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La passione di Darius

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Somerset, 1837

Sono anni che Darius Rourke prova un’ardente passione per Marianne George, bella quanto misteriosa, e, non appena si presenta l’opportunità di farla diventare sua moglie, l’uomo non se la lascia sfuggire. La giovane, anche se stregata dai suoi modi imperiosi, custodisce un segreto che crede possa impedirle di esser degna dell’amore di Darius.

Una tenebrosa sensualità, fatta di sguardi, carezze e baci, darà vita a un’intensa e focosa storia tra i due amanti, i quali si ritroveranno a scoprire i peccati e i segreti l’uno dell’altra. Intraprendendo un viaggio insieme, Darius e Marianne scopriranno che essere al comando è importante quanto saper cedere.

Un uomo che sa cosa vuole… Una donna che ha bisogno di lui per capire di essere all’altezza…

Questo libro è un romanzo erotico e non è destinato a lettori di età inferiore ai 18 anni.

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CAPITOLO 1
CAPITOLO 1 La dichiarazione Costa del Somerset, 1837 Ogni domenica, Darius sceglieva con cura il suo posto. Abbastanza vicino da poter cogliere il profumo della donna, stando soltanto seduto dietro di lei, in chiesa; lo aspettava impaziente, sapendo già che lo avrebbe percepito, giacché era avvezzo alla sua fragranza preferita. La delicata essenza di violette si diffondeva nell’aria fino a raggiungerlo e con la sua morbida dolcezza suscitava in lui, al contempo, agitazione e pace. Assaporando il momento in cui avrebbe potuto far propria anche solo una minuscola parte di lei, Darius si concedeva il mero piacere di respirarla. Era il collo la zona che più amava. Adorava osservare il punto in cui i suoi capelli color del caffè sfioravano la pelle, con appena qualche ciocca che sfuggiva all’acconciatura. Abbandonandosi a sogni selvaggi che la vedevano protagonista, se la figurò con tutte quelle magnifiche onde setose sparpagliate sulla pelle candida e nuda. Si immaginò di scostarle, per posare le labbra su quel punto che tanto desiderava conoscere. Pensò alla gioia di poterla possedere del tutto e al corpo di lei, morbido e arrendevole, sotto il suo, possente e autoritario, pronto ad accoglierlo dentro di sé, quando lui l’avrebbe presa. La brama di lei non era certo una novità. Conosceva quella sensazione già da molto tempo, poiché, agli occhi di Darius, Marianne era pura perfezione. Marianne poteva anche essere perfetta, ma suo padre era un idiota. Il signor George era un uomo debole, aveva ceduto alle lusinghe dell’alcol dopo la morte della moglie, portando la famiglia alla rovina, a causa del bere smodato e del gioco d’azzardo. Data la velocità con cui procedeva in quella direzione, Darius pensò che il tracollo del padre di Marianne si sarebbe comunque conciliato alla perfezione con i propri piani. Essendo un uomo paziente, s’immaginò di non dover aspettare ancora a lungo; ci avrebbe pensato il signor George al posto suo. Un fremito le drizzò la peluria sulla nuca. Ne era conscia: aveva i suoi occhi addosso. Ancora. Marianne si diede un’occhiata attorno nel momento in cui terminò la funzione. Sì, era proprio così: lì, in piedi, lui la fissava, con quegli occhi scuri che le intimavano di incrociare il suo sguardo. Suo padre gli rivolse un educato cenno del capo. «Signor Rourke, buongiorno.» «Signor George, signorina Marianne, mi sembrate in ottima forma quest’oggi.» Il signor Rourke salutò calorosamente entrambi, ma i suoi occhi restarono incollati su Marianne. «Sì, signore, la mia Marianne è splendida. Ha preso da sua madre, che Dio l’abbia in gloria» replicò l'uomo facendo il segno della croce. «Oserei dire che non esiste bellezza più incantevole in tutta la contea del Somerset» si vantò. Marianne avrebbe desiderato nascondersi sotto una panca per la vergogna. Perché suo padre si comportava così? Trovava volgarmente disdicevole quel malcelato tentativo di gettarla tra le braccia di un facoltoso