LA SPADA DI RIAL
Elios-aere, la Dea dell’astro del giorno, stava nascendo e Lanas in quel momento stava attraversando le campagne che circondavano le mura della città di Achaar. Il regno era molto esteso e comprendeva dieci grandi villaggi, i quali erano sparpagliati in tutta la vasta pianura di Orar fino alle montagne Settentrionali.
Nei pensieri del principe c’era ancora il dolce viso della splendida donna doresian. L’aveva amata fin dal primo istante. Ed anche se erano passati due anni, ricordava come se fossero passati solo pochi attimi il giorno in cui l’aveva incontrata.
Quel giorno lui e Ristan, il suo miglior amico e capitano delle guardie Reali, passeggiavano in sella ai loro cavalli nelle vicinanze del villaggio del bosco di Elged. Insieme ci andavano spesso, conoscevano il capo villaggio e alcuni capi, ma non Larael. Per il principe e l’amico era un luogo splendido che infondeva tranquillità all’animo. Tranquillità che in quel periodo terribile e pieno di tensioni, riuscivano a ritrovare solo passeggiando nel bosco.
I due uomini stavano ammirando le bellezze del paesaggio, quando all’improvviso Lanas e Scudo, il suo bellissimo cavallo baio, finirono in una grande buca ricoperta da fogliame. Le grida del principe e i nitriti del cavallo, fecero accorrere tre doresian convinti di aver catturato una grossa preda. Quando arrivarono, trovarono invece Lanas e il suo cavallo doloranti, e Ristan che imprecava contro chi aveva scavato quella buca enorme.
Subito i doresian portarono i due uomini e i loro cavalli al villaggio. Fu Larael a prendersi cura di Lanas e di Scudo che non si fecero nulla di grave.
Tra i due subito ci fu un’intensa attrazione fisica che ben presto si trasformò in amore.
Quello che colpì Larael del principe fu il sorriso. I tratti del viso erano belli ma duri. Il mento e la mascella leggermente squadrati, le sopracciglia leggere all’ingiù, gli occhi scuri e profondi davano l’impressione, a chi non lo conosceva, di essere di carattere rigido e severo. Ma quando sorrideva tutto in lui cambiava e diventava più dolce. Un sorriso che conquistava e contagiava chiunque.
Lanas invece era stato attirato non solo dall’intelligenza e dalla bellezza della donna doresian, ma anche dalla sua sensualità. Il suo viso perfetto, dolce e arrotondato, i grandi occhi azzurri e brillanti, la piccola bocca rosa e carnosa, lo avevano stregato. La sua sensualità non era permeata dalla malizia, ma da una candida naturalezza che esprimeva con ogni movimento tranquillo e sinuoso del corpo.
Larael e Lanas si incontravano soprattutto di notte. All’inizio non vollero far sapere a nessuno del loro amore, anche se in seguito molti lo intuirono. I primi furono Ristan ed Eillean che subito divenne grande amica della doresian.
Questi pensieri furono interrotti dal triste scenario che gli si parò davanti. Il buio della sera prima lo aveva attenuato, mentre ora alla luce di Elios-aere sembrava reale e triste più che mai. Doveva essere abituato ormai a vederlo, ma non era così.
La parte meridionale, orientale e settentrionale delle alte mura, era diventata da alcuni anni riparo di centinaia di persone. Uomini, donne e bambini, si erano rifugiati con carretti, tende di fortuna o coperte, all’interno dei maestosi archi che erano incavati nelle mura, trasformandoli in un campo profughi.
Tutta quella gente erano del Ducato di Aisia e del regno di Alaya, che erano diventati conquiste del regno di Kirine. Tutte persone che se n’erano andate dai loro campi, dalle loro case. Molti erano morti nel tentativo di difendere le loro proprietà.
Lui aveva chiesto molte volte al padre di dar loro il permesso di entrare in città, ma i consiglieri e molti cittadini si erano opposti. Non c’era posto per tutti, se avessero dato il permesso solo ad alcuni ci sarebbero state rappresaglie. Così i rifugiati avevano avuto la possibilità di stabilirsi all’esterno delle mura, avrebbero avuto protezione e cibo.
Lanas si avvicinò lentamente al grande portone, guardandosi attorno avvilito.
