La scritta sulla lama dice così: “Che lo spirito e i poteri di questa spada proteggano colui che la possiede, e solo chi in lei vedrà forza e bellezza ne sarà degno ed eterno.”
Sarà eterno… pensò Lanas. Il re Rial, a distanza di secoli, era ancora vivo nella memoria degli uomini. Era stato un Guardiano devoto e degno di possedere quella spada, nessuno come lui aveva visto forza e bellezza in quell’arma che rappresentava, come nient’altro, Elios-aere.
Re Scarrat riprese con la traduzione delle parole incise. “Questa lama ha il potere di uccidere anche l’unica cosa che in un essere umano vive dopo la morte: l’anima. Se il suo possessore intende salvarla al nemico, non lo colpisca al cuore.”
Scarrat guardò il figlio intensamente e continuò. - Questo è l’immenso potere della spada. Come sai, i Grandi Sacerdoti della Dea dicono che noi tutti abbiamo un’anima, essa risiede al centro di noi stessi, nel nostro cuore. Io credo fermamente in questo. In essa è convogliato tutto quello che noi siamo, compresi il bene e il male. I battiti che crea sono diversi. Se noi stessi tendiamo al male il suo nucleo sarà oscuro, nebbioso e il battito acuto e forte. Se invece tendiamo al bene il suo nucleo sarà di luce e il battito sarà dolce e silenzioso.
Elios-aere vede chiaramente tutto questo in ognuno di noi, ed aveva visto l’essenza del Profeta Nero. Si dice che la sua anima fosse stata nera come la pece e che gridasse odio come mille corvi impazziti. Lei, amante della vita, aveva cercato uno spiraglio di luce in lui, ma non vide altro che disprezzo e ambizione.
Con il tempo, la fede nel suo Dio lo fece impazzire. Il Profeta pretendeva da Nasarid sempre di più, fino a quando gli chiese l’immortalità. Nasarid lo accontentò, chiedendo in cambio tutto, persino la speranza di uno spiraglio di salvezza, trascinandolo sempre di più in un baratro senza fine.
Per Elios-aere non c’era altra soluzione: quell’uomo doveva essere eliminato. Per questo aveva convogliato nell’arma il suo enorme potere, un potere nato solo perché il Profeta Nero fosse annientato. Così sono convinti i Sacerdoti, essi conoscono questa storia.
Scarrat guardò Lanas intensamente, voleva che le parole appena pronunciate, rimanessero impresse nella mente e nel cuore del figlio.
- Rial era coraggioso, di buon cuore, sensibile. Amava particolarmente le Messaggere Sacre e nessuno come lui aveva imparato a capirle, a conoscerle. Amava tutto di loro. Per questo aveva avuto la benedizione della Dea, la grandissima possibilità di vedere la sua luce. Nessun altro uomo dopo di allora l’ha più vista.
- Ma con lui c’era Jarad! - interruppe Lanas giustamente.
Agli occhi del padre, il principe, sembrava un bambino a cui si stava raccontando una favola, il suo sguardo seguiva ogni gesto che il padre faceva, e le sue orecchie non si lasciavano scappare una sola parola. - Sì. - sorrise il re. - Hai ragione. Lui era un sacerdote. Era stato inondato della luce tempo addietro. Però, quella che aveva visto nel tempio, era stata diversa… Ma andiamo avanti con la storia.
Arrivò il giorno in cui il re dovette lasciare quel bellissimo regno. Ringraziò di cuore tutti coloro che lo avevano aiutato, in modo particolare Jarad. Il sacerdote, però, non lasciò partire Rial da solo. Volle accompagnarlo nel suo viaggio. Rial annuì convinto. Così i due uomini partirono sul collo di Ekim verso casa. Quando arrivarono nella Terra delle Fenici il re chiamò in riunione tutte le Messaggere ed il figlio, che nel frattempo aveva fatto le sue veci.
Jarad rimase sbalordito dalla maestosità degli animali. Fu onorato di fare la loro conoscenza, si era appena capacitato di aver conosciuto una Fenice, non riusciva a credere di averle dinnanzi tutte!
Rial raccontò alle Fenici quello che era successo nel tempio, fece vedere loro la spada, e chiese il loro aiuto. Ekim confermò e cercò di convincere le compagne.
Ci fu una lunga assemblea. Erano secoli che non uscivano dall’isola, e farlo proprio in un periodo così pericoloso non le allettava. Il loro guardiano, però, aveva visto la luce, e non era successo a nessun altro prima di allora. La loro amata principessa poi aveva bisogno di aiuto. Accettarono. Non tutte però partirono, alcune rimasero a guardia dell’isola e del tempio di Elios-aere.