gentiluomo qual era Darius Rourke. Imbarazzata si sentì avvampare il collo. «Papà, ti prego!» esclamò tirando l’uomo per un braccio per portarlo via. Rivolgendo al signor Rourke un’occhiata comprensiva, mimò con le labbra un tacito: “Sono desolata” per le maniere molto poco educate del padre, prima di voltarsi e andarsene. Mentre Marianne lo accompagnava fuori sul sagrato, il padre quasi la travolse con quel suo commento espresso a gran voce: «Ma come? Come può un padre non desiderare il meglio per la sua bambina? Quel signore nutre ammirazione per te! Faresti bene a incoraggiarlo, fanciulla!» Come avrebbe potuto non sentire? Il signor Rourke non era di certo sordo. «Shh, papà!» Marianne si ripromise tra sé e sé di non recarsi a messa la domenica seguente, dato che non aveva idea di come affrontare il signor Rourke dopo quella sceneggiata imbarazzante. Ci fu qualcosa, però, che la costrinse a voltarsi, benché fosse perfettamente conscia di cosa l’attendeva. Fermo sempre nella stessa posizione, gli occhi ancora fissi su di lei, il signor Rourke le rivolse un sorriso che sapeva di onniscienza, quasi avesse avuto la certezza che Marianne si sarebbe girata di nuovo a guardarlo. Oh, santo cielo! Devo essere finita all’inferno. Il signor Rourke era un uomo silenzioso, più grande di lei di almeno una decina di anni, e sprigionava un’aura di mistero che alludeva alla forza del suo temperamento, benché essa restasse convenientemente velata sotto il contegno signorile proprio del suo rango. Esercitava una certa influenza in quasi tutti i suoi rapporti sociali e, benché la cosa non fosse propriamente riconducibile a una sua parola o a un’azione specifica, restava ciononostante ben visibile. Marianne lo riteneva un uomo di gran fascino. Con i suoi tratti nobili, riusciva ad attirare l’attenzione di numerose donne. Il corpo slanciato, insieme alle spalle robuste, veniva magnificamente esaltato dai raffinati abiti in stile europeo. La sua pelle risplendeva di una tonalità più scura rispetto alla carnagione tipica di un inglese, un colorito dorato che creava un accostamento perfetto con i capelli e gli occhi scuri. Il suo fascino toglieva il fiato. Comunque, bellezza virile a parte, Darius Rourke non era fatto per lei. Nessun uomo era fatto per lei. Marianne non riusciva a comprendere come lui potesse anche solo nutrire dell’interesse nei suoi confronti. Aveva un’educazione di tutto rispetto, certo, era figlia di un gentiluomo dopotutto, ma la loro condizione aveva subito un pericoloso declino negli ultimi anni. La sua dote era svanita già da tempo tra bevute e carte da gioco. Ci aveva pensato il padre. Marianne ebbe un sussulto al pensiero dei debiti che aveva accumulato durante le sue sortite in città. Eppure, ogniqualvolta le loro strade si incrociavano, il signor Rourke non mancava di dimostrarle cortesia e rispetto particolari. Nei confronti di Marianne, si era sempre mostrato un galantuomo degno della propria levatura, anche se lei aveva colto le avvisaglie di qualcos’altro. In quelle attenzioni, c’era qualcosa che la turbava e nel profondo. Aveva l’impressione che egli avesse la capacità di leggerle dentro e conoscesse ogni suo pensiero. Tutte le volte che le rivolgeva uno sguardo, con quei suoi occhi tanto intensi quanto scintillanti, la faceva sentire esposta e vulnerabile, sul punto di essere divorata. Da lui. Il signor Rourke forse conosceva quella sua “sensazione” più di quanto Marianne si immaginasse, almeno a giudicare dal suo sguardo intenso e penetrante. Ogni volta, dopo averlo incontrato, si sentiva leggermente scossa, affannata e confusa. Dovette passare un altro mese prima che il padre di Marianne li gettasse nella rovina più completa. La cosa non poté che rallegrare Darius, poiché tale risvolto si inseriva nei suoi piani alla perfezione. Darius invitò a casa sua padre e figlia con il pretesto di un picnic estivo: un pranzo all’aria aperta e una passeggiata per raccogliere qualche fragola... Le occasioni non sarebbero di certo