2. Senza un piano

2505 Words
Prospettiva di Rory Non sapevo da quanto tempo avessi guidato dall'ultima breve sosta, ma i miei occhi erano concentrati sulla strada da almeno undici ore. Guidai quasi a tutta velocità finché alla fine rallentai, controllando lo specchietto retrovisore a intervalli di pochi minuti per assicurarmi che lui non mi stesse seguendo. Quando l'adrenalina svanì finalmente e il mio cuore irregolare iniziò a battere normalmente, ero oltre modo esausta. I continui singhiozzi, il troppo pensare e il non mangiare mi rendevano difficile la concentrazione. Ancora spaventata dal fatto che potesse raggiungermi in qualsiasi momento, aprii i finestrini per far entrare aria fresca nel tentativo di svegliarmi. I miei capelli color castano ramato fluttuavano sul mio viso e dovevo metterli da parte ripetutamente per vedere la strada buia e deserta davanti a me. Quando la spia del carburante iniziò ad accendersi di nuovo di rosso, l'assistente vocale della macchina suggerì di cercare un distributore di benzina nelle vicinanze. Sapevo di dover fare il pieno, quindi ignorai la voce sintetica. Mi guardai intorno per vedere se c'erano segnali di una città vicina. Quando li notai, svoltai a destra e dopo qualche chilometro entrai in una piccola città con poche persone per strada a causa dell'ora tarda. Mi fermai al distributore di benzina deserto e, dopo aver fatto il pieno e pagato, decisi di entrare in una piccola tavola calda vicino al distributore per riempire il mio stomaco che brontolava. Quando aprii la porta, la campanella suonò per avvisare il personale dell'arrivo di un nuovo cliente. Esaminai l'area e vidi un arredamento decente e quasi moderno. Il posto era dipinto di giallo e verde con un tocco di grigio. Profumava di caffè appena fatto e hamburger. Il mio stomaco brontolò rumorosamente e fu così rumoroso che anche la cameriera dietro il bancone lo sentì. Arrossendo, abbassai la testa e mi sedetti nel posto più lontano per evitare sguardi indiscreti. Anche se il locale era vuoto, era meglio essere previdenti. Prendendo i soldi dalla mia tasca, li misi sul tavolo e contai, sperando di poter almeno permettermi un caffè. Ricontai due volte, ero sicura di non aver commesso errori. 10,50 euro. Eh sì, era tutto quello che avevo. Nessuna carta di credito, nessun risparmio extra nascosto, nessun telefono. Solo 10,50 euro dopo aver pagato il carburante. Serrai i pugni sia per la rabbia e sia per la sconfitta. Cosa mi ero messa in testa? Fuggire senza un piano, senza soldi e senza una destinazione in mente. Assorta nella mia infelicità, non notai l'avvicinarsi della cameriera fino a quando la sua voce mi fece alzare lo sguardo verso di lei. "Ehi, dolcezza, non piangere. Posso portarti un hamburger grande e un caffè offerti dalla casa," mi disse sorridendo mentre posizionava una tazza di liquido nero caldo e fumante davanti a me. La ringraziai e afferrai la tazza con una mano mentre con l'altra asciugavo le lacrime che non sapevo stessero cadendo. Tutta la mia vita era crollata in un'ora. I ricordi passarono nella mia mente come fotografie della felicità e dell'amore incondizionato che avevo ricevuto. La mia spensierata infanzia mentre correvo nei boschi, le mie risate quando mi facevano il solletico fino a quando a stento riuscivo a trattenere la pipì. I miei pianti quando un tuono risuonava vicino alla casa nel cuore di una notte piovosa mentre ero abbracciata da braccia forti che mi facevano sentire al sicuro. Il mio primo amore a scuola, la mia prima delusione, il primo litigio per le mie scelte di vita. Era tutto falso. Forse non conoscevo davvero l'uomo con cui avevo passato quasi 18 anni. Fui tirata fuori dai miei pensieri quando la cameriera, Annie, secondo il nome riportato suo cartellino, mi mise davanti il panino più grande con patatine, sorridendo