PARTE PRIMA Dramma-2

2000 Words
«– Non lo conosco; – mi rispose – non abita qui. – «Uscii di là con le gambe tremanti. «Eppure non pensavo ancora ad un tradimento. «Corsi subito in un piccolo quartiere che Fabio aveva affittato e ammobiliato per il nostro matrimonio. «Salii difilato al secondo piano, sonai alla porta di quel quartiere. «Comparve un giovinetto che io non conoscevo. «– Il signor Fabio Ribera? – chiesi. «– Vi siete sbagliata, bella ragazza: non abita qui. «– Ma come? Fabio è il padrone di quest’appartamento. – «Il giovinotto si mise a ridere. «– Lo sarà stato la settimana passata! – esclamò. – Adesso il proprietario sono io.... e mi dispiace che ho una visita, altrimenti sarei lietissimo di farvelo visitare. Ma se voleste venire domani.... – «Non volli sentir altro: fuggii col cuore stretto da un’orribile angoscia. «Quando fui nel vestibolo entrai in portineria. «Vi era una donna, e ciò mi diede coraggio. «– Scusate, – le dissi con voce ancora un po’ alterata – il quartierino al secondo piano, primo uscio a destra, non era stato preso ed ammobiliato dal signor Fabio Ribera?– – «La portinaia mi guardava così fissamente, che sentii le guance avvamparmi. «– Il signor Fabio Ribera non è il giovane che venne più volte in questa casa con voi? – domandò, «Feci un cenno affermativo. «– Ebbene, – soggiunse la portinaia – se vi ha detto che il quartierino era suo, vi ha ingannata. Quel quartierino lo tiene in affitto una certa Clorinda, che lo cede a giorni, a settimane, a mesi, per galanti ritrovi. – «Se non caddi di piombo a terra fu un miracolo. Ero stordita. Nonostante volli tentare un ultimo colpo, «Stamani, dopo altri due giorni d’inutile attesa, mi sono recata alla banca dove Fabio mi aveva detto di essere impiegato. «Ma neppur là sanno chi sia Fabio Ribera. «Perciò, oppressa, disperata, quasi pazza, volevo morire. – Per fortuna, – esclamò Lorenzo – siamo stati in tempo a salvarvi! – Quel birbante, – soggiunse Teresa – non merita davvero il sacrifizio della vostra vita! Dimenticatelo, è forse meglio per voi: costui non si farà più vedere. – La moglie del falegname ebbe ragione. Giulietta passò molti giorni di angoscia, poi sembrò rassegnata e riprese a lavorare in compagnia dei suoi buoni vicini. Un giorno si accòrse di essere incinta. Ella non si disperò. – Invece di morire, – disse – vivrò per la mia creatura: se non ho potuto divenire una buona moglie, sarò una buona madre. – Infatti, dato che ebbe alla luce la sua bimba, cui pose nome Gina, la giovane volle allattarla da sè, e da allora in poi si dedicò interamente a sua figlia. Ed ora quella madre così giovane, bella, onesta, veniva barbaramente assassinata! III. Mentre il medico visitava Giulietta, le guardie rialzavano bruscamente l’assassino, che volgeva all’intorno sguardi spauriti e balbettava: – Lasciatemi!... Non sono stato io!... – È stato lui! L’ho veduto uscire da questa soffitta quando sono accorsa al primo grido della povera Giulietta! – urlò Teresa. – Silenzio! – disse il medico. Egli era chinato sul corpo straziato di ferite, e, dopo alcuni minuti, si rialzò dicendo: – Non è ancora morta! Procurerò di richiamarla ai sensi. – Frattanto la sconosciuta rimaneva presso la culla, tenendo appoggiata al seno la bimba, che continuava a dormire. Il medico operò una prima e rapida fasciatura delle ferite, poi chiese dell’acqua con dell’aceto, e ne spruzzò il viso di Giulietta. Ella si mosse, aprì gli occhi. Il medico non si era ingannato: viveva. La sconosciuta non poteva più distogliere gli sguardi dall’assassinata. A un tratto gli occhi di Giulietta si rianimarono, la bocca le tremò convulsamente e lasciò sfuggire un grido rauco. – All’assassino!... Aiuto!... Prendetelo!... – disse con una voce che scosse tutti. Ad un cenno dell’ispettore le guardie trassero presso il letto il pierrot, che invano volgeva il capo per non incontrare gli sguardi dell’assassinata. – L’abbiamo arrestato, signorina! – disse l’ispettore. – Guardatelo: lo riconoscete? – Giulietta stese un braccio con un gesto che parve una maledizione. – Lo riconosco, è lui! – gridò. – Tenetelo, o mi colpirà ancora. Ed io.... non voglio morire.... – E cacciando un urlo che sgomentò tutti: – Mia figlia.... mia figlia.... la mia Gina.... – È qui, non temete; – rispose la sconosciuta con voce dolcissima – ne avrò cura io. – Giulietta si volse al suono di quella voce, guardò la bella signora, poi si vide uno spettacolo