1. Il matrimonio

2516 Words
Prospettiva di Blake "ANCORA!" Gridai a Cam di attaccarmi ancora una volta. Deluso dall'ennesimo fallimento nel bloccare il suo rapido colpo, mi alzai da terra in fretta e spazzolai via la sporcizia dal mio corpo, assunsi la posizione di difesa. Con tutte le istruzioni che mi aveva dato mio padre, dovevo riuscirci. Avevo giurato di riuscire a padroneggiare la mossa che ci aveva mostrato una settimana prima quando era tornato a casa dall'ultimo addestramento da alfa e non mi sarei fermato. "Come desideri, Piccolo Dolce Blake," mi prese in giro, usando il soprannome con cui mia madre mi chiamava in privato quando ero piccolo, o almeno pensavo che fosse privato. Gemetti quando lo sentii, lui sapeva di aver toccato il tasto giusto. Strinsi gli occhi e mi concentrati sul mio avversario. La struttura corporea di Cam era simile alla mia. Alto, muscoloso e coperto di tatuaggi. Perfino i nostri capelli color castano scuro erano così simili che a volte le persone ci scambiavano da lontano. Le differenze nel nostro aspetto erano i suoi occhi ambrati; i miei invece erano verdi, e una grande cicatrice sul collo risalente all'infanzia che non si era rimarginata bene. Aveva subito quella ferita mentre fuggiva dall'attacco dei ribelli quando il suo branco precedente era stato quasi completamente annientato. Preparandomi per un altro colpo, non mi sfuggì il sorriso beffardo sul suo volto quando mi puntò a tutta velocità. Torcendo il corpo per darmi un calcio in faccia, mise una mano a terra, sollevò le gambe e colpì il lato della mia testa con il piede sinistro, causandomi un ronzio alle orecchie, prima di colpire il mio petto con il piede destro. In pochi secondi atterrai sul sedere a causa della combinazione letale di velocità, forza ed effetto sorpresa che aveva usato. Maledicendo ad alta voce il mio fallimento, mi alzai e scossi la testa, infastidito dal fatto che l'avesse fatto di nuovo, senza avermi dato nemmeno la possibilità di toccarlo. Era molto più bravo di me. La mossa che aveva usato era quasi come una danza e Cam era il migliore ballerino del nostro branco. Era al centro dell'attenzione di ogni festa che il nostro branco organizzava, circondato da una folla ipnotizzata di ragazze che lo guardavano con ammirazione, desiderando di ballare con lui anche solo una volta. Non l'avrei mai ammesso davanti a lui, ma era una cavolo di STAR. Quindi non mi sorprese che nei giorni successivi andò in giro come un pavone orgoglioso, vantandosi ogni volta che poteva di aver messo a terra il culo del futuro Alfa. Stupido cretino. Ma un giorno lo avrei battuto. "È sufficiente, Alfa?" mi chiese e mi offrì una bottiglia di acqua dalla sua borsa da allenamento. La presi, ancora irritato, e ne bevvi tutto il contenuto; il tentativo di prenderlo a calci nel sedere mi aveva stremato. Mentre toglievo il fango e l'erba che si erano attaccati al mio corpo sudato, non mi sfuggì il sorriso di vittoria sul suo viso superbo. "Non fare il presuntuoso, Cam, posso ancora metterti al tappeto," gli sibilai dopo essermi scolato tutta la bottiglia e avergliela tirata addosso. Lui sorrise semplicemente e, dopo aver schivato il lancio, collocò tutte le bottiglie vuote nella sua borsa e se la mise in spalla. Con i muscoli doloranti, lo sporco che copriva il mio corpo e, ancora una volta, la dignità sotto i piedi, finimmo l'allenamento. "Sì, lo so. Ma fai ancora schifo a ballare," aggiunse e mi diede una pacca sulla spalla, ridendo. Era vero. Oltre al semplice dondolio, ero un ballerino terribile. Passammo accanto a un gruppo di ragazze vicino al campo di allenamento e, nel tipico stile di Cam, lui lanciò loro un occhiolino seducente accompagnato dal suo famoso sorriso, il quale faceva cadere le mutande alle donne che iniziavano a strillare dall'eccitazione. Era