Capitolo primo-1

2060 Words
Capitolo primo Chiacchiere e pettegolezzi Per poter riprendere in tutta calma il filo della nostra storia, e arrivare così alle nozze di Meg con la mente libera da curiosità insoddisfatte, sarà bene dare un’occhiata alle vicende accadute durante il periodo appena trascorso. E qui lasciatemi dire che se qualcuno dei lettori più in là con gli anni trova che gli avvenimenti che mi accingo a narrare siano un po’ troppo sdolcinati (sono sicura che i giovani non faranno certo obiezioni del genere) non potrò che rispondergli citando un frase della signora March: “Che cos’altro ci si deve aspettare quando in casa ci sono quattro ragazze piene di vita e, proprio di fronte, un vicino tanto giovane e affascinante?”. Quei tre anni non avevano portato che pochi cambiamenti nella vita della quieta famiglia. La guerra si era finalmente conclusa e il signor March, tornato sano e salvo, divideva la sua vita fra i libri e la piccola parrocchia che aveva trovato in lui un ministro davvero ideale per dedizione, calore umano e fervore; era infatti un uomo tranquillo, studioso, ricco di quella saggezza che vale più di qualsiasi erudizione, di quella carità che sola fa chiamare gli altri “fratelli” e di quella devozione che sa suscitare ovunque amore e stima. Queste doti, a dispetto della povertà e della straordinaria integrità morale che gli avevano precluso successi di natura più mondana, attiravano su di lui le simpatie degli animi migliori, così come i fiori attirano le api. E, con altrettanta naturalezza, il vecchio signore offriva loro un nettare nel quale cinquant’anni di dure esperienze non erano riusciti a mescolare neppure una goccia di amarezza. I giovani trovavano che il cuore di quell’uomo dai capelli ormai grigi era giovane quanto il loro, le donne turbate e infelici istintivamente gli confidavano dubbi e dolori, sicure di ottenere da lui la comprensione tanto agognata, i peccatori gli parlavano dei peccati commessi avendone in cambio rimprovero e redenzione, gli uomini dotati d’ingegno lo consideravano un interlocutore ideale; infine gli ambiziosi ricevevano illuminazioni sull’esistenza di ambizioni più nobili di quelle da loro abitualmente coltivate e perfino le persone dedite ai piaceri della vita riconoscevano la bellezza e la verità delle sue convinzioni pur sostenendo, subito dopo, che non gli avrebbero certo reso gran che. Agli estranei poteva sembrare che fossero le cinque donne della famiglia a tenere in mano le redini della casa, ma questo era vero soltanto sotto certi aspetti. Quel saggio così sereno, sempre chino sui libri, rappresentava infatti tutt’ora la coscienza, la sicurezza e il conforto di ognuna di loro che a quel padre e marito ideale, nel vero senso della parola, si rivolgevano ansiose nei momenti di difficoltà. Le ragazze gli avevano donato l’anima come alla madre avevano donato il cuore e per entrambi i genitori nutrivano un amore che cresceva col tempo, unendoli nel più tenero dei legami, quello che è una benedizione durante la vita e sopravvive alla morte. La signora March era ancora energica e attiva come nel momento in cui l’abbiamo lasciata, nonostante i capelli ormai grigi, e si dava un gran da fare per Meg, trascurando le abituali visite agli ospedali e agli istituti benefici ancora pieni di feriti e di vedove di combattenti, che dalla sua presenza trovavano tanto conforto. John Brooke aveva fatto il suo dovere al fronte per quasi un anno e, dopo essere stato ferito, aveva ottenuto il congedo. Nessuno gli aveva dato medaglie o onori, nonostante se li fosse meritati per aver rischiato tutto ciò che aveva di più prezioso: la vita e l’amore, entrambe nel pieno della loro fioritura. Rassegnato alla sorte toccatagli aveva pensato a guarire dalla ferita e si era messo alla ricerca di un’occupazione che gli consentisse di offrire una casa a Meg. Il buon senso e lo spirito d’indipendenza che da sempre lo avevano contraddistinto gli avevano anche impedito di accettare le generose offerte del signor Laurence. La scelta, infatti, era caduta su un posto di contabile che gli garantiva un salarlo sicuro, anche se modesto, senza affrontare il rischio costituito da un’attività in proprio avviata con soldi presi in prestito. Meg passava il suo tempo lavorando e aspettando: maturava nel carattere, diventava una brava donna di casa e si