Era notte. Una monovolume nera attraversava le vie della città sotto le luci sfocate dei lampioni.
Il traffico era ancora intenso, la gente camminava veloce, assorta nei propri pensieri. Nessuno mostrava apertamente ciò che aveva davvero nel cuore.
Seduta sul sedile posteriore, Anna Rinaldi sembrava immersa nel silenzio. La testa poggiata al finestrino, gli occhi socchiusi. I capelli castani, morbidi e leggermente mossi, le ricadevano sulle spalle con naturalezza. La sua pelle chiara rifletteva la luce, quasi come se brillasse da sola.
Indossava ancora l’abito da sera della serata di gala, coperto da una stola grigia che però non riusciva a nascondere del tutto la sua figura elegante.
Davanti, il suo assistente Marco stava scorrendo le foto appena scattate e ne pubblicò una sui social.
— “Sei sempre splendida,” mormorò, pur parlando più a se stesso che a lei. “Bastano due scatti ed è subito copertina. Metti in ombra metà delle attrici in circolazione.”
L’autista lanciò un’occhiata discreta allo specchietto retrovisore. Dietro, Anna non si muoveva, persa nei propri pensieri.
In meno di un minuto, i commenti cominciarono ad arrivare.
【Persone con senso critico】
“Sempre a puntare sull’aspetto. Non ti stanchi mai?”
【Scettici anonimi】
“Bella sì, ma resta solo un volto da copertina.”
【Fan sinceri】
“È semplicemente meravigliosa!”
Marco chiuse l’app, leggermente infastidito. Quei commenti, anche se ripetitivi, continuavano a colpirlo. Anna, in fondo, non faceva nulla di male. Eppure, c’era sempre qualcuno pronto a giudicarla.
Marco chiuse l’app e, per distrarsi, aprì w******p. Notò che il vecchio gruppo del liceo, di solito silenzioso, mostrava un inatteso “99+”.
Cliccò per curiosità. A quanto pare, una loro ex compagna si era appena sposata. Ma non con uno qualunque: con lui. Il ragazzo che tutte, in quei tempi, ammiravano in silenzio.
Marco scosse il capo, stupito. La ragazza in questione era timida, portava sempre gli occhiali, parlava poco. Nessuno avrebbe scommesso su di lei. Eppure…
Dal sedile posteriore, Anna aprì lentamente gli occhi. Le ciglia lunghe si mossero appena. Volse lo sguardo fuori dal finestrino e, con voce calma, chiese:
— “Hai preparato il programma di domani?”
Marco impiegò qualche secondo a uscire dai propri pensieri, poi spense il telefono e rispose:
— “Sì, tutto pronto.”
— “Cosa stavi guardando con tanta attenzione?” chiese lei, più per rompere il silenzio che per vera curiosità.
— “Una notizia un po’ curiosa. Una ragazza del mio liceo si è sposata con il ragazzo che amava fin dai tempi della scuola. Non me lo aspettavo.”
Anna accennò un sorriso.
— “È bello, quando capita.”
— “Già…”
Poi, quasi senza pensarci, Marco le chiese:
— “Tu… ai tempi del liceo, hai mai avuto qualcuno che ti piacesse?”
Lavorava al fianco di Anna da due anni, ma non l’aveva mai sentita parlare di amori passati. I giornali la collegavano spesso a vari uomini, ma lui sapeva bene che erano solo voci. Nella vita vera, Anna era riservata, discreta, e molto sola.
— “Sì,” rispose lei, senza esitazione.
Marco la guardò sorpreso.
— “Allora era vero… Quella voce che diceva che ti eri dichiarata a un ragazzo all’università e lui ti aveva rifiutata… è reale?”
— “Sì, è vero.”
Marco rimase a bocca aperta.
— “Incredibile… rifiutare una come te. Non riesco nemmeno a immaginarlo.”
Anna sorrise appena.
— “Forse semplicemente non gli piacevo.”
Marco pensò, senza dirlo: “Chissà se oggi si è pentito.”
In quel momento, il telefono di Anna squillò. Marco lo prese dalla borsa e glielo porse. Sullo schermo: Laura Di Lorenzo, la sua agente.
Anna rispose.
— “Ciao.”
— “Anna, ascolta. Il regista Luca Russo sta cercando la protagonista per il suo nuovo film, Nebbia. Ti ho inviato i dettagli via messaggio: numero, indirizzo e anche una prima versione del copione. È un ruolo davvero interessante. Se riesci a ottenerlo, potrebbe essere una svolta per la tua carriera.”
Luca Russo era uno dei registi più stimati del paese. Sotto la sua direzione erano nati attori premiati e film acclamati. Per Anna, che finora aveva recitato solo in serie romantiche leggere, questa era un’occasione rara.