mancate. Naturalmente avrebbero partecipato anche altre persone, amici e vicini, il signor Jeremy Greymont, i Rothvale, i Bleddington e i Carstone. Si sentiva eccitato al solo pensiero di poter passare così tante ore a stretto contatto con lei. Stava diventando una vera sfida dominare i suoi impulsi. Sì, quel giorno, a casa sua, ci sarebbe stata la signorina Marianne George, e in quel momento comprese che il tempo dell’attesa era appena giunto al termine. Lei sarebbe andata lì per un picnic, vero, ma lui aveva in serbo altri piani per la sua Marianne. Già, la mia Marianne. Darius non riusciva a frenare il fremito del suo cuore. Voleva Marianne e solo Marianne, giacché solo in lei vedeva la perfezione assoluta e per lui la cosa aveva un’importanza tale da impedirgli di considerare un’altra donna all’infuori di lei. La sognava in continuazione. Sognava di farla sua, di reclamarne il corpo, di farci l’amore. Si immaginava sopra di lei, dentro di lei. Le sue fantasie su Marianne erano sempre estremamente vivide e cariche di eroticità. Tali e analoghi pensieri su Marianne George erano la sua ossessione. Era tornato nel Somerset appena sei mesi prima, dopo un periodo di lontananza durato svariati anni, una lunga assenza durante la quale aveva creduto di aver messo da parte il suo debole per Marianne George; una convinzione, quella, che si era dimostrata falsa nell’istante in cui aveva di nuovo posato lo sguardo su di lei. La lunga attesa l’aveva messo a dura prova mentre lei cresceva e, in tutti quegli anni, l’ammirazione che nutriva nei suoi confronti così come ogni pensiero rivolto a lei erano stati una tentazione implacabile. Adesso era oramai adulta, una donna bellissima, nubile e senza legami, una primizia pronta per essere colta. Trovava magnifici i suoi capelli scuri e setosi, gli occhi azzurri e il portamento sensuale, ma la sua attrazione aveva ben altre ragioni di fondo. Lei non gli si era mai gettata spudoratamente tra le braccia, a differenza di moltissime altre ragazze. Marianne George era una fanciulla complessa e Darius era certo di conoscerne il motivo. In lei c’era molto, molto di più che la sola grazia della giovinezza. Marianne serbava in sé un fuoco che aspettava di essere acceso e di questo era certo. Tra l’altro, sospettava che il fatto di sottometterla a sé, al suo dominio, l’avrebbe allettata. Si era accorto che gli bastava fissarla intensamente perché lei si voltasse e aveva notato che, quelle sue attenzioni, le aspettava con trepidazione. Gli sguardi con cui lei lo ricambiava erano ipnotici. I suoi occhi ardevano di sensualità, alla stregua di braci che aspettano un soffio d’aria capace di trasformarle in fiamme. Darius ne era certo: il controllo gli sarebbe stato amorevolmente concesso. Se Marianne lo anelava così tanto, allora avrebbe dovuto essere il solo a concederglielo. Le avrebbe dato proprio ciò che voleva. Le guance di Marianne bruciavano. Quanto rosse fossero diventate poteva solo immaginarlo. Dai brividi che si erano impossessati del suo collo, riusciva a percepire gli occhi del signor Rourke, nel posto alla sua destra, puntati su di lei. Certo, non era una novità. Tra di loro, quel gioco stava andando avanti da settimane e doveva finire. Quello stesso giorno. Azzardò una fuggevole occhiata. Gli occhi scuri del signor Rourke luccicarono in risposta. Poi sorrise, come se si fosse aspettato quell’occhiata. Marianne cercò di dire qualcosa, improvvisando, ma le poche parole che riuscì a proferire furono: «Che splendida giornata. Avete scelto un giorno perfetto per il vostro invito, signor Rourke.» «Sì... veramente splendida» ribatté, lasciando vagare lo sguardo sul suo corpo. Marianne ebbe l’impressione che l’uomo non intendesse riferirsi al tempo e si sentì estremamente ridicola. Era meglio tenere la bocca chiusa prima di rischiare di dire altre sciocchezze. «Sono contentissimo che siate qui, signorina Marianne. Spero che questo sia il primo di tanti altri incontri.» Lei scosse la testa. «Oh, io non...» «Io