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2830 Words
2 Four seasons Vi mi lascia davanti al maestoso palazzo che è il Four Seasons Hotel. Lo guarda poco impressionata e del tutto delusa che sarà la mia dimora per le prossime due settimane. Un portiere cammina lungo il vialetto coperto, guardando la vecchia Volkswagen di Vi con un'espressione disgustata, ma discreta. Alcuni clienti si voltano inorriditi, e quello che vorrei fare è tirare fuori la lingua, ma resisto… appena. Do a Vi un bacio veloce per salutarla. «Non dimenticare che stasera c'è la prova degli abiti». Ecco a voi Sposazilla, la sorella segreta di Godzilla, in pratica un panzer! «Sì, lo so, me lo hai ricordato almeno cinquanta volte, Vi. Ci sarò». Annuisco per rassicurarla. Mi guarda apprensiva. «Sicura? So che questo matrimonio non sarà facile per te per via di Jasp…». La interrompo subito, non voglio sentire il suo nome. «Certo che sono sicura, devo provare il mio vestito. Ah, e bada bene che non sia di un orribile rosa meringa», la prendo in giro alzando un sopracciglio. Vi ride, dimenticando il lapsus J. «Ah, mi sono dimenticata di chiedertelo. Ma chi è il testimone dello sposo?», le domando, sentendomi un po' in colpa per non mostrare un sentito interesse per il mio compare. Mi guarda con un sorriso tirato. «Ehm… Uhm!». Vi senza parole non è mai un buon segno. «È il fratello di Lucas, Abel», dice d'un tratto. «Abel? Ma ha quattordici anni, non è un po' giovane per prendersi le responsabilità di un testimone di nozze? E comunque farebbe meglio a non provarci con me come ha fatto l'ultima volta che l'ho visto». Sorrido ripensando al pubescente Abel che mi fa le avances. Per qualche motivo Vi non trova la cosa divertente. Annuisce e abbassa lo sguardo. Mi domando cosa stia tramando. Prima che possa farle altre domande, però, mi dà un bacio di fretta e mi butta fuori dall'auto partendo a razzo. Strano, non è da Veronica, ma probabilmente è solo tesa per il matrimonio, mi dico tra me e me. In fondo anch'io lo sono, anche se non proprio per le nozze in quanto tali ma per chi ci sarà. Sarò costretta a vedere l'Innominabile solo quel giorno e sarò persa tra la folla, quindi non avrò modo di guardarlo… troppo. Aspetto Harper, perché la corsa da Formula 1 di Vi ci ha portate qui a tempo di record. La sua auto arriva dieci minuti dopo, e quando scende si vede subito che è perfettamente a suo agio tra i ricchi. Io, al contrario, non so bene dove collocarmi. Los Angeles mi sta facendo tornare a galla tutte le insicurezze che credevo sepolte. «Sono contento che tu sia arrivata tutta intera, con la guida di Veronica». Harper sorride e mi dà un bacio veloce sulla guancia. Quando entriamo nell'hotel rimango a bocca aperta per lo splendore, e capisco perché i vari Madonna e George Clooney hanno scelto di alloggiare qui. Questo posto è favoloso. I soffitti alti sono luminosi ed eleganti e l'atmosfera è leggermente classico-glamour. Harper prende le chiavi e saliamo in camera con l'ascensore. La Royal Suite, così si chiama, non potrebbe avere nome più azzeccato, perché si presterebbe benissimo come dimora per la Regina d'Inghilterra. Due porte doppie conducono alle terrazze con vista mozzafiato sulle colline di Hollywood. Nella zona giorno c'è un divano a due posti di velluto marrone, e due poltrone reclinabili rosse che sembrano così comode da farmi venir voglia di accucciarmi subito con un bel libro. Il pavimento di legno massiccio è ricoperto da un elegante tappeto marrone con sopra un tavolino antico e di sicuro costosissimo, sapientemente lavorato a mano. Sulla parete è appeso un gigantesco televisore al plasma sotto al quale c'è un enorme camino, chiuso da un pannello di vetro e rifinito in marmo di una squisita tonalità di rosa, che dà un tocco di colore all'ambiente. La mensola del camino, invece, è di marmo bianco con sopra dei ninnoli deliziosi che donano un senso di calore domestico alla stanza. Passando per il corridoio, entro nella camera da letto dove c'è un'altra terrazza smisurata da cui si vede tutta Los Angeles. Il colore della stanza è un crema caldo con qualche spruzzata di caffè, e il letto enorme è costellato di cuscini della stessa tonalità. Ovviamente c'è il bagno privato con una doccia doppia e una vasca da bagno idromassaggio grandissima. Mi guardo attorno attonita e non oso continuare il tour per vedere la cucina. Questo è un