Aveva perso il conto di quanti giorni erano passati da quando i primi erano arrivati. In ogni momento, si vedevano sopraggiungere contadini con malconci carretti, commercianti, signori con splendidi cavalli che tentavano di corrompere le guardie per farli entrare, donne con bambini affamati che chiedevano solo un pezzo di pane.
Tutti facevano un lungo viaggio per arrivare fino al regno di Achaar, da sempre conosciuto come il più ricco e potente del continente di Siger. Famosa era la sua capitale ricca di palazzi e l’unica a Siger circondata da poderose mura. La sua pianta era irregolare ed il terreno collinoso, per questa sua posizione felice era facilmente difendibile dai nemici. Qui si trovava il tempio più grande dedicato alla Dea Elios-aere, venerata da molti dei popoli di Siger. La pianura di Orar era la più fertile, i suoi eserciti i più preparati e potenti, non c’erano confronti con quelli degli altri regni. Per questo le popolazioni conquistate non avevano dubbi di dove andare. Vedevano in Achaar un’isola nel mare della disperazione che lentamente stava devastando l’intero Continente. I kiriniani non davano scelta, o passavano sotto il regno di Kirine o dovevano andarsene. Erano pochi quelli che rimanevano.
Tutti i profughi, non appena vedevano le mura, avevano la stessa espressione di sollievo e speranza. Quando poi capivano che non sarebbero entrati, la speranza svaniva, lasciando il posto alla rabbia, alla frustrazione, al pianto. I più giovani e forti, pur di non rimanere tra i rifugiati, si arruolavano nell’esercito di Achaar, almeno avrebbero avuto riparo e cibo assicurato. Ad Achaar nuovi soldati erano sempre utili, Rajana, infatti, ne aveva arruolati molti prima della partenza verso Kirine.
Passando tra i rifugiati, Lanas si sentì a disagio. Per un attimo che sembrò infinito, tutti si immobilizzarono al suo passaggio. Smisero di fare le loro faccende e guardarono il principe in silenzio, alcuni con grande tristezza, altri con rassegnazione, altri implorando con lo sguardo un aiuto più concreto, altri con indignazione.
Quando avrebbe incontrato il padre, gli avrebbe parlato della loro condizione che di giorno in giorno peggiorava. Quegli sguardi gli pesavano come macigni sul cuore e avrebbe voluto dire a quella gente tante cose, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla, era convinto che qualunque cosa avesse detto non sarebbe servita a cambiare i loro sentimenti. Chiuse gli occhi e proseguì. Quegli sguardi non lo abbandonarono fino a quando non entrò in città.
Le guardie alla sua vista fecero aprire i possenti portali di legno, quando si aprirono silenziosamente li oltrepassò, ed entrò ad Achar.
Le ampie vie lastricate a quell’ora brulicavano già di commercianti e cittadini impegnati nelle loro faccende. La consueta atmosfera gli sembrò come al solito tranquilla, quasi serena, e parve stridere con quella al di là delle mura. E mentre osservò le strade piene di vita, i ricordi dei visi dei profughi lo colmarono di inquietudine. Al suo passaggio tutti accennavano un saluto. Dalle basse case di pietra rosa, alcune donne lo salutarono. Dei bambini gli corsero incontro pregandolo di farli salire sul suo cavallo. Lui con gentilezza rispose che aveva fretta. Alcune ragazze lo salutarono con grandi sorrisi, che lui ricambiò malinconicamente. Nella mente, le immagini di tristezza che aveva visto tra i rifugiati, non riuscivano ad abbandonarlo.
I tristi pensieri furono interrotti dal fermarsi del cavallo. Il principe si guardò attorno. Si trovava nel lungo viale di pini che conduceva all’entrata principale del palazzo.
- A volte Scudo non so come farei senza di te! - disse Lanas accarezzando il collo dello splendido animale. Mentre si avvicinava, il principe guardò malinconicamente il maestoso edificio. Chissà quanto tempo sarebbe trascorso prima che vi avesse fatto ritorno. Pensò.
Questo si trovava nelle vicinanze delle mura est, su una collina da cui si poteva ammirare il paesaggio oltre le mura: il mare, il parco circostante e tutta la città. Dal piano più alto la si poteva abbracciare tutta con lo sguardo. Le strade ampie che talvolta si trasformavano in vicoli tortuosi, i piccoli ponti sul Piccolo Sogno, il fiume che attraversava la città come un nastro argentato, le basse case color rosa tenue, il Tempio di Elios-aere e il porto che dava sul mare aperto.
