LA LEGGENDA DELLA SPADA DI RIAL-5

2773 Words
Scarrat aveva riflettuto a lungo sulla possibilità di consegnare la spada al figlio. Le storie che aveva sentito negli ultimi tempi sul Signore di Kirine erano troppo strane e inquietanti, ed un cattivo presentimento lo aveva spinto a quella decisione, una decisione sofferta. In cuore suo non voleva ammettere che il continente di Siger fosse nuovamente in pericolo. Lanas guardò fuori dalla finestra. Elios-aere era già alta in cielo, sarebbe stata una splendida giornata di luce. Si rese conto che doveva fare in fretta: le navi erano pronte per la partenza. Sul corpo e nella mente aveva ancora chiari i lividi e i ricordi delle ultime battaglie. Le immagini dei poderosi kiriniani all’attacco, le grida dei suoi soldati che si scagliavano contro il nemico. Nell’aria si potevano sentire forti gli odori del fuoco, del metallo, del sudore, delle lacrime, della terra intrisa di sangue, uniti a quelli altrettanto forti della rabbia, del dolore, del profondo odio che li accomunava. E anche se l’ultima battaglia era stata dura, partivano fiduciosi e convinti di una grandiosa vittoria. Molte volte il Signore di Kirine aveva tentano di conquistare il Bosco di Elged, ma l’esercito di Achaar era riuscito ogni volta ad allontanare il nemico. L’Esterion era un metallo indistruttibile, che mandava in pezzi le armi dei nemici. Per questo i kiriniani non si davano per vinti, sapevano che, conquistando le miniere e il modo di forgiarne il metallo, non avrebbero avuto rivali per continuare le loro conquiste. Il principe si era sempre chiesto fino a che punto volessero arrivare. Avevano conquistato tutto il nord di Siger, e le ultime notizie dicevano che il Palazzo dei governanti del Principato di Kamaul era stato distrutto. Lanas si avvicinò a Scarrat. - L’ora è arrivata. Padre, pregate Elios-aere che protegga i nostri eserciti. - disse in fretta, voleva andarsene senza troppi commiati. - Certo. Pregherò ogni giorno, come potrei non farlo! La spada ti proteggerà! - lo tranquillizzò Scarrat, che si alzò dalla sedia. Entrambi si guardarono e si abbracciarono affettuosamente. Era la prima volta che il padre lo abbracciava dopo tanto tempo. Sembrava davvero che la brutta discussione del giorno prima fosse solo un brutto ricordo. - Un’ultima cosa. Ricordati di conservare con cura la spada. E’ molto, molto importante che non le accada nulla. Sarà una compagna indispensabile, più di ogni altra arma. - raccomandò Scarrat guardandolo intensamente. Lanas annuì severamente, poi guardò l’arma. L’aveva appesa al cinturone e d’istinto accarezzò con dolcezza l’elsa, averla accanto lo fece sentire forte e sicuro di sé. - Non temere per lei, saremo inseparabili. - poi si voltò e si diresse verso la porta. - Torna presto con Eillean. - disse infine Scarrat con occhi lucidi. Lanas guardò il padre cercando di non far vedere la sua commozione. - Te lo prometto. Tornerò con lei e con la testa di chi ha voluto il suo rapimento. - Per un attimo i suoi occhi incontrarono quelli del padre, ma non volle trattenersi oltre, chiuse lentamente la porta e scese le scale. Prima di andare al porto voleva fare una visita al tempio di Elios-aere per pregare la Dea. Quando fu fuori il principe alzò lo sguardo verso la stanza dove lui e il padre erano stati fino a pochi momenti prima, come immaginava il sovrano era alla finestra. Lui lo salutò con un debole cenno della mano, Scarrat rispose al saluto con un sorriso. Non si sarebbe mosso da quella finestra fino a quando non avrebbe visto il figlio allontanarsi e sparire alla sua vista. Lanas arrivò con Scudo al maestoso tempio della Dea del giorno. Si trovava vicino alle mura meridionali, su una delle colline più alte che formavano la città, per questo si poteva ammirare da ogni angolo della capitale del regno. Il principe non appena vide il tempio scosse la testa con un sorriso, era stato Rial a farlo costruire, non lo aveva mai saputo prima del racconto del padre. Si era chiesto molte volte, infatti, chi poteva essere stato, quando lo chiedeva ai sacerdoti ognuno gli diceva una cosa diversa. Il principe legò il cavallo alle apposite staccionate, e si avviò in fretta all’alta e larga scalinata che attorniava il tempio. Era di forma circolare e costruita in marmo rosa. La gradinata era la base di tutto il tempio. Su di essa poggiavano tre serie di alti e poderosi colonnati concentrici, che