palazzo! Harper si avvicina dietro di me e mi bacia un orecchio «Solo il meglio per la mia donna», mormora. Sono molto lusingata, ma per me è davvero troppo. Avrei preferito altro, ma apprezzo il gesto. «È fantastico, Harper, ma sarei stata volentieri dai miei», dico, continuando a osservare l'opulenza della stanza. «Non essere sciocca, ho promesso che ti avrei viziata e mantengo la parola», replica abbassandosi per baciarmi il collo. Dovrei essere grata e lo sono, giuro, ma Harper crede davvero che tutto questo materialismo possa compensare il suo distacco e la sua riservatezza? Se solo mi potesse garantire di dormire abbracciato a me tutte le notti, e farmi le coccole mentre guardiamo un film, mi rimangerei queste parole, ma so che non lo farà mai. Lo so per esperienza, perché la prassi è trovare Harper all’alba, addormentato sul divano coi vestiti addosso, e questo avveniva già da prima. Ha cominciato a fare così non appena ci siamo trasferiti a Singapore, e purtroppo non è cambiato. Quando gli domandavo dove fosse stato fino a quell'ora mi dava sempre le solite scuse, un meeting finito tardi o un incontro con dei clienti. In fondo Singapore è la città che non dorme mai. Vuoi provare una Ferrari alle tre del mattino? Allora Singapore è il posto che fa per te. Ecco, questa è la mia vita attuale! Posso sembrare diversa nei miei eleganti abiti firmati, o perché sto per diventare un'affermata chef. Ma in tutto ciò, io sono felice? Mi guardo intorno e sospiro sconsolata. Tutte queste cose meravigliose sono nulla se non c'è nessuno con cui condividerle. «Ehi, dov'è il tuo anello?», mi domanda afferrandomi la mano. Mi volto per guardarlo con occhi bassi. «L'ho tolto. Avevo le mani sudate e non volevo mi scivolasse via». Harper mi guarda e alza le spalle, non capisco se mi crede o meno. «Se non ti piace posso cambiarlo con uno più grosso». «No, no, per carità!», rispondo di getto, e noto l'espressione ferita nel suo sguardo. «Okay, ma non mi piace l'idea che non lo indossi, soprattutto mentre siamo qui. Insisto perché tu lo porti al dito». So perché insiste così, e il motivo è lo stesso per cui io non lo indosso. Il solo pensiero mi fa venire l'ansia. Harper percepisce il mio disagio. «Tesoro, vai giù e prenotati un massaggio rilassante alla spa, sei tesissima. Io devo sistemare delle faccende di lavoro e mi ci vorrà un po', perciò trattati bene e pensa a te». Lo sapevo. «Harper, avevi promesso che non avresti lavorato tutto il tempo». «Ava, siamo appena arrivati…». Si volta allo specchio per sistemarsi il nodo della cravatta. «Appunto», lo interrompo seccata prima che possa finire. Il suo riflesso mi guarda dallo specchio e dice calmo, con tono paternalistico: «Stavo appunto dicendo che siamo appena arrivati, fammi sistemare subito le cose che devo fare e poi avremo per noi tutto il tempo a disposizione». «Okay». Ci crederò quando lo vedrò. Una volta finito con la sua stupida cravatta, si volta e mi dà un bacio sulla guancia mentre afferra la giacca. È fuori ancora prima che possa salutarlo. Mi butto sul letto alquanto infastidita, perché non ho idea di dove stia andando. Non spiega mai cosa intende per “affari”. Ma mi fido di lui. Cos'è il matrimonio senza fiducia? *** Come previsto, Harper è via da ore, e io sono rinchiusa in questa meravigliosa gabbia dorata, annoiata a morte. Prendo il mio Blackberry e mando un messaggio a Vi. Posso venire adesso? Non c'è niente di meglio che passare il pomeriggio con la mia migliore amica. Stasera proverò il vestito, tanto vale che vada ora così posso anche rivedere il mio gattino Oscar, che mi manca da morire. Dopo pochi minuti, risponde: Se sei sola, sì! Certo, vieni amica. È mai possibile che la mia migliore amica e il mio fidanzato si odino a morte? Fortuna che vivo in un altro paese. Sì, sono sola. Arrivo. Faccio una doccia e mi sento di nuovo umana, ma ora il dramma è cosa indossare. Apro la valigia e mi viene da piangere a vedere tutti quei capi preziosi ed eleganti, pizzosi e setosi… Uffa! Vado per la cosa che odio di meno. Una gonna corta nera stretta e una camiciola dorata. Sembra abbastanza casual anche se è costata milleduecento dollari! Ero lì quando Harper ha insistito per comprarmela. È di qualche stilista di cui non so pronunciare il nome, e di tutti i capi fashion e costosi che ho, questo è quello che mi piace di più. Mi infilo le scarpe nere con la zeppa