All’esterno delle mura, il palazzo si vedeva anche a notevole distanza. Era di tre piani, e la sua forma a U era unica in tutto il regno. Tutto l’edificio era di un rosa tenue ed era circondato da un magnifico parco pieno di tante varietà di piante. Al primo sguardo si rimaneva stupiti dalla cospicua quantità di finestre che lo attorniava, sembravano miriadi di occhi scuri che osservavano, senza mai chiudersi, la città. Ve n’erano tre per ogni stanza, e queste erano innumerevoli. Troppe per il principe.
La facciata principale guardava a ovest sul grande parco, e al centro in mezzo a tante finestre, spiccava un enorme portone di legno scuro, da cui si entrava nella sala del Gran Consiglio. Questo donava ancora maggiore regalità all’edificio, se Larael l’avesse visto sarebbe rimasta incantata da tanta bellezza, lei non era mai stata nella capitale di Achaar, pensò.
Era stato Asaprac a farlo costruire, sulla base di quello precedente. Lo aveva ampliato dopo aver conquistato le miniere, ed aveva adoperato il metallo ovunque, anche all’interno del palazzo. Guardandolo, si poteva capire il carattere del re. Un uomo amante del bello ma al tempo stesso altezzoso e con capricci bizzarri. Scarrat, infatti, non amava molto quel palazzo, era troppo imponente e ricco di addobbi inutili per i suoi semplici gusti.
Passeggiando piano, Lanas passò davanti alle guardie reali che lo salutarono con un inchino, dopo di che il cavallo lo portò sul lato sud del palazzo, dove si trovavano le scuderie. Lì lasciò Scudo e si diresse verso l’entrata che era poco distante.
Entrato, si diresse verso la scalinata che portava ai piani superiori, quando sentì dei passi provenire dall’alto, alzò lo sguardo e vide suo padre.
- Anche tu non riuscivi a dormire, vero? - chiese Scarrat andandogli incontro, aveva una tunica color beige, quella che normalmente indossava quando rimaneva tra le sue stanze.
Lanas annuì, un po’ turbato dal fatto che il padre guardasse con curiosità i suoi abiti da viaggio.
Il sovrano distolse lo sguardo e invitò il figlio ad accompagnarlo nella sua biblioteca privata che si trovava al piano superiore.
Quando entrarono, Lanas si guardò intorno. Era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui era entrato in quella stanza. La luce a quell’ora era fioca e Scarrat accese alcune torce appese alle pareti. Un caldo bagliore illuminò la stanza, mostrando decine di mensole piene di libri. Erano centinaia, con rilegature di ogni colore.
Fin da bambino, Lanas aveva sempre visto quella stanza come magica e misteriosa. Ma non era merito dei libri, bensì di un baule posto sotto una delle tre finestre. Era di legno scuro e logoro, con la serratura grigia ed arrugginita. Nonostante questo, catturava la sua attenzione ogni volta che entrava in quella stanza. Non sapeva cosa contenesse, il padre non gli aveva mai dato il permesso di aprirlo, né di conoscere l’entità del contenuto.
- I tuoi occhi finalmente potranno vedere, Lanas! - disse Scarrat andando verso il baule.
Quando gli fu vicino, da una delle tasche della tunica prese una lunga chiave e la inserì nella serratura, che subito scattò. Lanas seguiva con lo sguardo ogni movimento del padre.
Dopo aver aperto il baule, il re si chinò e prese un lungo oggetto avvolto in un bianco tessuto.
Lanas aveva desiderato tanto quel momento! Le sue fantasie sull’oggetto tanto gelosamente custodito finalmente erano al termine.
Scarrat tolse il tessuto e innalzando l’oggetto con entrambe le braccia disse orgogliosamente. - Ecco la Spada di Rial!
Lanas guardò la spada e poi il padre. Nei suoi occhi vide brillare una gioia immensa.
- Padre… - esclamò il principe sorpreso da quella gioia. - Stai dicendo che questa è la spada del mitico re Rial? - continuò sbigottito.
- Prendi Lanas, ora questa è tua! - annuì l’uomo porgendo la spada al figlio con un radioso sorriso.
