CAPITOLO VENTESIMO-1

2016 Parole
CAPITOLO VENTESIMOIl bambino stava per arrivare. Tutte le mattine lei si sentiva sconvolta dalle nausee, infreddolita e fiacca, tutte le sere al crepuscolo aveva paura. Non era esaltata, ma sciatta e di cattivo umore. A poco a poco il periodo del malessere giornaliero dileguò in una noia infinita. Si muoveva a fatica, ed era furiosa, lei che era stata sempre così snella e leggera, di doversi appoggiare a un bastone e subire i cordiali commenti della gente che incontrava per via. Era circondata da sguardi untuosi. Tutte le matrone sembravano dire: — Adesso che sarai una mammina, caruccia, la smetterai con tutte quelle idee e ti metterai a posto. — Sapeva che, volente o nolente, era iniziata all’assemblea delle donne di casa; col bimbo per ostaggio non avrebbe più potuto scappare; già sì vedeva definitivamente occupata a prendere il caffè dondolandosi e parlando di pannolini. « Potrei continuare a difendermi... ci sono avvezza! Ma questa presa, di possesso così pacifica non la posso sopportare!... Eppure, devo! ». A volta a volta si detestava per non saper apprezzare quelle donne benintenzionate, e le detestava per i loro consigli: lugubri allusioni a quello che avrebbe sofferto nei dolori del parto, particolari d’igiene infantile basati su una lunga esperienza e un’ignoranza profonda; superstiziose precauzioni a proposito di ciò che ella doveva mangiare e leggere e guardare per salvaguardare l’anima della creatura non nata, e, sempre, quel flagello del linguaggio infantile usato quando si parlava con lei! La signora Perry si affrettò a prestarle Ben Hur come preventivo contro la futura immoralità del bambino. La vedova Bogart comparve trasudando sdolcinate esclamazioni: — E come va, il nostro bel musino, quest’oggi? proprio vero: la donna in stato interessante si trasforma, diventa così bella, una vera madonnina! E dica un po’, dica un po’... — il suo bisbiglio si tingeva di salacità, — lo sente, eh? lo sente che si muove, il tesorino, il pegno dell’amore? Ricordo quando aspettavo Cy, ma si capisco era tanto grosso... — Non sono affatto bella, signora Bogart, — protestava Carol. — La carnagione mi si è guastata, mi cadono i capelli, sembro un sacco dì patate, mi si piegano le caviglie, e non è un “pegno d’amore”, e ho paura che somiglierà a noi, e non credo nell’amore materno, e tutto quanto non è che un disgustoso processo biologico. Poi il bimbo nacque senza insolite difficoltà: un maschietto con la schiena diritta e le gambette robuste. Il primo giorno ella l’odiò per il dolore e il terrore che le aveva causato; si sentiva offesa di vederlo così rosso e così brutto; dopo di che l’idolatrò con tutta la passione dell’istinto che aveva schernito. Ammirava la perfezione delle minuscole manine, con esclamazioni anche più rumorose di quelle di Kennicott; era sopraffatta dalla commozione per la fiducia con cui quell’esserino le si attaccava al seno; la sua adorazione cresceva per ogni fastidiosa e antipoetica cosa che doveva fare per lui. Fu chiamato Hugh, in ricordo del nonno materno. Hugh diventò un bimbo sottile ma pieno di salute, con la testa grande e delicati capelli lisci, castano chiaro, riflessivo e insieme trascurato: un vero Kennicott. Per due anni non esistè altro al mondo. Carol non rinunciò ai bambini degli altri ora che ne aveva « uno suo da difendere », come avevano profetizzato le ciniche matrone. La barbarie di quel sacrificare volontariamente gli altri bambini perché uno solo avesse troppo non le era possibile: ma era felice di sacrificare se stessa. Capiva, adesso, la consacrazione, e aveva risposto a Kennicott che cominciava a parlare di battesimo: — Mi rifiuto d’insultare il mio bambino e me stessa chiedendo a un giovanotto ignorante in cotta di sanzionarlo, di permettermi di averlo! Mi rifiuto di assoggettarlo a qualunque rito d’esorcismo! Se non ho santificato mio figlio - mio figlio - in quelle nove ore d’inferno, il reverendo Zitterel non potrà far altro per lui! — Be’ i battisti non battezzano quasi mai i bambini. Io pensavo piuttosto al reverendo Warren, — rispose Kennicott. Hugh era per lei la ragione della vita e la speranza dell’avvenire, un oggetto d’adorazione... e un divertente baiocco. « Credevo