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Cavalcami con passione

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BEST SELLER USA TODAY!

Hanno intenzione di rivendicarla. Insieme. Solo che lei ancora non lo sa.

La vita di Catherine è a New York. La proprietà che ha ereditato si trova a Bridgewater, nel Montana. Tornare nella città cui faceva visita ogni estate da piccola risveglia ricordi perduti e una cotta adolescenziale, non per un cowboy ormai adulto e sexy, ma per due. I cugini Jack e Sam Kane. Fortunatamente per lei, a Bridgewater un cowboy non basta mai.

In questa versione contemporanea della serie Ménage a Bridgewater di Vanessa Vale, bestseller USA Today, Catherine è costretta a scegliere la vita che desidera davvero: l’avvocato della grande città o la cowgirl di paese con due uomini che vogliono portarla a farsi una cavalcata decisamente passionale.

Avvertimento: da sciogliere le mutande! Cavalcami con passione è un romanzo oscenamente selvaggio con due cowboy alpha ossessionati e un’eroina con una personalità di Tipo A. Questo romanzo a lieto fine gira tutto attorno a lei – niente scene tra uomini.

 

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Prologo
Prologo CATHERINE Il corridoio era buio, il ritmo pulsante di una nuova canzone rimbombava attraverso la parete contro la mia schiena, mentre lui mi ci teneva premuta contro, intrappolata tra l’impietoso intonaco e il suo corpo sexy e slanciato. Le sue labbra erano dure e dominanti, esigevano che mi arrendessi, nonostante mi stessi agitando nella sua presa. Era l’unico uomo che avrei desiderato eviscerare con il mio tacco a spillo e, in egual misura, scoparmi. «Non muoverti.» Premette in avanti, il suo corpo robusto che mi teneva ferma contro la parete, il suo cazzo duro come una roccia una tentazione che non potevo ignorare, mentre gli sfregavo i fianchi contro, cercando di avvicinarmi. Dio, sì. Di più. «’Ste stronzate da prepotente funzionano con tutte?» «Hai la figa tutta eccitata e bagnata, bambola. Non negarlo.» I suoi occhi scuri incrociarono i miei e lo sguardo che gli lanciai avrebbe dovuto fargli avvizzire i testicoli. Invece, lo fece sogghignare e giuro che sentii il suo uccello pulsare. «Falla finita, bambola. Con ogni pensiero che hai in testa. Lavoro. Vita. Tutto tranne il mio uccello che ti preme contro. Falla finita, cazzo, prima che ti sculacci.» Assottigliai lo sguardo e rimasi in egual modo sconvolta ed eccitata. «Non lo faresti.» Il sottile tessuto dei suoi pantaloni eleganti quasi non presentò alcun ostacolo tra di noi, quando sollevai le mie gambe per avvolgergliele attorno ai fianchi come una femmina in calore. Non avevo idea che litigare sarebbe stato così fottutamente eccitante. La gonna mi si sollevò ed io sfregai l’interno coscia nudo contro i suoi fianchi, bramosa di altro. Sollevandomi le braccia sopra la testa, lui mi bloccò i polsi con una mano, liberando l’altra per farmela scendere fino al fianco mentre mi baciava il collo, leccandolo. Succhiandolo. Mi ci sarei ritrovata un segno l’indomani mattina. Inarcai la schiena per fornirgli maggiore accesso, mentre le sue dita lasciavano una scia di calore scendendo a prendermi un seno pieno attraverso la camicetta. Ne sfregò il tessuto sottile sulla mia pelle coi palmi pieni di calli. I miei capezzoli duri imploravano la sua attenzione. «Sììììì.» Oh, merda. Ero stata io? Non riconoscevo quella voce. Non ero mai sembrata tanto disperata di venire toccata, tanto vogliosa. E il lavoro... che lavoro? Nulla mi spegneva il cervello più in fretta di un uomo che mi mordeva delicatamente il capezzolo. E non un uomo qualunque. Sam Kane. Dio, era stato una delle mie cotte da ragazzina, la stella delle mie fantasie di scolaretta, ma quello era stato quindici anni prima. Era stato un ragazzino, allora. Adesso, adesso era tutto uomo ed io mi ci stavo arrampicando addosso come ad un albero. Avevamo trascorso l’ultima ora a litigare e lui sapeva istintivamente come toccare ogni tasto giusto per stuzzicarmi. Invece di tirargli una ginocchiata nelle palle, io mi trovavo nel corridoio di un luogo pubblico a permettergli di toccarmi, assaggiarmi e leccarmi. «Ecco. L’unica cosa a cui dovresti pensare è questa.» Le sue labbra