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1522 Words
3 La crisi del quarto mese Adesso ho il terrore di vedere il mio vestito da damigella d'onore. Solo per punizione per essere andata a vivere a Singapore, temo che camminerò lungo la navata in tulle e taffetà rosa meringa. Non ho mai messo in discussione le scelte di Vi in fatto di moda, ma ho davvero paura di vedere l'abito che ha scelto per me. Il mio flusso di pensieri viene bruscamente interrotto da Vi che sbotta: «Ma perché cazzo stai con Harper?». Le lancio un'occhiata piena di odio e si arrende. «Come vuoi. Non ne parliamo adesso, ma questa è una conversazione che faremo molto presto. Me l'hai appena spiattellato in faccia e ancora devo abituarmi all'idea. Ma non pensare neanche per un istante che mi faccia da parte e rimanga immobile a guardare te che commetti di nuovo un suicidio emotivo con quel bastardo maledetto!». Sospirando, guardo fuori dalla finestra, perché qualsiasi cosa è meglio che vedere quello sguardo giudicante nei suoi occhi. Vivendo dall'altro capo del mondo, lontana dai miei amici e dalla mia famiglia, è facile gestire la mia decisione di riprovarci con Harper. Non devo giustificare e non devo spiegare nulla a nessuno. I miei non saranno affatto contenti di sapere che siamo tornati insieme e che addirittura ci sposiamo. Non sono un'amica così di merda, però. Ho detto a Vi che ero tornata con Harper non appena è successo, e cioè due settimane fa all'incirca. Quando mi ha chiesto chi portavo al matrimonio, ho risposto impacciata che avrei portato lui. All'inizio ha riso, credendo fosse uno scherzo, ma quando ha capito che ero seria mi ha chiuso il telefono in faccia e non mi ha parlato per due giorni. Quando ha deciso di comunicare di nuovo con me, mi ha fatto un rimprovero galattico di un'ora che mi ha fatto sanguinare l'orecchio. No, Vi non è affatto contenta del nostro revival. Ad ogni modo, le cose con Harper sono… complicate. Dio, che nervi mi dà questa parola! Una volta qualcuno mi ha detto la stessa cosa riguardo alla sua relazione con una certa troietta. Allora credevo che tutto fosse bianco o nero, adesso, invece, ci sono un milione di sfumature nel mezzo. Il clacson di un'auto mi scuote dai pensieri mentre vengo scaraventata contro la portiera per colpa di Vi che prende una curva come una matta. «Impara a guidare, brutto stronzo!». Supera un'auto e, con il dito medio alzato, manda al diavolo il conducente. Mi guarda di sottecchi mentre cerco di staccare la faccia appiccicata al finestrino. «Bisogna che vai più piano, Vi, così ci ammazziamo». Mi liquida agitando la mano e ridacchia. «Tieniti forte», e preme sull'acceleratore. Questa donna è decisa a portarci dall'altro capo della città a tempo di record e niente la potrà fermare. *** Entriamo in un parcheggio e finalmente posso sganciare la mano dall'appiglio sopra di me. Guardo il negozio di fronte a noi. L'insegna dice Dominique's. E chi è questa Dominique? Sembra uno di quei posti che sceglierebbe Harper. Vi mi trascina fuori dell'auto. «Muoviti, siamo in ritardo». «Lo dubito, visto che Schumacher sarebbe fiero di te, per come hai guidato», scherzo. Mi spinge verso l'ingresso e, prima che possa chiederle chi sia questa Dominique, mi trovo di fronte a una vecchia signora dall'aria alquanto snob. Ha gli occhiali appoggiati sulla punta del naso e indossa un bellissimo tailleur blu fatto su misura. I suoi capelli sono acconciati in uno chignon scomposto e la tonalità del rossetto rosso forse sembra un po' inappropriata per la sua età. «Oh, bonsoir signorina Donován», saluta Vi con un marcato accento francese. «Bonsoir, Madame Dominique, scusi il ritardo, ma c'era un traffico pazzesco. Questa è la mia amica e damigella d'onore, Ava Thompson», le risponde Vi indicando nella mia direzione. Ma non la sto calcolando perché sono a bocca aperta. Il negozio è interamente bianco. Bianco candido ovunque. D'un tratto mi sento claustrofobica e mi sale il panico. Tutto questo armamentario da nozze, tutto insieme, mi ricorda il mio destino incombente. Respiro affannata e Vi e Dominique mi guardano perplesse. Dominique mi scruta da sopra gli occhiali, come una maestra severa. «Ah oui! Questa è la famosa Avá. Perché non sei arrivata prima ad aiutare la tua deliziosa amica Veronicá? C'est le rôle de la demoiselle d'honneur». Il suo accento trasuda di 'erre' tonde e di parole accentate. Cioè, mi sta dando una strigliata perché non sono arrivata prima? Vi percepisce il mio disappunto e cambia in fretta argomento. «Be', ora è qui e non c'è momento migliore di questo per mostrarle il suo abito». Dominique mi lancia un'ultima occhiataccia prima di voltarsi verso Vi. «Certo chérie, ottima idea. Lo vado a prendere subito», e si dilegua. Guardo Vi