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“Gli ho mandato una foto delle mie tette e mi ha fatto i complimenti per il sorriso. Non so se dovrei sentirmi terribilmente offesa o piacevolmente sorpresa.”
RHETT
«Voi stronzi avete una cazzo di idea di quante ragazze mi abbiano scritto? Potrei prendervi a calci nelle palle.»
«Non c’è di che.»
«Non vi stavo ringraziando.»
«Ma dovresti.» Eric stiracchia le braccia davanti al corpo, stendendo i muscoli delle spalle. «Dicci quante ragazze cercano il tuo piccolo cazzo in questo momento.»
Mi lascio cadere su una sedia, gettando il cellulare sul tavolo della cucina. «Il mio telefono sta esplodendo. È stato divertente le prime dieci volte, ma sta diventando noioso. Sono tutte uguali.»
Eric fa la faccia triste. «Povero, povero bimbo, nessuno si dispiace per te.»
«Non crederesti a quanto siano pervertite le ragazze. Mi sento violato in così tanti modi che mi serve una doccia bollente.»
Ora geme. «Solo tu potresti sentirti violato da delle donne che ci provano con te.»
«Ci provano con me? Mi fanno delle proposte… c’è una grossa differenza. Ho ricevuto più offerte di pompini nelle ultime ventiquattr’ore di quante riesca a contarne. È inquietante.»
«No, quello che è inquietante è il fatto che te ne stai lamentando. Non ti piacciono i pompini?»
«Non è quello che intendevo.»
«Sul serio, amico, da quanto tempo il tuo cazzo avvizzito non sta nella bocca di qualcuno?»
«Vaffanculo, Johnson.»
La verità è che è passato qualche anno. L’ultima e unica volta che ho fatto sesso ero al liceo: Beth Ripley, una ragazza del posto che girava con la nostra cricca ed era di bocca buona in quanto ai ragazzi con cui uscire. In effetti era una piuttosto facile. Era un membro del club di agricoltura, ricordo di essere sgattaiolato via con lei durante una festa in casa e che giocò col mio uccello attraverso i jeans prima di infilarmi la mano nei boxer.
Beth era aggressiva, tirò fuori un preservativo prima che potessi ripensarci sul fare sesso con lei. Verdetto: non fu memorabile, ma almeno ci piacevamo a vicenda. Venni in pochi minuti, non molto dopo aver srotolato il profilattico.
Avevo una tonnellata di amici a casa in Louisiana, maschi e femmine, ero due volte campione statale di wrestling, pieno di medaglie e All American.
Il college è un’altra storia. Le ragazze vogliono uscire con atleti che diventeranno professionisti, dotati di grossi ego e groupies entusiaste. I quarterback. I capitani di squadra. I giocatori di basket con potenziale da NBA. I ragazzi delle confraternite.
Stronzi fighetti.
Perfino i nerd hanno più fortuna di me al campus.
In aggiunta, i ragazzi di questa cazzo di squadra mi snobbano, faticano a farmi spazio nel loro circolo ristretto. Non conto sui miei coinquilini, che sono anche loro dei reietti. Eric Johnson ha il peggior record di vittorie della squadra e Gunderson si sta dimostrando il più grande idiota del pianeta Terra.
Nonostante ciò, le ragazze vanno dietro a questi due. Ora li sto guardando dall’altro lato del tavolo, entrambi moderatamente di bell’aspetto, a modo loro. Eric ha questo bizzarro senso dell’umorismo e i modi da pervertito che le ragazze trovano divertenti, e Gunderson è solo un idiota.
Le ragazze si ripresentano a casa nostra ogni dannata volta.
Non capisco.
Il mio telefono sceglie proprio questo momento per iniziare a suonare come una campana antincendio, e Johnson praticamente si ribalta sul tavolo per afferrarlo, tenendomelo fuori portata.
«So che non ci stai dicendo tutto, amico. Vediamo un po’ di questi messaggi.»
Gli ci vuole meno di un secondo per aprirli, e sgrana gli occhi mentre muove le dita su e giù lungo lo schermo.
«Porca puttana. Gunderson, senti questo: Te lo succhio se me lo fai riprendere.» Alza lo sguardo dal telefono. «Questo è appena arrivato… è una foto dell’inguine.»
«Già, ne ho ricevute parecchie.»
Le sue dita scorrono sul mio schermo, gli occhi grandi come piattini. «Amico, cazzo, sì che ne hai ricevute. Guarda le tette di questa ragazza! Sono enormi!»
«Ne metterai qualcuna nella banca seghe?» vuol sapere Gunderson. «Ti prego dimmi che almeno ti farai una sega per qualcuna di queste.»
Non che intenda ammetterlo con loro, ma sì, lo farò.
Mi riprendo il telefono proprio mentre suona ancora.
E ancora.
Abbasso lo sguardo e vedo un messaggio della ragazza che mi sta scrivendo da ore.
Alex: Su una scala da uno a dieci, quanto arrossisci quando ti arriva un nuovo messaggio?
Io: 8
Alex: È una cosa dolce.
«Chi ti sta scrivendo e perché cazzo sorridi a quel modo?» mi interrompe Gunderson con la sua voce forte e irritante e le sue domande da ficcanaso. «È strano.»
Gesù. È talmente seccante.
«Non sono affari tuoi.»
«Stai chattando con qualche ragazza? Andiamo, deve essercene almeno una.» Sta sghignazzando. «Significa che finalmente sei pronto a scaricare quel tuo malumore scopando?»
«No.»
No.
Forse.
Sto abbassando la guardia, perciò non me ne starò qui a dire che l’idea non mi sia passata per la mente da quando ho iniziato a scrivere ad Alex. Potrà anche aver cominciato con una scusa, ma…
Sento che le sue intenzioni potrebbero star cambiando man mano che continuiamo. Manda messaggi carini, sembra sfacciata. E poi sa già che aspetto ho e continua a flirtare con me.
Bonus.
Il mio telefono suona per un'altra notifica e lo prendo in mano, allontanandomi dal tavolo, diretto alla mia camera. Entro e mi getto sul letto, steso sulla schiena a fissare il soffitto.