— “Capito,” disse lei, senza particolare entusiasmo.
— “Domani ti faccio avere il copione stampato.”
— “Va bene.”
Chiuse la chiamata. In quel momento, l’auto stava entrando nel residence dove abitava.
Una volta a casa, Anna si tolse le scarpe con un gesto stanco e camminò scalza nel soggiorno. Si lasciò cadere sul divano, la testa appoggiata allo schienale, gli occhi fissi sul soffitto. Tutto era silenzioso. Il tipo di silenzio che ti fa sentire ancora più sola.
Si alzò, entrò in bagno e riempì la vasca. Quando si immerse, sentì finalmente il corpo rilassarsi.
Dopo circa mezz’ora, avvolta in un asciugamano, tornò in camera. Il telefono sul comodino emise una notifica.
Era Marco: le aveva mandato il programma del giorno successivo.
Subito dopo arrivò un altro messaggio.
Stavolta da sua madre.
“Domani vieni a casa. Lorenzo è tornato.”
La mano di Anna tremò leggermente.
Lorenzo? Ma non era all’estero? Perché adesso?
La mattina seguente, una macchina della famiglia Rinaldi venne a prenderla di buon’ora.
Dal finestrino, il paesaggio correva veloce. Anna restò in silenzio per tutto il tragitto, fino a quando l’auto rallentò e si inoltrò nei viali alberati della zona residenziale.
Davanti al cancello della villa, si fermò per un attimo. Fece un respiro profondo, poi scese e si avviò verso l’ingresso.
— “Signora, la signorina è arrivata,” annunciò una domestica.
Dal salotto, la signora Rinaldi stava parlando con qualcuno e non si voltò subito.
Anna fece un cenno alla domestica di uscire, poi entrò nella stanza.
Seduto sul divano, con un’aria rilassata ma composta, c’era Lorenzo Conti.
Anche in abiti semplici e con un atteggiamento quasi distratto, manteneva quel carisma naturale che non lo abbandonava mai.
Era da più di tre anni che non si vedevano. Eppure bastò uno sguardo per capire che era cambiato. Più adulto, più forte, più difficile da leggere.
A nemmeno ventotto anni, era diventato il capo dell’impresa Conti. I giornali lo chiamavano “il giovane prodigio del mondo finanziario”.
— “Mamma,” disse Anna con voce calma.
La signora Rinaldi le fece un cenno e indicò il divano:
— “Anna, Lorenzo. È da quanto tempo? Tre, quattro anni che non vi incontrate? Dovreste approfittarne per fare due chiacchiere.”
Lorenzo continuò a guardare davanti a sé. Solo un leggero sorriso comparve sulle sue labbra.
— “Certo, signora Rinaldi.”
La madre di Anna annuì soddisfatta. Poi si rivolse di nuovo a lui:
— “Mi ricordo che da piccola Anna non riusciva a socializzare con nessuno. Tranne che con te. Ti stava sempre dietro, come un’ombra.”
— “Sì,” disse Lorenzo, con tono neutro. “Era molto affettuosa.”
— “Non so se i tuoi genitori te l’hanno mai detto, ma quando eravate piccoli avevamo fatto un patto: se uno di noi due avesse avuto una figlia e l’altro un figlio, avremmo combinato un matrimonio. Una promessa tra famiglie.”
— “Mamma!” Anna la interruppe gentilmente. “Credo che dalla cucina qualcuno ti stia chiamando.”
La signora Rinaldi si alzò ridendo:
— “Hai ragione! Prima che Lorenzo arrivasse, ho messo sul fuoco il brodo di pollo. Devo controllarlo. Lorenzo, mi raccomando: mangiane almeno due ciotole!”
Detto questo, si allontanò. Il salotto tornò in silenzio.
Anna si voltò verso Lorenzo, cercando di mantenere un tono naturale.
— “Non badare a quello che dice mia madre. Sono solo storie vecchie, niente di serio.”
Per la prima volta, Lorenzo la guardò davvero.
I suoi occhi erano lucidi, profondi. C’erano dentro domande che non aveva mai fatto, e risposte che forse non voleva ammettere.
Anna, invece, era cambiata molto. I suoi lineamenti erano più definiti, la sua espressione più calma, ma anche più distante. I suoi occhi, un tempo vivaci, ora sembravano velati da una leggera malinconia.
— “Sono passati quattro anni,” disse Lorenzo, quasi tra sé.
— “Già,” rispose lei.
Nessuno dei due aggiunse altro.
Non ce n’era bisogno. In quello sguardo silenzioso c’era tutto: il passato, il rimpianto, e qualcosa che nessuno dei due era ancora pronto a nominare.