e sto per dire qualcosa, perché non mi è piaciuto l'atteggiamento di Dominique ma, prima che possa farlo, alza un dito e mi zittisce. «Io sono la sposa, Ava. Non fare incazzare la sposa, okay?». Alzo le mani, perché ha ragione. Qualunque sia il problema di Dominique, la dovrò vedere solo un paio di volte e posso fare uno sforzo per la mia amica. Cercherò di ignorare la sua insolenza, anche se ultimamente ne sto subendo fin troppa. Ma lasciamo perdere i miei pensieri! Mi guardo di nuovo intorno e cerco di abituarmi a tutti quegli appendiabiti zeppi di vestiti bianchi tutti in tono alla stanza circolare. Siamo sedute su un divano bianco al centro, e mi viene la nausea. Vi mi guarda sconcertata. «Ava, tutto bene? Stai per vomitare?». Scuoto la testa, mordendomi il labbro per non parlare. Temo che abbia ragione, se apro bocca rigetterò tutto il pranzo. Ma prima di avere tempo anche solo di pensarlo, la tenda dietro gli appendiabiti si apre come un sipario e sbuca la donna del momento con in mano una gruccia rivestita di velluto bianco da cui scende, appoggiato sul suo braccio, un vestito di seta rosso. Per ora, va tutto benone! Vi batte le mani eccitata e saltella sul divano di fianco a me. Madame Dominique si ferma di fronte a noi e, in modo cerimonioso, rivela l'abito in tutto il suo splendore. Sono scioccata. L'abito è semplicemente mozzafiato. Lo fisso senza parole e Vi mi guarda preoccupata, prendendo il mio silenzio per disgusto. «Oddio, non ti piace. Dominique, non le piace, aiuto». Madame Dominique la tranquillizza. «Oh ma chérie, è solo strabiliata dalla squisitezza del capo, C'est vrai?», mi fissa spigolosa. Sono pienamente d'accordo con lei, niente taffetà o rosa meringa. «Vi, lo adoro. È semplicemente fa-vo-lo-so». Le sorrido, prendendole la mano. Sfrigola di felicità. «Non lo dici solo per farmi felice, vero? Ti piace davvero?». «Ma sei matta? È indescrivibile», le rispondo fissando l'abito. Dominique deve essersi ispirata al vestito di Marilyn Monroe nel film Quando la Moglie è in Vacanza. Mi guarda soddisfatta, e sembro piacerle un po' di più ora che adoro il suo vestito. «Vai a provarlo, chérie», mi dice porgendomi l'abito. Sorrido a Vi, che annuisce con approvazione. È al settimo cielo e so che, anche se avessi odiato quest’abito, l'avrei indossato come il più bello dell'universo, per la mia amica. È il suo grande giorno e farò il possibile per renderlo straordinario. Mentre vado verso i camerini bianchi, adornati di seta bianca, rimango stupita dalla dimensione dell'enorme specchio incorniciato di faretti, come quelli delle star di Hollywood. Mentre mi spoglio sento la porta del negozio aprirsi e Vi strillare. Mi spavento un attimo, ma poi sento la voce di Lucas. Anche lui sarà qui per la prova del vestito, visto che Dominique si occupa dell'abito sia per lui che per il suo testimone. Mi infilo nel capo di seta rosso e annodo il fiocco elegante intorno alla vita, lasciando che scenda per tutta la lunghezza. L'abito è stile impero, con la vita alta sotto il seno e l'allacciatura al collo che lascia nude le spalle e rivela un po' troppa scollatura per un matrimonio. È lungo, ovviamente, ma a parte questo è perfetto. Due cosine da aggiustare e mi calzerà a pennello. Passo le mani sul tessuto setoso e d'un tratto mi sento felice per la mia amica. Sarà il giorno più bello della sua vita e sono onorata di farne parte. Mi rendo conto di non essere stata proprio la damigella perfetta, e farò meglio a cambiare subito atteggiamento, se non voglio subire le ire funeste di Vi. D’ora in poi eseguirò tutti gli ordini che mi darà, senza tante polemiche, perché lei farebbe lo stesso per me. Sarò così felice quando toccherà a me? Ora non ci voglio pensare. Con il mio nuovo abito da nozze, svolazzo fuori dal camerino. «Ta-dà! Come vi sembra?». Apro le braccia per rivelare il capo in tutto il suo splendore, ed è una pessima idea, perché sento aprirsi la fascia intorno alla vita. Ma questo è il meno, perché inciampo e a momenti mi fracasso al suolo quando vedo il pubblico che ho davanti. Un paio di occhi cerulei mi stanno scrutando, e sono confusi quanto me. Mi volto per guardare Vi, che è al mio fianco e sta cercando di rimettermi in equilibrio con un sorriso nervoso. Non riesco a parlare perché sto ingoiando la lingua. Girandomi di nuovo verso quegli occhi, il mio stomaco si contorce perché l'uomo che ho lasciato, a cui ho mentito e a cui ho spezzato il cuore, mi sta fissando con odio puro. So che è incazzato nero con me e non posso biasimarlo. Ma nonostante il disprezzo che mostra, sono felice di vederlo. La mia felicità, però, viene subito troncata quando gli sento dire a denti stretti: «Che cazzo ci fa lei qui!?».
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