d’essere una madre dilettante », si vantava, « invece sono terribilmente uguale a tutte le altre, perfino alla signora Bogart! ». Per due anni Carol fece parte della città; una delle « giovani madri » come la signora McGanum: La sua caparbia originalità sembrava spenta; non aveva, apparentemente, smanie d’evasione; tutti i suoi pensieri si accentravano su Hugh. Ammirando il perlaceo tessuto dell’orecchio del bimbo esultava: « Accanto a lui, mi sembra d’essere una vecchia con una pelle di carta vetrata, e ne sono felice! È perfetto. Avrà tutto. Non dovrà stare sempre qui a Gopher Prairie... Chissà che sarà meglio, Harvard, o Yale o Oxford? ». Intanto il circolo familiare si era brillantemente arricchito del signore e la signora Smail: lo zio Whittier e la zia Bessie, parenti di Kennicott. Secondo la Via Principale, che la sa lunga, un parente è una persona nella cui casa ci si presenta senza essere invitati per rimanervi quanto pare e piace. Se udite dire che Lym Cass nel suo viaggio nell’East ha trascorso tutto il suo tempo a visitare Oyster Centre, ciò non vuol dire che egli preferisce quel villaggio a tutta la Nuova Inghilterra, ma che vi ha dei parenti. Non vuoi dire nemmeno che abbia scritto a quei parenti in tutti quegli anni, o che essi siano stati mai avvertiti del suo desiderio di rivederli: ma « non si può mica pretendere che uno vada a buttare tanti bei soldi in un albergo di Boston quando ha un cugino in terzo grado che abita proprio nello stesso Stato, no? ». Quando gli Smail vendettero la loro cascina nel Nord del Dakota, prima andarono a trovare la madre di Kennicott, sorella del signor Smail, a Lac-qui-Meurt, poi si trasferirono tranquillamente a Gopher Prairie per stare col nipote. Si presentarono senza avvertire, prima che nascesse il bambino, presero per pacifica la gioia della loro presenza e Immediatamente cominciarono a lamentarsi per il fatto che la loro stanza dava a settentrione. Lo zio Whittier e la zia Beaste presumevano che fosse loro privilegio come parenti di ridere di Carol e il loro dovere come cristiani di farle capire quanto fossero assurde le sue « idee ». Trovavano da ridire sul vitto, sulle brusche maniere di Oscarina, sui vento, sulla pioggia, e sugli abiti da maternità di Carol, poco decenti. Brano forti e perseveranti: potevano andare avanti per un’ora intera ad ammucchiare domande sul reddito di suo padre, sulla sua religione, sulla ragione per cui non aveva messo le soprascarpe per attraversare la strada. Avevano un genio senza pari per le discussioni inutili, e il loro esempio sviluppava in Kennicott una tendenza alla stessa forma di stuzzicamento affettuoso. Se Carol era tanto incauta da accennare ad un piccolo mal di capo, istantaneamente Kennicott e gli Smail s’impadronivano della notizia. Ogni cinque minuti, ogni volta che si sedeva o si alzava o parlava con Oscarina, intonavano: — Stai meglio, adesso? Dov’è che ti duole? Non tieni ammoniaca in casa? Non hai camminato troppo, oggi? Hai provato l’ammoniaca? Perché non ne tieni un po’ in casa a portata di mano? Ti senti meglio, adesso? Ti duole? Ti fanno male anche gli occhi? A che ora vai a letto? Cosi tardi? E dunque! Come va adesso? In sua presenza zio Whittier osservava a Kennicott con intenzione: — Carol ha spesso di questi mali di testa? Eh? Sarebbe meglio che non andasse a gironzolare per tutti quei bridges e pensasse a curarsi, una volta tanto! Continuavano così a commentare e interrogare, commentare e interrogare finché lei perdeva la pazienza e prorompeva: — Per amor del cielo, non parliamone più! Sto benissimo! Stava a sentire quando gli Smail e Kennicott cercavano di stabilire, per via di deduzione, se la copia dell’Intrepido che zia Bessie voleva mandare a sua sorella, in Alberta, deve essere affrancata con un francobollo da due o da quattro centesimi. Carol avrebbe portato il giornale in farmacia per pesarlo, ma già, lei era una sognatrice e loro erano gente pratica, come sovente si compiacevano di asserire. Cercavano perciò di evolvere la tassa postale dall’intimità della loro coscienza, il che, combinato col pensare schiettamente ad alta voce, era il loro metodo per risolvere qualunque problema. Gli Smail non credevano a « tutte quelle sciocchezze sulla