una scena tipica per noi; da quando avevamo raggiunto l'età della maturità, tutte le lupe senza compagno ci fissavano spudoratamente. Era ovvio che volessero andare a letto con noi solo per provare l'emozione di fare sesso con i lupi di alto rango o per diventare l'eletta come nostra compagna, se non avessimo trovato le nostre anime gemelle. Scossi la testa per la loro stupidità. Potevo anche essere un alfa, e il nostro desiderio sessuale era al massimo livello, ma avrei preferito masturbarmi per tutta la vita piuttosto che scopare con un membro del mio stesso branco. Buttando la maglietta sopra la spalla, non degnai loro nemmeno di uno sguardo ed entrai nella casa del branco con il mio migliore amico e beta. Avevo conosciuto Cameron "Cam" Darren quando avevo quasi 6 anni. Era uno dei bambini le cui famiglie si erano unite al nostro branco dopo essere scappate in cerca di sicurezza. Aveva 5 anni ed era così spaventato e timido che gli ci volle molto tempo per aprirsi e iniziare a giocare con me. Ma una volta capito che il nostro branco lo avrebbe protetto, diventammo subito amici e fino a quel momento eravamo rimasti molto vicini. Dopo di lui, arrivarono molti nuovi membri che mio padre accolse apertamente dopo essere tornato dal carcere. Beh, non esattamente dal carcere, ma era stato condannato a trascorrere sei mesi in una struttura detentiva dopo aver salvato mia madre e me dalla cattività. Aveva ucciso una stronza psicopatica che aveva aiutato un altro stronzo psicopatico a rapire mia madre e me quasi diciassette anni fa. Anche se le sue motivazioni erano giuste, sfortunatamente quella donna aveva un padre di alto rango, quindi punirono mio padre per soddisfare le sue richieste. Lui non sapeva che il fratello di mia madre aveva contribuito a rendere la cosa meno dolorosa per tutti noi. E dopo solo due mesi, lui tornò e il nostro branco cominciò a crescere. L'alfa che ci aveva fatto questo si arrabbiò e andò in Europa, lasciando il suo branco improvvisamente. Suo figlio, Alan, prese il suo posto come alfa e rese il suo branco migliore di prima e ancora più forte con la sua compagna al fianco. Una compagna. Qualcosa, qualcuno che desideravo trovare dagli almeno quattro anni, da quando avevo compiuto diciotto anni e avevo incontrato il mio lupo. Quando mi trasformai per la prima volta, eravamo lontani da casa, stavamo frequentando un addestramento da alfa a cui mio padre mi aveva iscritto dopo il mio continuo assillo. Fu doloroso e inaspettato, dato che non avevo ancora diciotto anni. Successe una settimana prima del mio compleanno e, dopo quella occasione, entrambi pensammo che fosse un segno della nostra unicità. Io e il mio lupo eravamo così ansiosi di dimostrare la nostra capacità di prendere il comando, sentivamo il bisogno di dimostrare il nostro valore come grandi leader anche in tenera età. Ma quanto più tempo passavo con lui, più ci rendevamo conto che quello non era il vero obiettivo. Capii che non si trattava del titolo, né del fatto che fossi pronto a prendere il controllo del branco. Non eravamo unici; poteva succedere a chiunque fosse stato pronto a incontrare il proprio lupo. Decidemmo di apprendere di più e ci avvicinammo l'uno all'altro, condividendo gli stessi obiettivi e desideri, ma con il passare del tempo, tutti i successi vennero messi da parte, ci mancava quel pezzo di cui avevamo bisogno per sentirci completi: la nostra compagna. La nostra metà migliore, creata da Dea Luna per renderci più forti. La donna che sarebbe stata il nostro intero universo. L'Unica e la Sola. E solo al suo pensiero, il mio viso si sarebbe illuminato e il mio umore sarebbe migliorato. "Sei felice per domani, amico?" Cam mi diede una pacca sulla spalla e mi fece uscire dai miei pensieri. "Sì, lo sono," risposi con un sorriso orgoglioso mentre