fungevano anche da ingressi, lasciando che la luce e l’aria entrassero liberamente nell’edificio. Le numerose colonne sostenevano un tetto a cupola, decorato esternamente con colorati motivi floreali. Il principe si affrettò a varcare uno dei numerosi ingressi. La luce illuminò alcune colonne, svelando al suo sguardo larghe venature violacee, arancioni e argentee. L’ambiente era luminoso e in quel bel mattino, i raggi illuminarono ogni pietra, ogni venatura, ogni particolare. Lanas faceva spesso visita al tempio. Ogni volta veniva abbagliato dalla bellezza della grandiosa sala che brillava come uno specchio, erano i sacerdoti che si preoccupavano della pulizia del tempio. Anche l’interno era di marmo rosa, tranne i numerosi mosaici che decoravano le pareti del soffitto con disegni floreali. La cosa più lo colpiva, era la gigantesca statua di Elios-aere posta al centro della sala, che orgogliosa guardava verso est, la direzione da cui sorgeva l’astro del giorno. Era scolpita di marmo bianco perché risaltasse sulle colonne rosa. La bella donna che raffigurava la Dea, aveva lunghi capelli ed occhi trasparenti, affusolate braccia alzate al cielo, e una lunga veste che ricadeva morbida fino ai piedi che spuntavano appena. La cosa che più colpiva i pellegrini, oltre al sorriso, erano le enormi ali poste sulla schiena della Dea. Erano ali di Fenice e le piume erano state ricoperte da gemme multicolori e da Esterion. Queste regalavano ancora più splendore e potenza alla statua, donando alle pareti circonstanti mille vibranti scintillii. Rial aveva fatto veramente un lavoro splendido, pensò orgoglioso Lanas che guardò la statua con un sorriso. Poi si inginocchiò sulla gamba destra ed iniziò una preghiera che i suoi genitori gli avevano insegnato tempo fa. In lontane ere del mondo tu sei nata Da luoghi lontani e misteriosi tu sei venuta Nella bontà e nella bellezza sei cresciuta In generosità e coraggio ti sei elevata In questo noi crediamo Per questo noi ti ammiriamo La tua luce è il faro, l’esempio da seguire In ogni luogo e per sempre. Nel pronunciare le parole, la mano destra andò alla testa della Fenice scolpita nell’elsa della spada, e l’accarezzò dolcemente. Uno strano calore si diffuse dentro di lui, dandogli un forte senso di quiete. Inconsciamente sorrise. Non lo faceva da molto tempo. Non si chiese nemmeno cosa fosse quel calore, era stato intenso, ma al tempo stesso talmente fugace che gli rimase solo un profondo senso di tranquillità che attribuì alla preghiera. Quando ebbe terminato, fece nuovamente un inchino e silenziosamente si diresse verso la scalinata. - Ti prego, ascolta la mia preghiera. - disse voltandosi. La statua parve guardarlo intensamente, e per un attimo si perse in quello sguardo fermo, ma limpido e rilassante. I suoi pensieri furono distratti da un rumore di passi, Lanas si voltò e vide davanti a sé un giovane soldato dai lunghi capelli neri. - Dimmi soldato. - Disse con tono deciso Lanas. Il giovane fece in fretta un saluto. - Vi ho cercato ovunque principe. E’ stato il Capitano Ristan a darmi l’ordine di cercarvi. Dovete recarvi immediatamente al porto. - Cosa è successo? - lo interruppe Lanas preoccupato. Il soldato si avviò al proprio cavallo. - Al porto ci sono delle strane imbarcazioni. Presto venite! Il porto non era lontano dal centro della capitale. Si estendeva a nord della città, e a cavallo lo si poteva raggiungere in poco tempo. Mentre galoppava veloce lungo la strada declinante, tra le piccole e basse case di pietra, oltre le alte mura, intravide il mare. Lo amava molto, in quel momento era un incanto, rispecchiava la luce dell’astro del giorno. In lontananza si vedevano nitidamente le sagome delle Isole degli Smeraldi. Queste isole facevano parte dell’arcipelago più grande di tutto il Mare della Contesa, ed erano disabitate. Un tempo erano state ricche di giacimenti di pietre preziose, molte miniere furono scavate da parte di tutte le popolazioni di Siger, che arrivavano ogni giorno per sfruttarle. Chilometri di tunnel e grotte furono scavati sottoterra, trasformando le isole in una sorte di labirinti aridi e senza vita. Dopo secoli di scavi sotterranei, le risorse iniziarono a scarseggiare, così tutti i regni che se n’erano serviti le lasciarono all’abbandono. Ora erano solamente dei desolati lembi di terre incastonate in un mare cristallino. Il principe arrivò alle mura rosate