Rial era deciso ad uccidere il Profeta, sarebbe tornato con il suo cuore e la figlia sana e salva. Il viaggio fu lungo, ma tranquillo. Quando arrivarono nelle vicinanze del castello nemico, Rial fu sorpreso nello scoprire che tutto era silenzioso. Attorno non c’erano soldati, e nel cielo del mezzogiorno nemmeno l’ombra dei Predoni Alati. Attesero prima di atterrare, volevano essere sicuri che i grossi felini non arrivassero all’improvviso. Rial, Jarad e Thomas si guardarono sorpresi ma non sollevati.
Al comando di Rial, tutte le Fenici atterrarono nelle vicinanze del castello del Profeta, e subito alcuni soldati a cavallo piombarono sul re e i suoi compagni, ma fu inutile. Le Fenici, vedendo che quegli uomini stavano attaccando il loro guardiano, si alzarono in volo e con le loro potenti ali alzarono un forte vento, la polvere investì i soldati accecandoli e si diedero alla fuga.
I tre uomini quando videro che non c’era più pericolo, si avviarono verso l’entrata del castello. Mentre Rial camminava, alzò lo sguardo verso il cielo per vedere dove andavano le sue Fenici e vide una fievole sagoma bianca vicina ad Elios-aere.
- La Grande Stella di Nasarid… non è possibile! - esclamò il re rivolto ai suoi compagni.
Anche Jarad e Thomas stavano guardando i due astri fianco. Li osservarono meravigliati e confusi. Mai prima di allora avevano visto i due simboli degli dei insieme nel cielo del tardo pomeriggio.
E’ un presagio, un avvertimento. Il male ed il bene… non sono mai stati così vicini. Pensò Rial. Aveva una strana sensazione. Senza rendersene erano testimoni di una battaglia, quella tra Nasarid ed Elios-aere, ed il Dio stava avendo la meglio.
L’edificio era quadrato, costruito con mattoni grandi e scuri, solo a guardarlo metteva a disagio, soprattutto le maestose torrette poste ai quattro angoli, sembravano artigli rivolti con rabbia verso il cielo. Sopra la torre centrale più alta, sventolava una bandiera sgualcita dal tempo. Su di essa, era disegnato il simbolo del Profeta Nero, l’astro rotondo della Grande Stella color argento su sfondo nero.
Rial aveva la sua preziosa spada stretta saldamente nella mano destra. Pian piano avanzarono. Appena entrati, si trovarono in una sala illuminata da grandi torce. Superata la sala salirono su una grande gradinata posta al centro e si trovarono in una stanza, nessuno intralciò il loro cammino.
Avanzarono guardinghi. Dopo aver superato lunghi corridoi e scuri vestiboli, arrivarono ad una scala a chiocciola. La salirono lentamente e arrivarono ad una stanza. La porta era semiaperta.
Qui Scarrat smise di leggere, chiuse gli occhi e fece un sospiro, aveva un’espressione di tristezza sul viso, sembrava non volesse continuare.
Lanas lo guardò perplesso. - Perché ti sei fermato? Era successo qualcosa alla principessa?
Il re di Achaar non rispose, ma continuò a malincuore il racconto. - I tre uomini entrarono nella stanza, ansiosi. La scena però che parve davanti ai loro occhi fu orribile ed inquietante… Eillean era distesa a terra. I lunghi capelli scuri le coprivano il viso, al collo aveva una corda. Chino su di lei c’era un uomo vestito di nero, e sul viso candido si poteva vedere un’espressione di profonda angoscia.
Rial rimase sbigottito. Vedeva la figlia distesa a terra con gli occhi chiusi, immobile, il suo petto non si muoveva… non respirava. Il re non capiva. La sua mente rifiutava di comprendere. Solo di una cosa però aveva la certezza: quell’uomo l’aveva uccisa! Il suo cuore era sicuro della sua colpevolezza e sapeva che lui era il Profeta Nero: il suo temutissimo nemico.
L’uomo vestito di nero si voltò verso i tre uomini con un’espressione assente e triste. I lunghi capelli neri gli coprivano parzialmente il viso, da cui si potevano vedere chiaramente degli occhi neri e lucidi di pianto. Aveva un viso strano, giovane e anziano al tempo stesso. Rial ne rimase colpito.
Quando il Profeta si voltò per vedere chi era arrivato, osservò per pochi momenti i visi dei tre uomini, poi ritornò a guardare il corpo senza vita della principessa.
