Il professor Rossi ricordava perfettamente quel momento in cui aveva deciso di occuparsi di Lucia. Durante la ricreazione, gli altri insegnanti gli avevano chiesto se non fosse problematico avere a che fare con lei, considerati i suoi precedenti. In ufficio, lui aveva risposto con calma: "Credo in questo studente, ha una certa grinta."
Lucia aveva violato le regole scolastiche e i suoi voti erano crollati drasticamente. La scuola stava per espellerla, ma lei si era riconosciuta in errore e aveva promesso di risalire di cento posizioni in soli due mesi. Questo impegno aveva colpito il professor Rossi: vedere una studentessa capace di ammettere i propri sbagli, di tornare indietro senza lasciarsi sopraffare dalle emozioni, era un esempio raro, persino tra gli adulti. La sua capacità di rimettersi in carreggiata così velocemente lo incuriosiva.
Decise di darle un'altra possibilità, non solo per dimostrare agli altri insegnanti che poteva farcela, ma anche per osservare come avrebbe affrontato il giudizio e l'ostracismo dei compagni. La loro scuola era nota per la grande pressione a cui sottoponeva gli studenti, e il bullismo era una realtà abbastanza comune.
Tuttavia, il professor Rossi rimase sorpreso dal fatto che non accadde nulla. Non c'era bullismo nei confronti di Lucia, nonostante le sue difficoltà e il passato travagliato. Continuava a vivere serenamente, senza che il giudizio altrui la toccasse.
Chiese al rappresentante di classe di prestare attenzione alla situazione, ma lui rispose: "Professore, stia tranquillo. Tutti apprezzano Lucia, nessuno la bullizza."
Il professor Rossi trovava la situazione estremamente strana: già la rapidità con cui la persona aveva trovato il coraggio di riprendersi lo aveva sorpreso, il fatto che fosse riuscita a gestire una questione così delicata lo lasciava del tutto perplesso.
Ma, alla fine, era solo un dubbio.
Inizialmente, pensava che quella persona fosse solo un altro studente smarrito che aveva aiutato a rimettersi in carreggiata. Non si sarebbe mai aspettato di sentire la sua voce nel seminterrato.
Quando il professor Rossi si rese conto che si trattava di Lucia, provò una speranza. Cominciò a fare rumore, aspettando di essere scoperto da lei.
Ma nulla, da ieri a oggi, nessuno sembrava aver notato i rumori che faceva. O forse lo avevano già scoperto, ma avevano scelto di ignorarlo.
Intorno alle tre del mattino, si udiva vagamente il rumore del camion della spazzatura che scaricava i rifiuti fuori.
"Svegliati... svegliati..."
Il professor Rossi sentì qualcuno scuoterlo. Si svegliò confuso e davanti a sé vide una figura bianca-un fantasma?!
Sobbalzò per lo spavento, ma guardando meglio si rese conto che era una persona con un foglio A4 sul viso, con due buchi attraverso cui si vedevano solo gli occhi.
Quella strana voce bassa proveniva da sotto il foglio A4.
"Ti sei svegliato?"
Il professor Rossi era ancora legato, con una pezza sporca in bocca, ma almeno non aveva più gli occhi bendati.
Non era più nella stessa condizione di quando era stato legato lì per la prima volta: non mangiava né beveva da due giorni e non dubitava che, se non avesse collaborato, sarebbe morto di fame lì, lentamente.
Fece cenno all'altra persona di togliergli la pezza dalla bocca. Voleva parlare.
La figura stava usando la torcia del cellulare per illuminare la stanza, ma la luce era fioca.
Esitò per un attimo, poi sembrò decidere di non voler lasciare che il professor Rossi parlasse. Ma subito dopo, tirò fuori un foglio di carta dalla tasca, avvolse la pezza e solo allora la tolse dalla bocca del professore.
Era solo uno studente delle superiori.
"Lucia" disse il professor Rossi, riconoscendo immediatamente chi fosse.
"Chi è Lucia?"
"So che sei tu. Ho riconosciuto anche tua madre." Il professor Rossi non la insultò né le chiese di liberarlo. Con voce calma, disse: "So che sei molto agitata e spaventata."
"Non sono agitata."
Lucia tolse finalmente il foglio A4 dal viso e disse: "Hai detto che l'hai riconosciuta? Allora hai anche capito che è la madre di una delle vittime del caso di omicidi seriali di anni fa?"
Il professor Rossi rispose: "Quali omicidi seriali? Perché tua madre mi ha legato qui? E quale indirizzo vuole che le dia?"
Lucia lo fissò e disse: "... Hai ritirato una piccola rivista di gossip a scuola, e non conosci questa storia?"
