"Lucia, cosa stai facendo?" chiese Gaia, la compagna di banco di Lucia, appena entrò in aula. Rimase scioccata nel vedere Lucia girare freneticamente due sassi tra le mani, tanto velocemente che sembravano fumare.
"Quanta pressione hai addosso?" continuò Gaia. "Lucia, i miei sono sassi, non noci. Non dovresti trattarli così!" Si affrettò a recuperare i sassi dalle mani di Lucia e, preoccupata, chiese: "Ti senti sotto pressione in questi giorni?"
Lucia rispose: "Non è proprio la pressione, sto solo cercando di risolvere un problema."
"Quale problema? Dimmelo, ti aiuto a pensarci. Negli ultimi giorni non hai nemmeno voglia di lavorare sul giornale, e si annoiano tutti senza il giornale. Devi rimetterti in carreggiata!"
Lucia, infatti, si sentiva un po' distratta dopo quello che è successo ieri e non si era occupata del giornale scolastico.
Decise di confidarsi un po' con Gaia: "Mia madre non sta bene ultimamente. Non riesce a dormire, e la cosa non può continuare così. Sto cercando di capire quali integratori potrei comprarle. Ne voglio uno che la aiuti a calmarsi e dormire meglio. Credo che la sua insonnia derivi da uno stato d'ansia. Tu ne hai mai comprati?"
Gaia si rilassò, pensando che si trattasse solo di questo, e rispose: "Se hai chiesto a me, allora hai fatto bene! Ma un consiglio: non comprare mai integratori in farmacia!"
Lucia si illuminò e abbracciò il braccio di Gaia, ridendo: "Per fortuna che ci sei te!"
Gaia, ridendo, iniziò a condividere la sua esperienza: "Anche mia madre aveva problemi di insonnia e diventava molto nervosa. All'inizio provò con gli integratori, ma non servirono a nulla, a parte farla ingrassare. Poi le consigliarono l'agopuntura, e in pochi giorni stava molto meglio."
Lucia pensò che fosse un'ottima idea: "La farò provare a mia madre."
Gaia le diede un consiglio in più: "Si chiama Centro di Agopuntura di Maria. Non andare in uno dei grandi centri, sono troppo standardizzati. Ti conviene andare in un piccolo negozio gestito dal proprietario; sono più attenti ai clienti e trattano i problemi in modo personalizzato."
Lucia rimase colpita: "Sei una vera esperta! Grazie mille."
Nel frattempo, dall'altra parte della città, Emanuele stava seduto nel Centro di Agopuntura di Maria, dove sua madre stava trattando un cliente.
Riflettendo su quanto accaduto recentemente, Emanuele si rese conto che forse aveva intrapreso la direzione sbagliata fin dall'inizio. La scomparsa di suo padre e la diffusione delle foto online erano avvenute in breve tempo, ma la polizia non aveva trovato nulla di sospetto nei filmati di sorveglianza.
Aveva anche chiesto alla scuola di suo padre informazioni sulle sue relazioni, ma tutti dicevano che era una persona gentile, sempre disponibile ad aiutare. Non c'era nulla di sospetto.
Forse, pensò, la risposta non era nei familiari delle vittime, ma in qualcuno che faceva parte della vita di suo padre.
Dopo aver aspettato per più di un'ora, sua madre uscì dal centro insieme a una cliente abituale.
La cliente lo vide e disse: "Maria, è tuo figlio, giusto? È proprio carino, sta studiando all'università?"
Maria, un po' orgogliosa, rispose: "Sì, è mio figlio. Si è laureato e ha superato l'esame per il master."
La cliente sorrise ammirata: "Davvero impressionante! Da adesso in poi potrai finalmente rilassarti."
Emanuele aggrottò le sopracciglia. Quel tipo di complimenti lo infastidiva. Sentiva che il merito del suo successo non era affatto di sua madre, ma di suo padre.
Quando la cliente se ne andò, Maria si avvicinò a suo figlio con un bicchiere d'acqua in mano. "Scusami, quella era una cliente abituale. Ha prenotato all'ultimo minuto perché aveva mal di schiena."