dico che è giunto il momento di andare a raccogliere un po’ di frutti di bosco! Sono dolcissimi quando il sole è alto» esclamò la signorina Byrony Everley manifestando la propria opinione al gruppo. Marianne trovò l’interruzione della sua cara amica assolutamente provvidenziale. «Byrony! È la festa del signor Rourke e spetta a lui decidere» la rimproverò la madre. «Non disturbatevi, Lady Rothvale» rispose questi, alzandosi dall’erba. «Non mi ritengo minimamente offeso, anzi, oserei definire magnifica la proposta della signorina Byrony.» La sua voce si fece più intensa e le parole più cadenzate. «Mi dispiacerebbe se tutta la dolcezza delle fragole andasse perduta.» E poi fissò ardentemente la bocca di Marianne. Oh, Dio mio! Marianne deglutì rumorosamente, pensando di trovarsi in guai seri. «Sarebbe una tragedia lasciarsi sfuggire la dolcezza» aggiunse. Poi le tese una mano. «Andiamo?» Non poteva rifiutarlo. Non di fronte a tutti. Il signor Rourke era il padrone di casa e sarebbe stato scortese non assecondare il suo desiderio di accompagnarla. Marianne allungò una mano, che si sentì serrare in una stretta piena di affettuoso calore. Forse anche più di un semplice affettuoso calore. La pelle dell’uomo era bollente, tanto ardente da scioglierla. Con disinvoltura la aiutò ad alzarsi, tirandola fino a pochi centimetri dal suo mento. Che fosse pure maledetta se non avesse alzato lo sguardo per incontrare di nuovo la profondità di quegli occhi castani! Che accidenti aveva di sbagliato? Lei non voleva le sue attenzioni! Darius Rourke la turbava nel profondo. Sapeva farle dimenticare il motivo per cui non poteva acconsentire. Immaginava che presto sarebbe giunta l’ora in cui avrebbe dovuto comunicarglielo, tuttavia, per il momento, si limitò ad accettare serenamente il cestino che l’uomo le aveva porto e a osservarlo mentre ne prendeva un altro per sé, e così, ancor prima di rendersene conto, stava procedendo, in compagnia degli altri partecipanti, lungo il sentiero che conduceva alla radura con il braccio avvinghiato a quello del signor Rourke. Idiota! Darius si sentiva in paradiso, o almeno a un passo dal cielo. In quel momento aveva Marianne tutta per sé. L’aveva pian piano allontanata dagli altri astanti, portandola in un luogo di pace che credeva potesse farla distendere un po’. Non si faceva illusioni: sapeva che Marianne era diffidente nei suoi confronti e si era reso conto del fatto che, per far funzionare il piano, avrebbe dovuto guadagnarsi la sua fiducia. Marianne, per lui, era di una bellezza ipnotica, tanto che sarebbe potuto restare a guardarla in eterno. Ammirava le sue mani graziosamente eleganti, mentre le dita scostavano con delicatezza le fronde verdi in cerca di qualche frutto cordiforme. Ogni volta che scovava un tesoro di fragole sepolto sotto la vegetazione, dischiudeva leggermente le labbra. Osservarla mentre le assaggiava era, per lui, l’apice del piacere. Marianne aveva una bocca stupenda. «Oh! Qui è spuntato un rovo» esclamò la donna. Darius si avvicinò al punto da cui lei sbirciava nel groviglio di rami e si fermò alle sue spalle. «Crescono come piante infestanti, spuntano ogni anno in posti nuovi, quindi non mi stupisce.» Qualche ricciolo sfuggente si era liberato dall’acconciatura e, appena sopra l’orecchio, le erano rimasti impigliati tra i capelli alcuni pezzetti di foglia. Delizioso. Aveva voglia di posare le labbra in quell’esatto punto, per poterla lambire con un tocco di lingua e avere un assaggio di lei. Di cosa saprà? Dovette imporsi di rispondere con coerenza: «Ma è ancora un po’ presto per le more. Alla fine di luglio saranno una succosa esplosione di dolcezza. Potrete tornare allora» le disse. La schiena di Marianne si irrigidì e lo guardò in faccia. Alcune sottili rughe le segnavano il viso. «Signor Rourke, non dovete presumere che io...» «È un semplice invito a raccogliere dei frutti di bosco, signorina Marianne, e solamente se lo desiderate» le spiegò affabile e con quella risposta la disarmò. Riuscì