Un jolly in tasca

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Trafiletto

L’ex Berretto Verde delle Forze Speciali, Sacha Wilder, detto Joker, è davvero bravo a distruggere le cose. Come membro silenzioso della Four Kings Security, passa le sue giornate a lavorare al fianco dei commilitoni e del suo cane, Chip, un belga Malinois testa dura addestrato a localizzare esplosivi. Anni di esperienza in ambito militare e privato hanno reso Joker pronto a praticamente qualunque cosa, tranne l’attrazione che è esplosa tra lui e Giovanni Galanos.Quando l’uomo torna dai suoi viaggi all’estero, ammalia tutti con il suo aspetto da affascinante filantropo miliardario, però Joker sa che non è tutto oro quello che luccica. Gio nasconde qualcosa, ma più tempo Joker trascorre con lui, più la sua armatura inizia a frantumarsi, lasciandolo esposto e a rischio di perdere il suo cuore, cosa che si era promesso non sarebbe mai accaduta.L’amore è per i perdenti, e lui non lo è.Per anni, Gio ha dedicato la sua vita alle opere di beneficienza e ad aiutare le persone in giro per il mondo. Ma quando le cose si mettono molto male durante un viaggio, decide che è arrivato il momento di tornare a casa per sempre. Il desiderio di mettere su famiglia e di un certo ex Berretto Verde con un gran brutto carattere rende Gio impaziente di ricominciare a vivere negli States. Per quanto Joker continui a fare lo spaccone e a lamentarsi, nessun altro lo fa sentire così al sicuro.Se solo vedesse che sono perfetti insieme.Il pericolo però trama nell’ombra: qualcuno ha preso di mira Gio, e dei segreti stanno per essere rivelati. Se Gio e Joker vogliono avere un futuro insieme, dovranno affrontare verità difficili da accettare, perché quando c’è in ballo l’amore, non basta avere un jolly in tasca per sistemare tutto.

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Capitolo 1-1
1 Merda. Joker si bloccò. Non aveva mai affrontato un pericolo del genere, nemmeno nelle Forze Speciali. Nel corso della sua carriera aveva combattuto di tutto, da terroristi a malvagi signori della guerra, più un sacco di altre cose, ma non aveva mai incontrato niente del genere. Per fortuna non l’avevano visto. Poteva ancora filarsela. All’inizio del turno aveva memorizzato dove si trovavano le uscite, quindi valutò rapidamente le sue opzioni. Il backstage era fuori questione. Poteva nascondersi dietro l’attrezzatura per il suono, oppure… «Ehi!» Cazzo. Cinque uomini si diressero verso di lui, ognuno più terrificante dell’altro. Avrebbe potuto affrontarli uno alla volta, ma insieme? Non aveva nessuna possibilità. Perlomeno non era solo. Giusto! Aveva un’arma pelosa di distrazione di massa. «Sei stato addestrato per questo, bello,» disse a Chip, grattandolo dietro le enormi orecchie a punta. Il cane lo guardò sospettoso, e lui scoppiò a ridere. «Sì, hai ragione. Meglio te che me. Preparati. Arrivano.» La Banda dei Ragazzi. Cosa avevano in comune un miliardario, un parrucchiere, un cowboy, un genio del computer e un fotografo di moda? Avevano tutti una relazione, o erano sposati, nel caso di Colton, con uno dei suoi commilitoni. Ma non era quella la parte spaventosa. Oh, no. Perché ognuno dei suddetti commilitoni era innamorato da far schifo e aveva una relazione monogama e seria, mentre lui non era, e non sarebbe mai stato, un perdente innamorato. Quindi, la Banda dei Ragazzi aveva deciso che Joker doveva essere una specie di cucciolo abbandonato e bisognoso di affetto, cibo e coccole. D’accordo, non era così male. E poi ora