come se conoscesse la mia storia. Dopo un timido "grazie", iniziai a mangiare senza dire altro. Il piatto aveva un aspetto così invitante che addentai l'hamburger come un leone che divora la carne dopo una settimana di fame. Chi sa quando mangerò la prossima volta? Ero a metà pasto quando sentii suonare la campanella della porta e alcune persone entrarono; ridevano e salutarono Annie, ordinando il solito. Tre uomini e due ragazze della mia età, o un po' più grandi, entrarono e presero posto. Con dieci tavoli vuoti tra cui scegliere, dovevano mettersi proprio in quello accanto al mio. Alla faccia dell'isolamento. Chiacchieravano di cose da adolescenti normali che non mi interessavano affatto. Le loro risate riempivano l'intera tavola calda e sentii un pizzico di gelosia per il fatto di non aver mai vissuto una cosa così semplice. Non avevo amici veri con cui uscire, non avevo mai fatto un pigiama party con ragazze per parlare di ragazzi, né avevo mai ricevuto visite a casa. Questo avrebbe dovuto essere una sorta di avvertimento, ma non mi ero mai sentita in pericolo stando da sola con lui. Ignorai il loro chiacchiericcio e mi concentrai sul mio banchetto. Ma le loro continue risate mi fecero alzare lo sguardo e vidi le nuche che i ragazzi scuotevano da sinistra a destra per imitare qualcosa di divertente. Sbuffai per l'irritazione delle loro vite spensierate, mentre io ero al crocevia della mia esistenza. Dopo aver mangiato tutto il pasto, ero sazia e pronta ad andare. Ma la domanda era: dove andare? Non avevo un piano, nessun'idea di dove sarei potuta andare, nessun amico a cui chiedere aiuto. Le lacrime apparvero di nuovo sui miei occhi al pensiero che ero completamente sola in questa situazione di merda. Improvvisamente un movimento all'angolo del mio tavolo mi fece irrigidire. Apparve un uomo enorme accanto a me, con i bicipiti rigonfi e gli avambracci appoggiati sul bordo del mio tavolo. Alzai lo sguardo per vedere un volto bello con un sorriso malizioso. Non registrai le parole che disse, ma l'intenzione era chiara. Stava cercando un nuovo "passatempo per la settimana" e io non volevo certo esserlo. Nemmeno lontanamente. Così mi alzai, mi scusai e lo superai per dirigermi verso l'uscita; le sue parole successive fecero ribollire il sangue di rabbia. "Un'altra testarda e stupida stronza." Mi fermai e mi voltai per affrontarlo. Incrociò le braccia davanti al petto, mostrando i suoi muscoli grandi e tonici e sorridendo come il cretino arrogante quale era. Mi fece un occhiolino ammiccante prima di mandarmi un bacio. Tutti i suoi compagni scoppiarono a ridere alla situazione, ma io non ridevo. Ero arrabbiata. Serrando i pugni sui miei fianchi, cercai di controllare la rabbia che si accumulava dentro di me e stava per esplodere. "Se io sono una stupida stronza perché resisto al tuo fascino, allora tu sei un fottuto stupido a credere di avercelo," sbottai a denti serrati. Le ragazze fecero un sospiro di shock per la mia franchezza, mentre i ragazzi fischiarono, avvisandomi del guaio in cui mi ero cacciata. E onestamente, nel momento in cui pronunciai quelle parole, compresi di essere in guai seri. Il tipo era enorme, alto più di un metro e ottanta con un sacco di muscoli che cercavano di fuoriuscire dalla sua maglietta rossa aderente. Rispetto a lui, ero solo una ragazza piccola che a malapena gli arrivava al petto. La sua grande mano avrebbe potuto togliermi la vita in un secondo senza sforzo. Il suo viso si colorò di rosso per la rabbia, e tutto nel bar si fece silenzioso. L'aria divenne pesante all'improvviso e la mia gola era secca per il nervosismo. Il mio cuore accelerò e riuscivo a sentirlo battere nelle orecchie mentre il panino gratuito che avevo appena gustato minacciava di risalire. Ingoiai la bile e aspettai. Nessuno osò muoversi, dire