faceva di giorno in giorno più graziosa, perché l’amore rende bello colui che ama. Restavano ancora intatte, però, le sue ambizioni e le sue speranze infantili che mal tolleravano l’idea di iniziate quella nuova vita su basi tanto modeste. Ned Moffat aveva appena sposato Sallie Gardiner e Meg non poteva fare a meno di paragonare la bella casa dell’amica, la carrozza, gli abiti eleganti e gli splendidi regali alla frugalità di ciò che l’aspettava. Allora provava un po’ d’invidia che però subito scompariva al pensiero di quanta pazienza, di quanto amore e di quanto lavoro John avesse messo nella casetta destinata ad accoglierli e, quando al tramonto se ne stavano seduti fianco a fianco e parlavano dei loro semplici progetti, allora il futuro le appariva così bello e luminoso da farle dimenticare gli splendori di Sallie e da indurla a considerarsi la più fortunata e felice delle ragazze. Jo aveva smesso di andare a tenere compagnia alla zia March. La vecchia signora aveva preso in gran simpatia Amy e se l’era accattivata con la promessa di farle prendere lezioni da uno dei migliori insegnanti di disegno. Per raggiungere uno scopo tanto a lungo agognato, Amy sarebbe stata disposta a servire una padrona ancor più esigente. Così riservava le sue mattinate al dovere, i pomeriggi al piacere e, a conti fatti, se la cavava a meraviglia. Jo aveva tutto il tempo per dedicarsi alla letteratura e a Beth, che dopo la scarlattina era ancora cagionevole di salute. Non che fosse un’invalida, ma non ce l’aveva proprio fatta a tornare la creatura sana e rosea di un tempo. Tuttavia era felice, serena, piena di speranze per il futuro, amica di tutti e sempre dedita alle amate faccende domestiche. Insomma, un autentico, dolce angelo del focolare. Da quando lo “Spread Eagle” aveva pagato un dollaro a colonna quella “robaccia senza valore”, come lei amava definirla, Jo si sentiva una nababba e continuava a scrivere racconti con assiduità. Il suo cervello ambizioso e sempre in fermento era anche tutto un ribollire di grandi progetti, e sulla vecchia cucina di ferro che in soffitta le serviva da scrivania si andavano accumulando pile di manoscritti che in futuro avrebbero forse dato lustro al nome dei March. Laurie si era iscritto all’università soltanto per accontentare il vecchio nonno e stava ormai ambientandosi nel migliore dei modi grazie ai molti soldi che poteva permettersi di spendere, alle maniere gentili e affabili, all’intelligenza e al buon cuore che lo spingevano a mettersi sempre nei guai pur di aiutare il prossimo, tanto da essere ormai il beniamino di tutti. Tanto successo e tanta considerazione lo avrebbero magari anche irrimediabilmente corrotto se non avesse avuto a disposizione tre potenti antidoti contro il male: il vecchio Laurence, che riponeva in lui tutte le sue speranze, la materna amicizia della signora March, che gli voleva bene come si vuole bene a un figlio e per ultima, ma non per questo meno importante, la convinzione che quattro brave ragazze lo amavano, lo ammiravano e credevano in lui con tutto il cuore. In fondo, però, era un giovane come tutti gli altri e quindi gli piaceva divertirsi, corteggiare le ragazze, atteggiarsi da elegantone e primeggiare negli sport. A volte faceva il prepotente ma subiva anche le prepotenze altrui, parlava il gergo in voga fra gli studenti e in più di un caso aveva corso il rischio di essere sospeso o addirittura espulso dal college. Alla base delle sue scappatelle, comunque, non c’era la cattiveria, ma solo un’incontenibile esuberanza e una sfrenata irrequietezza che gli permettevano di riuscire a cavarsela sempre, confessando con coraggio e apertamente i suoi torti e scontando poi il castigo con virile fermezza. Tante volte, invece, era riuscito anche a scagionarsi servendosi di quell’irresistibile potere di persuasione che certo non gli mancava. A dire il vero era assai fiero di sapersela cavare per il rotto della cuffia, e nelle lettere che scriveva alle ragazze March gli piaceva vantarsi di aver messo nel sacco il professore più severo, l’istruttore più attento e i rivali più accaniti e prepotenti. Quelli che Laurie definiva “gli uomini della mia classe” erano degli eroi agli occhi delle ragazze che non si stancavano mai di leggerne le prodezze e quando Laurie li invitava a casa sua durante le vacanze, avevano addirittura