Improvvisamente, sembrò avere un'illuminazione: "Ah, è tutto legato a quell'immagine che mi assomiglia? Pensate che io sia l'assassino? Tua madre è una delle vittime, quindi mi avete rapito per vendetta? Ci ho riflettuto per due giorni ma non avevo ancora capito."
"Davvero? Non ci credo," disse Lucia fissando il professore, cercando di leggere sul suo volto qualche contraddizione.
"Lucia, pensaci bene," rispose l'uomo con voce ferma. "L'immagine che circola online è identica a come sono ora, ma il delitto è avvenuto più di dieci anni fa. Pensi davvero che potrei essere esattamente lo stesso dopo tutto questo tempo?"
Lucia sembrava riflettere, ma esitava. Non osava più guardarlo negli occhi. Sembrava che, in parte, stesse iniziando a credergli, anche se continuava a ripetere: "Forse era un sogno, qualcuno potrebbe aver sognato te come sei ora."
"Tu stessa credi davvero a quello che dici?" le chiese il professore, con tono fermo.
La studentessa, che si trovava a
dover affrontare una situazione
estremamente difficile, inizialmente
guardò con cautela il suo
insegnante. Vedendolo legato in quel
modo, con il sangue che gli colava
dall'angolo della bocca e gli occhi
iniettati di sangue, all'improvviso gli
lanciò uno sguardo risoluto e gli
chiese: "Professore Rossi, c'è una
possibilità che tu sia davvero il serial
killer?"
"Ho parlato con tuo figlio. Mi ha
detto che da piccolo piangeva
spesso ed era un bambino ad alta
richiesta, al punto che faceva
impazzire tutti al punto di volerlo
uccidere."
Il professor Rossi sembrava non
capire il senso delle sue parole. "Solo
perché mio figlio era un bambino ad
alta richiesta, questo significa che io
debba uscire a uccidere persone?
Ascolta quello che stai dicendo, ti
sembra logico?"
Lucia lo osservava con attenzione, era una studentessa diligente pronta a controbattere con un esempio: "Ci sono uomini che, nella società, sembrano gentili e affabili, ma accumulano frustrazioni. Quando tornano a casa, picchiano i figli e le mogli per sfogare la loro rabbia."
Rossi replicò: "Vai a chiedere alla mia ex-moglie se l'ho mai picchiata."
"Professore," continuò Lucia, "ci sono persone che trattengono dentro di sé emozioni negative e le riversano su altri. Chi li conosce fatica a crederci quando vengono fuori certi comportamenti. È quello che io chiamo 'conservazione delle emozioni': tutta la negatività che accumulano deve, in qualche modo, trovare una via di fuga."
"Quindi pensi che io abbia accumulato questa negatività?" chiese il professore, con un tono che oscillava tra incredulità e irritazione.
"Non dico che sia il tuo caso," rispose Lucia con voce calma, "ma potrebbe esistere una persona che, cresciuta in un ambiente terribile, con un bambino che non riesce a gestire, finisca per sfogare il suo male su altri, mantenendo la facciata di uomo paziente in casa. Riuscendo a bilanciare il tutto esternando la sua rabbia su estranei."
Il professor Rossi la fissava intensamente, ma la luce del telefono che teneva in mano illuminava solo il suo volto, mentre Lucia, nascosta nell'ombra, sembrava avvolta da un mistero. Il professor Rossi non riusciva a vedere chiaramente le sue espressioni, ma sentì il peso delle sue parole: "Non ti sembra familiare, questa situazione?"
"Sono solo supposizioni, Lucia," ribatté. "Non sono un assassino. Ci sono persone che, come me, sono pazienti e gentili. La tua teoria non è altro che una congettura."
Lucia si limitò a guardarlo con uno sguardo indecifrabile, senza rispondere immediatamente.
Per il professor Rossi, Lucia sembrava mantenere una calma forzata, era il primo istinto di una studentessa dopo aver scoperto che sua madre aveva rapito il suo insegnante. Dentro di sé, sperava quasi che il professor Rossi fosse davvero un serial killer, perché in quel caso la situazione non sarebbe sembrata così complicata. Sua madre avrebbe potuto giustificare il suo gesto, e anche se la legge non fosse stata dalla sua parte, sarebbe stato meglio che aver rapito e maltrattato un uomo innocente.
L'uomo, che non riusciva a vederla bene nel buio del seminterrato, cercava di esprimere sincerità: "Non sono un assassino."
Lucia lo guardò, con un misto di cinismo e realismo: "Non credo che continuare a spiegarti serva a qualcosa."
Il professore rimase interdetto: "Se tutti pensano che sia un serial killer, non dovrei spiegare?"