reticenza e il riguardo per l’altrui intimità. Quando lasciava sulla tavola una lettera di sua sorella, Carol stupiva di udire poco dopo lo zio Whittier che dichiarava: — Ho visto che tua sorella dice che suo marito guadagna bene. Dovreste andarla a trovare più spesso. L’ho chiesto a Will, e lui mi ha detto che non l’andate a trovare molto spesso. Perdinci! Dovreste andarla a trovare più spesso. Se Carol scriveva una lettera a una compagna di scuola o preparava la lista del pranzo per la settimana, era certa che la zia Bessie sarebbe comparsa per cinguettare: — Non ti voglio disturbare, sai, volevo soltanto vedere dove stavi, no, no, fa pure, non mi fermo nemmeno un momentino. Solo pensavo che forse avrai creduto che non ho mangiato le cipolle a mezzogiorno perché non erano cucinate a dovere, ma non si tratta di questo per niente affatto, non era perché ritenevo che non fossero cotte bene, tutto a casa tua è sempre così ben fatto e ben presentato, benché credo che Oscarina sia trascurata in certe, cose, si capisce che non apprezza l’alto salario che le paghi, ed è così bizzarra, tutti gli svedesi sono bizzarri, non capisco proprio perché vuoi tenere una svedese, ma... Ma non si trattava di questo, io non le ho mangiate non perché non fossero cotte a dovere, ma perché mi accorgo che le cipolle non mi fanno bene, sai, è curioso, da quando ho avuto un attacco di bile, una volta, non le digerisco più né cotte né crude, e sì che a Whittier piacciono tanto le cipolle crude condite con aceto e zucchero... E tutto questo era affetto puro e semplice, Carol si accorgeva che l’unica cosa che può essere più tormentosa dell’odio intelligente è l’amore esigente. Le sembrava di essere una qualunque giovane graziosa, alla presenza degli zii Smail: ma loro fiutavano l’eretica, e gongolando In anticipo pensavano di spingerla a tirar fuori per loro spasso le sue ridicole idee. Erano come la folla domenicale allo Zoo, che eccita coi gesti e con le smorfie le scimmie nelle gabbie e poi ride del risentimento di quella razza più dignitosa. Con un sorriso maligno, superiore, provinciale, lo zio Whittier insinuava: — È vero quello che ho sentito dire che tu volevi buttar giù tutta Gopher Prairie e rifabbricarla di nuovo, Carrie? Non so proprio dove sei andata a pescare queste idee moderne! Anche un sacco di agricoltori nel Dakota, adesso, ci hanno il chiodo delle cooperative. Si credono di poter dirigere i negozi meglio dei negozianti di professione. — Io e Whit non avevamo bisogno di cooperative per tirare avanti la nostra fattoria! — gridava la zia Bessie, trionfante. — Su’, Carrie, dillo alla tua vecchia zietta: non ci vai mai in chiesa la domenica? Ah... ci vai qualche volta? Ma dovresti andarci tutte le domeniche! Quando sarai vecchia come me, capirai che anche se crediamo di essere chissà chi Dio ne sa sempre più di noi, e allora sarai contenta di andare in chiesa ad ascoltare il tuo pastore! Con l’aria di chi contempla un vitello con due teste, essi ripetevano che « non avevano udito mai cose così buffe! ». Erano percossi d’orrore nell’apprendere che una persona in carne e ossa, che viveva nel Minnesota, ed era sposata a un loro consanguineo, credeva davvero che il divorzio qualche volta non è immorale; che i figli illegittimi non sono colpiti da nessuna particolare o garantita specie di maledizione; che ci sono altre autorità in fatto di etica, al di fuori degli ebrei della Bibbia: che coloro che bevono vino non muoiono per questo sul lastrico; che il sistema capitalistico e il rito del matrimonio battista non erano conosciuti nel giardino dell’Eden; che i funghi sono mangiabili come le cotolette di vitello; che la parola « damerino » non è più molto usata; che alcuni ministri del Vangelo accettano l’evoluzione; che non sempre persone dotate apparentemente d’intelligenza e d’abilità negli affari votano per il partito repubblicano; che non è un’abitudine universale quella di indossare maglie pungenti a contatto della pelle, d’inverno; che un violino non è, in sé, più immorale d’un organo di cappella; che non tutti i poeti hanno i capelli lunghi e che gli ebrei non sono sempre e soltanto merciai ambulanti e rivenditori di pantaloni.
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