singolare. La ferita si era rialzata bruscamente sul letto afferrandosi alla sconosciuta con tutte le sue forze, guardandola avidamente e rantolando: – Lei? Lei? Ma non sa...? – Uno sbocco di sangue sgorgò dalle labbra di Giulietta, che ricadde sul letto irrigidita. Questa volta il medico disse a voce alta; – È morta! – La sconosciuta vacillò, o sarebbe caduta con la bambina, se Aldo, che le era vicino, non l’avesse sorretta. – Andiamo nella mia stanza: – disse – è inutile rimanere qui ancora. – Ma l’ispettore osservava con sorpresa quella signora elegante e le disse: – Mi permetta una domanda, signora: conosceva la giovane che hanno assassinata? – No, – rispose la sconosciuta – l’ho veduta per la prima volta questa notte. – Allora come spiega le parole della poveretta, rivoltasi a lei come a persona che non le fosse ignota? – Non so spiegarle. – Aldo fremeva a quelle domande. L’ispettore proseguì: – Per certo, signora, ella non deve far parte degli inquilini di queste soffitte. Perchè dunque si trova qui? – Questa volta Aldo non si contenne. Prima che la sconosciuta potesse rispondere, egli disse con voce sicura: – La signora è mia sorella, venuta a passare gli ultimi giorni di carnevale a Torino. Essa era nella mia stanza, quando abbiamo udite le grida di questa disgraziata e ci siamo slanciati fuori. Io stesso ho fermato l’assassino. – È vero, è vero! – dissero più voci. – Se volete le mie generalità, – soggiunse lo studente – vi sarà facile averle, perchè in questa casa tutti mi conoscono. Mi chiamo Aldo Pomigliano, sono studente ingegnere, di San Giorgio Canavese: ho i genitori viventi e quest’unica sorella maritata a Ivrea. Ed ora, permettete che ci ritiriamo. – La franchezza del giovane cancellò ogni diffidenza del funzionario di pubblica sicurezza, che disse: – Potete andare; ma forse avremo poi bisogno di voi. – Sarò sempre a disposizione dell’autorità. – E la bambina di quella disgraziata la tiene in custodia la signora? – Sì; – rispose la sconosciuta – non ho figli; le farò da madre. – Le comari fecero sentire un lusinghiero mormorìo. Teresa si avvicinò alla sconosciuta. – Gina è la mia figlioccia; – disse con le lacrime agli occhi – se la signora lo permette, posso aiutarla a custodirla. – Ne parleremo domani! – disse con un mesto sorriso la sconosciuta. – Adesso; il meglio che si possa fare è di coricarla nel letto di mio fratello. – Pochi minuti dopo, Gina, avvolta in una calda coperta nel letto di Aldo, continuava a dormire il sonno degli angeli. L’assassino fu condotto via fra le imprecazioni di tutti. La povera salma dell’infelice Giulietta rimase vegliata da due guardie. La sconosciuta, coricata che ebbe la bambina, si rivolse verso lo studente esclamando: – Siete stato molto generoso con me! Non lo dimenticherò mai, sebbene la vostra generosità non impedisca che io sia perduta: domani si saprà, che non sono vostra sorella. – Tranquillatevi! Nessuno può smentirmi, perchè io ho veramente una sorella maritata a Ivrea, una sorella che mi adora, alla quale scriverò subito per narrarle l’accaduto; e potete star certa non ci tradirà. – La giovane, tornata a sedere sul divano, chiese a Aldo: – Voi pure avete creduto che io conoscessi l’assassinata? – Sì, – rispose egli. – La sorpresa che ha mostrato nel vedervi, le sue sconnesse parole, mi avevano fatto credere che la povera Giulietta sapesse chi siete. – Eppure, – disse la sconosciuta – vi giuro che io non vidi mai quella sventurata prima di questa notte. E voi, la conoscevate? – Come si conoscono i vicini. L’incontravo qualche volta per le scale: ci salutavamo, ma non ci parlavamo. Sapevo che lavorava e che aveva fama di onestissima, sebbene quella bambina fosso il frutto d’una colpa. A proposito; volete davvero occuparvi di quell’orfanella? – Sì, – rispose vivamente la sconosciuta, – Ma per riuscire, ho bisogno di voi. – Sono interamente ai vostri ordini. – Grazie! – mormorò commossa la giovane. – La poverina passerà dunque il resto di questa notte nel vostro letto: domattina la brava donna che si è offerta di custodirla avrà cura di lei; io sarò qui verso le nove, e combineremo insieme il modo di allevare quella creaturina, cui farò da madre. – Ed io le farò da padre! – esclamò Aldo. La sconosciuta si alzò, e avvicinatasi al letto, guardò a lungo la bella creaturina che dormiva, poi disse a Aldo: – Datemi il mio domino, la maschera; bisogna che io vada via. – Tornerete davvero