poteva approfittarsi della situazione e far diventare matti i suoi amici. Se Colton voleva dargli da mangiare, Fitz abbracciarlo e sistemargli i capelli e Laz presentargli modelli bellissimi, perché rifiutare dei gesti così sinceri? Leo gli forniva una scorta infinita di snack per trovare il suo preferito, e allora? Cosa doveva fare, spezzargli quel cuoricino delicato? E Mason, beh, lui era divertente da prendere per il culo. La cosa peggiore, però, era quando i membri della Banda decidevano qualcosa all’unanimità, o quando qualcuno, da vero stupido, li faceva incazzare. Il capo era il miliardario Colton Connolly. Il responsabile di tutto. Da quando era entrato nelle loro vite e Ace, amico di Joker, si era innamorato di lui, tutti gli altri erano caduti a uno a uno come sdolcinate tessere del domino, con occhi a cuore e pantaloni gonfi come tende da campeggio. Che vergogna. Senza alcun controllo. Anche il loro capo, King, il grande gigante irascibile che aveva sempre considerato troppo furbo per essere fregato dall’amore, si era preso una cotta per un bel nerd che era un mostro con i computer. Cosa stava succedendo? Quando erano nell’esercito aveva visto un cazzo di edificio cadere addosso a King, che se l’era cavata con qualche botta e graffio. Poi si era innamorato di Leo e bam! Un attimo dopo, aveva iniziato a preparargli biscottini a forma di pesce. Con gli zuccherini. Zuccherini. «Va’ e stendili,» mormorò Joker a Chip. Il cane abbaiò e corse via saltellando come un enorme coniglio nero, e scodinzolando così forte che sembrava che il sedere potesse cadergli da un momento all’altro. Era una mossa infallibile. La Banda dei Ragazzi si trasformò in un mucchio di idioti balbettanti che riempivano di moine e coccole Chip, il quale si godeva le attenzioni come i suoi bocconcini preferiti, quelli di salmone essiccato. Joker li capiva. Erano quelle orecchie da belga Malinois. Impossibile resistere. Fitz alzò lo sguardo, e lui sospirò. Certo. Andava sempre così. Maledizione. «D’accordo,» mugugnò, e gli fece segno di avvicinarsi. Con una risata, Fitz gli scivolò vicino, perché era alto e sinuoso come una stella di Hollywood, quindi non camminava, ma fluttuava. Lo prese tra le braccia e lo strinse forte e, a causa della differenza di statura, Joker si ritrovò il viso spiaccicato contro il petto del parrucchiere. Perché i suoi commilitoni non si mettevano mai con tizi che non fossero dei giganti? Anche Leo era più alto di lui. Dannati stronzi spilungoni. Sentì qualcosa nell’auricolare e fece un sorriso malvagio. Avvolse le braccia intorno a Fitz ed emise un basso mormorio nell’ascoltare la voce di Jack. «Ehi, le telecamere sono accese. Dove sei?» Fece un altro verso divertito. «Al centro del palco, a palpare il tuo ragazzo.» Silenzio. Poi Jack domandò: «Cosa?» Fitz ridacchiò. «Che cattivone.» «Al centro del palco,» ripeté Joker. Un attimo… «Se gli avvicini le mani al culo, anche solo di un centimetro, ti aprirò profili su tutte le app per appuntamenti del Paese,» sibilò Jack. «Mollalo.» «Ma è così caldo,» mormorò lui. Chiuse gli occhi e fece un sorriso felice. Il ringhio nell’auricolare gli provocò una risata, e lasciò andare Fitz. «Il tuo ragazzo sta diventando un uomo delle caverne per la gelosia.» L’altro si girò verso la videocamera più vicina e soffiò un bacio. Joker sentì all’orecchio un sospiro davvero ridicolo. Già, perdente totale. Scosse la testa per la vergogna. Però il suo migliore amico e compagno di birichinate era sempre stato uno sdolcinato. «Sì, goditi il tuo