II

452 Words
II «Elia vieni qui, c’è il tuo gelato preferito». «Arrivo mamma». Lo sguardo di Anna si illuminava ogni qualvolta quel piccolo fagottino, ancora un po' goffo sulle gambe, correva verso di lei. Erano passati quasi cinque anni da quando quel sorrisetto, apostrofato ai due lati delle guance, era entrato nella sua vita. Anna quel giorno compiva quarant’anni e il suo dono più importante stava per essere scartato. «Pronto, Anna». Ci mise un paio di minuti per capire che non era la voce di un fantasma. «Ciao suor Chiara, come mai questa chiamata, tutto bene?». Anna sapeva che sua sorella non poteva fare e ricevere telefonate se non in casi eccezionali. La vita nel convento era molto ritirata, soggetta a regole severe che andavano rispettate. «Ti devo parlare, è una questione urgente e delicata. Ho chiesto un permesso scritto. Possiamo vederci nel pomeriggio verso le quattro, fuori dal convento? ». «Certo Chiara. Devo preoccuparmi?». «No, stai tranquilla, ma dobbiamo parlare». «D’accordo, a dopo». Erano vent’anni che non festeggiavano insieme in loro compleanno. L’ultima volta Chiara stava per prendere i voti e Anna si sentiva tradita. Era sua sorella gemella, avevano condiviso tutto, tranne la vocazione. Chiara era sempre stata quella più riflessiva, più calma delle due. Anna la parte più istintiva, più emotiva. Insieme si bilanciavano. Per questo, quando Chiara confidò alla sorella che voleva farsi suora, Anna pensò ad uno scherzo. Ci volle molto tempo affinché accettasse questa separazione, ma alla fine con il passare dei giorni anche le ferite più sanguinolente si rimarginano. Il monastero si trovava in una stradina in salita, lontano dalle porte della città e dai suoi rumori molesti. Dall’alto dominava Assisi. Intrecci di alberi secolari lo nascondevano alla vista pagana. Man mano che la macchina avanzava tra quelle lingue di asfalto, quasi dimenticate dagli uomini, il cuore di Anna incespicava in una tarantella delirante. Suor Chiara era lì ad aspettarla. I suoi occhi color mandorla erano il riflesso di un’antica quercia che sovrasta imperturbabile i secoli trascorsi. «Ciao Anna, non sei cambiata dall’ultima volta che ci siamo viste». «Neanche tu». Il muro di ghiaccio si stava sciogliendo al calore delle loro anime ritrovate. «Come stai?». «Ti direi bene, ma so che non mi crederesti». «Infatti». «Allora, di cosa mi volevi parlare». «Vieni con me». La veste nera spiccava nel candore del luogo. Anna la seguì lungo il sentiero che portava al giardino retrostante, in preda a uno stato di semincoscienza. «Possiamo sederci su quella panchina, ti spiegherò tutto». Anna rimase in silenzio. Ogni muscolo del suo corpo aveva smesso di respirare. Su quella seduta Anna, bianca come la pietra viva, sembrava appartenere all’anima di quel luogo sacro e inviolato. «Questo è il mio regalo», concluse suor Chiara.
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