qualcosa o fermarlo. "Cosa cazzo hai detto?!" ruggì quasi, facendo tremare tutti per la paura. Non sapevo cosa stesse succedendo, ma sentivo di aver commesso un grande errore in precedenza ad aprire bocca. Non risposi, lo fissai solamente, sperando di uscire da questo guaio integra. Iniziò a camminare molto lentamente verso la mia direzione. Sembrava un leone pronto a balzare sulla sua preda. Le mie gambe piantate a terra mi impedivano di muovermi, anche se il mio cervello mi urlava di scappare da lì. Stavo sicuramente per morire. Pregai Dio per una possibilità di sopravvivere e promisi di diventare una brava ragazza, ma supposi che il mio destino fosse segnato. Era a pochi metri da me quando la campanella della porta alle mie spalle suonò e l'intera atmosfera cambiò di nuovo. Se pensavo che fosse intensa prima, la persona che entrò la rese ancora più intimidatoria. I peli mi si rizzarono e rabbrividii per il freddo che mi faceva venire la pelle d'oca sulle braccia. Gli occhi di tutti si posarono all'improvviso sulla persona dietro di me e si immobilizzarono. Lo stupido di fronte a me si fermò immediatamente e chinò la testa in segno di rispetto. Sentii la presenza alle mie spalle e tutte le reazioni precedenti si intensificarono nel mio corpo. Avevo troppa paura di girarmi e affrontare lo sconosciuto, ma la sola parola che pronunciò mise in moto il mio corpo. "Vattene." Quella sola parola fece muovere le mie gambe e tutte le parti del mio corpo sapevano bene che non dovevano disubbidire al suo ordine, specialmente la mia bocca. La sua voce era bassa, profonda e conteneva così tanta autorità che solo un pazzo si sarebbe alzato e avrebbe discusso con lui. Non guardai indietro verso la tavola calda. Con il cuore che batteva forte, mi affrettai in direzione della mia macchina. Con le mani tremanti, aprii la portiera e salii. Avviai il motore e premetti l'acceleratore a fondo. Mi girai, lasciando dietro di me una nuvola di polvere e imboccai la strada per scappare dalla città e tornare sulla via principale verso l'ignoto. Guidai come una pazza, senza badare ai limiti di velocità o prestare attenzione ai miei dintorni. La sensazione di terrore consumava tutto il mio corpo durante un altro incontro pericoloso in meno di 24 ore. "Che cazzo è successo?" urlai, svoltando sulla strada principale e lasciando la città alle mie spalle. La mia mente era piena di domande, mentre il mio cuore sembrava voler uscire dal petto, pompando follemente un'altra dose di adrenalina. Sveglissima, proseguii nella mia corsa furiosa, concentrata sulla strada deserta davanti a me. Per istinto, controllavo lo specchietto retrovisore di tanto in tanto per vedere se qualcuno mi stesse seguendo. Chi era quell'uomo? Perché aveva intorno a sé un'aura così potente? E perché quell'uomo massiccio si era fermato appena aveva visto il mio salvatore? Non riuscivo a trovare risposte ragionevoli a nessuna delle mie domande. Sapevo solo che mi aveva salvato da qualunque cosa quello stupido stava progettando. Tirai un enorme respiro di sollievo, ringraziai ancora una volta il Signore per avermi salvato la vita e pregai affinché mi conducesse alla mia destinazione sicura, senza più problemi lungo il cammino. Non avendo nessun altro con me, dovevo affidarmi a Dio. Dopo quasi un'ora di guida affrettata, rallentai e mi voltai a guardare i dintorni. Sollevata che nessuno mi stesse inseguendo, rallentai. Grata per essere scampata a una lotta senza possibilità di vittoria, sospirai e chiusi gli occhi per un secondo. Il secondo che cambiò irrevocabilmente i miei piani. Guardai il cruscotto e vidi l'ora 23:59 del 20 aprile. Quando l'orologio segnò mezzanotte, mi augurai "buon compleanno" e sorrisi. Avevo compiuto diciotto anni ed era il momento perfetto per realizzare che avevo finalmente raggiunto la maggiore