Lanas la guardò per lunghi istanti. Era sempre stato molto curioso di conoscere cosa nascondesse il baule, ma non avrebbe mai immaginato che contenesse una reliquia simile! La sua lama trasparente luccicava come se fosse stata lucidata da poco. Sopra di essa era incisa una frase in una lingua che non conosceva. Anche l’elsa era singolare, aveva la forma di una Fenice con le ali aperte. La testa della Fenice era perfetta in ogni particolare, come il lungo becco e gli occhi in cui erano state incastonate delle gemme color rosso.
Il principe aveva sentito parlare spesso della mitica spada, delle Fenici e di Rial, il loro Guardiano. A lui era stata dedicata una statua nella piazza centrale della città. La sua storia era nota e si studiava a scuola, ed erano gli stessi sacerdoti della dea Elios-aere a raccontarla ai ragazzi come una favola. Non avrebbe mai immaginato però che quella spada si trovasse nel palazzo di Achaar!
- Prendila Lanas! - Lo sollecitò il padre.
Il principe la prese con entrambe le mani prevedendone il peso, fu stupito invece di constatare che era leggera e maneggevole come uno stiletto.
Vibrò due colpi nell’aria, la sua lama emetteva una viva luce multicolore, il principe sorrise orgoglioso.
- Come saprai questa non è una spada qualsiasi. E’stata forgiata dal mitico re Rial, sovrano della mitica Terra delle Fenici, che certamente conosci.
Lanas rispose affermativamente. Quella terra non si trovava lontana da loro regno, era un’isola disabitata che nessuno ormai più il coraggio di esplorare. La gente diceva che un tempo fosse stata colma di ogni genere di meraviglie.
Scarrat continuò. - Nel manoscritto si narra che il re abbia usato la spada per uccidere il Profeta Nero, servitore del Dio Nasarid, il nemico eterno della nostra amata Elios-aere.
- Com’è finita nel nostro palazzo? - chiese Lanas incuriosito da quello che stava raccontando il padre.
- C’è una leggenda su di essa, ed è stata scritta da Rial stesso. I fatti che illustrano l’arrivo della spada nel nostro palazzo, sono spiegati nel manoscritto del re. Quest’arma oltre bellezza, ha anche dei poteri.
- Quali poteri? - chiese il principe sempre più incuriosito.
- Anche su quelli c’è qualche cenno nel manoscritto. Uno di questi è quello di poter comunicare al suo possessore la presenza di entità malvagie. Vedi le gemme che sono incastonate negli occhi della Fenice? - Lanas aveva già notato le due pietre ed annuì con la testa, il padre continuò. - Sono Gocce di Sangue, un tipo di pietre preziose unico, veramente non ne esistono altre a conoscenza d’uomo. Rial nel manoscritto parla anche di loro. Queste pietre in presenza di entità malvagie, mandano una fioca luce color rosso sangue. Un altro potere della spada sta nella lama. Lei può uccidere non solo il corpo, ma anche l’anima! Se ad un nemico vorrai risparmiarla, non colpirlo al cuore!
Il principe fu sconcertato da quelle parole.
- Potrei sentire la storia di Rial e della sua spada? - chiese Lanas sorprendendo Scarrat. La spiacevole discussione avuta il giorno precedente sembrava solo un brutto ricordo e di questo il sovrano ne fu lieto. E poi non avrebbe mai pensato che al figlio potesse interessare quella vecchia storia!
- Sarà lunga e tra poco dovrai partire. - commentò il re guardandolo malinconicamente.
Lanas sorrise facendo capire al padre che non gli importava, e poi c’era ancora molto tempo. - Non me ne andrò fino a quando non l’avrò ascoltata fino all’ultima parola! Questa storia mi ha sempre affascinato ed incuriosito fin da bambino…
Scarrat annuì, lieto di potergliela raccontare. - D’accordo, te la racconterò. Accomodati. - disse indicando una sedia al figlio.
Il principe, come tutti i cittadini di Achaar, ammirava Rial. Per lui gli achaariani avevano sempre avuto una venerazione. Era un eroe, un simbolo di onestà e giustizia. Tutti ad Achaar conoscevano la leggenda del re Rial.
Scarrat diede una piccola pacca sulla spalla di Lanas e si diresse verso una delle numerose mensole stracolme di libri. Ne prese uno con la rilegatura argentata, lo aprì e si mise a sedere su una delle sedie che stavano di fronte al grande tavolo di legno scuro che riempiva la grande stanza. Lanas gli si accomodò di fronte, lui sapeva del dovere che lo attendeva tra poco, ma doveva ascoltare a tutti i costi quella storia. Il re iniziò subito.