a vedere in modo lampante il momento esatto in cui lei si pentì delle parole che aveva pronunciato, quasi fosse riuscito a leggerle nel pensiero. «Ovvio che è un semplice invito.» I suoi occhi azzurri si abbassarono di colpo. «Dimenticate ciò che ho detto.» È impossibile dimenticare qualcosa di te. Senza riuscire a trattenersi, Darius tese una mano; stava per toccarla. Marianne, però, intuì le sue intenzioni e reagì sottraendosi subito al suo gesto e allontanandosi. Lui la seguì lo stesso, togliendole abilmente il pezzettino di foglia secca dai capelli. Allora alzò la mano per mostrarglielo. «Avevate questo incastrato tra i capelli.» «Ahhh» sbuffò, con aria sollevata. «Gra... grazie, signor Rourke. Ora credo sia il caso di tornare» gli disse dolcemente, abbassando di nuovo lo sguardo. Gli balenò nella mente la possibilità di dar sfogo all’istinto di prenderla e portarla nel folto del boschetto per baciarla fino a farle perdere i sensi, ma alla fine il buonsenso ebbe la meglio. «Come desiderate.» Le porse il braccio. Nemmeno un passo dopo, dal basso si udì il rumore di un tessuto strappato. «Accidenti! I rovi mi hanno catturata!» Si girò allungando una mano verso il rametto pieno di spine incastrato nella gonna. «State attenta! Non vorrete...» «Ahi!» gridò. «... Pungervi.» Il cestino cadde a terra non appena Marianne si afferrò la mano ferita con l’altra, tenendo il palmo rivolto all’insù. «Ecco, permettetemi.» Darius le prese la mano per controllare. In effetti aveva una grossa spina conficcata nel polpastrello dell’indice, un puntino nero che pareva un vistoso intruso su quella pelle tanto adorabile. «Ve la tolgo io. Voi, intanto, tenete fermo e schiacciate il dito di lato.» Lei seguì le istruzioni alla lettera e quasi non batté ciglio mentre l’uomo le estraeva la spina, la quale fu seguita da una gocciolina di sangue rubino che, fuoriuscendo, imperlò di rosso il polpastrello. Darius non poté trattenersi: in quel momento, la mente e il corpo operavano indipendentemente l’una dall’altro, e reagì d’istinto, senza riflettere coscientemente su come sarebbe stato percepito il suo gesto. Si portò il dito di Marianne alle labbra per succhiarne via il sangue. La sua lingua fu pervasa da un gusto terroso e gli sfuggì un impercettibile gemito, seguito dal sussulto inorridito della donna, che ritrasse di scatto la mano. «Signor Rourke!» lo rimproverò, rivolgendogli un’occhiata accigliata prima di chinarsi a recuperare il cestino. Darius non riuscì a trattenere un sorrisetto e si piegò per darle una mano con le fragole. «Mi rincresce, vi garantisco che non sono un vampiro.» Lo scrutò con sguardo severo. «Non mi sembrate poi così dispiaciuto. Quanto al vostro essere diabolico, sono certa di non potermi esprimere.» Era confusa e infastidita da lui e, al tempo stesso, così straordinariamente adorabile che dovette impegnarsi a fondo per reprimere l’istinto di tirarla a sé e impossessarsi della sua bocca. Considerato lo stato di Marianne, avrebbe potuto tranquillamente prendersi uno schiaffo se ci avesse provato. «Stavo solamente cercando di cicatrizzare la ferita, e sono sinceramente dispiaciuto che vi siate tagliata» le disse. «Ora, se restate ferma, vi stacco il ramo dalla gonna.» Il leggero respiro di Marianne accelerò mentre Darius cercava di districare le spine del rovo. Si mostrò obbediente e rimase immobile per lui, tuttavia, per tutta risposta, il suo seducente corpo tremava febbrilmente sotto tutti quegli strati di tessuto. Santo cielo... come sarebbe bello tra di loro il sesso. Darius si impose di concentrarsi sull’obiettivo. Era giunto il momento di confessare. «Quest’oggi, al termine della festa, ho chiesto a vostro padre di restare. Ho alcune questioni da discutere con lui e sarei molto lieto se ci foste anche voi, signorina Marianne.» Lei fece un solo cenno di assenso. «Signor Rourke, ora dobbiamo rientrare.» Darius ebbe l’impressione che si fosse allontanata infinitamente... per il momento. «Certo che dobbiamo» confermò, indirizzandole