età, ma improvvisamente mi sentii strana. Iniziai a sudare e tremare. La testa mi girò un po' e si formò un dolore alla base del cranio, che si propagò lentamente verso la parte anteriore, facendomi fare delle smorfie. Il dolore improvviso che mi squarciava il corpo fece zigzagare la macchina per tutta la strada. "Che cazzo?!" urlai quando le mie mani iniziarono a tremare e il calore salì dai palmi, che stringevano il volante, fino alle braccia. La mia pelle sembrava bruciare per la febbre più alta di tutta la mia vita. Il mio corpo era fuori controllo e io provavo a tenermi salda mentre cercavo un posto sicuro dove accostare, cosa difficile con la vista annebbiata. Quando il tremore delle mie mani si trasformò in un suono scoppiettante, guidare divenne difficile e il dolore insopportabile. Lo spezzarsi delle ossa delle mie gambe fece sì che il mio piede pestasse sull'acceleratore così forte da rompere quasi il telaio dell'auto. Ero felice di essere l'unico guidatore su una strada circondata dalla foresta. Stavo iperventilando senza sapere cosa mi stesse succedendo. Mentre cercavo di calmarmi e di fermare l'auto per evitare un incidente, improvvisamente sentii una voce flebile nella mia testa. "Benvenuta." Chi ha parlato? Nonostante il disturbo di quella voce sconosciuta e il mio pensare troppo alla situazione, girai il volante verso destra, vedendo uno spazio aperto per parcheggiare. Con poco tempo a disposizione per capire la situazione e più domande che risposte nella mia mente, il mio piede destro premette i freni prima di riconoscere il grosso animale di fronte a me. Le reazioni del mio corpo erano così naturali che tutto quello che seguì sembrò un film d'azione vissuto dal sedile anteriore. Letteralmente. L'impatto improvviso fece sollevare le mie mani, che si incrociarono sopra la testa, proteggendo il mio volto dai frammenti di vetro che si ruppero dopo aver colpito l'ostacolo. Gli airbag esplosero mentre sentivo il mio corpo sollevarsi dal sedile e volare attraverso il parabrezza anteriore rotto. Il mio urlo pietrificato echeggiò nella notte buia, strappando le mie corde vocali, mentre il mio corpo provava dolore dall'interno. Il cambiamento sconosciuto nella mia struttura ossea mi terrorizzò fino a quando sentii la stessa voce piccola ma dolce nella mia testa. "Stiamo bene." Volando fuori dall'auto, alcune schegge mi graffiarono il viso profondamente. Un altro urlo pieno di dolore e terrore uscì dalla mia bocca. Nel breve istante in cui il mio corpo era in aria, volando sul cofano, capii che questa era la mia fine. Colpii la superficie dura con un forte tonfo e altre ossa si ruppero, sembrava che la mia schiena si fosse spezzata in due. Mi resi conto di essere appena atterrata su un grosso albero, un forte rumore di scricchiolii indicava che la mia colonna vertebrale si era gravemente lesionata. Sussultai, aprendo gli occhi per il dolore. Il mio corpo si stava ancora riscaldando per la febbre e mi sembrava di avere delle fratture infinite agli arti. All'improvviso, in un attimo, vidi un enorme lupo in piedi in mezzo alla strada. I suoi occhi mi guardarono dal muso, osservando attentamente la mia agonia per un momento prima di alzare la testa e ululare forte alla luna. Quando ero sul punto di perdere i sensi, vidi l'animale iniziare a tremare, gorgogliando e facendo uscire dalla bocca un vapore pesante. Con un ultimo lento battito di ciglia, lo vidi trasformarsi in un uomo nudo accovacciato davanti alla mia auto. Le luci anteriori erano ancora accese, dando a questo strano momento un tocco magico. Ma il mio cervello si rifiutava di rimanere ancora sveglio e l'ultima cosa che sentii prima che le braccia della morte mi trascinassero nell'oscurità fu una voce maschile spaventata. "Chiama l'Alfa."
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