rivendicarono le mie, mentre la sua mano libera scivolava più in basso, lungo il mio addome. Le sue dita rozze scesero oltre la mia gonna fino alla mia coscia, poi risalirono, sempre più in alto, e mi accarezzarono lungo il bordo in pizzo delle mutandine. La sua mano si strinse attorno ai miei polsi, la sua lingua mi affondò nella bocca e due dita mi scostarono le mutande per scivolarmi dentro. Ero così maledettamente eccitata per lui che quasi venni per quell’unica brusca spinta. Non riuscii a trattenere un gemito strozzato quando lui ritrasse le dita e mi ci scopò di nuovo. Era presuntuoso, prepotente e fottutamente snervante. Mi aveva perfino rubato il cellulare per impedirmi di lavorare. Allora perché stavo ansimando il suo nome mentre faceva quel che voleva? Sfregandomi contro la sua mano, cercai di farmi accarezzare il clitoride, di farmi prendere del tutto, ma lui interruppe il bacio e mi morse leggermente il labbro inferiore, quel tanto che bastava per farmi sapere che aveva lui il comando. «Non ancora, Katie. Non fino a quando non ti darò il permesso.» Permesso? Come osava! Gli gocciolavo su tutte le dita. Contrassi la figa e lui si ritrasse, spingendosi dentro un altro paio di volte, sempre ben attento a tenere la mano lontana dal mio clitoride. Io gemetti frustrata e lui mi mordicchiò la mandibola. «Ecco i versi che voglio sentirti fare.» Mi toccò il clitoride una volta, con una carezza rapida e leggera che non fece che portarmi ancora più in alto. Io piagnucolai e lui tornò a prendersi le mie labbra, parlandoci proprio contro mentre le sue dita si muovevano dentro e fuori dalla mia figa bagnata con delicatezza, adesso, così fottutamente piano che mi veniva voglia di piangere. Mi baciò, con forza, poi mi sciolse le gambe da attorno alla sua vita e si chinò. Lasciandomi andare i polsi, si inginocchiò di fronte a me e mi sollevò la gonna fino in vita. Le mutandine in pizzo si limitò a scostarle brutalmente di lato, mentre mi teneva ferma con una mano contro l’addome. L’altra la utilizzò per aprirmi alla sua bocca. «Oh merda,» mormorai, fissando la sua testa scura tra le mie cosce, sentendo il suo fiato caldo colpirmi la figa. Avrei dovuto dirgli di fermarsi. Ci trovavamo nel maledetto corridoio di un bar. Vero, un corridoio sul retro, ma chiunque avrebbe potuto passare in qualunque momento. Avrei dovuto comportarmi come una vera professionista e dirgli di no, dirgli di aspettare fino a quando non ci fossimo trovati in un posto un po’ più appartato, più- Lui mi succhiò il clitoride in bocca e me ne leccò il nocciolo con la lingua ed io gli strinsi le dita tra i capelli. Con la testa all’indietro, non mi ero resa conto di aver chiuso gli occhi fino a quando non sentii una leggera risatina alla mia destra. Sconvolta, mi voltai per trovare il cowboy sexy che avevo conosciuto sull’aereo quel giorno che ci guardava con una luce interessata negli occhi. Era appoggiato al muro, le braccia incrociate. Da quanto ci stava osservando? Troppo sconvolta per muovermi, piagnucolai invece quando Sam mi lasciò andare il clitoride per poi succhiarlo nuovamente in bocca. Sapeva che non eravamo soli? Se così fosse stato, era semplicemente troppo abile, dannazione, per pensare anche solo di vergognarsi. Spingendo contro la sua testa, avrei voluto spostarlo, poi con una leggera carezza della sua lingua, gli strattonai i capelli, tenendolo più vicino. Ero al limite, sul punto di arrivare all’orgasmo. Il cowboy sorrise e si avvicinò. Il corridoio sembrava opprimente. No, io mi sentivo oppressa con due uomini che mi prestavano decisamente troppa attenzione. Uno aveva la testa tra le mie gambe e mi stava facendo venire solo con la sua lingua, l’altro teneva fuori il resto del mondo con le sue spalle ampie. Sollevò una mano portandomela alla guancia, poi mi accarezzò il labbro inferiore con il pollice. «Vedo che hai conosciuto mio cugino.» Cugino? Sogghignò, poi mi baciò, un bacio sexy, umido e profondo, mentre Sam si lavorava la mia figa bagnata con la lingua, spingendomi proprio oltre il limite in un orgasmo devastante. Mentre Sam mi faceva venire, suo cugino, Jack, smorzava le mie urla con un bacio. Ero in guai molto, molto seri.

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