un sorriso raggiante. Lei rimase in silenzio per tutto il resto della festa. Non c’era alcun problema: Darius poteva bearsi anche solto della sua vicinanza... per il momento. «Benché l’ammontare del vostro debito sia disastroso, signor George, ho trovato una soluzione, che, immagino, sarà di gran lunga preferibile alla prigione.» «Come posso sdebitarmi con voi, signor Rourke?» biascicò l’altro uomo, probabilmente alticcio per tutto il vino che aveva bevuto nel corso della giornata. «Datemi il consenso a prendere in sposa la vostra Marianne.» Darius colse il turbamento nell’espressione della donna di fronte a quella proposta. Lei alzò gli occhi al soffitto, le labbra si dischiusero e il respiro si fece affannato. Perfetto. «I vostri debiti saranno saldati, vi saranno concessi degli sgravi e Marianne sarà dignitosamente sistemata, protetta e accudita in qualità di mia moglie.» «Naturale, signor Rourke, che abbiate il mio consenso. Vi sposerà.» Il signor George accettò con entusiasmo. «No! Papà, non puoi costringermi!» Marianne si voltò verso Darius e i suoi stupendi occhi azzurri scintillarono davanti a lui. «Signore, io non desidero prendere marito. È una scelta che ho fatto tempo fa. Non sono adatta al matrimonio. La vostra proposta mi lusinga, tuttavia non sono nella condizione di accettarla.» Il bello è appena cominciato e ti sbagli alla grande. Sei perfettamente adatta. In quel momento, il portamento regale, gli occhi luccicanti e le guance arrossate di Marianne si fusero tutti in una magnifica visione. Fu folgorato dalla sua gola che si alzava e abbassava rapida, per il respiro affannato, mentre ciocche di capelli serici le svolazzavano attorno al capo. Aveva voglia di appoggiare le labbra sul suo collo e tirarla a sé. Poteva anche asserire di non desiderarlo, ma lui era convinto del contrario. Aveva solo bisogno di essere un po’ convinta, ecco tutto, e lui lo avrebbe fatto. Nell’arte della persuasione era un maestro indiscusso. D’istinto, Darius capì che il mezzo per arrivare a lei era suo padre. Cambiò tono, rivolgendosi unicamente a lei. «Signorina Marianne, non sarebbe un sollievo mettere da parte le preoccupazioni? Lasciare le vostre ansie e i vostri crucci nelle mani di altri? Nelle mie volonterose mani? Non vorrei mai che vi sentiste costretta o forzata in alcun modo a compiere azioni che non si accomodano al vostro spirito. La mia è un’offerta di tutto rispetto. Per me è giunto il tempo di accasarmi e per voi nutro una profonda ammirazione.» Si interruppe nel vederla deglutire a fatica; un pulsare frenetico ben visibile, sotto la mandibola, nell’incavo del collo. «Credo che di ciò siate perfettamente al corrente e credo inoltre che sareste la moglie perfetta per me. Approvo il vostro modo di comportarvi e il vostro... carattere. In voi non c’è avidità.» Darius si girò con sguardo sprezzante verso il signor George. «Tuttavia, il debito di vostro padre è gravoso. Nel giro di pochi giorni vi ritroverete fuori di casa, rinchiusi a forza nel carcere per debitori. Eppure un tanto orrendo destino non dev’essere il vostro. Detesto immaginarvi vittima di condizioni tanto sgradevoli. E sì, Marianne, dovrete pur farlo, per badare a vostro padre. È questo che scegliereste? Preferireste il carcere, anziché sposarmi?» Pose la domanda con tono gentile, sapendo perfettamente come atteggiarsi nei confronti della donna che, in quel momento, necessitava di trovare sostegno e orientamento. «Io penso che vogliate sposarmi. Non è così, Marianne?» Marianne scosse la testa con fare incredulo. «Signore, perché mai dovreste volerlo fare?» Perché ti devo avere. «Siete perfetta per me, Marianne. Bella ed elegante, e sapete qual è il vostro dovere. Fate sempre la cosa giusta, perché in voi c’è solo bontà e non volete mai deludere nessuno.» Lo osservò. Così silenziosa, solenne e assolutamente magnifica. Darius aggiunse poi queste ultime parole, in un dolce sussurro: «Non deludetemi, Marianne.»

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