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Malformazione cardiaca congenita.
Anna non riusciva a metabolizzare quella diagnosi.
«Bisogna operare con urgenza». La risposta del chirurgo non si era fatta attendere.
«Quali sono i rischi?».
«Signora il rischio se non lo operiamo subito è la morte. Se interveniamo possiamo solo dargli un’alternativa di vita migliore. Dovrà seguire una terapia farmacologica e controlli periodici. Se sarà necessario, in futuro dovrà affrontare un trapianto di cuore».
«Oddio, dottore!». Anna non riusciva a respirare.
«Signora c’è qualcuno in famiglia che ha problemi cardiaci? In genere sono ereditari».
«Diagnosticati no dottore, ma non siamo sicuri al cento per cento». L’intervento tempestivo di suor Chiara sollevò Anna dall’imbarazzo.
«D’accordo allora procediamo. Dovete firmare queste carte, stiamo già preparando la sala operatoria».
La mano di Anna tremava. In quella firma si leggevano dubbi, pene, rimorsi, speranze, trepidazioni. Livio firmò con la sicurezza che lo contraddistingueva.
«Anna non angosciarti, Elia è in ottime mani. Conosco l’equipe e il chirurgo, sono professionisti qualificati, sanno quello che fanno».
«Grazie Tito, me lo auguro».
L’attesa fu devastante. Suor Chiara andò a pregare nella cappella dell’ospedale; Anna camminava avanti e dietro nel corridoio torturandosi le mani; Livio stava seduto cercando di soffocare quell’insicurezza che affiorava circospetta; Tito guardava Anna e supplicava i primi santi che gli venivano in mente di proteggere il loro segreto.
«Elia ora sta riposando. L’operazione è durata cinque ore ma è andato tutto bene. Ora dovrà rimettersi in forze e poi potrà riprendere gradualmente a fare quello che faceva prima ma con qualche accortezza in più».
Anna scoppiò in un pianto liberatorio.
«Come le avevo preannunciato, purtroppo dovrà stare sempre sotto controllo perché la sua è comunque una situazione delicata. Potrà succedere che negli anni la sua malattia si cronicizzi e abbia bisogno di un trapianto. Quando ci sono malformazioni cardiache congenite complicate non si risolvono mai del tutto con un intervento chirurgico».
«Grazie dottore, avete fatto tutto quello che potevate e non posso che esservi debitrice. Quando potrò vedere mio figlio?».
«È ancora sotto effetto dell’anestesia, quando si sveglierà potrete vederlo, ma per pochi minuti, non deve stancarsi».
«D’accordo dottore».
Fu come la prima volta che lo vide, avvolto in quella copertina azzurra. Era tornato da lei solo e indifeso. Anna provò un impeto d’amore folle e voleva stringerlo a sé ma ricordò le parole del dottore e si limitò a sorridergli e ad accarezzargli la manina che sporgeva fuori dal lenzuolo.
«Sono stanco mamma».
«Riposati piccolo mio, è andato tutto bene. Quando starai meglio tornerai a casa. Mamma resterà qui con te tutto il tempo che ci vorrà».
Anna uscì dalla stanza per far entrare Livio.
«Papà hai visto? Sono stato un supereroe».
«Non avevo dubbi figlio mio. Sono orgoglioso di te».
Elia chiuse gli occhi in preda ad un sonno ristoratore.