alle nove? – chiese Aldo con voce tremante. Essa gli stese la mano, e rispose con un accento che non ammetteva dubbio: – Ve lo prometto. – Grazie! Intanto ditemi il vostro nome, il solo vostro nome di battesimo. – Speranza. – E senza aggiungere altro, la signora, infilato il domino, uscì. Aldo rimase immobile, col cuore in tumulto. Speranza si era già impadronita di tutta la sua anima. IV. Nessuno, del casamento operaio, conosceva neppure di vista il pierrot, nessuno l’aveva mai veduto con la povera Giulietta. Al primo e sommario interrogatorio, colui, non soltanto aveva respinto l’accusa di assassinio, ma non volle neppur dire il suo nome. Fu condotto in prigione, rivestito di altri abiti borghesi, lasciato solo, mentre si procedeva ad un’inchiesta sul conto dell’assassinata per scoprire la responsabilità dell’assassino. Il giudice istruttore incaricato dell’inchiesta, benchè ancora giovane, passava per molto abile. Era il cavaliere Umberto Trani, uomo simpatico e distinto, che aveva molto acume e molto tatto. Egli si recò col cancelliere ed alcuni agenti in borghese alla soffitta, dove era stato commesso il delitto, e quando vide la vittima, fece un atto di stupore e pensò: – Strano! Mi sembra di aver veduto costei e di averle parlato; ma non ricordo nè dove, nè quando. – Il nome gli era ignoto. Dopo aver osservato le ferite che denotavano come la sventurata avesse dovuto lottare con un feroce assassino, le guardò le mani. Manine bianche, lunghe, affusolate; l’indice della mano sinistra portava le tracce del lavoro. Nella destra aveva una ferita leggiera, e, fra le unghie, pezzetti di stoffa bianca insanguinata. Fatte rapidamente quelle osservazioni, il giudice istruttore ordinò una verifica nella stanza, Il primo oggetto che gli cadde sotto gli occhi fu la culla. – Nel rapporto dell’ispettore ho letto infatti di una bambina. Dov’è? – chiese. L’ispettore che si trovava nella soffitta ed era rimasto fino allora silenzioso, rispose: – È affidata alle cure di una brava donna, che fu sua madrina. Peraltro il signor Aldo Pomigliano, studente ingegnere, colui che arrestò l’assassino, ha dichiarato che egli e sua sorella s’impegnano di allevare la figlia della morta, – Ne riparleremo; – disse Umberto Trani – proseguiamo le nostre indagini. – La soffitta aveva il puro necessario. Dentro un baule fu trovato biancheria, una scatola con oggetti d’oro di poco valore, una piccola somma e una scatola contenente un fascio di lettere. Il magistrato s’impossessò subito di queste. Poi diede ordine che il corpo fosse trasportato alla sala anatomica per l’autopsia, ed egli interrogò gli inquilini delle soffitte. Il primo a presentarsi fu il falegname Lorenzo Pavin, cui il magistrato così si rivolse: – Ditemi tutto quello che sapete. – Io non so altro che Giulietta era una giovane onesta, buona.... – Onesta.... – interruppe il magistrato. – Mi sembra che una giovane divenuta madre senza avere un marito..... – Fu sedotta da un furfante! – soggiunse indignato l’operaio. – Oh! so io le lacrime versate dalla povera Giulietta! – Conoscevate costui? – Lo vidi due volte sole: era un bel giovane, elegante, di modi distinti.... – Avete veduto l’assassino? – Sì, signore. – Non vi è sembrato che avesse qualche rassomiglianza col seduttore? – Il falegname rimase per un istante a bocca aperta, poi scosse il capo: – No, ecco, non mi pare, sebbene non potrei giurarlo; era così impiastricciato di biacca e di sangue! – Ebbene, ve lo faremo vedere ripulito; ma prima ditemi: vedeste ieri la vittima? – Sì, signore. Verso sera mia moglie ed lo venimmo qui per dare a Giulietta delle caramelle. La piccina era seduta su quel piccolo tappeto e si baloccava; la mamma lavorava. – La vostra soffitta è attigua a questa? – Sì, signore. – Non sentiste più tardi qualche voce d’uomo o il rumore d’una lite? – No, signore. Mia moglie ed io, dopo cena, ci coricammo e ci addormentammo subito, Fummo svegliati all’improvviso da un grido di aiuto. «– È Giulietta! – disse mia moglie saltando dal letto e infilandosi una sottana, mentre io accendevo il lume, e si slanciò fuori dell’uscio per bussare a quello della nostra vicina. «In quel momento ne uscì l’assassino vestito da pierrot. «Teresa si mise a urlare, e allora il signor Aldo acciuffò il miserabile. «Ecco tutto, signore. – Gli altri vicini non aggiunsero nuovi particolari a quelli dati da Lorenzo.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD