Prologo

4253 Words
Piper singhiozzava sommessamente in mezzo al bosco, ormai era troppo da gestire, era ora di lasciare il suo branco di origine qui nel Montana. Non poteva più sopportare il dolore del suo tradimento. Non che il suo Alfa, l'Alfa Bradley del branco Black Haven, sapesse che le faceva del male, ogni volta che lui era con un'altra; lui non aveva idea di chi lei fosse per lui. Lei, tuttavia, lo aveva fiutato 3 anni fa, all'età di 18 anni. Nella prima luna piena dopo il suo 18° compleanno. Aveva provato dolore quasi all'istante, e non perché all'epoca fosse stato con un'altra, ma perché non l'aveva fiutata, non l'aveva riconosciuta come sua compagna. L'aveva incontrata proprio quel giorno. Piper e il suo lupo Harper erano più che nervosi, seguendo il suo perfetto profumo di bosco attraverso il capannone. Aveva un sentore di mora e li aveva condotti fino a lui. Lei era in piedi proprio dietro di lui, a solo mezzo metro di distanza, lui era più alto di lei, di gran lunga, era alto un metro e novanta ed era molto muscoloso, quel giorno indossava jeans blu sbiaditi e una maglietta viola scuro, i suoi capelli castano scuro erano un po' disordinati. Quel giorno Alpha Bradley stava parlando al telefono e, quando si era girato, l'aveva incontrata. I suoi profondi occhi blu, con quelle macchie verdi, si erano puntati su di lei e lui aveva aggrottato le sopracciglia. Lei era solo un metro e sessanta, lui la sovrastava. Negli occhi di lui non c'era stato alcun riconoscimento: “Non stare così vicina, ragazza”, aveva detto con noncuranza, poi le aveva girato intorno e se n'era andato; e il suo cuore si era spezzato. Harper aveva ululato di dolore nella sua mente. Sapevano cosa era per loro, ma lui non ne aveva idea. Era ciò che lei e il suo lupo avevano sempre temuto, per tutta la vita, anche prima di acquisire Harper, fin da quando era piccola, aveva perso i genitori a causa di un attacco anomalo all'età di 10 anni, e nessuno qui sembrava essersi accorto di lei dopo la morte dei genitori. Nessuno sembrava sapere chi fosse, era come se nemmeno esistesse. Quella era stata la sua vita. Anche se aveva frequentato la scuola qui, nella piccola scuola del branco che va dal primo al dodicesimo anno, e si era diplomata con buoni voti, la gente la urtava sempre e le diceva di stare attenta. Nessuno sapeva che era lì, invisibile per l'intero branco, a meno che qualcuno non la guardasse direttamente, e lei sapeva perché. Lei non aveva odore. Sebbene potesse sentire l'odore di ognuno di loro, nessuno poteva sentire il suo odore. Aveva trovato un lavoro e lavorava per lunghe ore in silenzio, nascosta nel retrobottega di un negozio di abbigliamento all'interno del branco. Le era piaciuto imparare a disegnare e creare abiti bellissimi. Anche molte lupette del branco indossavano i suoi abiti alle manifestazioni del branco e ai balli di accoppiamento. Ai festeggiamenti per i loro 16 e 18 anni. Lei, invece, non lo faceva. Viveva da sola, lontana dal branco, in una minuscola capanna lontana da tutti, in modo che non sentissero i suoi singhiozzi e la sua angoscia mentre sopportava il dolore del tradimento. La prima volta che lo aveva sentito con un'altra, lei e Harper avevano ululato di dolore ed erano scappati nel bosco. Trovata quella minuscola capanna non più in uso, e raggomitolate in un gomitolo, erano rimaste lì in agonia finché lui non aveva smesso di stare con un'altra. Poi erano rimaste lì per un giorno intero, incapaci di tornare al branco. Il loro dolore sarebbe stato sotto gli occhi di tutti, se qualcuno l'avesse almeno vista. Non potevano farci nulla. Aveva fatto un male che non aveva mai provato prima, e continuava a farlo fino ad oggi, e per nascondere il loro dolore si erano nascoste, incapaci di dirgli ciò che lui era per loro. Lei sapeva che lui non le avrebbe mai creduto, solo se l'avesse annusata avrebbe riconosciuto che era la sua compagna. Sia lei che Harper lo sapevano, e sapevano anche che lui non sarebbe mai stato in grado di farlo. I dolori erano peggiori quando lui era lontano dal branco; si accoppiava con qualche altra lupa di un altro branco. Non le faceva meno male dell'unica altra lupa del branco che si portava a letto regolarmente. Erano tre lunghi anni che stava soffrendo ora. Tre lunghi anni in cui aveva camminato per i corridoi del capannone, si era imbattuta in lui, e nemmeno una volta lui le aveva prestato la minima attenzione, e quando la urtava; come avevano fatto molti altri. Perché loro non poteano sentire che lei era lì, lui si limitava ad aggrottare le sopracciglia, a scusarsi o a chiederle di togliersi di mezzo e ad andare avanti. A volte le aveva intimato, arrabbiato, di guardare dove diavolo stava andando. Per due anni si è infilata nella sua camera da letto quando lui non era nel branco, ha guardato le sue cose, ha toccato i suoi vestiti, ha sentito lacrime calde scivolare lungo le guance; a causa dell'uomo che era il suo compagno. L'uomo che non l'aveva mai fiutata. L'uomo che lei e Harper amavano, ma che non li avrebbe mai amati. Lei aveva persino dormito rannicchiata nel suo letto, non che lui l'avrebbe mai saputo. Non era rimasto alcun odore di lei, poteva vagare a piacimento ovunque, senza lasciare alcuna traccia, si era persino seduta una volta sulla sedia del suo Alfa, aveva toccato la sua scrivania e si era chiesta come sarebbe stato essere la sua Luna. Stasera era stato con un'altra, lei sapeva chi. Aveva una ragazza normale qui nel branco, Bianca. Era più grande di lui, era una guerriera di alto livello. Li aveva visti insieme chiacchierare e flirtare, a volte. Aveva visto il modo in cui lui guardava il suo corpo, e anche quello gli faceva male. Lui desiderava Bianca, era molto alta e molto in forma, tutta muscoli, e questo a lui piaceva. Un tempo Piper era stata in forma come lei, non alta ma molto in forma, ed era stata anche forte. Ma gli ultimi tre anni l'avevano prosciugata, ora era magra, aveva sempre le occhiaie e dall'apparenza piuttosto fragile. La piccola quantità di gioia che aveva tratto dall'allenamento, come guerriera, per cercare di rendere orgogliosi i suoi genitori, che erano stati guerrieri, quella gioia di essere una brava combattente. Non che fosse abbastanza grande per andare a combattere, si era ridotta a nulla, una volta compiuti i 18 anni; ora era a malapena un guscio di se stessa. Lei si tenne lontana da tutti gli eventi di gruppo, limitandosi a lavorare nella piccola stanza sul retro del negozio, circondata da materiali e da disegni da creare. Ordini da evadere. La sua unica consolazione era quella di poter creare qualcosa di così bello in mezzo alla sua miseria. Harper era una palla di tristezza e dolore, non ne potevano più, dovevano andarsene, li stava uccidendo e lei lo sapeva. Bradley sarebbe partito per una riunione degli Alfa o per una questione di branco tra soli due giorni, e così lei lo avrebbe salutato e se ne sarebbe andata. Lei non aveva idea di poter rifiutare il suo compagno senza che lui fosse presente o senza sapere cosa fosse per lui. Ma era quello che avrebbe fatto. Doveva provarci comunque, era l'unica cosa che potevano fare. Piper pensò che se lui non aveva idea di lei chi fosse, negli ultimi tre anni, allora perché avrebbe dovuto essere presente per sentire il suo rifiuto. Probabilmente le avrebbe causato solo dolore. Non avrebbe provato nulla perché non sapeva nulla. Poi, una volta arrivata e passata la luna piena dopo quel rifiuto, sicuramente sarebbe stato ufficiale, e reciso completamente dalla Dea della Luna stessa, o almeno sperava che funzionasse così. Lei e Harper si erano messe davanti a lui molte volte, non avevano altra scelta, non erano nulla per lui, non lo sarebbero mai state e lo sapevano. Tre anni interi e niente. Nemmeno una volta aveva storto il naso in sua presenza. Quindi, non avrebbe più sottoposto se stessa o il suo lupo a una cosa del genere. Avevano abbastanza soldi da parte per uscire nel mondo umano e guadagnarsi da vivere. Aveva buone capacità nel campo della moda e del design. Anche se realizzava soprattutto abiti, c'erano milioni di umani che avevano bisogno di abiti da sposa. L'equivalente di un abito da cerimonia della Luna. Trascorse i due giorni successivi nella biblioteca del capannone, cercando i posti dove poteva andare; aveva già deciso. Non lo avrebbe nemmeno guardato per l'ultima volta. Non aveva senso. Si sedette al computer, con una mano sul mouse, scorrendo i luoghi che erano ben lontani dal branco. Lontano dalle foreste e dove potevano esserci altri branchi. Lei poteva essere un lupo, ma non si sentiva tale; era per lo più soltanto invisibile. L'altra mano era sulla collana con pendolo di cristallo azzurro che portava al collo. Aveva una catenina d'oro bianco, sottile e sempre calda contro la sua pelle, con un involucro d'oro bianco per contenere il cristallo stesso e una sfera di cristallo blu-azzurro più piccola proprio sopra l'involucro, attaccata alla catenina. Era di sua madre, le aveva detto che un giorno ne avrebbe regalato uno anche a sua figlia. Un regalo per il suo sedicesimo compleanno, e avrebbero avuto gioielli madre-figlia abbinati. Ma Piper aveva solo 10 anni, quando perse entrambi i genitori. Non se l'era mai tolto, era l'unica cosa che le era rimasta di lei; l'aveva trovato sul corpo della madre quando l'attacco era finito e l'aveva recuperato come unico cimelio. Lei e Harper erano arrivati al punto in cui tanto valeva vivere da umani, nessun lupo avrebbe mai sentito il suo odore e lei sarebbe rimasta senza compagno dal momento in cui lo aveva rifiutato. Si erano già rassegnati a questo fatto. Trovò una bella città a diversi stati di distanza, ad Harper non importava che non ci fosse una foresta nelle vicinanze. Non si trasformava in lupo da più di un anno, non poteva, a quanto pare, o forse non voleva più farlo. Quindi le andava bene una città, non voleva stare nei boschi, non voleva correre ed essere libera, non sembrava che le importasse più di essere un lupo. Piper trovò un volo per l'estero e lo prenotò, un albergo dove stare, mentre loro trovarono un piccolo appartamento e si occuparono dell'attività che lei avrebbe creato. Sarebbero morti e appassiti, niente più. Sarebbero diventati forti e avrebbero vissuto una vita umana d'ora in poi. Tornarono poi alla loro capanna nel bosco, al confine meridionale del branco, e rimasero lì. Dal tetto della sua capanna potevano vedere i cancelli del branco grazie a un binocolo. Si sedette a guardare e aspettò che la sua auto partisse, non era difficile da individuare, era bianca, a differenza della maggior parte delle altre auto del branco, che erano nere o argentate, lui guidava un SUV Mercedes bianco. Lo vide partire e afferrò il suo zaino da trekking. Era pieno delle sue cose. Vivere una vita semplice significava non avere molto da mettere in valigia. Tutta la sua vita stava in quell'unico zaino. Era grande e progettato per essere usato per lunghe escursioni, ma anche con la sua statura piccola e indebolita riusciva a gestirlo. Piper camminò attraverso il bosco fino a quando non vide il capannone, sospirò pesantemente e vi si diresse. Oggi era il giorno in cui sarebbe partita. Nessuno si sarebbe accorto della sua assenza perché non sapevano nemmeno che esistesse. Solo chi fosse entrato in negozio per acquistare uno dei suoi abiti presso il negozio di Renee, Haven Gowns, si sarebbe chiesto dove fosse andata. Sebbene Renee li avesse sempre rivendicati come suoi abiti, aveva detto a Piper di essere la proprietaria del negozio, quindi le cose stavano così. Il nome di Piper era comunque presente sull'etichetta di tutti i suoi abiti. A Renee questo non è mai dispiaciuto e ha pagato bene Piper. Non che qualcuno abbia mai chiesto chi fosse Piper o abbia chiesto di incontrarla. Entrò nel magazzino dei pacchi e salì le scale principali, fino all'ultimo piano. Nessuno la fermò, posò lo zaino in fondo al corridoio e vicino alle scale degli Omega, che avrebbe usato per andarsene. Non era in vista e nessun Omega sarebbe salito a quest'ora della notte. Il loro lavoro del giorno era terminato. Solo l'Unità Alfa viveva in questa parte del capannone; e tutti loro erano fuori con l'Alfa. Si diresse verso la sua