"Puoi spiegare quanto vuoi, ma mia madre non ti crederà mai. Potrebbe tenerti chiuso qui finché non rivelerai dove si trova sua figlia." Lucia fece una domanda crudele ma logica: "Perché non le dici dove hai sepolto la bambina?"
"Non lo so." La sua risposta fu secca e immediata.
"Tua madre ha chiaramente dei problemi mentali; non preoccuparti, non la denuncerò, anche se sarò libero." L'uomo cercava di convincere Lucia a collaborare: "Non ho subito danni seri, anche se sento dolore, non è nulla di grave. Se mi lasci andare, dirò che ho bevuto troppo e sono caduto in una fossa."
Lucia lo fissò incredula: "Ma davvero credi a quello che stai dicendo?"
Il professore rimase in silenzio per qualche istante, rendendosi conto della gravità della situazione.
"Siamo in una situazione senza uscita," continuò Lucia. "Qualcuno deve fare un passo indietro."
Il professor Rossi si rese conto che, per lei, non c'era alcun senso morale coinvolto. Lei sapeva ciò che voleva ottenere, e qualunque cosa lui dicesse sarebbe stata inutile.
"Cosa vuoi fare?" chiese, in tono dimesso.
Lucia disse: "A me interessa solo proteggere mia madre, quindi posso lasciarti andare. Ma devi darmi un punto debole, devi dirmi dove sono seppelliti i bambini di allora. In questo modo, se mi tradisci, ti denuncerò come l'assassino. Se faccio il tuo nome, anche mia madre finirà in prigione per più di dieci anni."
Era molto seria e continuò a cercare di convincerlo: "Questa è la tua unica via di salvezza. Finché avrò un punto debole contro di te, posso essere sicura che non andrai a denunciare nessuno, e allora ti lascerò andare. Cosa ne pensi?"
"È un buon piano," ammise il professore. "Ma davvero non so nulla. Non sono l'assassino, vi siete sbagliati."
Lucia abbassò lo sguardo, osservando con attenzione il suo gentile insegnante: "Questo è un problema tuo. Io posso accettare solo questa soluzione. Quindi, se non vuoi morire, è meglio che tu sia davvero colpevole."
Prese un pezzo di stoffa per imbavagliarlo di nuovo, ma il professore, capendo che stava per perdere l'occasione di negoziare, scosse la testa e si affrettò a dire: "Tua madre non è in buone condizioni mentali. Per ora riesce a controllarsi, ma se scopre che non posso dirle dove si trova sua figlia, potrebbe davvero uccidermi."
Lucia si fermò per un istante, riflettendo sulla questione. Aveva ragione, sua madre non avrebbe aspettato a lungo.
L'uomo cercò di farla ragionare: "Uccidere è facile, ma sbarazzarsi di un corpo è difficile."
Lucia alzò lo sguardo, sorpresa: "Professore, come fai a saperlo? Hai mai dovuto sbarazzarti di un corpo?"
Il professore rispose in tono piatto: "Chiunque lo sa."
Lucia emise un leggero suono di approvazione e continuò a osservare l'uomo, ancora così gentile anche in quella situazione disperata. Non poté fare a meno di rispondergli: "Non posso fare diversamente, professore. Ho una madre che ha sofferto."
Poi, senza esitazione, gli tappò di nuovo la bocca.
L'uomo non lottò. Non implorò neanche per la sua vita. Sembrava rassegnato, quasi stranamente tranquillo.
Anche Lucia sembrava non essere più se stessa.
La situazione era surreale: da un lato, c'era sua madre che aveva rapito quell'uomo; dall'altro, lui era prigioniero da due giorni. Ma entrambi mantenevano la calma, senza che nessuno dei due crollasse. Parlare faccia a faccia era come discutere di un problema difficile in classe, rispondendosi a vicenda su come risolverlo.
Ovviamente, uno sperava di essere liberato, anche se questo significava che la madre di Lucia finisse in prigione; l'altra parte voleva che lui confessasse di essere un serial killer, il che avrebbe potuto portarlo alla pena di morte. Era un problema senza soluzione.
Alla fine, Lucia portò via l'unica fonte di luce del seminterrato e tutto tornò nell'oscurità.
Risalì al piano superiore con calma, si sdraiò sul letto e tirò un sospiro, come se avesse liberato il peso che portava dentro. Il soffitto della camera, illuminato dalla luce fredda del lampione esterno, aveva una sfumatura biancastra. Aprì il telefono e, senza mostrare alcuna emozione, iniziò a cercare:
"Quanti anni di prigione si rischiano per occultamento di cadavere?"