cinismo finché puoi,» disse Jack. «Uno di questi giorni, quando meno te l’aspetti, ti beccherai una cotta così forte da farti venire il colpo della strega.» Joker alzò il dito medio verso la videocamera. «Rimangiatelo, stronzo!» «Col cavolo. E quando succederà, sarò lì a ridere come uno scemo e godermi ogni momento.» «Basta. Il tuo stato da migliore amico è revocato. D’ora in poi, al tuo posto ci sarà Ace.» «Evvai!» urlò Ace nell’auricolare. «Devo preparare delle magliette personalizzate?» Lui si strinse l’attaccatura del naso. «Lasciamo perdere. Jack, sei di nuovo tu il mio migliore amico.» «Oh, no!» Potevano quasi sentire Ace che metteva il muso. «Ma le magliette le preparo lo stesso. Sulla mia faccio scrivere “Dite ciao al mio piccolo amico”, mentre la tua…» Joker gemette. «Non dirlo.» «“Piccolo amico”.» Tutti gli altri collegati via auricolare scoppiarono a ridere, e Joker fece loro un altro dito medio. «Stronzi.» Non si sarebbe fatto fregare dall’amore come loro. Manco morto. Qualcuno attraversò la pesante tenda nera del palco e si diresse verso Chip. Proprio lui. Il cuore iniziò a battergli più forte, e sussurrò a Fitz: «Che ci fa lui qui?» E insieme alla Banda dei Ragazzi? D’accordo, era il migliore amico di Colton e il fratello di Laz, ma non era un Ragazzo. Dopotutto, ormai i Berretti Verdi erano finiti. Beh, tranne lui, e no, non ci sarebbe mai cascato. Col cazzo. Non si sarebbe innamorato di Giovanni Galanos anche se fosse stata l’ultima persona sulla Terra. Fitz seguì il suo sguardo furioso. «Oh, è stato Gio a farci avere i biglietti per il concerto e i pass per il backstage. Non lo sai che lui e Nia si conoscono bene?» «Ma certo,» mugugnò Joker. Gio era un cazzo di santo. Adorato dai media, filantropo, miliardario, amico di una delle più famose popstar del mondo. E quanto era “profonda” l’amicizia con la bellissima cantante? Non che gliene fregasse qualcosa. Non erano affari suoi. Lui era lì per lavoro. L’arena, una delle più capienti di tutta la Florida, aveva chiesto aiuto ai Kings per gestire la sicurezza di uno dei più grandi concerti mai avvenuti in decine di anni. I biglietti erano andati esauriti in pochi minuti. Quella sera ci sarebbero stati più di venticinquemila spettatori, quindi non sarebbero stati gli unici a garantire la sicurezza. Loro dovevano occuparsi dell’interno dell’arena e proteggere gli aiutanti di Nia intenti a preparare il necessario. Un’altra compagnia avrebbe gestito la sicurezza durante il concerto, mentre la cantante sarebbe rimasta sotto la protezione della propria scorta. Con così tanti gruppi diversi in un posto solo c’erano grossi rischi di far cazzate, quindi Joker era felice che King fosse a capo di tutto. Se qualcuno avesse provato a creare problemi con lui o la sua squadra, sarebbe bastata un’occhiata per farlo scappare a gambe levate a cercare la mamma. Ormai preparava i biscotti al suo compagno, ma in passato era stato il secondo in comando della loro unità. Nessuno era così stupido da far incazzare Ward Kingston o da non pentirsene subito molto amaramente. «Non sono mai stato in un’arena prima del concerto,» commentò Fitz, osservando le impalcature, le attrezzature sparse qua e là e diversi pezzi di macchinari. Joker si strinse nelle spalle. Ormai erano anni che lavorava nella sicurezza per eventi. Gli era tutto familiare. «Adesso non è niente di che, ma tra tipo sei ore sarà davvero figo. A proposito, che ci fate qui così presto?» Lui era lì già da diverse ore, ma l’ultima cosa che gli serviva era avere Gio tra i