suite ed entrò. Era pulita e profumava di lui, di pino fresco con eucalipto e quel pizzico di more. Camminò per un'ultima volta, una golosa di punizioni, lo sapeva. Avrebbe dovuto andarsene, ma non poteva, non senza un ultimo profumo di lui. Entrò nella sua cabina e toccò tutti i suoi vestiti, fece scorrere la mano su tutti, toccò tutto, non poté farne a meno. Per quanto lei e Harper ne fossero addolorate, erano ancora attratte da lui. Probabilmente lo sarebbero sempre state, andarsene era semplicemente autoconservazione e se il suo rifiuto non avesse retto, probabilmente non sarebbero sopravvissute ancora a lungo. Piper si avvicinò e rimase a guardare il suo letto, un'ultima notte qui nel suo letto e poi via alle prime luci dell'alba. Questo era il piano. Sarebbe stato via per diversi giorni; lo era sempre. La prima notte di assenza di solito era tranquilla, ma non le notti successive. Si spogliò di tutti i vestiti e si infilò nel suo letto. Si aggrappò al cuscino che profumava di più di lui e vi seppellì il viso, lasciando cadere le lacrime per l'ultima volta. Si addormentò al centro del suo grande letto matrimoniale, avvolta dal suo profumo, nelle stesse lenzuola che avrebbero toccato la sua pelle mentre lui dormiva, permettendosi di sognare che quello era il suo posto per l'ultima volta. Si svegliò di soprassalto. Era ancora buio, poi ci fu il rumore della porta della camera da letto che si chiudeva sbattendo. Si morse il labbro, sentì un movimento e poi il rumore dei vestiti che venivano tolti. Sentiva il suo odore. Bradley era tornato, non poteva sentire il suo odore, non si era accorto che lei era qui, nel suo letto, non aveva nemmeno acceso la luce. Lei era molto piccola, con il suo metro e sessanta, e ora era così magra che probabilmente non riusciva nemmeno a fare un piccolo grumo nel letto di lui, che aveva una spessa trapunta di piume. Lui si mise a letto e lei pregò che rimanesse su quel lato del letto, in modo da poter scivolare fuori una volta che lui si fosse addormentato. La punizione per questo genere di cose, stare nel suo letto, sarebbe stata probabilmente terribile. E sarebbe stato lui a infliggerla. Non le piaceva l'idea di essere picchiata o frustata, o gettata in cella dal suo stesso compagno. Probabilmente li avrebbe distrutti completamente. Perché era tornato? La mano di lui toccò la schiena di lei, si fermò completamente sulla sua pelle e poi emise un grande ringhio rabbioso. Sapeva che c'era un'estranea nel suo letto, aveva il diritto di ucciderla, e sia lei che Harper lo sapevano. Si chiese se dopo avrebbe sentito la disconnessione, anche se ne dubitava. Poi il suo corpo fu improvvisamente premuto contro il suo. “Beh, immagino che tu voglia un po' di tempo con il tuo Alfa”. La sua voce era diventata improvvisamente roca e la sua mano era scivolata sulla curva del fianco di lei e l'aveva tirata con forza contro di sé. La sua bocca era sulla spalla di lei e un gemito gli sfuggì mentre le sue dita scavavano nel fianco. “Avrei bisogno di compagnia dopo la mia giornata”, aveva ringhiato, ‘Quindi sei fortunata’. La mano di lui era scivolata sul corpo di lei. Stava lasciando una scia rovente sulla sua pelle, ovunque la toccasse. Piper non aveva idea di cosa fare. Nessuno le aveva mai prestato la minima attenzione, nessuno l'aveva mai toccata, e ora lui lo stava facendo; qualcosa che non avrebbe mai pensato potesse accadere. La mano di lui scivolò sul seno di lei e le accarezzò le dita sul capezzolo. Lei sussultò quando si indurì sotto il suo tocco e il calore sbocciò tra le sue cosce, poi fu strattonata sulla schiena e la bocca di lui era sul suo collo, la mano di lui scivolava lungo il suo corpo “Cazzo, sei calda da toccare”. Le aveva ringhiato sul collo, sembrandole pieno di desiderio. Le sue dita si erano immerse tra le sue cosce e, oh Dio, il piacere del suo tocco, lei aveva gridato mentre lui la accarezzava con decisione, aggrappandosi a lui, voleva di più, aveva bisogno di più di lui. “Ti prego”, aveva sussurrato lei, e le dita di lui erano sepolte dentro di lei un secondo dopo, un gemito profondo era venuto da lui, mentre lei gemeva per l'intensa sensazione di lui che la toccava così intimamente. Lui muoveva la mano, spingendo le dita dentro e fuori di lei, mentre lei si aggrappava a lui, sentiva arrivare il suo primo orgasmo in assoluto, ansimava e gemeva sotto il suo tocco, si inarcava verso di lui e gemeva il suo nome mentre le scorreva nel corpo. Lo sentì ringhiare “Oh, è stato dannatamente bello”. Poi la sua bocca fu sulla sua e lei sentì che lui le tirava le gambe. Era troppo tardi per lei, non poteva negare ciò che aveva sempre desiderato. Non riusciva nemmeno a pronunciare la parola “no”, da qualche parte nel suo cervello sapeva che avrebbe dovuto, ma non ci riusciva. Poi fu dentro di lei, con una spinta decisa fino in fondo. Lei gridò di dolore mentre lui la prendeva e sentiva tutto il suo corpo ancora sopra il suo. Lui lo sapeva, probabilmente era ovvio che non era mai stata con un altro “Oh, dannazione, ancora meglio”, le ringhiò all'improvviso, poi la sua bocca fu di nuovo sulla sua e lui cominciò a muoversi, prendendola all'inizio lentamente, e le faceva male, era scomodo, lui era così grande e lei si sentiva completamente tesa intorno a lui. La sua bocca si spostò sul collo, assaggiò la sua pelle, fece scorrere la lingua sul suo punto debole e tutto il corpo di lei bruciò come se stesse andando a fuoco. Gridò il suo nome e spinse i fianchi verso l'alto per incontrare il suo, il piacere finalmente prese il sopravvento, lui era il suo compagno e la stava possedendo, anche se solo per una volta, lo avrebbe avuto per sé. Prenderlo tutto, dargli tutto di sé. Aumentò il ritmo quando sentì che lei lo accettava dentro di sé. Gridò quando il piacere iniziò a crescere più rapidamente, squarciando il suo corpo, come nulla aveva mai immaginato potesse essere. Si aggrappò a lui e lo pregò di non fermarsi. Sentì la sua risatina profonda e gutturale: “Credo che ti piaccia”. “Sì”, gli aveva risposto sinceramente, ‘Ti prego, ti voglio, tutto di te’, aveva gemuto lei e aveva inteso ogni parola. La bocca di lui aveva trovato la sua di lei, il suo corpo si muoveva più forte e più velocemente, dandole ciò che lei aveva chiesto, lo sentì gemere mentre veniva, sentì il suo seme riversarsi dentro di lei, come un fiume caldo che si diffondeva nelle sue viscere. Scavò le unghie in lui mentre gridava il suo nome. La mano di lui scivolò lungo il corpo di lei. “Sei fantastica”, ringhiò profondamente. Le sue mani avevano afferrato saldamente il suo sedere e poi lui si era mosso di nuovo, duro e veloce. “Ne voglio ancora”, le aveva ringhiato nel collo, tirando e spingendo sui suoi fianchi, il suo bisogno di averla aumentava. Poi sparì da lei. Piper aveva sussultato per l'improvvisa perdita di lui, per poi essere strattonata e messa a quattro zampe, aveva sentito il suo rantolo mentre la prendeva da dietro “Cazzo, sì!” e spingeva dentro e fuori di lei con forza e decisione, più velocemente e nel suo bisogno. Piper gridò ripetutamente mentre lui le stringeva i fianchi, afferrandola con forza, e improvvisamente sbatteva dentro e fuori di lei. Poteva sentire le proprie grida di piacere riempire l'oscurità della stanza, poteva sentire Harper ululare di piacere nella propria mente, mentre lui le prendeva. Gridava mentre raggiungeva l'orgasmo. Solo per avere lui che la spingeva sul letto e le gridava “Ancora”. La teneva ferma, con una mano sulla nuca e l'altra le tirava su i fianchi “Cazzo”. Ruggì mentre ricominciava a spingere come se avesse perso il controllo, prendendo quello che voleva con furia, duro e ruvido, tenendola ferma e dominandola completamente “Oh, cazzo, sì”. Ora si muoveva davvero, dandole tutto quello che aveva, tutto. Piper riusciva a malapena ad ansimare, solo a gridare mentre un'ondata dopo l'altra di piacere la investiva, sentiva gli orgasmi uno dopo l'altro che la squarciavano fino a farla urlare di pura beatitudine. Tutto il suo corpo si spostò in avanti e lei urlò il suo nome un'ultima volta mentre lui laa sbatteva, riversando di nuovo il suo seme dentro di