che, sì, sono costate un occhio della testa, ma sono comodissime e mi fanno un po' più alta. Prendo la borsa e sono fuori in venti minuti. Mi sento molto meglio dopo la doccia, e grazie al mio bagnoschiuma firmato profumo di limone e lime. Mi domando da quando la mia vita sia diventata tutta un vestito firmato, un hotel di lusso e un bagnoschiuma da cento dollari. Mi sento un'imbrogliona, perché questa non sono io. Io amo le cose semplici della vita. Persa nei pensieri, esco dall'hotel e solo allora mi ricordo che sono a piedi. È troppo chiedere a Vi di venirmi a prendere dall'altro capo della città nel traffico infernale, anche se so che lo farebbe, perciò decido di prendere un taxi. Mentre ne cerco uno in strada, si avvicina un autista. E questo cosa vuole? «Signorina Thompson, mi chiamo Roberto e sono qui per portarla ovunque lei voglia». Guardo Roberto e arriccio il naso. «Sul serio?». Sono davvero stupita. «Sì, il signor Holden mi ha dato ordini precisi di portarla dove lei desidera». «E Harp… ehm il signor Holden, come è andato dove doveva andare?», domando sospettosa. Harper non camminerebbe mai, specialmente con le sue scarpe italiane costosissime. Roberto mi guarda e basta, e capisco che gli ordini includono anche non fornirmi alcuna informazione. «Non si preoccupi, Roberto, prendo un taxi», rispondo seccata. Harper crede di potermi comandare a bacchetta, e questo Roberto di sicuro è il suo piccolo informatore. «Oh, signorina, la prego. Insisto. Ho avuto ordini precisi dal signor Holden di portarla…». «Sì, sì, ovunque io desideri, ho capito!», lo interrompo. D'un tratto mi dispiace per quest'uomo di mezza età e un po’ pelato, che sembra davvero spaventato da Harper. «Okay». Desisto. Camminiamo verso la BMW 730ld nera e mi apre la portiera in modo molto galante, ma totalmente fuori luogo. Guardo la silhouette di Los Angeles. È così diversa da Singapore che è la mia dimora intermittente. Vedendo tutti i punti di riferimento così familiari di questa città, so che Los Angeles mi catturerà sempre per la sua bellezza, e sarà sempre casa. Do a Roberto l'indirizzo e parte tutto soddisfatto. Provo a fare un po' di conversazione, ma è ovvio che gli è stato anche impedito di parlare con me. Perciò lascio perdere e guardo fuori dai vetri fumé. Sono felice di essere a casa, ma ho anche il terrore di passare qui le prossime due settimane. Ho paura di affrontare vecchi ricordi, ma soprattutto non voglio fare i conti con la decisione che ho preso, e cioè vivere a Singapore, solo io e Harper. È l'unico modo per poter fare finta di avere una vita felice. Ma ora che sono tornata a casa e ho visto Vi, non so per quanto potrò reggere la sceneggiata. Finalmente arriviamo, dopo un'ora bloccati nel traffico. Dico a Roberto di tornare all'hotel perché stasera mi darà uno strappo Veronica. Esita, ma non gli do molta scelta quando giro i tacchi e mi allontano, ponendo fine alla conversazione. Mentre salgo le scale di quella che chiamavo casa, mi assale la nostalgia. Ho tanti bei ricordi di questo posto. Ricordi che sto cercando di cacciare via ma che, d'un tratto, rompono gli argini e straripano colpendomi in pieno viso. Faccio un respiro profondo e suono il campanello, perché questa non è più casa mia. Vi grida a chiunque sia di salire e, quando apro la porta, mi cade la mascella. Vi è stata derubata e i ladri hanno rimpiazzato la sua roba con una serie infinita di accessori e armamentari da matrimonio! Guardandomi intorno nella sala, che una volta era appena abitabile, vedo solo cose rosse e bianche ovunque! In mezzo a quel caos riesco appena a intravedere la testolina di Vi che sta esaminando con attenzione qualcosa che sembra un set spargi sale e pepe. Ma non il solito banale, no! Questo è bianco e rosso e i contenitori sono a forma di sposi. Ma a cosa le serviranno? I suoi lunghi capelli sono legati alla rinfusa in uno chignon, tenuto fermo da una penna. Non credo mi abbia vista, potrei sempre fuggire senza essere notata. «Non ci pensare nemmeno. Porta subito le tue chiappe qui e dammi una mano. Questo è un lavoro da damigella d'onore, impedire alla futura sposa di collassare». Fanculo! Facendomi strada a fatica tra tutta questa chincaglieria nuziale, mi sento claustrofobica. Davvero non so se riuscirò ad aiutare Vi a non collassare, perché sto per farlo io tra due secondi. «Siediti», mi ordina. Faccio come mi chiede, perché