CHIAMALO PURE UN FAVORE

1108 Words
Lorenzo la osservò a lungo, con uno sguardo difficile da interpretare. Poi, con tono calmo ma tagliente, disse: — “Hai così tanta voglia di prendere le distanze da me?” Fece una pausa, poi aggiunse: — “Oppure è il solito gioco? Tira e molla?” — “Lorenzo, cosa stai cercando di dire esattamente?” La sua voce era ferma, ma velata da un’incertezza evidente. Lui fece un sorrisetto freddo. Prese una sigaretta dal pacchetto, la accese con calma. Una spirale di fumo bianco si sollevò dalle sue dita. — “Cosa intendo? Sono appena tornato in Italia, e i tuoi genitori mi hanno subito invitato a casa vostra. Dicono per ‘rivederci’, ma il vero motivo… immagino che tu lo sappia meglio di me.” Le parole, pur pronunciate con voce bassa e piacevole, colpirono come un coltello. E aveva ragione. Anna lo sapeva bene. Nel loro mondo, l’amore raramente aveva spazio. I matrimoni erano scelte di convenienza, alleanze tra famiglie, strumenti per salvaguardare interessi. La Tinny Group, l’azienda di famiglia dei Rinaldi, stava attraversando un periodo critico. Un’alleanza con un nome potente come quello dei Conti poteva significare salvezza. E per questo, che Lorenzo era stato chiamato. Perfino il padre di Anna, Carlo Rinaldi, che non tornava a casa da settimane per via del lavoro, era rientrato apposta. Da mesi combatteva per evitare il tracollo finanziario. E ora si aggrappava con tutte le forze a quella che poteva essere l’unica via d’uscita. ⸻ A tavola, Carlo aveva ormai alzato il gomito. Con l’aria di chi vuole sembrare casuale, si rivolse a Lorenzo: — “Lorenzo, tu che sei stato fuori per anni forse non lo sai… Anna lavora nel mondo dello spettacolo ora. Ha sempre avuto la passione per la recitazione. E ho sentito dire che hai investito in un’agenzia. Magari potreste parlarne, così… tra voi due.” Lorenzo alzò lo sguardo verso Anna, lo sguardo distaccato. — “Va bene. Se c’è qualcosa da discutere, può contattarmi direttamente.” Parole cortesi, ma vuote. Anna lo capì all’istante. Non avevano nemmeno i numeri di telefono reciproci. Il pasto fu un susseguirsi di silenzi. Anna mangiava quasi distrattamente, con la mente altrove. Avrebbe voluto alzarsi e andarsene. Quel clima la soffocava. — “Signor Carlo, signora Laura, ho finito. Se non serve altro, io vado.” Anche Lorenzo aveva ormai messo giù le posate da un po’. Mancava solo il momento giusto per andarsene. — “Te ne vai già?” chiese la madre di Anna, Laura, cercando di trattenerlo. — “Non serve che mi accompagnate,” rispose lui, secco. Laura lanciò ad Anna un’occhiata eloquente. — “Anna, accompagna Lorenzo all’uscita, per favore.” Anna si riscosse dai pensieri. — “Certo…” Lorenzo si alzò rapidamente. Anna, nei suoi tacchi alti, faticava a tenere il passo. Poi, di colpo, lui si fermò. Anna non fece in tempo a reagire, e gli andò a sbattere contro la schiena. — “Scusami,” mormorò, massaggiandosi la fronte. — “Non guardi nemmeno dove vai?” sbottò lui, voltandosi. Lo sguardo era freddo, duro. — “Non l’ho fatto apposta.” Lorenzo non rispose. Infilò le mani in tasca e riprese a camminare, lasciandola indietro. Anna lo osservò allontanarsi. Sentì un vuoto dentro, un senso di perdita difficile da spiegare. Un tempo erano amici. Lui aveva tre anni più di lei e la trattava come una sorellina da proteggere. Era sempre gentile, paziente, affettuoso. Le dava buffetti sulle guance e la chiamava “puffetta”. Con lui accanto, a scuola, Anna si sentiva invincibile. Poi, crescendo, tutto cambiò. E dopo quello che era successo… tra loro era rimasto solo gelo. Un muro di silenzi e orgoglio ferito. Il cuore di Anna si contrasse, doloroso. ⸻ Al rientro, i genitori l’aspettavano in salotto. Lei si fermò un attimo sulla soglia. Poi, a testa alta, si avvicinò. Carlo la guardò con serietà. — “Anna, lo sai anche tu com’è la situazione. La Tinny è tutto ciò che ho costruito in vita mia. Non posso lasciarla crollare. Un matrimonio con i Conti cambierebbe tutto. Loro resterebbero indifferenti. E noi avremmo una possibilità concreta di salvarci.” Anna abbassò lo sguardo. Aveva immaginato quel discorso. Ma sentirlo dalla bocca di suo padre le faceva male lo stesso. — “E saresti disposto a sacrificare la felicità di tua figlia?” chiese, con voce appena tremante. — “Tu e Lorenzo siete cresciuti insieme. Non ti tratterà male. E poi… tu vuoi fare l’attrice, no? Lui possiede diverse agenzie. Se starete insieme, lui aiuterà anche nella tua carriera.” Anna rimase in silenzio. Laura, che non sopportava i silenzi, intervenne subito: — “Ti abbiamo cresciuta bene. La migliore educazione, tutto il possibile. Chiamalo pure un favore, un gesto di riconoscenza. Non vorrai certo vedere tuo padre perdere l’azienda per cui ha dato la vita, vero?” Anna ricordava bene com’era cresciuta in quella casa. Dopo la nascita del fratello minore, era diventata quasi invisibile. Credeva di non provare più nulla per quel gelo affettivo. Ma ora… il dolore era lì, vivo. — “Va bene,” mormorò. Quasi un sussurro. Era la risposta che sapevano sarebbe arrivata. ⸻ Quella sera, il locale era pieno. Musica a tutto volume, luci stroboscopiche, fumo e alcol. La pista era un vortice di corpi, risate, e distrazioni. Lorenzo non sapeva nemmeno quante feste avesse già dovuto presenziare da quando era tornato. Ma quella sera, c’erano tutti i vecchi amici. Seduti attorno a un tavolo riservato, ridevano, bevevano, giocavano a carte. Tutti erano figli di famiglie influenti. E accanto a ciascuno, una ragazza giovane e bellissima. Ragazze che sapevano come comportarsi in quell’ambiente. Eleganti, brillanti, mai invadenti. Perfette per compiacere. Lorenzo era seduto al centro. Silenzioso, ma impossibile da ignorare. Anche la ragazza accanto a lui era diversa. Educata, presente, ma discreta. A un certo punto, il discorso scivolò inevitabilmente su di lui. — “Lorenzo, ormai sei tornato da qualche giorno. Ma Anna lo sa?” A parlare fu Tommaso, uno dei pochi che potevano permettersi di nominare Anna davanti a lui. Erano amici da sempre. — “Tom, sei rimasto indietro,” lo prese in giro un altro. “Lorenzo è andato a casa Rinaldi già il secondo giorno!” Lorenzo restò impassibile. Riempì il bicchiere con un gesto lento, poi bevve un sorso di whisky. Tommaso si avvicinò e gli parlò sottovoce: — “Ho sentito che i Rinaldi stanno cercando un’unione ufficiale per salvarsi. Tu che ne pensi?” Oggi, tutto dipendeva da lui. La famiglia Conti seguiva le sue decisioni. E bastava una parola per cambiare tutto.
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