Emanuele non voleva discutere, così prese il suo telefono e iniziò a registrare una conversazione: "Ora sospetto che papà non sia stato rapito dai familiari delle vittime, ma da qualcuno che conosceva. Dovresti sapere tutto su di lui. Hai qualche idea?"
Maria percepì l'irritazione nella voce di suo figlio e, anche se infastidita, cercò di restare calma.
"Fammi pensare," rispose.
Emanuele, impaziente, incalzò: "Pensa a parenti, amici, colleghi."
"Parenti? I miei non hanno nulla a che fare con lui. Tuo nonno è morto da tempo e tua nonna, ormai anziana, non potrebbe mai rapire tuo padre."
"Amici..." Maria si fermò a riflettere. "Non mi sembra che avesse amici. Quando eravamo insieme, non l'ho mai visto contattare vecchi amici di scuola."
Emanuele si rese conto che era vero. Come poteva suo padre, una persona così gentile e socievole, non avere amici?
"Forse, quando era giovane, si è cacciato in qualche guaio? Magari qualcuno sta cercando vendetta," ipotizzò Emanuele.
Maria scosse la testa. "Tuo padre mi disse che era orfano e che non aveva contatti con altri parenti. Non ho mai conosciuto nessuno della sua famiglia."
Anche Emanuele non ricordava di aver mai incontrato parenti paterni. Era sempre stato circondato solo dalla sua famiglia, dai colleghi di suo padre e dai vicini di casa.
Maria si ricordò di alcuni dettagli del passato, eventi sepolti nella memoria che, se non fosse stato per la situazione attuale, probabilmente non avrebbe mai rievocato.
"Quando avevi sette o otto mesi, una donna venne a casa nostra cercando tuo padre, dicendo di essere sua sorella."
"Tuo padre, però, disse che doveva trattarsi di una truffatrice e da quel momento non la vedemmo mai più. Ricordo che le somigliava un po', e pensai che i truffatori fossero davvero abili nel trovare somiglianze."
Emanuele prese nota di tutto.
Quella sera, Emanuele condivise con Lucia le informazioni raccolte.
"Non ho trovato nulla di importante. Mia madre non sa molto e ha i suoi impegni, quindi non può davvero aiutarmi. Mi sento un po' perso," confessò. Sembrava che ci fosse una distanza insormontabile tra lui e i dettagli che desiderava scoprire. Se solo sua madre avesse potuto aiutarlo, sarebbe stato tutto più facile.
Lucia, tuttavia, aveva buone notizie.
"Ho parlato con quell'imprenditore, e ha accettato di aiutarci a contattare tutte le famiglie delle vittime, per capire se qualcuno di loro potrebbe essere coinvolto nel rapimento."
"Ha davvero accettato di aiutarci?" Emanuele non poteva crederci.
"Sì, gli ho spiegato che, se dietro a tutto questo ci fossero davvero i familiari delle vittime, sarebbero in una situazione disperata. Perché se tuo padre fosse l'assassino, non confesserebbe mai, a meno che non fosse completamente folle; e se invece non lo fosse, non potrebbe fornire le risposte che cercano. Ho quindi chiesto il suo aiuto per trovarlo, prima che le cose degenerino, sia per tuo padre che per le famiglie delle vittime."
"C'è solo una condizione: una volta trovato tuo padre, l'imprenditore vorrà parlargli di persona, per assicurarsi che non sia il colpevole dell'omicidio di suo figlio."
Lucia continuò: "Dato che tuo padre non è un assassino, non c'è nulla di cui avere paura, quindi ho accettato."
Emanuele non ebbe nemmeno il tempo di reagire, che già aveva ricevuto un altro messaggio da Lucia: "Inoltre, ho preso l'impegno io stessa. Nel caso qualcosa andasse storto, potrete sempre dare la colpa a me,dicendo che sono solo una liceale e non so cosa sto facendo."
Lucia era davvero generosa e altruista.
Emanuele rispose prontamente: "Va bene, non abbiamo nulla da temere."
Lucia, da parte sua, rispose: "Non preoccuparti, so cosa fare."