temo di più la Veronica Sposazilla che la Veronica normalmente autoritaria. «Pensi che siano di cattivo gusto?», chiede mostrandomi le due statuine. Alzo le spalle. «Dipende, per cosa sono?». «Sono le 'bomboniere'». Le gira e le rigira esaminandole bene. So che posso sembrare un po' rincoglionita, ma chiedo: «Le bombo che? Nulla di esplosivo, spero». Vi ride isterica. «No, sciocca, è una tradizione europea. Un regalo per gli ospiti per ringraziarli di aver partecipato al tuo matrimonio. Visto che i nonni di Lucas sono italiani, pensavo fosse carino». «Ma non sono gli ospiti che dovrebbero farvi un regalo? Non ci capisco niente», rispondo. Mah! Questa roba è decisamente fuori dalla mia portata, penso tra me e me. «Ava, ti prego, rispondi solo alla domanda. Fai finta che ti dia questo come regalo per essere un'amica eccezionale», mi dice guardando ancora le statuine. Ecco, ho già fatto cilecca come damigella d'onore non sapendo cosa fosse una bomboniera, ora devo rifarmi. «Be', visto che si stanno baciando mi farebbe un po' strano ma, a parte questo, no, non penso siano di cattivo gusto», dico indicando le due statuine. Vi squittisce. Okay, risposta giusta! Cento punti per me! Dai, ce la posso fare a gestire queste benedette nozze. «Okay, ora, secondo te dovrei fare un box per le offerte online oppure uno tradizionale?». Di nuovo, panico. «E sarebbe, scusa?». «Ava, che Dio ti aiuti il giorno in cui ti sposerai», ridacchia Vi. Se solo sapesse che quel giorno è più vicino di quel che crede! Sì, so che sono un'amica di merda. Devo ancora dirle che sono fidanzata. Non l'ho fatto per mille motivi, ma principalmente perché so che disapproverebbe. Tutti disapproverebbero. Sono fidanzata da poco, tipo da due settimane, e devo ancora abituarmi all'idea prima di andare in giro a dirlo alle persone che amo. Per distrarmi da questo pensiero, mi guardo intorno cercando Oscar. La povera bestiola, di sicuro spaventata da tutto questo caos carnevalesco, si sarà data al vagabondaggio. «Ehi, dov'è Oscar?», domando curiosa. Vi smette di scrivere e mordicchia la matita. Aspetto una risposta, che però non arriva. Perché? Di solito non è così vaga. Oggi era molto ansiosa quando le ho chiesto del testimone di Lucas, e ora questo. Cosa sta tramando? Ho paura a chiedere. «Io… uhm… senti, possiamo parlare del tuo gatto in un altro momento? Ho un matrimonio da organizzare e non mi aiuti tirando fuori cose che non sono strettamente legate alle nozze. Perciò concentrati qui, okay?», dice schioccando le dita. La sua reazione mi sorprende, ma non oso discutere con Sposazilla. «Okay, va bene. Però chiedimi cose semplici come vestiti, dolci e cibo… ecco, col cibo ti potrei aiutare». Sorrido, felice di aver trovato qualcosa in cui posso essere utile. «Certo! Di sicuro puoi dirmi tutto sui vestiti, visto che sembra che hai appena svaligiato Prada». Come sono contenta che tutta questa roba mielosa da nozze non abbia minimamente addolcito Vi. «Che problema hai coi miei vestiti? Davvero vuoi di nuovo tornare sull'argomento?». So che me ne Pentirò. «Sei seria? A Singapore non ci sono specchi? Non sapevi la differenza tra Armani e Versace prima di partire, e ora sembri una di quelle fighette che prendevamo tanto in giro. Qual è il tuo di problema coi vestiti, sarebbe meglio chiedere». Mi fissa seria. Giocherello con il pizzo di qualcosa di nuziale appoggiato vicino a me sul divano. «Insomma! Dovrei avere un problema solo perché mi vesto bene?», replico permalosa, perché so che ha ragione e non voglio ammetterlo. Ecco perché sapevo che tornare qui sarebbe stato estenuante, e ci sono da solo mezza giornata. «Non c'era nulla che non andava nel tuo vecchio look. Mi piaceva molto». Alza le spalle con disinteresse. Nota il mio cambio d’umore e addolcisce il tono. «Non voglio fare la stronza, Ava, ma è la realtà. Come reagiresti se tornassi a casa tutta agghindata come un personaggio di Beverly Hills 90210?». So che non vuole essere offensiva, perciò rispondo con calma. «Sarei felice per te e non metterei in discussione le tue scelte». «Come vuoi, Ava. Non intendo discutere di quello che indossi nella tua vita di tutti i giorni, ma lotterò per il vestito che indosserai al mio matrimonio. Se non ti piace, cavoli tuoi. Non sarà dello stilista italiano all'ultimo grido, ma lo metterai e basta! Senza discutere!».
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