salivo le scale per raggiungere il mio appartamento. Solo pensando all'evento di domani, mi sentivo felice. Domani sarebbe stato un grande giorno e non vedevo l'ora di guardare il suo viso felice con gli occhi che brillavano di amore incondizionato. E quello era il mio scopo principale, farla sorridere per tutto il giorno. Dopo essere entrato nella mia suite, mi trovai di fronte al fastidioso scemo, ovvero "mio fratello", seduto sul mio letto che scorreva sul suo telefono. Probabilmente stava cercando un'altra "avventura spericolata" da inserire nel suo programma prima di partire. A quattordici anni gli piaceva tutto il pericolo che la vita di un licantropo offriva. Era il miglior guerriero dopo Cam, ma era anche dotato di una grande intuizione, riusciva sempre a fiutare il problema a chilometri di distanza. Quindi quando sentiva qualcosa di losco, lui ti dava tutti gli indizi per scoprirlo. Anche se era stato adottato quando io avevo otto anni, era la cosa più vicina a un vero fratello. Avevamo creato un legame così forte da essere descritti come fratelli veri. Proprio come mia madre e suo fratello, che non erano nemmeno parenti. Avevamo qualcosa di unico, magnifico e indissolubile. Sarei morto per lui e lui avrebbe fatto lo stesso per me. "Perché sei qui, Brody? Non dovresti essere alla ricerca di un'altra avventura con i tuoi amici?" gli chiesi gettando la mia maglietta per terra e camminando verso il bagno. "Mamma mi ha detto di assicurarmi che tu sia pronto e con le valigie fatte per il volo di stasera," disse senza staccare gli occhi dal telefono, mentre io entravo in bagno. "E ti ha mandato la cartolina con il discorso che dovresti dire domani, per non fare la figura dell'idiota davanti a tutti quanti," concluse, mostrandomi una cartolina gialla tra le dita. Quello era il mio punto debole durante i preparativi. Ero un uomo d'azione, non di parole. Cosa avrei dovuto dirle in questo giorno così speciale? Ogni tentativo di scrivere qualcosa di profondo era finito nel cestino, niente di quello che avevo scritto era abbastanza vicino per dirlo ad alta voce. Ecco che era intervenuta mia madre. Lei sapeva sempre cosa dire, era la migliore ad aiutare con qualsiasi cosa. Trovava sempre la soluzione. Lei era la migliore. La migliore madre, la migliore donna, la migliore luna. Avevo sempre sognato di avere una compagna come mia madre. Forte, premurosa, altruista e devota. Quello era il mio obiettivo. Brody si alzò dal letto sempre senza staccare gli occhi dal telefono. Mi arrivava quasi alle spalle. I suoi capelli castani scuri erano raccolti in una coda sulla nuca e il tatuaggio del branco si era quasi rimarginato sul collo. Quella era la nostra tradizione, tatuare i nostri corpi con le esperienze che ci avevano reso più forti. Quindi praticamente tutto il mio corpo era coperto di tatuaggi, proprio come quello di mio padre. Avevo persino messo il "suo" nome sopra il mio cuore, proprio sotto i membri della mia famiglia, per mostrare l'amore che provavo per lei. Tracciando il disegno dell'infinito con le dita, espirai profondamente e ringraziai mentalmente Dea per i miei genitori, per mio fratello e per assistermi, specialmente in quel giorno. Speravo solo di non rovinare tutto. Strappando la cartolina dalle mani di Brody, lo cacciai fuori dal mio appartamento e finalmente feci quella dannata doccia. Era ora di mettersi in strada e prendere il volo. Le ore successive furono caratterizzate da un dolore al culo e dal tentativo di far tacere quel petulante chiacchierone di Brody o di trovare la miglior posizione per dormire sui sedili piccoli dell'aereo con l'intento di non sembrare un relitto alla cerimonia. Ma appena pensai di potermi finalmente riposare, qualcuno mi diede una pedata alle mie lunghe gambe, svegliandomi, e frustrato ricominciai il processo