Rial, a quella vista sentì crescere una rabbia che gli fece paura. La mano che teneva la spada tremava e fremeva dalla voglia di scagliarsi contro il petto di quell’uomo. - Che cosa le hai fatto? Bastardo! Che cosa le hai fatto!
Il Profeta non rispose, non degnò il re nemmeno di uno sguardo.
Rial continuò. - Vedi questa spada… guardala! Può ucciderti! - urlò.
L’uomo vestito di nero questa volta guardò la spada, però non mostrò alcun interesse per essa, non gli importava.
- Sei stato tu ad uccidere mia figlia! - gridò il re, aveva già le lacrime che gli scendevano dalle guance.
Finalmente il Profeta si voltò verso i tre uomini e lentamente. - Si è tolta la vita, non l’ho uccisa. Io non le ho fatto nulla, non avrei mai potuto farle del male.
Il re Rial non credeva a nemmeno una di quelle parole. Era stato lui a rapirla perché voleva in cambio la sua terra. Era stato lui a dire che se non gli avesse ceduto la Terra delle Fenici l’avrebbe uccisa.
Rial non credeva a quelle parole? Anche la sua tristezza la trovava ridicola. In quel momento si fidava solo del proprio istinto che gli diceva di uccidere quel maledetto. Gli occhi del re erano accecati dalle lacrime e dalla rabbia, non poteva più aspettare. Guardò la spada e poi il Profeta Nero, che in quel momento cominciava a capire le sue intenzioni. Si guardarono negli occhi per qualche istante, poi il Profeta si alzò e cominciò a indietreggiare.
Rial sorrise compiaciuto. - Perché stai indietreggiando? Perché non ti difendi?
Il Profeta non intendeva attaccare il re, non ne avrebbe avuto la forza, voleva convincerlo che lui non aveva ucciso Eillean.
Lanas interruppe nuovamente il padre. - Eillean si era veramente tolta la vita? Il Profeta diceva la verità?
- Sì, diceva la verità, la principessa si era davvero tolto la vita.
- Perché lo aveva fatto? - domandò ancora il principe un po’ turbato.
- Il motivo del suo gesto ti stupirà molto. Mentre il manoscritto è una storia vera queste che ti dirò sono solamente parole lasciate in eredità da persone che a quell’epoca erano vicine al Profeta.
Durante il periodo di prigionia, il Profeta Nero andava spesso nella stanza in cui teneva prigioniera Eillean. Era rimasto colpito dalla sua bellezza e con il tempo, si era innamorato di lei. La sua bellezza era travolgente, ed il Profeta non era capace di sottrarsene come avrebbe voluto.
La principessa si era resa conto dei sentimenti che quell’uomo provava per lei, per questo volle stare il più possibile da sola. Lui la inorridiva, la terrorizzava.
Il Profeta però insisteva ad andare nella sua stanza solo per vederla. Entrava, anche se lei gli diceva di non farlo. Le parlava, anche se da lei non otteneva risposta. Lui usava la scusa del cibo, dell’acqua, delle coperte. Lei puntualmente rifiutava tutto quello che lui le portava, lo insultava dimostrandogli tutto il suo disprezzo. L’uomo però non si arrabbiava, se ne andava dopo un po’ senza dire una parola, gli bastava vedere il suo viso. Parte della sua forte ambizione era svanita, anche la Terra delle Fenici non contava più come tempo addietro, la voleva certo, ma non con la bramosia dei tramonti passati. Quello che voleva veramente era l’amore della principessa, ed il pensiero che non lo avrebbe mai avuto lo sviliva.
Si dice che per la principessa quella situazione era diventata un incubo. Non poteva fuggire. Non poteva sottrarsi alle attenzioni di quell’uomo, che disprezzava. L’unica soluzione per sottrarsi a quella prigionia senza speranze era… la morte!
Lanas chiuse gli occhi e scosse appena la testa, era solo una storia accaduta tanti secoli fa, ma gli sembrava terribile, quella povera ragazza, pensò, doveva essere stata davvero disperata.
Il padre continuò il racconto. - Erano passati quaranta tramonti dal giorno in cui era stata portata in quel castello. Lei non riusciva più a mangiare e le notti erano diventate insonni. Il Profeta si era reso conto che la principessa si stava ammalando, era dimagrita molto. E una mattina la trovò distesa a terra, senza vita.
Si era tolta la vita con una corda che aveva trovato in un angolo della stanza. Forse la corda era vecchia e si era strappata dopo che il cuore della ragazza aveva smesso di battere. Il corpo così era caduto sul pavimento. Oltre ai lividi sul collo il Profeta aveva visto anche del sangue uscire dalla sua testa.