che guardavano parallelamente il mare, oltrepassò il grande portale che portava alla darsena e svoltò a destra. Superò numerosi edifici che servivano per la costruzione e la riparazione delle navi, e si avviò verso cinque grandi moli di legno scuro. Al di là di delle numerose imbarcazioni attraccate, svettavano tre grandi vascelli a tre alberi. Sui loro pennoni svettava la bandiera simbolo del regno di Achaar, una stella dorata a quattro punte su sfondo bianco che rappresentava le quattro meraviglie del regno: le Cascate d’Oro, il tempio di Elios-aere, il Bosco di Elged e l’Esterion. Sapevano portare un gran numero di uomini, ed anche se non avevano particolari decorazioni, era uno spettacolo grandioso vederle con le grandi vele ammainate. Sentiva i marinai già al lavoro. Il principe, quando si avvicinò, cercò le strane imbarcazioni di cui aveva parlato il soldato. Subito le vide. Erano due galee biremi. Più piccole dei vascelli, con due alberi e vele triangolari. Portavano uno strano simbolo sulla bandiera: un’ascia a doppia lama con una corona su sfondo azzurro. Scese da cavallo, fece una carezza speciale a Scudo e raccomandò ad un altro soldato che l’animale tornasse al più presto nella sua scuderia, il soldato annuì e si congedò. Chiese ad un altro soldato da quale regno provenivano le altre imbarcazioni. Aveva visto numerose volte quel simbolo ma gli sfuggiva a quale regno apparteneva. - Non riconoscete il simbolo sulle bandiere? - chiese a sua volta l’uomo. - E’quello che rappresenta il popolo di Olekawan Superiore… L’uomo non fece in tempo ad aggiungere altro che Lanas lo interruppe con voce piena di rabbia. - Ouna! - esclamò stringendo i pugni. - Cosa ci fanno qui? Cosa vogliono? - continuò seccato. Il soldato non rispose poiché Lanas, con passo deciso, si era già incamminato verso l’ultimo molo dove erano attraccate le cinque navi. Su di esso c’era molta agitazione, soldati e marinai stavano ultimando i preparativi per la partenza. Mentre stava percorrendo il molo, la sua attenzione fu attratta da un gruppo di soldati e di ouna che sembravano essere immersi in una discussione particolarmente animata. Due di loro infatti, stavano litigando. Uno era un ouna vestito con una pelliccia di pecora lunga fino alle caviglie e alti stivali di cuoio, mentre l’altro era un soldato achaariano abbigliato con una stretta maglia color ocra e dei pantaloni di lana neri, era così che vestivano i soldati dell’esercito di Achaar. Il nervosismo del principe si fece ancora più grande. Il soldato che lo aveva cercato li indicò con un’espressione di rammarico. - Principe era per questo che sono venuto. Sono ore che continuano così! - Grazie soldato, ora puoi andare. - rispose Lanas. Poi si fermò a guardare i due che non si erano accorti minimamente della sua presenza. - Cosa sta succedendo qui? - chiese con voce dura, cercando di far smettere il litigio. L’ouna e il suo guerriero si voltarono verso di lui, il primo a parlare fu il piccolo uomo che imbarazzato si schiarì la voce. - Oh… principe di Achaar è lei! E’un onore! - balbettò. Era alto per essere un ouna, la sua testa arrivava al petto del principe. Il suo viso scuro era incorniciato da una rada barba castana, mentre dalla testa partiva una lunga treccia bruna che ricadeva sulla spalla destra. Era così che gli ouna portavano i capelli. Il piccolo uomo scuro guardò il principe con ammirazione e, impacciato, gli rivolse un leggero inchino. In Lanas, quel gesto, non procurò nessun effetto e rispose in tono cupo. - Salve a te Kerojan, re degli Ouna di Olekawan Superiore. Come mai siete nel porto della mia città? - domandò ricordando il viso dell’ouna. Gli ouna sembravano tutti uguali agli occhi degli altri popoli, piccoli di statura, non superavano mai il metro e venti. Avevano la pelle scura, e solitamente erano magri ma muscolosi e scaltri. I loro visi erano ovali ed avevano piccoli occhi a mandorla. Tutti gli uomini adulti portavano la barba e i capelli lunghi che solitamente erano scuri. Il re degli ouna si schiarì ancora la voce. - C’è giunta la terribile notizia che vostra sorella, la principessa Eillean è stata rapita. Noi la stavamo aspettando… - Come avete saputo questa notizia? Come sapevate della nostra partenza? - domandò Lanas incuriosito. - Abbiamo fonti di informazione ovunque. Con i nostri contrasti con Olekawan Inferiore, abbiamo creduto opportuno mettere spie un