da capo. Finalmente atterrammo e impiegammo un'altra ora di guida per raggiungere l'hotel, erano già le 3 di mattina. Il mio corpo era così esausto che saltai la doccia e mi spogliai. Dopo aver impostato la sveglia, appoggiai il telefono sul comodino e mi buttai sul comodo letto. Nel momento in cui la mia testa toccò il cuscino mi addormentai, sognando la mia bella e affascinante compagna. "Blake, svegliati o faremo tardi!" La voce di mia madre mi svegliò dal mio breve sonno. Beh... più che altro, mi svegliarono i colpi violenti sulla porta accompagnati dalle sue grida. "Sono sveglio. Dammi cinque minuti," le risposi, coprendo la testa con il piumone per rubare alcuni minuti di sonno, sperando che mi credesse. "So che stai ancora dormendo. Non farmi chiamare tuo padre. Sbrigati. Subito!" urlò di rimando e, con un ultimo forte colpo, se ne andò. Eh sì. Sicuramente non mi aveva creduto. Era mia madre, dopotutto. Ebbene, non la mia madre biologica, ma comunque la amavo molto. Gemendo, trascinai il mio corpo esausto fuori dal letto e controllai il telefono. "Cazzo! Non è ancora mezzogiorno," imprecai, rendendomi conto che mia madre mi aveva svegliato con un'ora di anticipo, ma conoscendo la sua eccitazione, era sicuramente pronta prima delle 10. Non ero ancora preparato per l'arrivo di mio padre, così spensi la sveglia e andai in bagno per prepararmi per il matrimonio. Dopo aver finito la doccia rinfrescante, mi avvolsi un asciugamano intorno ai fianchi, uscii dalla camera da letto e iniziai a vestirmi con i miei abiti già preparati per questa solenne celebrazione. Una volta finito, mirai il riflesso nello specchio e non potei fare a meno di sentirmi soddisfatto dell'uomo che mi guardava. Alto, muscoloso e affascinante. Il completo nero e la camicia bianca con cravatta verde scuro che si abbinava ai miei occhi rendevano il mio aspetto più accattivante. "Roba che scotta," come avrebbe detto Bella. Ridacchiai tra me e me a quel pensiero. Passandomi una mano tra i capelli scuri per l'ultima volta ed esaminando il mio viso stanco che sorprendentemente non sembrava poi così male, mi voltai e, fischiettando la marcia nuziale, uscii dalla stanza per prendere il mio posto all'altare. Sapevo fin dall'inizio che questo giorno mi avrebbe reso felice, vedendola vestita tutta di bianco, bellissima, con quel sorriso meraviglioso che avrebbe illuminato tutta la chiesa. Il mio battito cardiaco accelerò un po' alla vista della bellissima creatura che camminava verso l'altare scortata dal suo orgoglioso padre. Le peonie rosa, fiorite, che decoravano ogni banco rilasciavano un profumo dolce e fresco perfettamente adatto alla sua personalità. Gli ospiti erano migliaia, riempiendo la chiesa fino all'orlo. Amici, parenti, membri del branco e alcuni importanti delegati del Consiglio dei licantropi. La folla di persone che mi salutava prima della cerimonia era infinita. E tutto questo era successo perché avevo accettato di essere l'uomo che aveva deciso di renderla felice. Felice come può esserlo una donna in questo giorno speciale. Ma man mano che la cerimonia procedeva, mi sentivo sempre più fuori posto. Come se dovessi andare da qualche altra parte. E per quanto non volessi deluderla, la mia mente era decisa. Vedendola così felice, non riuscivo a sopportarlo. Proprio quando lei pronunciò le parole: "Lo voglio." Sapevo che me ne sarei pentito. Guardandola negli occhi, capii con chiarezza schiacciante che mi mancava qualcosa di più grande. Così, senza rimorsi, mi voltai e scesi dall'altare. Non preoccupandomi dei sospiri che sentivo, né delle suppliche per farmi restare. Non potevo sopportare quella scena. In mezzo alla navata mi voltai e le sorrisi mimando con la bocca un "mi dispiace" prima di lasciare la chiesa.
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