l’onore e il privilegio di scambiare qualche sorriso con quelle figure quasi leggendarie. Era soprattutto Amy che godeva di questo privilegio, grazie alla sua indiscussa bellezza e al fascino che sua madre le aveva trasmesso in gran quantità, fascino del quale sapeva servirsi molto bene. Meg era troppo assorbita dal suo amore per John per potersi interessare ad altri “padreterni” e Beth, troppo timida per andare oltre qualche occhiata fugace, si meravigliava che Amy trattasse quei personaggi con tanta disinvoltura. Chi si trovava completamente a suo agio era Jo che solo a fatica riusciva a non imitare ogni gesto, ogni parola, ogni atteggiamento dei ragazzi, tutte cose che le sembravano assai più naturali delle noiose belle maniere prescritte alle signorine di buona famiglia. Da parte loro, gli amici di Laurie l’ammiravano molto e la consideravano simpaticissima, ma mai nessuno s’innamorò di lei mentre molti sospiravano per la bella Amy, allontanandosene poi col cuore pesante. E parlando di sentimenti, a questo punto non si può non parlare della “Piccionaia”. Questo era il nome che Laurie aveva affibbiato alla casetta che John Brooke stava preparando per Meg. Lui diceva che era il nome più appropriato per il nido dei due innamorati che quando stavano insieme “sembravano un paio di tortore che non fanno altro che tubare e sbaciucchiarsi”. La casa era piccola, con un giardino altrettanto piccolo sul retro, e davanti un praticello delle dimensioni di un fazzoletto. Meg progettava di far costruire una fontana, piantare alberi per un boschetto e far crescere fiori a profusione. Al momento, però, la fontana era rappresentata da una vasca di pietra corrosa dal tempo e incrostata di fango, il boschetto consisteva di qualche giovane larice ancora incerto fra la vita e la morte, e l’ambita profusione di fiori era suggerita da una fila di bastoncini che indicavano il punto in cui erano stati interrati i semi. In compenso l’interno della casa era delizioso e la futura sposa era entusiasta di tutto, a partire dalla soffitta per finire alla cantina. A dirla tutta il soggiorno era talmente piccolo che il fatto di non possedere un pianoforte era considerato un bene, dato che tutto non ci sarebbe neanche stato. La sala da pranzo era così sacrificata da non poter contenere più di sei persone e le scale della cucina sembravano costruite col solo intento di far precipitare chi serviva tavola direttamente dentro la cassa del carbone, con i piatti e tutto il resto. Tuttavia, una volta abituatisi a quei piccoli inconvenienti, e visto che non si può pretendere tutto e subito, l’insieme poteva essere considerato accettabile. I mobili erano stati scelti con buon gusto e buonsenso (niente tavoli con ripiani di marmo, né specchi enormi, né tantomeno tende di pizzo alle finestre del piccolo salotto) ma cose semplici, molti libri, un paio di bei quadri alle pareti, piante fiorite ai davanzali e, sparsi un po’ dappertutto, graziosi regali fatti da mani amiche, semplici dimostrazioni di un affetto sincero. La statuetta di Psiche in marmo bianco, dono di Laurie, non aveva perduto niente della sua bellezza, anche se la mensola su cui posava, messa a posto da John, si teneva su per puro miracolo. Un tappezziere professionista non avrebbe drappeggiato la modesta stoffa delle tende con maggior garbo di quanto aveva fatto Amy, l’artista di famiglia. Il guardaroba traboccante di biancheria e di scatoloni, messo in ordine dalla mamma e da Jo, aveva un’aria festosa e familiare e la cucina doveva la funzionale disposizione dei mobili ai numerosi tentativi di Hannah che li aveva cambiati di posto almeno una dozzina di volte prima di trovare la soluzione adatta, e che addirittura aveva sistemato già la legna nel caminetto, in modo da poterlo accendere non appena la futura signora Brooke avesse messo piede nel suo nido. E posso assicurarvi che poche padrone di casa al mondo hanno cominciato la loro nuova vita con una mole così imponente di strofinacci, contenitori, tovaglioli e sacchetti di ogni tipo. Beth ne aveva preparata una tale quantità che sarebbe bastata abbondantemente fino alle nozze d’argento della sorella. Solo per il servizio di porcellana cinese, che doveva essere usato per il banchetto nuziale, aveva creato addirittura tre diversi tipi di copripiatto.
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