Poi, subito iniziò a pianificare i prossimi passi: "Ora che abbiamo un imprenditore disposto ad aiutarci, non dobbiamo più preoccuparci delle famiglie delle vittime. Domani dovresti concentrarti sull'indagare sui parenti di tuo padre." Lucia gli fornì un piano dettagliato. "Puoi chiedere direttamente alla polizia. Non dire che tuo padre è orfano; spiega solo che c'è stato un problema e hai bisogno di rintracciare i tuoi nonni o una zia, ma non sai dove si trovano. Chiedi alla polizia se possono aiutarti."
Emanuele si rese conto che non aveva ancora pensato alla polizia.
"Intanto, io terrò sotto controllo la situazione a scuola."
"Fammi sapere se hai qualche novità; possiamo discuterne insieme."
"Va bene, basta che tu non ti lamenti di me" rispose Emanuele.
Lucia fu chiara: "Non ti preoccupare. Sei mio amico, e tuo padre è l'insegnante che rispetto di più. Se non potessi aiutarti, mi sentirei davvero in colpa. Lavoriamo insieme e sono sicura che riusciremo a trovare tuo padre."
Emanuele lesse il messaggio e un nodo di emozione gli salì alla gola.
Finora era sempre stato protetto da suo padre, era sempre stato lui a prendere decisioni per ogni cosa. Ora che era scomparso, Emanuele si era sentito perso e disorientato. Il suo primo istinto era stato quello di cercare aiuto da sua madre, ma lei non era stata in grado di prendere in mano la situazione.
Lucia, invece, aveva subito assunto il controllo della situazione, facendo sentire Emanuele immediatamente sollevato.
Il peso della scomparsa di suo padre e l'ansia di non sapere cosa fare svanirono d'improvviso.
Emanuele si rese conto che, in quel momento, sua madre era meno utile di un'estranea.
Lucia, dal canto suo, aveva intuito perfettamente i sentimenti del ragazzo fin dal primo giorno. Con quel messaggio aveva stabilito le basi del loro futuro rapporto di collaborazione.
Dopo la conversazione, Lucia si spostò con tranquillità con uno sgabello, dirigendosi verso il seminterrato. Sua madre non era a casa; l'aveva convinta ad andare a fare un trattamento di agopuntura e ora aveva un'ora di tempo.
"Professore, hai deciso cosa fare? Puoi dirmi dove si trova la bambina di allora?"
"Anche se tua madre mi ha torturato così, non sono riuscito a dirle nulla. Davvero credi che io sia l'assassino?" Il professore era visibilmente stanco e affranto.
"Ma è diverso. Se lo dici a mia madre, sarebbe finita per te. Tu non le dirai mai nulla, lo so bene. Ma se me lo dici a me, ti lascerò andare, e non ti denuncerò. Voglio solo una garanzia."
"Non ho mai ucciso nessuno. Non importa quante volte tu me lo chieda, non sono il colpevole."
Lucia posizionò lo sgabello davanti al suo insegnante e scoppiò improvvisamente a ridere: "Professore, la persona che vorresti uccidere di più è tuo figlio, vero? Un bambino chiassoso e fastidioso, stupido come un maiale. Dev'essere davvero difficile insegnargli."
"Lucia, smettila di fare queste supposizioni senza senso. Prima mi condanni e poi cerchi le prove, finendo per pensare che ogni indizio è un accusa."
"Non puoi picchiarlo, perché vuoi essere un buon padre. E non puoi ucciderlo, altrimenti andresti in prigione. Non sai dove sfogare la tua frustrazione. Come hai scelto il primo bersaglio?"
"Stai dicendo solo sciocchezze."
"Perché il primo bersaglio continuava a piangere?"
Su internet c'erano molte informazioni sui casi di quell'epoca, incluso il primo omicidio.
La vittima aveva solo quattro anni e stava passeggiando con il nonno nel parco. Dopo pochi passi, il bambino si era messo a piangere e rifiutava di camminare. Il nonno, frustrato, lo minacciò: "Nonno se ne va, non ti vuole più."
Come spesso fanno gli anziani per far obbedire i bambini.
Si voltò e il bambino era scomparso.
"Stai dicendo sciocchezze. Non ho mai fatto una cosa del genere."