Alla stazione di polizia2009, Monza
Il quartiere che ospita la stazione di polizia dove lavora l’ispettore Bertoli è noto ai più per la particolarità di essere immerso nel verde. L’ingresso principale della centrale si affaccia su un viale a doppio scorrimento contornato da filari di alberi. Anche il parcheggio riservato ai poliziotti che sta sul retro della struttura è immerso in un giardino fiorito, nel quale grandi alberi dalle fronde verdeggianti garantiscono un naturale riparo dal sole alle auto parcheggiate. L’ufficio di Bocchio, il collega che normalmente affianca Bertoli nello svolgimento delle indagini, si affaccia proprio su questo rigoglioso panorama.
Oggi il sole è caldo già dalle prime ore del mattino. Per tale motivo, l’uomo ha lasciato la finestra del suo ufficio aperta così da fare circolare un po’ d’aria e far entrare il profumo delle piante in piena fioritura. Bocchio è seduto alla scrivania con la cornetta del telefono ancora in mano. Dopo avere raccolto in una cartellina una serie di fogli sparsi un po’ ovunque e indossato la giacca che teneva appoggiata sulla sua sedia, esce dalla stanza.
«Qualcuno ha visto Bertoli? Ehi! Ciao, tutto ok? Hai visto Bertoli?», domanda, dapprima indistintamente e poi rivolgendosi a un collega che incrocia in corridoio.
«No, non si è ancora manifestato questa mattina», risponde questi ironico, sbirciando la cartellina che Bocchio tiene in mano su cui campeggia la scritta Emma Valadier in pennarello nero. Sono passati tre giorni dalla sua scomparsa e ancora non ci sono indizi utili, tranne forse quello che gli ha appena riferito al telefono il marito, l’avvocato Mario Valadier. Bocchio esce dall’accesso principale e si ferma in cima alla scalinata.
“La città è grande, ma ogni quartiere pare davvero un borgo a sé stante”, osserva il poliziotto mentre, come di consueto, a quell’ora la signora Maria porta a spasso il cane e i signori Romano fanno jogging. Ma quel giorno è anche l’ora in cui Bertoli parcheggia la macchina, in palese divieto di sosta, davanti alla scalinata della centrale. In quello stesso istante, infatti, la Delta grigia dell’ispettore accosta al marciapiede.
«Ehi Bertoli, finalmente! Da dove arrivi? Hai novità sul caso Valadier? Ho appena sentito il marito, è sempre più sconvolto, poveretto».
«Ciao Bocchio. Ho chiesto notizie e ho mostrato la foto della signora in tutti i negozi, ristoranti, bar del quartiere nel quale è stata vista l’ultima volta, ma niente, un buco nell’acqua. Nessuno la ricorda o l’ha notata. Non è poi tanto strano se ci pensi: ogni giorno, in centro, passano migliaia di persone. E le signore belle ed eleganti lì sono numerose».
«Io ho parlato con un tale Paolo, amico del marito, che mi ha confermato che quel giorno l’avvocato la stava attendendo e che ha tentato di contattarla al cellulare. Gli è sembrato agitato. Mi chiedo se non abbiano davvero litigato».
Interrompendosi per un attimo, Bocchio apre la cartellina che tiene in mano e scorre con lo sguardo gli appunti all’interno. «Forse c’è una novità: questa mattina ha chiamato il marito dicendo che ha trovato, dentro una borsa della moglie, una ricevuta di un ristorante. Pare che lei ci sia stata cinque giorni fa, ma che non lo abbia detto a nessuno».
I due uomini si scambiano uno sguardo di sorpresa, poi Bertoli, il più cinico dei due, ha un sogghigno. Bocchio lo precede di un soffio: «L’ho pensato subito anch’io: c’è sotto qualcosa, forse un altro uomo. Però è strano perché i coperti risultano tre, non due. Il marito dice che nessuna amica ne sa niente. Neppure la sorella di lei. Stavo andando là, al ristorante. Vieni anche tu?»
«Ok, però guido io. Vorrei arrivare prima di domani».
«Non so se ce la facciamo con la tua macchina», replica Bocchio ridendo, mentre si dirigono verso la Delta di Bertoli. Poi salgono in macchina e si allontanano.