lei. Il corpo di lui era pesante sopra quello di lei, che si sdraiò sotto di lui, ansimando, cercando di respirare e di calmarsi, il respiro di lui che sentiva era pesante e affannoso come il suo. “Mi piace scoparti”, aveva gemuto mentre si staccava dal suo corpo e si sdraiava sul letto accanto a lei. La gioia di Piper per quello che era appena successo svanì in un istante, sentì lacrime calde bruciarle gli occhi. Gli piaceva scoparla”, pensò, mentre il dolore nel suo cuore sostituiva il piacere che aveva provato. Era la sua compagna, eppure lui non la riconosceva. Sentì non solo il suo cuore andare in frantumi, ma anche quello di Harper. Non lo guardò, non ci riuscì, rimase sdraiata in silenzio, trattenendo i singhiozzi di dolore, e aspettò che lui si addormentasse. Poi trascinò il suo corpo dolorante via dal letto di lui, lui che ancora non sapeva dire cosa lei fosse per lui. Era solo una bella scopata. Raccolse i suoi vestiti, lo sentiva russare dolcemente, mentre le lacrime continuavano a scendere silenziosamente sul suo viso. Almeno erano riusciti ad averlo, solo per una volta. Si allontanò dal letto, da lui, chiuse gli occhi e cercò di fermare il flusso delle lacrime. Si rivestì, si girò dalla porta della camera da letto e guardò il suo corpo addormentato, con il dolore che attraversava lei e il suo lupo. Non sarebbero mai più sopravvissuti al suo tradimento. Non dopo questo, lo sapevano entrambi, e sapevano che lui se ne sarebbe andato e sarebbe stato con qualcun'altra. Non erano niente per lui, non lo erano mai state e senza un odore che lui potesse sentire, non lo sarebbero mai state. Piper fece un lungo respiro silenzioso: “Io Piper Whitlock, guerriera del branco Black Haven... rifiuto Bradley Drake come mio compagno”, sussurrò nell'oscurità della stanza e poi fuggì il più velocemente possibile, mentre il dolore le attraversava il corpo e sentiva Harper ululare di dolore nella sua mente. Corsero via dalla suite di lui, lungo il corridoio, afferrarono la borsa e inciamparono e quasi caddero per gran parte delle scale fino alla porta in fondo, lottando contro il dolore del loro rifiuto. Si rifiutarono di fermarsi, noncuranti del dolore, ne avevano passate tante negli ultimi tre anni, sapevano come correre, come tenerlo dentro, come nasconderlo finché non fossero stati soli. Non smise di correre finché non raggiunsero il confine occidentale del branco. Lei sapeva di avere un aspetto terribile, con le lacrime che le rigavano il viso, ed era inciampata e caduta molte volte, mentre il dolore le lacerava le viscere, ma si era rialzata e aveva continuato ad andare avanti. Stava ancora singhiozzando per il dolore che provava, quando guardò l'uomo di pattuglia, che stava aggrottando le sopracciglia, non aveva idea da dove fosse venuta o chi fosse; non aveva fiutato il suo arrivo, l'avrebbe sentita, ma anche ora,lei poteva dire che lui era confuso su cosa lei fosse. Superò il confine, entrando nel territorio dei ribelli, e lo vide avvicinarsi a lei, con gli occhi spalancati per le sue azioni. Non molte femmine avrebbero fatto quello che stava facendo lei. “Rifiuto l'Alfa Bradley Drake e il suo branco, il Branco Black Haven, come mio branco, io... sono una canaglia ora”, aveva dichiarato con fermezza; la sua decisione era chiara nella sua mente. L'uomo della pattuglia di frontiera sussultò per lo shock, poi lei si voltò e scappò da tutto e da tutti quelli che aveva conosciuto, mentre si sentiva separare completamente dal branco. Era l'unica cosa che lei e Harper potevano salvare. Sarebbero morte qui se fossero rimaste a soffrire ancora a lungo. Non avevano paura di trovarsi nel territorio dei canaglia, erano già stati qui in passato, e nemmeno un canaglia aveva percepito il suo odore di lupo. Anche per loro era una semplice umana. Quindi, d'ora in poi sarebbero stati umani. Avrebbero vissuto, respirato, mangiato e lavorato come un umano, nel mondo degli umani. Si diresse verso l'aeroporto per prendere il volo e ricominciare. Non era più un lupo.
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