po’ dappertutto. - Capisco… - commentò il principe inarcando le sopracciglia. - Beh… - continuò Kerojan. - Eillean era partita per venire da noi, e ci siamo sentiti responsabili per quello che le è accaduto. Così abbiamo deciso di unirci a voi verso il regno di Kirine. Abbiamo trascorso giorni di duro lavoro. Le nostre navi sono state trasportate a fatica dal lago Eneral al fiume Orar attraverso il piccolo fiume che li comunica. Questo, in effetti, non sembrerebbe molto difficile ma questo fiume non è molto navigabile e così… oh, per tutti gli dei, solo Oseron, il Dio che abita al di sopra delle nuvole sa come ci siamo riusciti! E ora che siamo qui, quest’uomo non vuole che noi partiamo con voi! - Quello che sta dicendo è assurdo! Lanas, dillo anche tu a questo nanerottolo! - dichiarò spazientito il Capitano Ristan, un ragazzo di bell’aspetto dalla pelle chiara e dai corti capelli neri. Lanas a quelle parole guardò l’amico con espressione stupita. L’ostilità di Ristan verso il popolo ouna era cosa risaputa, ma non aveva mai sentito parlare Ristan in quel modo, il suo comportamento nei confronti del sovrano di Olekawan Superiore poi gli parve troppo insolente. - Nanerottolo! - gridò Kerojan con voce stridula. - Io sono il re degli Ouna Superiori! Lanas sentiva che la rabbia aumentava sempre di più, fece un profondo sospiro cercando di rimanere calmo. Rimase in silenzio per qualche istante, tutti lo guardarono ansiosi di sapere quale decisione avrebbe preso. - Ristan, stai esagerando! Forse Kerojan ha ragione, degli uomini in più sono sempre bene accetti, verranno con noi e ci aiuteranno a combattere contro il regno di Kirine. - Ma Lanas, gli ouna non possono misurarsi con uomini alti il doppio di loro, non è un gioco! Conosci anche tu il loro carattere, tutti lo conoscono, e questa sarà una dura battaglia! - disse Ristan cercando di convincere l’amico che la sua idea era assurda. Kerojan era sul punto di scoppiare per le ripetute offese al suo popolo, se non fosse stato per la presenza del principe avrebbe messo subito a tacere quell’uomo dimostrando le capacità di un ouna! - Forse quest’uomo, che vanta il titolo di Capitano delle Guardie Reali, non conosce le nostre capacità! Principe, forse non lo posso biasimare, noi siamo più… bassi della media di tutti gli abitanti di Siger, ma non per questo siamo meno scaltri ed intelligenti! - ribadì Kerojan indispettito. Gli ouna presenti annuirono severamente. Ristan fece una smorfia di disappunto. Aveva molte perplessità sulle capacità degli ouna, se non fosse stata per la loro incapacità di ragionare non sarebbero stati continuamente in contrasto con i loro fratelli di Olekawan Inferiore, ed Eillean non sarebbe dovuta andare in loro aiuto. I battibecchi tra Ristan e Kerojan andarono avanti a lungo ma Lanas invece di arrabbiarsi lasciò che dessero sfogo ai loro disappunti. Aveva mal giudicato gli ouna. Si erano ritenuti responsabili del rapimento della sorella, e questo era raro per un ouna. Avrebbe fatto tacere il caro amico e dato ragione a Kerojan. - Basta ora! Kerojan e i suoi verranno con noi. Quanti siete in tutto? - chiese all’ouna. - Su ogni galea ci sono duecento soldati principe, non siamo in molti… - rispose Kerojan quasi con tono di scusa. - Siete i benvenuti. Tenetevi pronti, partiamo tra poco. - Assentì il principe facendo un cenno del capo. Ristan guardò l’amico scotendo la testa, ma non discusse le sue parole. Lanas chiese ai due di darsi la mano in segno di pace. I due si guardarono con irritazione, le parole di Lanas li aveva messi particolarmente a disagio davanti ai loro soldati. Il principe attese. Finalmente i due si strinsero con poca convinzione la mano. A quel gesto inaspettatamente seguirono applausi e grida di gioia da parte degli ouna e di alcuni achaariani che fino a quel momento avevano assistito in silenzio e con preoccupazione il litigio. Lanas fece un sospiro di sollievo, i problemi che lo affliggevano erano tanti, non voleva partire anche con il pensiero di un esercito di ouna e di uomini in conflitto tra loro. Dopo lo spiacevole avvenimento, il principe ordinò a tutti i soldati rimasti di sbrigarsi per le ultime mansioni. Avevano già sprecato molto tempo prezioso, dovevano raggiungere in fretta il regno di Kirine, Rajana ed il suo esercito avrebbero atteso il loro arrivo tra dodici tramonti.
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