro sofisticati sistemi di irrigazione e drenaggio delle acque, che avevano permesso la crescita di prati lussureggianti impedendo la formazione di zone paludose. Detto questo, Ein indicò un piccolo laboratorio in un angolo del grande locale, dove rivelò a Maurice di aver visto il precedente fabbro riportare su un quaderno i progetti delle sue invenzioni più importanti, molte delle quali essenziali per lo sviluppo di tutto il regno di Golena. Infine, il consigliere, prima di congedarsi anche da Maurice, promise che gli avrebbe messo a disposizione degli aiutanti in grado di esaudire tutte le sue richieste. Maurice non perse tempo e, dopo aver curiosato un po’ in giro, entrò deciso all’interno del piccolo laboratorio e si mise subito al lavoro, non prima di aver dato una rapida occhiata agli appunti del suo predecessore. Allontanandosi dalla fucina con sguardo pensieroso ma rilassato, osservando il cielo limpido, Ein pensò: Oleandro, il tuo laboratorio non poteva essere in mani migliori. Spero che entrambi i tuoi nipoti siano all’altezza del compito che è stato loro affidato.
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