Capitolo 4-1

482 Words
4 Nora Devo essermi addormentata tra le braccia di Julian perché mi sveglio quando l’aereo inizia la discesa. Aprendo gli occhi, guardo l’ambiente circostante, con il corpo dolorante per il sesso che abbiamo appena fatto. Avevo dimenticato come fosse con Julian, quanto potesse essere devastante e catartica la corsa sulle montagne russe di dolore ed estasi. Mi sento sia vuota che euforica allo stesso tempo, esausta, ma rinvigorita dal vortice di emozioni. Raddrizzandomi con cautela, sussulto quando il mio sedere contuso tocca le lenzuola. Quella era stata una delle più intense sessioni di cinghiate; non mi sorprenderebbe se questi lividi durassero un bel po’. Guardandomi intorno, vedo una porta che presumo conduca al bagno. Julian non c’è, così mi alzo e ci vado, sentendo il bisogno di lavarmi. Con mia grande sorpresa, il bagno è dotato di una piccola doccia e di un vero e proprio lavandino e un wc. Con tutti questi servizi, il jet di Julian somiglia più a un hotel volante che a un qualsiasi aereo commerciale su cui io sia mai stata. Ci sono anche uno spazzolino da denti, un dentifricio e un collutorio riposti all’interno di una piccola mensola sulla parete. Li uso tutti e tre e faccio una doccia veloce. Poi, sentendomi molto più rivitalizzata, torno in camera per vestirmi. Quando entro nella cabina principale, vedo Julian seduto sul divano, con un computer portatile aperto sul tavolo davanti a lui. Ha le maniche della camicia tirate su, che mostrano avambracci muscolosi e abbronzati, e ha un cipiglio di concentrazione sul volto. Sembra serio, e così straordinariamente bello che mi si ferma il respiro per un momento. Come se avesse percepito la mia presenza, alza lo sguardo. "Come stai, gattina mia?" chiede, con voce bassa e intima, e sento un caldo rossore che si muove dentro di me come risposta. "Sto bene." Non so cos’altro dire. Mi fa male il sedere perché mi hai frustata, ma va bene lo stesso perché mi hai allenata a farmelo piacere? Sì, certo. Le sue labbra si arricciano in un sorriso lento. "Bene. Mi fa piacere sentirtelo dire. Stavo per venire a prenderti. Dovresti tornare al tuo posto—stiamo per atterrare." "Va bene." Seguo il suo consiglio, cercando di non sussultare per il dolore causato dal semplice gesto di sedermi. Avrò sicuramente i lividi per i prossimi giorni. Allacciando la cintura, guardo fuori dall’oblò, curiosa di vedere la nostra destinazione. Mentre l’aereo attraversa la coltre di nuvole, vedo una grande città sotto di noi, circondata dalle montagne. "Che città è questa?" chiedo, girandomi verso Julian. "Bogotá" risponde, chiudendo il portatile. Prendendolo, si avvicina per sedersi accanto a me. "Ci passeremo solo un paio d’ore." "Hai affari da sbrigare lì?" "Diciamo di sì." Sembra vagamente divertito. "C’è una cosa che mi piacerebbe fare prima di raggiungere la tenuta." "Cosa?" domando con cautela. Quando Julian sembra divertito raramente è un buon segno. "Vedrai." E riaprendo il portatile, si concentra su quello che stava facendo prima.
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