piedi. Se avesse saputo che si sarebbe fatto vivo, non si sarebbe offerto volontario per un cazzo di turno da dodici ore. Con concerti come quello, poteva accumulare abbastanza straordinari da prendersi un paio di giorni liberi, dopo. «Finito il tour del backstage, andiamo tutti a cena in un ristorante VIP, poi Nia deve tornare per il concerto.» Joker aggrottò la fronte. Una cena per chissà quante persone con una delle cantanti più fighe del pianeta? Un vero incubo logistico. «Di chi è stata quest’idea geniale?» «Del manager di Nia. Lei voleva cenare in privato con noi, ma lui non ha voluto giocarsi un’occasione mediatica così ghiotta.» Gio scoppiò a ridere, e Joker per istinto si girò verso di lui. «Occasione mediatica?» Si costrinse a riportare lo sguardo su Fitz, che gli fece l’occhiolino. «Non lo sai?» «Cosa?» «È stato Gio a far diventare famosa Nia. Ogni tanto torna in Grecia a visitare il paesino dove è nata sua madre.» Fitz mosse una mano. «Allora, era in un piccolo paese in Grecia, qualche anno fa. Non ricordo il nome, solo quanto fosse triste sentire Gio descriverne la povertà. Una storia incredibile. Ma dovrai chiedere a lui di raccontartela, una volta o l’altra.» Poco probabile. Joker non lo disse, però Fitz sollevò gli occhi al cielo come se sapesse quello che stava pensando. Da quando l’altro aveva iniziato a uscire con Jack, avevano avuto modo di conoscersi bene. Se una cosa riguardava Gio, lui non ne voleva sapere niente. Quel tipo poteva anche affascinare tutti quanti, ma non lui. Se sembrava troppo bello per essere vero, era di sicuro falso. Nessuno poteva essere perfetto. Non c’era uomo che potesse essere magnifico sia dentro che fuori, sia miliardario che santo. Gio nascondeva qualcosa. Quasi potesse sentirlo, l’uomo si girò e gli fece un gran sorriso che gli illuminò gli occhi e gli formò delle piccole rughe, perché cazzo, non smetteva mai di sorridere. Chi cavolo lo faceva tutto il tempo? Un ricciolo scuro gli cadeva maliziosamente sulla fronte e il resto dei capelli era in disordine. Succedeva ogni volta che se li faceva crescere un po’ troppo. Ma Joker non faceva attenzione a roba del genere. Come sempre, l’aspetto di Gio era impeccabile, dalle scarpe di marca, ai pantaloni eleganti grigio scuro, fino alla giacca nera e attillata. La carnagione olivastra, dovuta alle sue origini greche, non era perfetta come quella dei molti modelli super sexy che Joker si era scopato negli ultimi mesi, anche se di sicuro non era il tipo da prestare attenzione alle leggere lentiggini o alle piccole imperfezioni sul viso dell’altro, o al fatto che avesse il labbro superiore più carnoso di quello inferiore. Doveva aver emesso qualche suono, perché Fitz gli punzecchiò il fianco. «Cosa c’è?» ringhiò Joker. «Comportati bene,» ribatté l’altro. Lui inarcò un sopracciglio, facendolo scoppiare a ridere. «Non so di che stai parlando. Cazzo, sono l’incarnazione delle buone maniere.» Mason e Lucky arrivarono appena in tempo per sentirlo pronunciare quella frase. Il primo alzò la testa e fece una gran risata. «Che c’è di divertente, cowboy?» «Niente,» ribatté l’uomo con il suo forte accento texano. «È solo che, quando c’è Gio, hai questa abitudine di appoggiare il culo sugli speroni.» Mason e i suoi stramaledetti modi di dire. «Non so cosa significhi, ma questa è la risposta.» Joker gli fece il dito medio e il cowboy scoppiò di nuovo a ridere. «E comunque, che cavolo ci fai qui? Pensavo ascoltassi solo quella merda di country.»

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